Zero emissioni secondo Sonia Bonfiglioli: “Un dovere etico”

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Un Pianeta a zero emissioni dal 2050? «E’ un obiettivo talmente ambizioso da sembrare quasi impossibile. Tuttavia ce lo dobbiamo porre, come imprenditori e come cittadini. Sappiamo che la tecnologia può consentirci di raggiungerlo e l’etica ci impone di perseguirlo. Ogni impresa è tenuta a coniugare etica e tecnologia per renderlo economicamente sostenibile». E’ la filosofia di Sonia Bonfiglioli, presidente di Bonfiglioli Group, come ce la presenta nella video  intervista che segue.

“L’elettrificazione? Irreversibile e in accelerazione”

Il gruppo meccanico bolognese, nato nel 1956 come produttore di ingranaggi, poi di  sistemi di ingranaggi (i motoriduttori), ha fatto da tempo il salto alla meccatronica integrando con proprie aziende motori elettrici (in Vietnam) e inverter (con la tedesca Vectron). L’anno scorso ha rilevato Selcom aggiungendo competenze nei circuiti elettronici e nel software.

«Abbiamo fatto un ulteriore passo avanti diventando partner degli Oem con nostre soluzioni ai loro problemi» spiega l’imprenditrice, vice presidente di Confindustria Emilia Centro (la seconda territoriale in Italia dopo Assolombrada). Le attività del Gruppo Bonfiglioli nella mobilità elettrica sono confluite nella business unit e-mobility, diretta oggi dall’ingegner Michele Pennese.

Proprio Pennese sarà uno dei protagonisti della tavola rotonda promossa da Vaielettrico con il contributo di Marposs e Clust.ER MECH e il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e di Motus-E, dal titolo  “Emissioni zero dal 2035: la Motor Valley è pronta alla sfida?” che si terrà domani 19 aprile a E-Tech Europe 2023 di Bologna dalle 16.00 alle 17.30, presso Room Battery Sala Conferenze B (qui il programma).

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Sistemi di trasmissione integrati Bonfiglioli

La scelta di accorpare sotto una direzione unica tutte le soluzioni per veicoli elettrici «è la diretta conseguenza dell’ inaspettata accelerazione dell’elettrificazione tra i nostri clienti, tutti ormai impegnati nella transizione dai motori termici o idraulici a quelli elettrici. E’ un processo inarrestabile e in forte accelerazione, che apre grandi opportunità per le azeinde creative e dinamiche come sono quelle italiane» spiega Sonia Bonfiglioli.

I big mondiali hanno già scelto, Bonfiglioli risponde

I grandi clienti di Bonfiglioli Group sono i big mondiali delle macchine da costruzione, della macchine movimento terra, delle macchine agricole e dei sistemi di movimentazione interna. Se si escludono incursioni occasionali nei veicoli commerciali leggeri «Bonfiglioli ha fatto la scelta strategica di non entrare nell’automotive in senso stretto, che richiede grandi numeri e basso margine unitario. E’ un modello industriale completamente diverso dal nostro, che prevede invece un approccio personalizzato e flessibile alle richieste dei clienti».

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Sonia Bonfiglioli è laureata in ingegneria meccanica. dal 2009 guida il Gruppo fondato dal padre Clementino che oggi fattura circa 1,2 miliardi di euro e quest’anno toccherà quota 1,5 miliardi. Nel 2018 è stata eletta da EY “Imprenditore dell’anno”.

Quando le chiediamo se la Motor Valley emiliano-romagnola, così legata alla meccanica classica dei motori termici, sia pronta alla transizione, risponde: «Sono fiduciosa pur rendendomi conto che la sfida non è facile. Vedo grande fermento in tutte le aziende; tutte si stanno ponendo il problema e ragionano sulle nuove sfide e le opportunità che offrono. E tantissimo giovani trasformano le loro idee in stat up innovative».

Il motore termico? “Sopravviverà in una  nicchia”

Concorda con l’approccio di “neutralità tecnologica” adottato dall’Unione europea e dal nostro governo, ma ritiene che «la tecnologia termica resterà di nicchia, per pochi veicoli premium ad altissime prestazioni. Quindi i volumi non garantiranno la sopravvivenza di tutta la filiera».

A decidere del futuro saranno i grandi costruttori «putroppo, ormai, tutti stranieri. Nessuno di loro continuerà a sviluppare due diverse piattaforme, e penso che ne sceglieranno una sola: quella elettrica».

Due criticità per la nostra filiera automotive

Per la filiera dei componentisti italiani questa è una sfida senza soluzione B: convertirsi all’ecosistema elettrico o sparire. Che fare, allora? «Io vedo due criticità _ risponde _.  La prima è di tipo finanziario: il nostro tessuto produttivo è fatto di piccole e medie imprese per le quali non è facile affrontare investimenti  importanti come quelli richiesti da una conversione tecnologica così radicale. Qui sarà necessario un forte sostegno pubblico e l’apporto di capitali di rischio privati».

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Lo stabilimento “near zero emission” Bonfiglioli Evo. Foto Andrea Brintazzoli

La seconda riguarda il capitale umano. «Il mondo accademico è in ritardo nella formazione delle competenze richieste per elettrificazione e digitalizzazione. E’ ancora legato a vecchie concezioni della didattica in presenza, mentre dovrebbe adottare sistemi ibridi che facilitino un accesso di massa ai percorsi universitari nella facoltà tecnico scientifiche».

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Visualizza commenti (17)
  1. ernesto grottaferrata

    è un dovere etico ma non faccio automotive perché non c’è guadagno..

    piccole e medie imprese che costituiscono il TESSUTO PRODUTTIVO non si possono permettere finanziariamente una conversione così radicale: nessun “e l’italia?” a riguardo? 🤷‍♂️

    1. Ernesto, se un’azienda produrrebbe senza fare utili domani gli converrebbe chiudere. Non sono aziende statali a carico dello Stato, sono aziende private, se fanno utili possono retribuire i dipendenti, altrimenti chiudono, quindi devono ben dosare etica e reddittività.

      1. Ernesto grottaferrata

        Questo lo dico pure io (se trovi ci dovrebbero essere miei commenti a riguardo), ma fare gli splendidi come fa lei anche no: Max ha spiegato bene come funziona in quell’azienda.
        Comodo lasciare che siano altri a produrre (guadagnandoci , se no nessuno lo farebbe) e parlare come se fosse cosa sua.
        Sembra tanto un “armiamoci e partite”..

  2. Lavoro in Bonfiglioli da quasi 30 anni. Peccato che in azienda noi dipendenti non possiamo ricaricare l’auto, ma neanche la bici a pedalata assistita o il monopattino (neanche a pagamento).

    1. Guido Baccarini

      Ecco, ciò non è bello. Speriamo vi pongano rimedio presto. Credo che pochi avrebbero riserve verso una BEV se potessero ricaricare al lavoro in AC a bassa potenza. E darebbe ancora più senso ad avere i capannoni industriali ricoperti di pannelli fotovoltaici.

    2. Fares Brandoli

      Eticamente stride con quanto dichiarato nell’articolo.
      Spero che sempre più aziende affianchino al marketing dei punti di ricarica a prezzo calmierato, se non addirittura gratuiti, per i dipendenti.

      1. Alessandro D.

        -Eticamente stride con quanto dichiarato nell’articolo.-

        Ma anche economicamente.
        Mettere quattro punti di ricarica a 16 ampere costa due lire, lo metti a budget della pubblicità, un bel comunicato stampa che per esempio su vaielettrico passerebbe gratis liscio come l’olio… “Spari via un tremila… e sei nel burro tutta la vacanza… testa!” (cit Dogui)
        😉

        1. Siamo in oltre 700 dipendenti a Forlì, 4 punti di ricarica sarebbero pochi perché nel giro di un mese in 50 compreremmo l’auto elettrica. Sono anni che chiediamo una pensilina dove ricaricare le bici elettriche al sicuro dentro al perimetro aziendale. Niente da fare! Però ci fanno compilare un sondaggio all’anno su come andiamo al lavoro, per poter organizzare un autobus, ma non lo utililizerebbe nessuno, zero assoluto perché facciamo tanti tipi di turno diversi. Poi finanziano la piantumazione di 1000 alberi e ci fanno l’articolo sul quotidiano, evidentemente elargire soldi ad una Onlus che sostiene di piantare alberi fa più green che promuovere la mobilità sostenibile di 700 dipendenti

          1. Lo sai benissimo Max cosa succederebbe se venisse concesso lo spazio interno per qualsiasi mezzo di trasporto, il giorno dopo si presenterebbero quelli con il monopattino, poi quelli con il monoruota, poi quelli con il motorino, la motorona, la minicar ed infine la maxicar. Quindi, forse giustamente, fuori tutti e così è finita la storia. Alle aziende bisogna chiedere quello che possono offrire a tutti senza distinzione di genere, sesso, religione e qualsiasi altro credo. Già le colonnine nel parcheggio pubblico esterno sarebbero difficili da realizzare, però in accordo con l’amministrazione comunale dove la proprietà cofinanziasse l’opera magari potrebbe essere una mezza soluzione.

          2. Greta pezzini

            Che peccato…organizzare punti ricarica per aziende così sviluppate sarebbe una bazecola..ed introdurre kWh come premi produttivi potrebbe essere un plus per imprenditori lungimiranti…da mio marito quando si è presentato in ufficio per proporre una soluzione simile si è sentito rispondere ” ué siamo mica l’Enel”… c’è tanto da fare ma molto è da fare dentro i cervelli pensanti😔🖖

          3. Alessandro D.

            Indubbiamente senza conoscere la situazione logistica risulta difficile fare delle considerazioni corrette ed equilibrate. Non di meno, quanto meno sulla carta, se lo spazio è disponibile in teoria la soluzione potrebbe essere paradossalmente ancora più semplice: si chiama direttamente l’Enel, si mette a disposizione uno spazio più o meno grande, l’Enel installa delle banalissime colonie pubbliche che si pagano e che funzionano come tutte le colonnine pubbliche ma sono ad uso esclusivo dei dipendenti della ditta. Non sto dicendo delle cose fantasiose: basta andare sul sito di enelx e si può leggere chiaramente che offrono questo tipo di servizio. Da qui a dire che la cosa è facile ce ne passa eccome.
            Però Se c’è la volontà di darci un’occhiata….. 😇

    3. Buon giorno Max, cosa lo impedisce, l’impossibilità di piazzare colonnine nel parcheggio aziendale od altro? Per esempio, nell’azienda dove lavoro, il parcheggio destinato ai dipendenti è pubblico, quindi l’azienda ha installato colonnine nel parcheggio interno che però è destinato a dirigenti e quadri, quindi risulterebbe alquanto difficile per l’azienda, anche se non impossibile, piazzare colonnine all’esterno.

  3. Alessandro D.

    Caro Massimo, mi sono fatto un giro sul sito della Bonfiglioli e ho visto che producono anche motori a riluttanza. Ti ricordi che tempo fa nei commenti avevamo sfiorato l’argomento? Sembrerebbe che siano molto promettenti anche per il settore automotive, per quanto ad oggi non particolarmente presi in considerazione. Addirittura avevamo evocato la possibilità di chiedere un parere al professor Ceraolo. Poi evidentemente la cosa si è un po’ persa. Forse anche la signora Sonia potrebbe raccontarci un po’ circa lo stato dell’arte di questa soluzione ad oggi un po’ “particolare”?

    1. I teslari possono darci qualche dritta. Che io mi ricordi quando mi interessavo ai vari tipi di motore delle BEV (convalescenza da operazione all’anca) mi risultava che Tesla aveva utilizzato tutte e tre le tecnologie, sincrono, asincrono, riluttanza variabile. Quest’ultima probabilmente ibridata con qualche magnete permanente. Un po’ come i passo-passo di buona memoria, ibridi tra magnete permanente e riluttanza variabile come dimostrava lo scorrimento a vuoto non libero (come i brushless dei capstan del registratori VHS) ma a scatti, a passi sintomatico della “riluttanza variabile”.

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