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Guerra in Ucraina e incubo gas: cosa aspettiamo con le rinnovabili?

Con le bombe che piovono sulle città dell’Ucraina, su Kiev, Leopoli, Odessa, Rostov e le arterie del gas europeo che sono in procinto di spezzarsi lasciandoci tutti a secco, è arrivato il momento di prendere di petto la questione dell’indipendenza energetica. Domani a Milano è convocata una conferenza stampa di Elettricità Futura, organizzazione di Confindustria che rappresenta il mondo dell’energia rinnovabile. Ha appena lanciato la campagna social “Transizione energetica: dalle parole ai fatti”. E nell’home page del sito leggiamo: “Rincaro bollette: e se usassimo le rinnovabili?”. Noi siamo d’accordo, ma vorremmo veder sparire quel punto interrogativo. Oggi servono le decisioni.

Una guerra del gas lunga vent’anni

Di tempo ne abbiamo già sprecato troppo. La guerra guerreggiata fra Mosca e Kiev è la drammatica notizia del giorno, ma la guerra del gas tra le due potenze dell’ex Unione Sovietica va avanti da quasi vent’anni. Esattamente da quando, nel dicembre 2004, con la rivoluzione arancione del neoletto presidente Viktor Juščenko l’Ucraina uscì dall’orbita russa e volse il suo sguardo all’Unione europea e al blocco occidentale.

Già allora un quarto del fabbisogno di gas in Europa dipendeva dalle forniture del colosso russo Gazprom, attraverso i gasdotti in transito sul territorio ucraino. E la prima conseguenza della rottura politica con Mosca fu la chiusura dei rubinetti, decretata ufficialmente il 1° gennaio del 2006.

Quel piano energetico rimasto sulla carta

Il giorno dopo tutti i big italiani dell’energia si ritrovarono a Roma, nell’ufficio dell’allora Ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola, per elaborare un piano energetico che ci affrancasse dalla dipendenza dal metano russo.

Si decise di potenziare le forniture dal Nord Africa, di costruire rigassificatori per gli approvvigionamenti via mare e di lanciare un grande piano sulle energie rinnovabili. Cosa ne fu lo sappiamo tutti: i gasdotti a Sud del Mediterraneo non furono potenziati; di nuovi rigassificatori ne fu realizzato uno solo, quello di Rovigo, peraltro già autorizzato in precedenza; le rinnovabili, dopo una fiammata a suon di mega incentivi fra il 2010 e il 2012, sono cresciute a passo di lumaca.

I gasdotti che attraversano l’Ucraina portando il gas russo verso l’Europa

Appena i venti di crisi all’Est si furono sopiti, quindi, il business del gas russo riprese a marciare “as usual”. Le braci del conflitto fra Mosca e Kiev non si sono mai del tutto spente, ma abbiamo preferito far finta di non vederle.

Aver ignorato la lezione 16 anni fa, significa ritrovarci oggi con una dipendenza energetica aggravata. E con i carri armati sul campo di battaglia, voltarsi dall’altra parte oggi non è più possiible.

Sul piatto 60 GW di rinnovabili pronte a partire

Come vogliamo affrontarla? Con gli idrocarburi autarchici, i 70 miliardi di metri cubi di gas che costituiscono le riserve dell’Adriatico e basterebbero appena a coprire un anno del nostro fabbisogno? Rispolverando il petrolio della Val d’Agri? Riesumando un piano nucleare-ter già bocciato da due referendum e in grado di produrre il primo kilowatt di elettricità fra quindici anni?

Ci risulta che siano già pronti, finanziati e depositati, progetti esecutivi per 60 GW di potenza da impianti rinnovabili fra fotovoltaici ed eolici. Si tratta del 90% di tutta la potenza prevista dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC) per raggiungere il 72% di elettricità pulita a fine decennio.

Potremmo installarli in due o tre anni e cominciare a beneficiarne già all’inizio dell’anno prossimo. Cosa aspettiamo a spazzar via il groviglio di cavilli burocratici che ne bloccano la realizzazione?

E’ così difficile disboscare la burocrazia?

Gli interessi vitali di un Paese travolto da uno scenario di guerra non possono infrangersi  di fronte al veto comunale su un terreno agricolo incolto da decenni, dall’eterna attesa di un’impresa che edifichi su un’area industriale abbandonata, dalla tutela di uno stormo di uccelli migratori. Vorremmo che gli stakeholder delle energie rinnovabili questo dicessero  alle istituzioni. Mentre i cannoni martellano l’Ucraina e le bollette del gas e dell’elettricità volano alle stelle qualcuno potrebbe ascoltarli.

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