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“Le elettriche? Roba da ricchi”. Ma va…

A volte le lobby superano se stesse. Nella ricerca di argomenti con i quali difendere i propri interessi, escogitano tesi che lasciano sbigottiti, tanto sono ardite. Ultimo esempio: nel disperato tentativo di fermare l’avvento delle vetture elettriche, l’Associazione europea dei costruttori, Acea, ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che questa nuova forma di mobilitá è roba da ricchi, come se il mercato fosse fatto solo dalla Tesla e dai suoi competitor premium (vedi il filmato in alto sulle sfide in arrivo). E quindi, in nome di un sorprendente populismo, chiede alla Ue di non facilitarne in nessun modo l’avvento. La presa di posizione, per bocca del segretario generale Erik Jonnaert, arriva non a caso alla vigilia della pubblicazione della proposta della Commissione di Bruxelles sugli obiettivi oltre il 2022 per le emissioni di CO2 di auto e veicoli commerciali. Se, come pare, i limiti saranno molto severi, sarà impossibile per le Case centrarli senza una robusta presenza di veicoli elettrici in gamma.

Qualcosa del genere accadde nell’Italietta degli anni ’70, quelli della ‘congiuntura’, quando il ministro Ugo La Malfa bloccó l’avvento della televisione a colori, sostenendo che era roba da ricchi e che i poveri si sarebbero svenati per averla. L’Acea è su posizioni simili, abbandonando per una volta il solito ricatto dei posti di lavoro: l’ineffabile Joannert cita il fatto che l’elettrico ha significative quote di mercato “solo nei Paesi dell’Europa occidentale in cui il pil pro-capite supera i 30 mila euro”, con il caso limite dei nababbi norvegesi, il cui reddito è addirittura di 64 mila euro, con conseguente boom degli EV al 29% di quota di mercato. E in tutto il resto d’Europa? L’Acea spiega che altrove la quota di mercato non supera lo 0,5% e fra questa parte di continente un po’ derelitta svetta in negativo l’Italia con il suo 0,1%. Naturalmente questo risultato da prefisso telefonico si spiega con i prezzi ancora troppo elevati delle vetture, la maggiore barriera allo sviluppo del mercato secondo l’Acea.

Si tratta, a nostro modo di vedere, di una posizione terribilmente miope. Non perché l’elettrico sia la panacea di tutti i mali, ma perché ancora una volta la corporazione dell’auto si mette in trincea a difendere lo status quo, invece di scommettere sul suo futuro. Chi segue questo mercato da tempo sa che se fosse per l’Acea saremmo ancora fermi alle Euro 1, quanto a standard per le emissioni. Mentre la UE, dando obiettivi sempre piú stringenti, ha costretto l’industria del Vecchio continente a un enorme sforzo tecnologico, che l’ha posta all’avanguardia a livello globale, oltre a migliorare sensibilmente la qualitá dell’aria che respiriamo. Ora sarebbe folle non cogliere la sfida dell’elettrico: la Iea, l’Agenzia internazionale dell’ambiente, sottolinea che la Cina ha giá assunto una decisa leadership a livello mondiale, con il 40% dei 2 milioni di EV venduti in tutto il mondo, a cui si aggiungono 2 milioni di scooter, 350 mila bus e 4 milioni di quadricicli da guidare senza patente. Tutto elettrico. Per restare arroccata sul diesel, difeso a spada tratta dalla lobby del made in Germany, l’Europa rischia di diventare marginale in quella che tutti gli osservatori considerano la tecnologia del futuro, con quote di mercato destinate a impennarsi quando i prezzi delle auto si assesteranno e l’autonomia e la ricarica delle batterie saranno piú competitive. Auguri.

(P.s. L’auto piú venduta in Europa non è una fuoriserie elettrica, ma una bella citycar come la Renault Zoe, che ha immatricolato 21 mila macchine nei primi 8 mesi dell’anno, davanti alla Nissan Leaf con 13 mila).

 

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