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I dolori del giovane Elon: Tesla “tradita” dalla Borsa e da S&P

elon tesla

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Pare che all’improvviso mezzo mondo ce l’abbia con il povero Elon Musk e con Tesla. E lui con mezzo mondo. Gli mettono i bastoni tra le ruote se vuol comprarsi Twitter per offrirla su un piatto d’argento ai cinquettii incendiari di Donald Trup. Certo, tuona sul social dove conta su oltre 90 milioni di follower: sono i diabolici democratici che fanno le barricate; ma quello è «il partito dell’odio e della divisione» e lui d’ora in poi voterà per i repubblicani.

Wall Street amara: fuori dall’indice di sostenibilita’

Elon Musk, patron di Tesla, fra Steve Bannon e Donald Trump

E ora nemmeno la Borsa gli va più bene. Anche se  proprio Wall Street ha più volte salvato la sua Tesla dal fallimento moltiplicando per 18 mila volte il valore iniziale di un’azione e proiettandolo sul trono dell’uomo più ricco del mondo.

Ma dall’inizio dell’anno le quotazioni si sono quasi dimezzate  (da 1.200 e passa 709 dollari) e ieri, ultimo sfregio, la più blasonata delle tre grandi società di rating, Standard & Poor’s, ha escluso Tesla dall’indice S&P delle 500 aziende più “sostenibili”. Quelle cioè con il più alto punteggio ESG (Enviroment, Social e Governance). Ma come? Proprio il simbolo delle auto a emissioni zero?

Elon twitta: “S&P è di sinistra”

Pur non ancora da padrone (l’acqusizione da 45 miliardi di dollari è in stand by), ieri Musk ha inondato Twitter con una filippica contro la società che l’ha bocciato.  L’accusa di aver «perso la [sua] integrità» trasformando le valutazioni ESG in una “truffa. Poi la butta in politica: «Armati da falsi guerrieri della giustizia sociale», twitta, misurano solo «quanto sia conforme la tua azienda all’agenda di sinistra». E a riprova cita l’esempio della  major petrolifera  ExxonMobil, rimasta nell’Olimpo della sostenibilità.

Nell’escludere Tesla (insieme a Chevron, Wells Fargo, Berkshire Hathaway e molti altri), Margaret Dorn, responsabile degli indici ESG di S&P, ha citato la mancanza di un piano  medio termine di azzeramento delle emissioni nel processo produttivo; l’assenza di un codice interno sulla trasparenza della governance interna; le cattive condizioni di lavoro e le accuse di discriminazione razziale nello stabilimento di Freemont; infine i rischi di reputazione per gli incidenti causati da malfunzionamenti del sistema di guida autonoma.

Nella giungla del rating ESG

Accusare S&P di sinistrismo come la Elon Musk è ridicolo: quando Tesla fu inserita nell’indice ESG 500, per esempio, entrarono assieme a lei una mezza dozzina di società petrolifere e minerarie, oltre alla stessa Twitter. Il che sollevò violente proteste di tutto il mondo “liberal” e ambientalista; ma nessuna di Elon Musk.

E’ vero però che la metodologia di valutazione di S&P è quanto meno discutibile. Si basa sul confronto con le altre aziende del settore. E i fattori “S” (Sociale) e “G” (Gestionale) pesano molto di più rispetto all’E (Ambientale).

Altre società di rating, come per esempio il principale rivale di S&P, MSCI, valuta addirittura  le aziende non in base al loro impatto sull’ambiente, ma su come i cambiamenti climatici possono influenzare il loro business. Siamo al limite dell’eterogenesi dei fini. Tanta è la confusione sotto il cielo della finanza sostenibile, infatti, che la Securities and Exchange Commission (SEC) si appresta a rivoluzionare le regole di valutazione ambientale mettendo un po’ d’ordine nella giungla del greenwashing, il falso verde.

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