A Venezia Giovanni Da Ponte, giovane ma storico maestro d’ascia, ha appena ultimato una barca che unisce tradizione e innovazione: un Cofano veneziano a batteria motorizzato elettricamente.
La scelta delle emissioni zero da parte del committente non è stata solo tecnica, ma anche strategica. Il recente bando comunale per l’assegnazione dei posti barca ha premiato la sostenibilità (leggi), attribuendo il punteggio massimo alle imbarcazioni elettriche, addirittura superiore a quello delle barche a remi. Una politica che ha spinto diversi cittadini ad adottare la motorizzazione elettrica, non senza qualche polemica. Ma alla fine in una città così inquinata ben venga questo risultato.
Un barca tradizionale salvata dal motore elettrico
Pensare ad un pezzo di storia affumicata dalla puzza degli idrocarburi e rumorosa è un delitto, ma con l’elettrico si salva tradizione e sostenibilità. Il Cofano («probabilmente il nome deriva dal fatto che si poteva mettere qualcosa» racconta Da Ponte) è lungo sei metri e largo un metro e mezzo. Costruito in mogano ospita fino a sei persone; riprende le forme delle imbarcazioni tipiche della laguna, usate per la navigazione quotidiana.

Giovanni, maestro d’ascia: “Elettrico e legno matrimonio perfetto”
«Il Cofano è una barca lunga e stretta, tradizionale, pensata per muoversi agilmente nei canali. Ho avuto due ordini e forse arriva il terzo» spiega a Vaielettrico Da Ponte. «Questa è motorizzata con un Torqeedo da 1,6 kW. Ha un’autonomia di circa un’ora, sufficiente per attraversare Venezia e tornare indietro. Nei canali si viaggia a 6-7 km/h e l’autonomia può arrivare a 1,5 ore. Ideale per un uso urbano, lungo i canali».
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Motore piccolo ma ideale in una città senza colonnine
L’elettrico è stato agevolato dai criteri della graduatoria, come nelle città le auto a batteria entrano in Ztl. «Non ci sono colonnine di ricarica in Laguna, in questo caso la batteria si può sganciare e ricaricare a casa o al lavoro». Sicuramente si risparmia sul costo dell’energia. «Per motori più grandi il discorso cambia, difficile la ricarica, ma per barche piccole come questa è fattibile». Si può paragonare a una City Car ma imbarca sei persone e carica merci, come minimo la spesa.
Gioie e dolori della barca elettrica. L’esperienza di Jacopo Giliberto
La sostenibilità della barca di Da Ponte si conferma anche nella scelta del legno rispetto alla vetroresina che porta tanti problemi ambientali come lo smaltimento. Nel cantiere il lavoro non manca: restauri, nuove costruzioni, progetti speciali. «Ho costruito una barca all’anno negli ultimi vent’anni, poi la continuità nei restauri, ma ci sono anche progetti interessanti».
Tra le barche in lavorazione anche i due palischermi della mitica Amerigo Vespucci, da quasi nove metri per 2,70 di larghezza, ospita dieci vogatori e due alberi a vela. «Le usano, in totale sono quattro a bordo, per l’addestramento degli allievi». Un lavoro da liutai del mare. Il saper fare antico che si può sposare bene con l’elettrico.
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