Uniti si arrende e sceglie la strada di un post su Linkedin per annunciare a chi aveva creduto nel progetto che la start-up svedese ha dichiarato fallimento. Non è il primo e non sarà l’ultimo flop nel mondo dell’elettrico. Tanti partono con grandi progetti, ma si scontrano con un mondo, quello dell’automotive, in cui non basta una buona idea per affermarsi. Una realtà con cui in passato hanno dovuto fare i conti anche grandi nomi come James Dyson e la General Motors.
Uniti si arrende: non ci sono soldi per costruire la One
Il post su Linkedin è accompagnato dal video in cui uno dei fondatori, con tono accorato, annuncia la resa. E spiega di essere pronto a rispondere on-line a tutte le domande su quel che non ha funzionato in questa avventura iniziata sei anni fa. Col proposito di costruire una citycar, la One, dal prezzo abbordabile e dall’estrema facilità d’uso, con un volante-joystick. Nell’ottobre 2019 erano state addirittura aperte le prenotazioni (prezzi da 17.760 euro più Iva), con due versioni, una da 150 e una da 300 km di autonomia. Il primo di una serie di centri di produzione si sarebbe dovuto allestire a Silverstone, in Inghilterra. Ma alla lunga i sogni si sono scontrati con la realtà e Uniti aveva già avvertito di una possibile insolvenza nel dicembre 2021. Servivano 500.000 euro subito per far fronte alle scadenze. La situazione si è trascinata fino ai primi di aprile, poi la resa è stata ufficializzata: non è stato possibile “raccogliere capitali sufficienti per raggiungere gli obiettivi”.
Le scuse a chi ha perso soldi credendo nel progetto
Il progetto, un po’ utopistico, faceva leva soprattutto su finanziamenti dal basso, da piccoli investitori che credevano nell’idea di un’auto essenziale e poco ingombrante. “Vogliamo ringraziarvi per il vostro supporto negli ultimi sei anni”, si legge nella nota che annuncia il fine corsa. “E siamo anche molto dispiaciuti per coloro che hanno perso denaro in questo tentativo di ottenere qualcosa di eccezionale“. Mentre Uniti si dibatteva nelle sue difficoltà finanziarie e il progetto ristagnava, il mondo intorno si è popolato di auto elettriche sempre più performanti. Rendendo la One sempre meno rivoluzionaria. Meglio prendere atto con realismo che il sogno è finito: “Continuare a prendere capitali che bastano solo per sopravvivere, pone troppa dipendenza dall’esterno dell’azienda. E quindi troppi rischi per coloro che ci fanno andare avanti. Per questo motivo ora abbiamo dichiarato fallimento, per necessità”, scrive ancora Uniti.
Questo ennesimo fallimento rende ancora più apprezzabile la resistenza di Sono motors che tra mille difficoltà non solo non fallisce ma riesce a portare avanti lo sviluppo dell’auto.
In ogni caso bisogna fare delle regole certe per il “finanziamento dal basso”. Io posso sempre donare a mio rischio e pericolo però quando molte aziende promettono vantaggi come sconti, lista d’attesa ridotta, gadget, servizi aggiuntivi, in caso di prenotazione, significa che io pago perchè mi aspetto la vettura a casa presto o tardi. Questa non è più una donazione. Il cliente deve essere risarcito. Le scuse non possono bastare.
Invece secondo me sei tu che vivi fuori dal mondo. SONO sarà la prossima, e quando si compra qualcosa in crownfounding oppure si fornisce la caparra per qualcosa che ancora non esiste… si deve valutare il rischio di perdere tutto.
Se la società è fallita significa che i creditori non avranno nulla.
ok. Vedremo come va. Per il momento Sono motors non è fallita e procede
Una donazione non prevede nulla in cambio, in quanto regalo (è il significato stesso di donazione). Se invece lo vedi come un investimento, questo comporta SEMPRE la possibilità (seppur remota) di perdere i soldi investiti. (In realtà qualsiasi transazione anticipata di denaro (esempio, fare il bonifico al concessionario per l’acquisto di un’auto) ti espone al rischio che questo fallisca nel mentre o che semplicemente scappi con i soldi. Ovviamente questo è un cado estremo.)
La prossima a saltare sara’ Sono Motors??
probabilmente, ma prima riusciranno a vampirizzare qualche altro stolto
Concordo. Mentre sarebbe bene porre fine quanto prima al paese dei balocchi
Dispiace perché un veicolo in più sarebbe meglio per la concorrenza che è sempre buona e giusta
come volevasi dimostrare, le vetture di segmento popolare non hanno speranza… Anche Smart ci ha rinunciato…
Mi auguro che il Microlino, a Torino, abbia sorte ben più florida.
Ce lo auguriamo tutti, dispiace sempre vedere avventure come questa finire male.
no, sarà un flop totale… la ggente ora vuole solo suv e crossover…
e invece le città e l’ambiente (oltre che le nostre tasche) avrebbero bisogno di citycar
Per stimolare il segmento delle compatte potrebbe servire – se non un’apposita regolamentazione – qualche incentivo fiscale o di altro tipo, un pó come con le k-car giapponesi da tanti anni https://www.lautomobile.aci.it/articoli/2019/04/30/keicar-le-giapponesi-tascabili.html
C’è già. La Citroen Ami e sorelle. Per la città è sufficiente un quadriciclo simile. Non è un auto, ma una auto EV a basso costo con i prezzi attuali di materie prime, tecnologie, logistica non è possibile. Idem in Cina col quadriciclo Wuling mini EV e siblings varie. Il mercato è diviso fra Premium EV per ricchi e quadricicli EV per i cittadini normali Nel mezzo le altre auto danno un rapporto prezzo prestazioni migliori. Rimarrà così finché la tecnologia non migliora e le materie prime ribassano o cambiano
In effetti credo che per molti in cittá basterebbe un quadriciclo magari pesante, ma rimane comunque una discreta percentuale di persone che deve affrontare, almeno saltuariamente, tangenziali e/o percorsi fuori cittá e in questo caso si troverebbe meglio con una citycar.
Si ma la Ami et vomitilia, sono inguardabili… almeno questa era anche carina da vedere…
Un evento simile accadde a Vectrix Usa nel 2013.
Sarebbe dovuto uscire a quella data l’ancor più rivoluzionario VT1 dotato di abs,ruote alte e batterie estraibili e modulabili(progetto ampiamente copiato da tutte le altre marche cinesi e spagnole di scooter elettrici).
Vectrix fu troppo innovativa per quel tempo e le batteria al nickel di allora non avrebbero garantito autonomia e gestione agili e soddisfacenti come accadde subito dopo con l’ingresso delle batterie al litio.
Fortunatamente la fabbrica polacca sopravvisse e ne prese le redini gestendo e perfezionando la flotta di scooter e di pezzi di ricambio superstiti.
Vedi anche articolo https://www.vaielettrico.it/alessandro-cinque-anni-in-vectrix-e-non-sentirli/