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La fine del petrolio: perchè nessuno parla?

petrolio milioni di anni
Webinar

Quando arriverà la fine del petrolio e perchè nessuno ne parla, ci chiede Antonella, dopo aver visto e apprezzato la puntata di “Presa diretta” di lunedì scorso sulla mobilità elettrica. Inviate quesiti e osservazioni a info@vaielettrico.it.

Lunedì 9 ottobre ho seguito l’interessantissima puntata di PRESA DIRETTA/Rai3, dedicata interamente all’auto elettrica. Sono intervenuti tanti esperti, a sottolineare l’efficienza del motore elettrico su quello endotermico ed il contributo positivo che la rapida elettrificazione del trasporto privato e pubblico potrebbe dare ad affrontare la crisi climatica.
Mi chiedo come mai nessun esperto intervistato abbia ragionato sulla crisi energetica per sostenere la necessità di rispettare la data (2035) che l’Unione europea ha fissato per interrompere la vendita di auto alimentate da combustibili fossili.

La scadenza del 2035 non è un lusso, ma una scelta obbligata

Per crisi energetica non intendo tanto il prezzo crescente di petrolio e gas (attribuibile anche a crisi geopolitiche), quanto la causa profonda di questo fenomeno. La vera crisi energetica sta nell‘esaurimento dei giacimenti di petrolio e gas che di fatto arriverà attorno al 2035 – minaccia letale per l’Europa, pressoché priva di queste fonti energetiche. Già oggi gli USA ricorrono alla costosa e devastante pratica del fracking per ricavare il proprio petrolio…

L’urgenza in Europa della transizione energetica, ovvero del ricorso a fonti di energia rinnovabile per alimentare i nostri consumi (soprattutto trasporto e riscaldamento civili), può meglio essere argomentata se alla crisi climatica (sulla quale esistono purtroppo tesi negazioniste) si associa la ineluttabile crisi energetica, accelerata per gli Europei dalla crisi geopolitica in corso.
L’EV dal 2035 non è un lusso, ma in Europa è scelta obbligata dalla crisi energetica, oltre che climatica. E l’industria europea seria lo sa.

Guarda il video e leggi anche Quanto ci costerà salvare il pianeta? I conti di Carlo Cottarelli

Di questo io ho recentemente sentito ragionare in modo documentato dal docente universitario Leonardo Setti, fondatore della Comunità solare di Medicina (Bologna). Perché questa argomentazione non diventa centrale nel dibattito scientifico e politico, soprattutto in Italia, fanalino di coda della transizione energetica europea?

Grazie ancora una volta per il vostro puntuale lavoro di informazione. Antonella Codazzi

Troppe le “catastrofi annunciate”. Ma questa volta…

Risposta-Cominciamo dalla fine: Leonardo Setti è un nostro carissimo amico. Lo interpelliamo spesso ed è docente  del modulo introduttivo del Master Electric Powertrain curato da Vaielettrico per Experis Academy (gruppo Manpower). Non a caso l’evento di Medicina a cui lei fa riferimento fu condotto e moderato dal nostro co fondatore Massimo Degli Esposti. Perciò il tema che lei solleva, l’imminente esautrimento delle fonti fossili e in particolare del petrolio, ci è assolutamente presente.

Le ultime proiezioni in proposito concordano su una  scadenza temporale abbastanza breve: in base alle scorte stimate (fra 1.700 e 2.000 miliardi di barili sul pianeta) e al ritmo attuale di estrazione (circa 100 milioni di barili al giorno) la fine del petrolio potrebbe collocarsi attorno al 2065-2070. Citiamo per esempio l’Energy Outlook BP del 2020.

Questo non suscita l’allarme che meriterebbe perchè già negli anni 70, e molte altre volte successivamente, stime catastrofistiche sulla fine del petrolio – si disse entro la fine del Novecento – furono poi superate dalla scoperta di ingenti nuovi giacimenti o dall’introduzione di nuove tecniche, come il fracking o l’estrazione dai fondali marini profondi. Più di recente furono smentite previsioni di prezzi in salita fino a 200 dollari al barile oggi 80-90 dollari). Perciò gli annunci sulla fine del petrolio vengono percepiti come la favola di “Al lupo al lupo”. Se può interessarle qui trova un’ analisi di Bankitalia, un pò datata ma molto completa.

Brutti segnali: forse il Picco di Hubbert è arrivato

Accadrà ancora una volta? E’ improbabile. Da qualche anno, infatti, le nuove scoperte non coprono il volume totale dei giacimenti che si esauriscono. Quindi le scorte accertate si erodono e diminuiscono anzichè aumentare. In gergo tecnico si dice che potremmo aver “toccato il picco” (vedi “picco di Hubbert”). Se fosse davvero così, potremmo assistere a una brusca presa di coscienza dell’emergenza energetica e a un’impennata dei prezzi. Anche per questo, sarebbe saggio accelerare la transizione energetica, con l’elettrificazione dell’economia e lo sviluppo delle fonti rinnovabili. A prescindere dall’altra urgenza, quella che riguarda i cambiamenti climatici.

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