Basta contrapposizioni fra sostenibilità ambientale e sostenibilità industriale: per UNRAE entrambi gli obiettivi vanno perseguiti e devono convivere, con la transizione alle auto elettriche come il punto d’arrivo irrinunciabile. È questo il succo del messaggio lanciato a Roma dall’Associazione che rappresenta le case automobilistiche estere, nel giorno cruciale della presentazione a Bruxelles del nuovo pacchetto auto che in qualche modo ricalca la stessa visione. All’Italia UNRAE chiede di recuperare ritardi strutturali sulla mobilità elettrica senza indebolire competitività e accessibilità del mercato con chiarezza normativa, pragmatismo sui target CO₂ e una svolta sulla fiscalità delle auto aziendali.
Auto, Bruxelles sconfessa il Green Deal: una quota di termiche anche dopo il 2035
Nel corso della conferenza stampa di fine anno, ospitata a Villa Blanc, l’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri ha chiesto di superare logiche contrapposte e semplificazioni ideologiche, puntando su regole stabili, strumenti realistici e una vera politica industriale capace di accompagnare la transizione ecologica.
Il pacchetto automotive UE e il nodo dei target CO₂
Il nuovo pacchetto europeo che include la revisione degli standard sulle emissioni di CO₂, la strategia sulle batterie, il pacchetto Omnibus per la semplificazione normativa e nuove misure per la transizione green delle flotte aziendali è accolto con favore dall’ UNRAE che apprezza in particolare l’impostazione più articolata, basata su un modello regolatorio “a tre corsie” per auto, veicoli commerciali leggeri e pesanti, e su un approccio più aderente alle dinamiche reali del mercato.

Secondo il presidente Roberto Pietrantonio, il problema non è il traguardo della decarbonizzazione, che resta imprescindibile, ma il percorso scelto finora. «L’Europa ha imposto obiettivi senza investire a sufficienza nei fattori abilitanti – ha detto –, lasciando imprese e consumatori di fronte a target ambiziosi ma poco supportati». Il riferimento è al 2035, che per UNRAE può restare un obiettivo purché accompagnato da strumenti concreti: infrastrutture, politiche industriali, accesso a veicoli piccoli, efficienti e realmente accessibili, oltre all’apertura alle tecnologie ponte.
Il rischio del vincolo “70% Made in Europe”
Netta, invece, la contrarietà di UNRAE ai dazi sulle auto elettriche e all’ipotesi di introdurre un vincolo minimo del 70% di contenuto “Made in Europe” per accedere agli incentivi. Misure che, secondo l’Associazione, rischierebbe di avere effetti opposti a quelli dichiarati. «La competitività non si costruisce alzando muri», ha avvertito Pietrantonio. Un obbligo di questo tipo penalizzerebbe i consumatori con aumenti di prezzo, rallenterebbe la transizione e colpirebbe anche molti costruttori europei, oggi profondamente integrati nelle catene globali del valore. Per UNRAE la strada maestra resta un piano industriale europeo, finanziato da risorse comunitarie, che incentivi la produzione sostenibile senza scelte protezionistiche.
Fiscalità delle auto aziendali: la leva che moltiplica i risultati
Il tema più urgente, dal punto di vista italiano, resta però la riforma della fiscalità delle auto aziendali, definita da UNRAE «il più grande moltiplicatore di crescita». I numeri sono eloquenti: tra 2024 e 2025 lo Stato ha stanziato oltre 923 milioni di euro per incentivi, contribuendo all’immatricolazione di circa 90.000 auto a basse emissioni. Ma con aggiustamenti mirati alla deducibilità fiscale, avrebbe potuto incentivare oltre 100.000 vetture elettriche con una spesa di appena 85 milioni di euro.

Un intervento di questo tipo, infatti, accelererebbe il rinnovo del parco circolante, alimenterebbe un mercato dell’usato più giovane e sicuro e porterebbe benefici ambientali e fiscali, con una spesa pubblica inferiore. Non a caso, sul tema si sta consolidando un fronte comune tra le associazioni del settore, come emerso anche dall’iniziativa avviata a Torino lo scorso settembre.
Un mercato italiano in ritardo sulla transizione
Lo scenario delineato da UNRAE conferma le difficoltà del nostro Paese nel settore auto in generale e in particolare sulla penetrazione delle elettriche. Nel 2025 il mercato auto italiano è stimato tra 1,520 e 1,525 milioni di immatricolazioni, ancora circa 400.000 unità sotto i livelli del 2019. Peggio va sul fronte dell’elettrico: la quota di BEV e PHEV si ferma all’11,3%, con le sole elettriche pure al 5,2%, ben lontane dalla media europea.

Secondo il direttore generale UNRAE Andrea Cardinali, il ritardo italiano sulle auto elettriche non dipende solo dal reddito: Paesi che presentano un Pil pro capite a parità di potere di acquisto inferiore al nostro, presentano tassi di penetrazione ben più elevati del nostro. Per esempio Portogallo (22,0%), Slovenia (10,4%), Spagna (8,5%) e Ungheria (8,4%).
I gap strutturali e il gap culturale
Dunque pesano di più altri gap strutturali. In primis la bassa penetrazione delle auto aziendali. A causa di un trattamento fiscale penalizzante, infatti, in Italia le auto aziendali hanno la penetrazione più bassa fra i 5 Major Market: 46,8% vs il 66,3% della Germania. Un segmento che, con il veloce tasso di rotazione delle flotte, è in grado di immettere sul mercato vetture più recenti e tecnologicamente avanzate.
In secondo luogo le infrastrutture di ricarica insufficienti. Anche se i punti di ricarica sono cresciuti del 24% nell’ultimo anno, l’Italia resta al 16° posto in Europa per densità, con con 13,6 punti per 100 km di strada rispetto a
20,4 della media europea. Senza contare il costo dell’energia elettrica.
L’adozione dell’auto elettrica in Italia è rallentata anche da un atteggiamento culturale di rifiuto e diffidenza che deriva da una percezione vaga e distorta della tecnologia. Emerge con chiarezza dall’Osservatorio Auto e Mobilità promosso da UNRAE in collaborazione con Luiss Business School quest’anno intitolato “L’Italia e l’auto elettrica: percezioni e consapevolezza”. Contrapponendo il risultato di un sondaggio “a domande aperte” rielaborato dall’Intelligenza Artificiale tra possessori di auto elettriche e non possessori, il rapporto dimostra che alla netta soddisfazione (74%) dei primi corrisponde una percezione di inadeguatezza dei secondi tale da escluderne l’acquisto nel 71% nei secondi, pur con analoghe condizioni d’uso dell’auto.

Il messaggio finale di UNRAE è chiaro: senza interventi strategici e mirati, la transizione rischia di restare uno slogan. Con scelte pragmatiche, invece, competitività industriale e decarbonizzazione possono davvero procedere insieme.
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