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Un mondo con solo fonti rinnovabili è davvero possibile?

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E’ possibile decarbonizzare il nostro mondo, traendo da fonti rinnovabili tutta l’energia che ci serve? Nel nuovo articolo della rubrica “La stanza dell’ingegnere” prova a rispondere con tanti numeri il nostro Vittorio Milani i numeri . Qui tutti gli articoli della rubrica “La stanza dell’ingegnere”

                            di Vittorio Milani

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Se una notte d’inverno un viaggiatore, con la batteria della sua auto elettrica quasi scarica, si fermasse a una stazione di servizio e trovasse tutto spento e buio, non ci metterebbe molto a capire di trovarsi in un grosso guaio. Un blackout: niente ricarica elettrica, ma nemmeno benzina, niente caffè caldo, niente di niente. 

I tedeschi lo chiamano dunkeflaute (da dunke, che significa buio, e flaute, pausa). È quel periodo invernale in cui, per diversi giorni, il cielo è coperto da dense nubi e non tira un alito di vento. Fino ad oggi una situazione del genere non avrebbe comportato alcun problema.

Ma in quel mondo tanto agognato da noi del partito della decarbonizzazione, dove l’energia arriverà tutta da fonti rinnovabili – quindi né costanti né regolabili – se questo dunkeflaute decidesse, per bizzarria statistica, di durare un po’ di più del solito e su un’area un po’ più vasta rispetto a quanto le stime più prudenti avessero mai messo in conto, ecco che, in balia  dalla volontà del dio del Sole e del dio Vento, la catastrofe si paventerebbe in tutta la sua drammaticità.

L’energia elettrica si può immagazzinare… o no?

Lo sanno tutti, ed è un cavallo di battaglia degli scettici della transizione energetica dura e pura (cioè senza nemmeno il ricorso a un po’ di nucleare): l’energia elettrica non è un prodotto facilmente stoccabile, e senza una quota di produzione che garantisca il cosiddetto base-load nei periodi in cui le FER (Fonti Energetiche Rinnovabili) non ce la fanno, l’ipotetica situazione in cui si ritrova il nostro immaginario viaggiatore potrebbe divenire tragica realtà.

Stiamo prendendola alla larga per introdurre quello che presumibilmente è il più grosso problema sulla via della decarbonizzazione: lo stoccaggio di grandi quantità di energia. Grandi almeno tanto da permettere di superare di slancio il peggiore degli inverni con il peggiore dunkeflaute ragionevolmente ipotizzabile.

Un problema, peraltro, di cui si parla poco da parte di tutti nel grande dibattito della transizione ecologica. Forse perché non ancora ben inquadrato o forse perché oggettivamente molto complesso e a rischio di banalizzazioni a suon di vuoti slogan e reciproci anatemi ideologici tra parti di opposte vedute.

Il giorno e la notte, l’estate e l’inverno

Nell’ipotesi che si abbia un sistema di produzione con prevalenza di fotovoltaico (come si sta delineando in Italia, anche per ovvie ragioni geografiche), il problema si focalizza (ma non solo) nell’accumulare energia in quantità sufficiente, e in modo efficiente ed economicamente sostenibile, per far fronte ai due cicli fondamentali: il ciclo giorno/notte (circadiano) e il ciclo estate/inverno (stagionale).

Il primo necessita di una copertura per le ore più critiche della giornata, tipicamente quelle serali e, tra queste, quelle del periodo invernale. Il secondo richiede accumuli ben più consistenti perché deve fronteggiare lunghi periodi di bassa produttività delle rinnovabili, che, se basate in gran parte sul fotovoltaico, corrispondono alla stagione invernale.  In pratica, il dunkeflaute di cui si diceva.

Fonti rinnovabili: l’importanza del mix

Va sottolineato come sia fondamentale la scelta del mix delle fonti rinnovabili; se questo mix sarà incentrato sul FV, entrambi questi cicli diventeranno particolarmente critici perché di notte non c’è sole e d’inverno ancora peggio perché le giornate sono più corte e i raggi del sole incidono con un minor angolo sui pannelli.

Diversamente, per un paese del nord Europa affacciato sul mare del nord attrezzato con adeguati parchi eolici off-shore, i termini della questione cambierebbero radicalmente, potendo contare su una produzione molto più costante in entrambi i cicli, circadiano e stagionale.

Purtroppo, i dati ci dicono che in Italia il nuovo installato di eolico, che darebbe un contributo importante nel livellamento della produzione, è ancora molto basso nonostante in alcune zone della penisola vi siano condizioni di ventosità almeno discrete. (*)

In realtà esistono altre fonti rinnovabili che forniscono energia costante oppure modulabile, come ad esempio il geotermico, le biomasse e l’idroelettrico. Dati alla mano, questi sistemi risultano piuttosto marginali ai fini dell’accumulo (sì, anche l’idropompaggio a doppio bacino!), anche se una possibilità di sviluppo è da considerare. Ad esempio efficientando le centrali idroelettriche esistenti, o sfruttando maggiormente l’energia geotermica con impianti magari piccoli e distribuiti per tele-riscaldamento o produzione elettrica.

(*) Nel 2023 sono stati installati solo 488 MW di eolico. Il Pniec prevede per i prossimi anni di installare 2000/2500 MW ogni anno fino al 2030.

Adesso diamo i numeri

Per questo articolo mi baserò quasi interamente sull’unico studio esaustivo che ho trovato focalizzato su questo tema, realizzato dal CNR (Consiglio nazionale delle ricerche) e Aspo Italia. Il documento (oltre 120 pp.), uscito nel 2023, è intitolato “Verso un sistema energetico italiano basato sulle fonti rinnovabili” e utilizza per lo più i dati del 2019 (comunque validi ancora oggi).

Lo studio si pone l’obiettivo di valutare, attraverso simulazioni in differenti scenari, se è in Italia è realizzabile una transizione energetica basato esclusivamente su fonti rinnovabili (FER) e sistemi di accumulo, analizzando nel dettaglio su base statistica i profili di consumo, di produzione e di erogazione differita possibili con opportuni sistemi accumuli.

Il bilancio energetico nazionale

Per prima cosa si stima quanta energia primaria ci servirebbe nell’ipotesi che gli apparati che oggi utilizziamo (caldaie, auto, processi industriali ecc..) in un futuro prossimo funzionassero tutti con energia elettrica FER, direttamente o con vettori energetici prodotti con questa.

Ricordiamo che per energia primaria si intende l’energia consumata utilizzando tutte le fonti energetiche (sia importate sia prodotte/estratte internamente). Per inciso la maggior parte di questa energia arriva sotto forma di idrocarburi importati per lo più da paesi di traballante affidabilità.  Inoltre, ricordiamo che l’energia primaria non va confusa con l’energia elettrica, che ne rappresenta solo una parte. Detto questo, consiglio di soffermarsi ad osservare il diagramma di Sankey del LLNL riportato sotto (si riferisce a dati 2017 ma è ancora sostanzialmente valido); si capiscono molte cose! 

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Energia consumata, utilizzata, sprecata

Esso ci mostra il flusso completo dell’energia all’interno del sistema energetico nazionale, con tutte le trasformazioni e le perdite che si riscontrano lungo il percorso. Come si vede l’energia primaria consumata ammonta a 6700 PJ (PetaJoule), cioè 1860 TWh. Mentre l’energia effettivamente utilizzata per soddisfare tutte le esigenze è indicata nel box grigio scuro Energy Services e risulta pari 2500 PJ, cioè 700 TWh (memorizziamo questo dato).  

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Questa è effettivamente l’energia che ci serve per scaldare, rinfrescare e illuminare gli ambienti, trasportare umani e merci, far funzionare l’industria e l’agricoltura, mantenere operative le macchine che ci circondano, dagli elettrodomestici ai computer che vi permettono di leggere questo articolo, ovvero far funzionare quella che chiamiamo tecnosfera. 

Si può notare che la maggior parte dell’energia primaria risulta inutilizzata e scartata (3900 PJ) per effetto dei processi di combustione, che, come sappiamo hanno una resa sempre molto bassa.

Ad esempio, vediamo che i trasporti assorbono 1600 PJ e ne rendeno solo 370 PJ; facendo il rapporto otteniamo 370/1600 = 23% che guarda caso è in linea con il rendimento atteso dei motori endotermici (tra benzina e diesel). Nel box color arancione si vede anche la quota di energia primaria consumata per la produzione elettrica, (2300 PJ più il saldo export) che diventano i 1200 PJ di energia elettrica richiesti dalla rete, pari a 330 TWh (oggi in realtà questo valore è leggermente diminuito). 

Questo è il quadro generale del bilancio energetico nazionale.  Teniamolo presente e torniamo allo scenario in cui vorremmo elettrificare tutto eliminando tutti le fonti fossili e usando solo le nostre care ma intermittenti fonti rinnovabili.

L’ottovolante del fabbisogno energetico

Partiamo dunque dal fabbisogno annuale di 700 TWh necessario nell’ipotesi che tutto sia elettrificato e che dovrà essere coperto tutta da fonti rinnovabili. Per dare l’idea oggi siamo a 110-120 TWh di produzione FER, siamo quindi lontanissimi.

Ma per ora non occupiamoci di questo aspetto (già evidentemente critico). Ci concentriamo invece sul fatto che un conto è aver calcolato quanta energia in totale ci serve in un anno per far funzionare tutte le cose, un conto è renderla disponibile esattamente nella quantità richiesta in ognuna delle 8760 ore dell’anno.

Quindi è necessario partire dall’analisi del profilo del consumo elettrico finale per ognuna di queste 8760 ore. Il grafico riportato sotto, mostra l’andamento orario della potenza richiesta secondo la simulazione basata su dati storici. Si osservino i picchi, che in alcune ore dei mesi freddi arrivano ai 170 GW. Per avere un’idea, il picco massimo registrato ha raggiunto i 60 GW nell’estate 2023 a causa dell’uso intensivo dei condizionatori.

Il secondo grafico cambia la base di aggregazione temporale passando dalle ore alle settimane (siamo sempre nell’ipotesi di totale elettrificazione, quindi con 700 TWh annui richiesti). Per capirci, è come se avessimo “spalmato” l’intermittenza oraria e giornaliera e si stia valutando la variazione tra le settimane, che ovviamente risulta più bassa. Con questa scala si evidenzia meglio come varia il fabbisogno tra periodo estivo ed invernale. Il grafico, inoltre, ci mostra l’andamento dei tre principali flussi energetici rappresentati da altrettante linee colorate.

La linea rossa (GiàElet) mostra la produzione di energia elettrica attuale. La nera (ExPet) rappresenta l’equivalente elettrico dei consumi di petrolio e derivati, considerata costante. La blu (ExGas) rappresenta la nuova energia elettrica necessaria per sostituire il gas metano utilizzato oggi per industria e produzione di energia elettrica e soprattutto per il riscaldamento invernale che rappresenta la principale causa della fluttuazione stagionale.

L’enorme differenza fra estate e inverno

E si tratta di una variazione enorme. La linea verde, la somma delle tre linee, mette in luce chiaramente la variabilità della potenza richiesta, che passa da minimi di 50 GW a picchi di oltre 110 GW.  I mesi invernali sono evidentemente i più “voraci” in termini di fabbisogno energetico complessivo, ed è proprio nei mesi invernali che un sistema di produzione FER, basato prevalentemente sul solare (si ipotizza 75% di FV e 25% di eolico come installato aggiuntivo) produce il minimo di energia. E questa è una brutta notizia. 

Per consolarci, diamone anche una buona con una osservazione sulla linea nera. Nonostante quello che si sente dire da molti “antipatizzanti” delle BEV, l’energia necessaria per elettrificare tutti i trasporti sarebbe poca cosa rispetto all’energia totale in gioco.

Inoltre, l’andamento del suo consumo risulta praticamente costante nel corso dell’anno. Quindi non rappresenterebbe un problema rispetto alla questione della variabilità che stiamo affrontando. Anche perchè (ne parleremo più avanti) le ricariche dei veicoli elettrici si possono programmare in modo da inseguire i momenti di massima produzione. E potrebbero addirittura contribuire al livellamento del consumo con tecnologie come il V2G.

Arrivati a questo punto, chi ha una certa familiarità con le grandezze elettriche avrà già capito che risolvere la faccenda dell’accumulo di energia per inseguire i cicli tipici di produzione delle FER con le curve di consumo non sarà affatto una passeggiata, viste le enormi quantità di energia in gioco.

Cosa succede senza accumuli stagionali

Nello studio gli autori ipotizzano vari scenari in ordine crescente di “interventi” per raggiungere l’obiettivo di un sistema tutto FER in grado di fornire energia senza interruzioni.

Il primo scenario calcola cosa succederebbe producendo i 700 TWh richiesti senza alcun sistema di accumulo. Ovviamente sarebbe un disastro in termini di percentuale di ore di ammanco di energia sulla rete.

Il secondo scenario prevede un sistema di accumulo di sei ore con batterie elettrochimiche, come quelle usate nelle case abbinate fotovoltaico. Questo sarebbe l’accumulo per fronteggiare il ciclo giorno-notte. Non sembra molto, ma si tratta di 8 kWh per ognuno dei 60 milioni di italiani. In totale 528 GWh, considerato un 10% di perdite.

Per evidenziare come cambia la situazione in funzione della stagionalità, si illustra il risultato della simulazione di questo secondo scenario per quattro settimane “campione” dell’anno. I risultati sono sintetizzati nei grafici seguenti:

fonti rinnovabili

La linea sottile nera rappresenta il fabbisogno effettivo, le aree in nero rappresentano gli ammanchi di energia. Le aree in rosa rappresentano le ricariche delle batterie giorno-notte. Come si vede, solo in estate avremmo la copertura quasi completa in ogni ora del giorno, ma a fronte di una sovraproduzione di energia gigantesca che non potrebbe venir assorbita dalla rete elettrica. Nei mesi invernali gli ammanchi assumerebbero dimensioni gigantesche, praticamente i blackout sarebbero continui per quasi tutte le ore del giorno.

accumuli energia

Fonti rinnovabili e accumuli di energia: il problema è la quantità

Come si è visto, i valori di energia in gioco sono enormi. Sia sul fronte della necessità di nuovo installato FER per arrivare alla produzione ipotizzata di 700 TWh. Sia, e soprattutto, per le capacità di accumulo in particolare per superare i mesi invernali. Un bel problema, dunque, che richiede di escogitare soluzioni fattibili e sicure se non vogliamo ritrovarci nella situazione del viaggiatore di cui parlavamo all’inizio. 

E infatti, dopo un bel po’ di calcoli su diversi scenari, la (prima) conclusione degli studiosi non è affatto incoraggiante. Scrivono testualmente: “non è realisticamente possibile realizzare sistemi di accumulo, soprattutto stagionale, in grado di coprire questi consumi in modo continuativo. Uno a zero per il nostro temuto dunkeflaute e palla al centro. Che fare allora?

Primo: ridurre i consumi

La seconda conclusione che si legge nel rapporto è che se si vuole realizzare la transizione elettrica con solo rinnovabili (e senza nucleare) è necessario diminuire i consumi.

Questa, aggiungo io, è la classica affermazione che la gente non vuole sentire nemmeno sussurrata perché evoca un mondo di rinunce, di riduzione dello stile di vita, di decrescita infelice, che infiamma un sentimento di avversione (per usare un termine gentile) verso “questi eco-fondamentalisti che ci vogliono far tornare al medioevo”. E ovviamente una parte della gran cassa mediatica ci soffia sopra.

In realtà si parla essenzialmente di efficientamento tecnologico, cioè fare le stesse cose di prima (e anche di più) con meno energia. Un processo peraltro già in corso da alcuni decenni senza che ce ne rendessimo conto.

Forse molti non sanno che…

Forse molti non se ne sono accorti ma negli ultimi tempi abbiamo assistito alla diffusione di:

  • elettrodomestici sempre più efficienti: fanno le stesse cose con minori consumi di elettricità 
  • auto termiche: oggi consumano molto meno per fare gli stessi chilometri (ultimamente anche grazie anche all’aiutino elettrico) 
  • illuminazione a LED: stessa luce con consumi dieci volte inferiori rispetto ad una analoga lampadina a filamento
  • caldaie a gas: sempre più efficienti, quelle a condensazione riescono ad estrarre quasi tutta l’energia dal metano che bruciano
  • edilizia: sempre più ecologica e attenta alla riduzione delle dispersioni termiche
  • riciclo/recupero dei rifiuti: permette un significativo risparmio energetico rispetto ad una produzione che riparte dalla materia prima, la produzione di materiale riutilizzabile e infine il recupero di energia termica (termovalorizzazione).

E potremmo andare avanti a lungo. Diversi studi (vedere ad esempio “Energy Efficiency Market Report” della IEA) ci dicono che il valore dell’intensità energetica primaria (cioè il rapporto tra consumo di energia primaria e PIL) è sempre ogni anno in diminuzione su scala globale.  Detto in altre parole, vuol dire ogni anno per produrre un certo valore di ricchezza si utilizza sempre meno energia, e non sono numeri da poco.

C’è spazio per risparmiare il 10%

Sempre la IEA calcola che un miglioramento dell’intensità di energia primaria a livello globale del 4% (valore già raggiunto da molti paesi anche se non sempre mantenuto per molti anni consecutivi) significherebbe che la domanda di energia nel 2030 sarà inferiore di quasi il 10% rispetto al 2022, anche se l’economia globale si espandesse di quasi il 30%.

Nessuna decrescita infelice, dunque. Tuttavia, il contributo alla riduzione del consumo deve arrivare anche dalla modifica di alcuni stili di vita percepiti come normali e “irrinunciabili” ma in realtà catalogabili come “brutte abitudini”.

Ad esempio. Impostare il termostato in inverno a 23 gradi per stare in maniche di camicia perché anziché a 20 gradi e indossando un golfino. Tenere l’aria condizionata a livelli dei minimi della glaciazione di Würm. Non fare la raccolta differenziata in modo accurato per incuria o volutamente “perché tanto non serve”. Prendere la macchina per evitare di fare 500 metri a piedi avendone tutto il tempo.

Non sono legittime manifestazioni di difesa della libertà individuale. E non sono nemmeno coraggiosi atti di disobbedienza civile contro inaccettabili imposizioni di stampo dirigista.

Sono solo manifestazione di ignoranza e assenza di consapevolezza rispetto al problema del cambiamento climatico in atto. Problema peraltro ancora oggi da molti negato.  

Quando perfino considerato un piano malvagio dei soliti “poteri forti” che, non si sa bene perché, desiderano vederci andare tutti in bicicletta, come in Cina ai tempi di Mao ZeDong.

Ripartendo dalla metà potremmo farcela

Tornando allo studio, gli autori provano poi a simulare gli effetti in diversi scenari per eliminare gli ammanchi invernali. Ad esempio ipotizzando un aumento del 50% della capacità di produzione delle fonti rinnovabili e ipotizzando maggiori interscambi con i paesi limitrofi.

Ma il risultato cambia di poco, il periodo invernale resterebbe ampiamente scoperto in molte ore della giornata. Alla fine, l’unica simulazione realistica prevede che i consumi siano ridotti alla metà, a circa 350 TWh annui.

In pratica, se vogliamo sperare di avere un sistema basato solo su rinnovabili che sia realisticamente ipotizzabile (senza un base-load fornito dal nucleare) occorre dimezzare la domanda finale di energia.

Sembra un’impresa disperata, ma abbiamo visto che i miglioramenti di efficienza anno dopo anno sono già oggi notevoli e possono (devono) accelerare. Dobbiamo tenere conto inoltre che stiamo traguardando orizzonti temporali di qualche decina di anni.

E’ il minimo per realizzare un completo ribaltamento del paradigma energetico con la totale eliminazione del fossile, paradigma che dura dall’inizio della rivoluzione industriale e resiste ancora oggi dopo oltre 200 anni. E naturalmente è necessario spingere sul piede dell’acceleratore da parte del decisore politico.

Partendo da questo punto, nella seconda parte dell’articolo vedremo come potrebbe essere concepito un sistema di accumulo di energia per risolvere soprattutto il problema della stagionalità, le soluzioni tecniche, le capacità necessarie in termini di accumulo e non solo, e le modifiche alle logiche di gestione anche economiche del sistema elettrico.

Scopriremo se davvero sarà possibile un mondo di soli rinnovabili, o dovremo rassegnarci ad un qualche compromesso. O addirittura “lasciar perdere”, come auspicano quelli che considerano tutta questa storia del cambiamento climatico una bufala. Magari potranno anche avere ragione, ma lo scopriremo solo fuori tempo massimo per rimediare, se non fosse così.

(1/Continua)

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45 COMMENTI

  1. Attualmente gli impianti fotovoltaici sono progettati per massimizzare la produzione annuale di energia. In caso di strutture fisse a terra, i moduli sono inclinati rispetto al piano orizzontale di 25-35 gradi, in funzione della latitudine del posto. Di fatto, questa scelta, massimizza la produzione estiva e riduce la produzione invernale.
    Gli impianti monoassiali (ad inseguimento) permettono un incremento della produzione annuale di circa il 15%, rispetto alle strutture fisse, e di produrre più energia al mattino ed alla sera, quando il valore del PZO (Prezzo Zonale Orario) è più alto rispetto al corrispondente delle ore prossime al mezzogiorno locale.

    Una simulazione, con tilt 60 gradi, ottimizza la produzione di energia nei mesi compresi da novembre a febbraio. L’incremento di produzione è pari a circa il 13% , rispetto ad un impianto con tilt di 35 gradi (359 rispetto a 312 kWh/kW). La riduzione di produzione annuale globale è inferiore al 3% . La simulazione è stata fatta considerando un impianto da 1kW, localizzato bella pianura padana occidentale.

    Domanda: forse è arrivato il momento di valutare altri criteri di ottimizzazione degli impianti, rispetto agli attuali ? E’ chiaro che questa non è “la soluzione” al problema prospettato dall’articolo, comunque va nella corretta direzione.

  2. -Un mondo con solo fonti rinnovabili è davvero possibile?-

    Insomma, leggendo l’ottino articolo vien da dire “non nell’immediato e nemmeno a medio termine”.
    Però, come fatto notare anche da altri, forse il vero problema è l’ultimo 15/20%.
    A quel punto potrebbe essere il minore dei mali bruciacchiare ancora un po’ di gas in attesa di adeguati accumuli e magari ulteriori novità (anche perchè è scritto a chiare lettere, sebbene fra le righe, che l’unica alternativa a carbonio zero è il nucleare. A quel punto meglio il gas).
    Vabbè, anche fosse all’85%, come si dice a Milano pütost che niènt l’è mej pütost.

  3. Si evince che l’accumulo stagionale è indispensabile, l’Idrogeno sarebbe un buon candidato, si produce Idrogeno quando c’è eccedenza di produzione rinnovabile d’Estate e lo si consuma di Inverno riconvertendolo in energia elettrica, il processo non è molto efficiente si perde circa i 2/3 di energia nelle conversioni, però se disponiamo di molta energia rinnovabile sfruttando aree particolarmente vocate come i deserti con gli stessi pannelli si produrrebbe tre volte l’energia e si compenserebbe la bassa efficienza di conversione.
    Poi che dire dell’efficienza di conversione dei motori termici, anche li si perde i 2/3 dell’energia eppure lo si usa lo stesso, è una questione di opportunità e convenienza economica.
    Poi l’energia convertita in Idrogeno oltre a stoccarla più facilmente è più facile da trasportare su lunghe distanze rispetto ad elettrodotti, via tubo, o nave, o localmente anche con autocisterne o carri ferroviari bombolai.

      • Ma per NH3 si dovrebbe fare un ulteriore trasformazione da H2->NH3 con relative perdite, comunque si ho letto anch’io degli articoli interessanti sull’ammoniaca.
        Restano comunque procedimenti costosi, ma credo che già adesso il costo dell’Idrogeno Green 10$/Kg sia allineato a quello del Gasolio 4$/Gallone tenendo conto del rendimento delle celle a combustibile del 50% contro quello del motore endotermico del 30%.
        Il problema è che le celle a combustibile da installare a bordo del veicolo sono ancora troppo costose altrimenti l’Idrogeno Green sarebbe già oggi competitivo per l’autotrasporto che l’uso più favorevole per via del confronto con il gasolio che è costosetto. Mentre più difficile vincere la sfida con l’Idrogeno grigio usato nelle fonderie o per riprodurre energia elettrica in sistemi stazionari.
        Io sarei anche più favorevole all’Idrogeno Blu tanto per iniziare a mettere su la filiera e come soluzione transitoria altrimenti non si parte mai.

    • e anche senza usare per forza dei deserti:

      installando su circa 0,7% della superficie italiana, si avrebbero periodi con eccedenza di energia usabile anche per gli elttrolizzatori

      ho visto che ASPO a Febbraio 2024 ha rilasciato uno ulteriore studio (con scenario al 2030, invece che al 2050) in cui discute anche questi dettagli, es. ore annue di funzionamento degli elettrolizzatori, parametrp utile a capire quando inziano ad essere convenienti economicamente (ad oggi ancora costichiano)

  4. Ho letto tante lamentele per il costo dell’efficientamento energetico… “chi lo paga… chi ci riesce” dimenticando un dato fondamentale: che l’efficientamento sostanzialmente si paga da solo con i risparmi in bolletta. Certo servono delle formule per aiutare chi non ha un minimo capitale iniziale (aiuti che per altro in parte già ci sono) ma a lungo termine non è un costo ma un redditizio investimento. E comunque quando ho fatto il cappotto a casa (sempre sia lodato… ho ridotto del 60-70% i consumi) i vicini si sono rifiutati perché “costava”, l’anno dopo hanno preso il SUV da 35.000E quindi io continuo a mettermi in tasca soldi ogni mese e ogni 730, loro a pagare le rate del SUV. Certo non è così per tutti ma in Italia manca forse più la mentalità che i soldi.

  5. Innanzitutto grazie per questo splendido “mezzo articolo” che spiega molte cose anche a chi non ha conoscenze di base nel settore.
    Poi, a parere mio, si dovrebbe correre quanto più possibile per raggiungere il 90% dell’energia su base rinnovabile.

  6. == priorità e quantità

    Italia sta funzionando con 1600 TWh annui ( 1800 Twh nel 2017 come citato da Aspo) di energia primaria complessiva (metano + petrolio + elettricità rinnovabile); almeno 1400 TWh sono da carburanti fossili, con forti emissioni di Co2

    ISPRA calcola per l’Italia circa 370 Mega-Tonnellate di emissione annue equivaventi di Co2, a cui aggiungere una quota minore per emissioni di metano da agricoltura (da ridurre anche queste, ad es. con gli impianti che raccolgono e sfruttano il biometano), e in totale si arriva a circa 410 MTonn

    un sistema di rinnovabili banale (cioè senza ancora aggiungere raffinati accumuli stagionali come nello studio Aspo) può portare in breve tempo e con bassi costi (anzi con risparmi rispetto ai combustibili fossili) a un sistema Italia con:

    – circa 600 TWh di energia elettrica rinnovabile a bassissime emissioni
    – c’è dibattito se serviranno anche accumuli stagionali di energia oppure no;
    come quantitativo si parla di 30-60 Twh residui di energia per accumulo stagionale/back-up per giorni con condizioni anomale

    se l’accumulo/back-up fosse fatto con il metano fossile (stesse infrastrutture attuali), avremmo comunque già fatto un gran risultato, passando velocemente da 1400 Twh di energia fossile ad alte emissioni, a 60 Twh residui di energia fossile

    cioè 60/1400 è una riduzione del 96% (!) delle emissioni da combustibili fossili

    se vengono invece integrate soluzioni più complesse (alcune leggo verranno trattate nella seconda parte di questo articolo), le emissioni scenderanno ulteriormente

    ma in questo senso il dibattito su un mix esattamente “zero emissione” è sempre un po’ fuorviante; è un’ottica datata, anche perchè nessun sistema riesce ad arrivare a zero emissioni, le stesse fonti a bassissime emissioni hanno qualche residuo indiretto

    la discussione per me è allora sempre da impostare su un discorso di rapporto tra COSTI vs RISULTATI (non zero, ma quasi zero emissioni) vs TEMPO di realizzazione

    questo se il fine è immettere meno Co2 complessiva in atmosfera in questi anni, visto che conta il valore di Co2 emessa cumulato anno su anno

    se goglate “l’urgenza di agire”,
    su youtube trovate tre conferenze dell’ Ing. Marco Giusti che spiega questo aspetto di “prospettiva e priorità” in modo efficace

    un esempio che fa è che se domani mi arriva un gruppo di amici a cena, e ho urgenza di preparare la cena, userò qualcosa di semplice e veloce (FT ed Eolico), ad es. farò pasta e aglio e pepeoncino, non mi isciverò a un corso di cucina di mesi per cercare soluzioni più complesse, dubbie, lunghe e magari anche costose

    =================
    invece i dibattiti teorici su come azzerare tra 20 anni quei 30-60 TWh residui, distolgono dall’azione oggi

    oggi ogni anno in cui lasciamo che il ministro cognato e suoi amici a ostacolare le rinnovabili più veloci ed economiche da installare, rimandiamo di avviare quella trasformazione rapida basata su rinnovabili già in corso in Spagna

    in un singolo di ritardo con il paravento di battiti farlocchi bruciamo altri 1400 TWh di combustibili fossili (e relative decine di miliardi di euro in import di metano-petrolio)

    1400 Twh fossili per 1 anno di paralisi, come effetto sul clima (emisioni totali cumultate) equivalgono a ipoteticamente nel 2045 essere arrivati a questi famosi 60 Twh residui di metano, e dal 2045 al 2068 (per 23 anni) non fare altri miglioramenti

    60 Twh di immissioni fossili residue per 23 anni = 1400 Twh fossili in un anno oggi

    ===
    il dibattito oggi dovrebbe essere sulla strategia rapida (come in altri Paesi europei) per arrivare in pochi anni a preoccuparsi poi anche di quei 60 Twh residui

    decarbonizzando rapidamente il primo 90%, con il capitale risparmiato (sia in euro che in emissioni carboniche), e le novita tecnologiche rapide, risolvere l’ultimo miglio sarà probabilmente banale, un non problema (e già oggi si intravedono nuovi sviluppi a livello di reti tra paesi confinanti e migliore uso dei bacini di stoccaggio idroelettrici)

    • Sì, concordo con la tua logica, tuttavia ASPO e CNR non sono comuni cittadini e cercano di guardano oltre.
      Diciamo che lo studio ScETuR non è destinato alla casalinga di Voghera.
      Hai citato Marco Giusti (che Apprezzo moltissimo) anche lui fa parte di ASPO Italia e nel suo ultimo libro “L’urgenza di Agire” (che ti consiglio) parla anche di come raggiungere la decarbonizzazione completa in pieno accordo con ASPO.

      • Grazie ora mi è più chiaro, probabile usano lo stesso modello, che però è sensibile alle impostazioni dei parametri:

        ho riguardato le slides di Marco Giusti, mi pare (?) che nella sua versione faccia le stesse correzioni ai parametri che proponevo qui sotto:

        – quota di eolico (cosiderando anche marino) portato a 210-220 TWh annui
        – considerare le pompe di calore per ridurre in modo mirato i picchi dei consumi dei riscaldamenti invernali
        – un poco più di energie da biomasse
        – non serve più sovradimensionare cosi tanto il fotovoltaico

        ottiene 650 TWh annui,
        con cui far girare un sistema nazionale che consumi anche 500 TWh annui, obiettivo relativamente facile anche nel mondo reale, rispetto ai 350 TWh degli scenari con alto efficentamento

        il primo documento Scetur di ASPO (quello trattato qui sopra) invece sembra aver usato testato cosa si otterrebbe usando i parametri dello scenario “RSE 2050”, probabilmente pensato qualche anno prima, e ottiene risultati più “difficili”

        entrambi poi fanno (anche giustamento per una questione di principio) poco affidamento sullo scambio di energia tra paesi, che però nei modelli usciti nel 2024 vedo invece essere considerata come una delle opzioni possibili efficente come costi, in pratica l’europa andrebbe considerata nel suo insieme

        esempi:

        – se l’Italia non riuscisse a installare abbastanza eolico off-shore, ipotizzano che in inverno ne importerebbe una quota dai paesi nordici

        – viceversa in estate esporterebbe eccedenze di fotovoltaico, se non fossimo in grado di installare noi la filiera per idrogeno/ammoniaca/metanolo, appalteremmo la cosa ad altri paesi

        – per ancora 15 anni le centrali francesi già costruite saranno lì, in questo periodo ponte verso la transizione in pratica abbiamo anche un’eccedenza di energia nucl in europa (20% del mix attuale)

    • Ragionamento perfetto di buon senso. Preoccuparsi per arrivare a 0 assoluto di fossili ha poco senso. Arrivare a ridurre il 90% e mantenere un po’ di produzione da gas fossile secondo me è un compromesso accettabile. Grande sicurezza e basso rischio e basse emissioni. Non si sa mai nei momenti di emergenza serve sempre un piano B. Pensiamo ad esempio ad un vulcano islandese che copre il cielo per diverse settimane, oppure periodi di neve anomala che copre con nubi e neve pannelli. Emergenze come terremoti, alluvioni ecc. Vanno considerate e l’immobilismo attuale giustificato da problemi futuri su risultati marginali non ha senso .
      L’alternativa sarebbe quella di produrre gas metano sintetico con il surplus ed utilizzare quello nelle centrali per i picchi. Si perde in rendimento ma si elimina il fossile senza cercare tecnologie che oggi non esistono ancora. Se poi arriverà la fusione nucleare, il problema non esisterà affatto.

      • leggevo che tra le novità papabili dei prossimi decenni potrebbe arriverà la geotermia profonda, stanno ingegnerizzando trivelle di nuovo tipo, chi lavora su sistemi al plasma e chi su sistemi a microonde che in un certo senso “vaporizzano” la roccia

        se ci riescono renderebbero economicamente e tecnicamente fattibile installare impianti geotermici anche in posti normali, e non solo a Larderelllo o in Islanda dove lo spessore della crosta terrestre è molto ridotto

  7. Gran bell’articolo, esaustivo soprattutto e ben scritto (importante per arrivare alla fine hehe), quello che mi piacerebbe capire meglio è quanta della produzione da rinnovabile è comunque costante, non vorrei essermelo perso nel tutto nei vari conti di quanta rinnovabile servirebbe in inverno etc, ma tra le rinnovabili (da non assimilare automaticamente ad emissioni zero) ci sono idroelettrico, cmq ballerino come ci insegna la storia recente, i termovalorizzatori da cui si potrebbe tirar fuori molto più di quanto si faccia guadagnandone anche con aree a discarica meno estese e problematiche a livello ambientale e soprattutto sanitario, ma nelle rinnovabili c’è tutta quella pletora di quelle che io chiamo pseudogreen come i biocombustibili all’italiana che prevedono di “coltivare” la materia prima e agire a livello microbico o chimico (poi c’è da capire la parte chimica se deriva dal petrolio gas o meno, onestamente non so) quanto possano incidere sulla produzione minima di energia totale utilizzata sostituendo in parte benzina e diesel, come rientrerebbero per assurdo giga centrali a olio di colza se te la coltivi in casa (poi mi chiedo quanto spazio servirebbe per coltivarla ma lasciamo stare hehe), le chiamo pseudo semplicemente perché la loro effettiva impronta zero è spesso stata confutata guardando il quadro nel suo insieme più ampio, sicuramente fan differenza ma ben lontana dallo zero, oltre che son personalmente convinto che questi sistemi dovrebbero puntare a un impronta carbonica negativa anche se di pochissimo è un modo per recuperare co2 nel lungo termine che è la cosa che ci serve, come importanza, tanto quanto la diminuzione delle emissioni globali.

    Detto ciò, sembra abbastanza evidente che senza nucleare siamo rimasti al palo completo, scelte passate mandate sull’onda emotiva di una tragedia unica nel suo genere agire oggi non porterebbe il minimo beneficio prima di almeno 10/15 anni con investimenti esagerati, il fatto è che non possiamo aspettare di vedere la fusione commercializzata da qua ai 40/50 anni necessari ad accendere la prima in Italia l’industria sarà talmente compromessa da essere difficilmente recuperata in breve tempo.
    L’ideale sarebbe 1 anno di informazione imparziale vera e massiccia ovunque, tv radio web, con un occhio attento alle fake news (ricordiamoci che ora paghiamo un sacco di soldi a nazioni estere che potrebbero non essere così felici di rinunciare a quel fiume di money), magari un obbligo dei politici che vanno a portare acqua al proprio mulino di rendere disponibili i dati che usano per dimostrare le proprie tesi direttamente sui siti delle trasmissioni ospitanti e con linee guida comuni, tipo il campione statistico preso in esame, o banalmente presentare sia valori % che valori assoluti in modo da pesare veramente le cose, è facile creare allarmismo (estremizzo un po) con dati tipo “gli sbarchi di immigrati sono aumentati del 1000% da quando c’è il governo X” salvo poi omettere che son passati da 1 a 10, quindi un problema totalmente irrilevante o al contrario fregiarsi di aver diminuito gli ingressi di migranti del 70% salvo dimenticare che è finita la guerra che li causava… Diciamo che un po a tutti viene in mente almeno un paio di politici che rivede in boiate simili…
    Alla fine della campagna un nuovo referendum (non so se ci son altri modi di aggirare la cosa) e sostanzialmente sperare che si liberi la possibilità di partire col nucleare e avere 3 o 4 centrali attive nei prossimi 20 anni…
    Non solo perché l’atomo rappresenta la base costante che serve per garantire le stagionalità a costo basso, ma anche perché per come procede la ricerca sulla fusione nei reattori a progetto europeo, come “combustibile” viene usato un sottoprodotto di scarto delle centrali nucleari che non possiamo quindi produrre almeno un parte in casa, anche se la cosa porta un problema etico essendo lo stesso sottoprodotto utilizzato per arricchire le munizioni ma è facile vietarne l’uso non vedendolo per tale scopo come già fa il Canada

    • penso stai travisando il senso dell’articolo

      Aspo e tanti altri spiegano che il nucleare rallenterebbe le strategie di mitigazione del cambiamento climatico (bloccando ingenti capitali per tanti anni, e poi una volta realizzato creando vincoli e altri problemi in un mix di rinnovabili) e alzerebbe i costi di sistema.. è una soluzione ad oggi obsoleta

      ad es. qui si capisce meglio la posizione di Aspo:
      https://aspoitalia.wordpress.com/2024/07/24/la-scalata-al-net-zero-senza-miraggi-nucleari-ne-chimere-californiane/

      in queste tue idee da “fede nuclerista” saresti in buona compagnia, visto il “lavaggio del cervello” a base di tonnellate di disinformazione che il consorzio nuclearista sta facendo a una parte degli italiani, come fosse una partita di calcio, usando tra le varie anche decine di canali youtube sponsorizzati in modo non dichiarato per fare campagna marketing (es “ingegneria italia”)

      budget dell’operazione circa 10 milioni di euro all’anno solo per l’italia, probabile organizzatore l’agenzia di PR (lobbismo e pubblicità) Hill+Knowlton, già usata dal consorzio dai tempi di Chicco Testa, e storicamente usata anche in america

    • Non devi guardare le singole rinnovabili ma l’insieme.
      L’idroelettrico se alimentato da bacino non è ballerino e la disponibilità di acqua è inversa rispetto al sole.
      Anche il vento soffia più di notte.

      Noi sognamo di catturare il CO2 dall’atmosfera e trasformarlo in qualcosa di solido i termovalorizzatori (chiamali inceneritori) fanno l’esatto opposto.

    • Le tecniche di accumulo sono tante, ma ciascuna ha dei problemi specifici.

      L’idrogeno in particolare ha diverse criticità.
      1) gli elettrolizzatori sono energeticamente molto inefficienti
      2) gli elettrolizzatori costano troppo per farli funzionare SOLO quando c’è troppa energia
      3) l’idrogeno è difficile da stoccare (ha densità 16 volte minore del metano a pari pressione, inoltre gli atomi di idrogeno sono talmente piccoli da insinuarsi tra quelli di ferro della bombola, infragilendola).
      Si potrebbe pensare di trasformarlo in ammoniaca per stoccarlo più facilmente, ma aggiungendo problemi di costi e di tossicità

      Personalmente ritengo che le classiche batterie al litio siano molto più promettenti, anche se costano un’occhio dalla testa

      • forse gli accumuli stagionali di energia ci saranno, più che per necessità (secondo me un po’ dubbia negli scenari futuri), piuttosto sulla base di un ragionamento di costo, cioè se risulteranno “economicamente competitivi” rispetto altre soluzioni

        Portogallo, Spagna, Germania, Belgio, etc pensano di si, stanno già preparando la filera basata sull’Idrogeno verde impianti produzione, trasformazione, serbatoi, gasdotti, etc)

        qui c’è una comparativa dei costi stimati di vari sistemi di accumulo stagionali basati sulla filiera dell idrogeno verde e derivati ( considerano anche la sintesi di metanolo poi conservato come liquido, pare sia molto più facile da maneggiare rispetto all’ammoniaca)

        https://www.tu.berlin/en/ensys/news-details/new-paper-on-ultra-long-duration-energy-storage-methanol-with-carbon-cycling

        • Alla fine forse conviene investire molto di più su accumulo idraulico, sia per riserve di energia ma anche d’acqua (sempre più carenti in futuro) ; inoltre potrebbero ospitare pure F.V. galleggiante, come in talune realizzazioni all’ estero; certo non sempre è facile trovare una localizzazione idonea (Vaiont docet !) .

  8. Complimenti Ing. Milani per aver portato il tema complesso 🙂

    e complimenti agli autori di Aspo per il documento dettagliato del 2023, che ha finalità prima di tutto didattiche (detto da loro), infatti leggendolo si imparano molte cose

    sui risultati della simulazione, sempre loro stessi mi pare chiariscono che i loro risultati, che prevedono un certo impegno per realizzare il mix 100% rinnovabile, non sono un dogma, ma a un punto di partenza

    a me alcune loro assunzioni iniziali sembrarono troppo restrittive, apparentemente informazioni del 2019-2021, oggi andrebbero aggiornate; e modificandole, i requisiti per il mix rinnovabile si ammorbidiscono parecchio e sembra meno difficile arrivarci, e verrebbe anche richiesto molto meno risparmio/efficentamento energetico

    ===============
    questi i punti dipartenza che personalmente modificherei nello studio Aspo prima di ripetere le simulazioni:

    1) aggiunta dell’Eolico Marino (che all’epoca avevano escluso)
    invece di ipotizzare 75 GW di eolico su terra (ipotesi Aspo), metterei una ipotesi più efficace (e per me anche più realistica) di:
    – 20 GW di eolico su terra (giusto un repowering dei 12,6 GW attuali, senza nuovi siti) e – 58 GW invece di eolico marino (off-shore)
    i TWh annui risultanti dall’eolico passerebbero da 160 a 212 circa

    2) Fotovoltaico
    il punto 1 permetterebbe di iniziare la simulazione con “soli” 250 GW di FT, circa 328 TWh di produzione energia annua, e caso mai poi aumentarli (PS: Aspo ipotizza panneli FT con rese per superficie ormai “antiche”)

    3) meno consumi in TWh annui italiani
    da soddifare, perchè realisticamente non sarebbero 680-700 TWh (e tra l’altro il 2017 è stata una anomalia statistica con valori più alti),
    ma circa 600 TWh, perché nei 680 TWh ci sono circa 200 TWh di consumi ora fatti a metano presso le abitazioni e uffici-negozi (v. disegno a pag. 87 del documento PDF Aspo)

    di questi 200 TWh a metano, almeno 160 sono per riscaldamento, e non più di 30 per acqua calda e 5-50 per cucinare; di questi 160: almeno 120 li sostituiamo almeno 3 a 1 con 40 TWh elettrici di pompa di calore, e abbiamo appunto da togliere -80 TWh

    saremmo a 600 TWh di consumi annui

    4) per la successiva fase della simulazione, in cui si ipotizzano anche altri efficentamenti, non mi spingerei a scendere a 350 TWh, ma solo a 480-500 TWh conumi totali annui, più realistico, anche contando un aumento dei consumi per nuovi servizi

    nella simulazione con efficentamento saremmo a 480-500 TWh di consumi annui ( e non 350, che suona abbastanza ostico)

    le modifiche al punto 1 (un poco più di energia eolica) e al punto 3 (considerare le pompe di calore), vanno ad aggiungere produzione di energia e togliere picchi di consumo (i riscaldamenti degli edifici) proprio nei mesi invernali, quelli che erano quelli critici nella simulazione di Aspo

    5) discorso un po’ complicato, Aspo secondo me ha sottostimato anche un po’ l’effetto positivo dell’interconnessioni tra stati; e le potenzialità degli accumuli idrolettici specie condivisi tra stati vicini; ad oggi si prospettano nuove informazioni

    6) diciamo che co queste modifiche restano mancanti 20-30 Twh di metano (molto pochi su 600 TWh di produzione di energia annua) da usare come back-up nei giorni più sfavorevoli ( giorni con anomalie statistiche e le settimane più fredde dell’anno)

    lo studio Aspo mostra come si potrebbero ottenere anche questi a bassa emissione (non spoilerò più di tanto perchè credo sarà la seconda parte dell’articolo qui sopra);

    gli autori di Aspo stessi in un articolo recente hanno considerato una modifica migliorativa anche a questa parte dello studio del 2023, integrando centrali termiche a ciclo Allam

    7) non hanno considerato il biometano, la cui generazione è prevista in crescita, l’obiettivo per l’italia è circa 25 TWh annui, di cui almeno 10 TWh verrebbero immessi nella rete gas (mentre gli altri usati per autoconsumo)

    ================
    lo studio Aspo è ottimo, ma non contiene una premessa su cui è utle ragionare:

    piuttosto che arrovellarsi oggi (senza conoscere i costi e le tecnolgie che saranno disponibili più avanti) su come realizzare tra 20 anni la decarbonizzaizone dell’ultimo 5% del mix energetico, e farci anni di dibattiti in cui non facciamo progressi

    è più importante iniziare a installare a testa bassa rinnovabili (idealmente partendo da quelle più economiche, cioè l’agrivoltaico tipo 2 vietato dal ministro cognato) per arrivare intanto in pochi anni a 90-95% decarbonizzato, e pensare poi alle rifiniture con le soluzioni che saranno disponibili

    perché per gli effetti sul clima, conta la somma cumulata delle emissioni di tutti gli anni, e non il valore del singolo anno

    steso ragionamento per il portafoglio, si risparmia di più installando rinnovabili più velocemente, visto che ormai i combustibili fossili costano più delle rinnovabili già tecnologicamente mature

    • Francamente mi aspetto molto in futuro anche dall’ ulteriore ribasso del costo accumulo (industriale e privato) che consentirà di sfruttare al massimo anche le produzioni energetiche aziendali e domestiche.

      Personalmente sto valutando un refitting del mio impianto F.V. magari con batterypack (che 3 anni fa non era conveniente). Speriamo anche in rapida implementazione anche del V2G/V2H anche in Italia.

      • nello studio Aspo ipotizzavano per il futuro 8 kwh a testa di batterie per accumulo elettricità, media del pollo

        diciamo meglio 480 GWh totali nazionali ( anzi specificano 530 GWh contando un 10% di perdite di energia) tra accumuli domestici, aziendali e di rete ( e potremmo includere anche gli accumuli idroelettrici sistemi PI, già presenti e in ampliamento in Italia)

        per le batterie ipotizzavano un alto costo e una corta durata di 6 anni (2000 cicli, dato preso da un documento in letteratura, immagino per batterie NCM invece che LFP)

        oggi 8 kwh di accumulo LFP costano già poco, si parte da circa 1100euro con spedizione dalla Germania e certificazione CE;
        e come durata i sistemi domestici sembrano fare almeno 3000-4000 cicli, e quelli professionali 6000-8000 cicli

        tempo 2 anni si dovrebbere diffondere di più anche le batterie a chimica ione-sodio, con alleggerimento delle filiere produttive a chimica litio

        ==
        PS: stai pensando di aggiungere una nuova fila di pannelli in aggiunta ai precedenti, magari in direzioni di esposizione più varie, o di sostituirli?

        • Visto che già in estate sono ampiamente in sovrapproduzione rispetto alle mie esigenze..dovrei aumentare la produzione invernale…per gestire meglio Split PdC… sostituzione dei pannelli sarebbe più efficace visto che la falda è Sud. Ho un problema di ombreggiamento che mi taglia la produzione novembre e dicembre alle 14.30… e forse un buon accumulo potrebbe essere il primo passo…
          Grazie mille per i dati 😁 sempre utilissimi
          Buon weekend >R.S. 👋👋

  9. Ottimo studio, veramente ben fatto.

    Però sono scettico sulle interpretazioni successive (sulla possibilità di dimezzare i consumi mediante efficientamento energetico senza quindi intaccare il benessere).
    Si è fatta un po’ di confusione tra situazione italiana e la stima dell’IEA a livello mondiale.

    Aspetto trepidante la seconda parte per cambiare idea 💪

    • concordo peraltro le “ricette” per diminuire i consumi efficentandoli con elettrodomestici più efficenti, auto elettriche, pompe di calore, case green domotiche, batterie di accumolo per i FV, ecc sono ricette tutt’altro che a costo 0 e qui ritorniamo al solito punto … chi paga? o se preferiamo: chi ha abbastanza soldi da potersele permettere? Ma qui mi fermo ognuno di noi può farsene da solo un idea vedendo gli stipendi e le pensioni italiane …. sangue dalle rape a oggi nessuno è riuscito ancora a cavarne (purtroppo).

      • Sarebbe un po’ come pretendere da Antonio Gobbo un commento di qualche interesse, al di là del solito piagnisteo su “chi paga”.

        • Lo stato già adesso gli pagherebbe il 50 o il 65% di opere di efficientamento energetico tramite ecobonus.
          Andando a ridurre in modo considerevole il “brechiven”…

          Tralaltro, mettere solo il riscaldamento nel conto è pure sbagliato. Va contata anche l’elettricità per cucinare (o terrà i fuochi a gas perché non c’è il “bonus induzione”?) , i condizionatori che possono girare gratuitamente in estate, gli eccessi che possono essere venduti, e in ultimo la ricarica delle auto elettriche.

          Peccato abbia già speso tutto in fazzoletti kleenex e gli siano rimasti giusto due spicci per un telefono con la connessione per venire qui a commentare.

          • Il sig. Gobbo non ha bisogno certamente di difensori ma, visto che qua di mutui soccorso ne vedo parecchi farò anche io un’eccezione nei suoi confronti, il fatto che in questo blog probabilmente vi sono numeri risicati di scriventi con tenori di vita modesti o meno , non vi autorizza a credere siano una minoranza ,e ancora meno autorizzazione avete nel guardarli dall’alto al basso , visti i commenti immagino siate tutti figli della sinistra più vera, quella che aiuta i poveri e gli oppressi per intenderci.
            Ancora più ridicola poi ( e non uso altri aggettivi) la pontificazione su come uno si permette di spendere i SUOI soldi, lontano dai desiderata degli illuminati
            Quello che il Signore vuole farvi capire è che sono milioni le persone che faticano persino ad accedere alle cure di base ( ho pagato io la differenza solo la scorsa settimana ad una signora che al supermercato stava posando alcuni articoli che gli facevano eccedere ciò che aveva nel portafoglio) e ad altri servizi che per me , per voi sono la banalità del giorno
            Se la transizione in Italia va a rilento o addirittura fallirà non sarà per i costi ma per la spocchia di alcuni che la sponsorizzano
            Rifletteteci

          • Uno dei temi che Vaielettrico ha trattato con più frequenza fin dalla fondazione è capire se le EV possono finalmente diventare alla portata di tutti. Quindi: nessuna spocchia, ma solo cercare di capire come e quando i prezzi potranno scendere.

          • Per acquistare il piano ad induzione ci sarebbe ancora il bonus mobili connesso alla ristrutturazione

      • Chi paga. Direi più che altro come si ha intenzione di pagare.
        Mi spiego, cacciamo i soldi per efficientare e dovremmo avere la possibilità di campare senza troppi problemi da affrontare per i cambiamenti climatici, oppure li cacceremo per adattarci e riparare i danni provocati dai disastri climatici che ad occhio sembrano aumentare se non ci sbrighiamo a porre un freno all’energia termica che ogni anno rilasciamo in atmosfera per produrre quella che realmente ci serve per le nostre necessità e piaceri.
        Dobbiamo solo scegliere tra testa o croce, visto che la moneta non ha bordi ma è stondata e quindi non può rimanere in bilico una volta lanciata.

  10. L’efficientamento energetico dipende molto dai cittadini, quindi ho fiducia che sarà troppo lento per evitare la catastrofe causata dai cambiamenti climatici, quelli previsti dai vari rapporti presentati all’ONU dagli anni ’70 a oggi. I rapporti IPCC sono chiari, se non si decarbonizza, la società umana scomparirà. Si ritorna al neolitico, altro che medioevo. Alla Cop 28 sono stati chiari e impopolari. Eliminare il petrolio entro il 2050 è impossibile ed è necessario triplicare il nucleare, che in Italia il popolino non vuole, come pure i parchi eolici e fotovoltaici, avanzando tesi false e mitologiche. Perché siamo tradizionalisti, mentre l’Europa parla di resilienza. Gli italiani si sono votati allo sterminio, per citare la sacra bibbia, l’unica cosa in cui gli italiani credono. Il neolitico è ciò che ci meritiamo perché siamo un popolo di trogloditi

    • Non so cosa abbia capito lei ma la decarbonizzazione all’ 80-90% è decisamente fattibile con le rinnovabili ed è anche la strada più veloce e meno costosa al momento. I problema è quello che ASPO stessa definisce come l’ultimo miglio, per il quale si possono fare diverse cose, di certo non il nucleare che non fornisce la flessibilità richiesta e anzi produrrebbe in modo costante energia ovvero sia in inverno (quando magari serve) che in estate quando già con le rinnovabili si produce più del necessario.

  11. l’efficienza energetica è un dovere (prima che una necessità) ma sia per la natura umana che per le nuove esigenze produttive, ogni volta che abbiamo energia a basso costo ne sprechiamo gran parte (come tutte le cose che paghiamo poco, visto che passare a sistemi a basso consumo costa… i prezzi alti dell’energia li rendono convenienti nel lungo periodo… Se i kW alle colonnine pubbliche costassero 0,10€ .. il 20% in Italia avrebbe già l’auto elettrica).

    in questo articolo mi è sfuggito un qualsiasi accenno ad una grandissima e costante fonte energetica NON ciclica e costante: la forza delle correnti sottomarine (di cui abbiamo una ottima dotazione anche in Italia) da sfruttare, come già stanno sperimentando in alcuni paesi molto più concreti sulla ricerca veloce di energia a basso costo (rispetto a centrali nucleari di nuova generazione dai tempi costruzione pluri decennali e dai costi faraonici – ultimamente nessun paese ha completato i lavori senza un fattore x2 o x3 dei costi preventivati).

    • ci sono molte tecnologie che a prima vista sembrano promettenti, ma questo studio del CNR è giustamente rimasto con i piedi per terra senza fare previsioni sulla base di prototipi

      • Per essere concreti..visto che dobbiamo rincorrere paesi diversi anni avanti a noi nello sviluppo di energia F.E.R. (con costi energetici per i settori produttivi piuttosto bassi rispetto al mix italiano) occorre puntare su quello che realizziamo in minor tempo .. possibilmente Senza dipendere troppo da forniture di paesi inaffidabili o potenzialmente rivali…
        Quindi..secondo me ..avanti tutta su F.E.R.

        Il resto si può e si deve studiare…seguire processi…fare J.V per alcune centrali condivise..ove però non è pericoloso o troppo costoso realizzarle (quindi non su suolo italiano…manco abbiamo il deposito nazionale scorie!)

      • nello studio Aspo per essere più “pessimisti” possibile esclusero anche l’eolico marino, sino a qualche anno fa considerato prototipale

        le loro simulazioni hanno infatti come parametro limitante e circa tenuto costante il limite dei 160 TWh annui di energia da eolico (su terra, dove le turbine hanno un capacity factor 25%, invece del 33% dell’eolico marino)

        però nel testo lo scrivono più volte che se l’eolico marino diventasse una ipotesi realistica lo scenario e le conclusioni sui requisiti cambierebbero

        oggi nel 2024 sappiamo che è ipotesi realistica:
        >> in Italia ci sono in iter avanzato di valutazione i primi 22 progetti di eolico off-shore che da soli sommano 21,3 GWpicco di potenza

        >> sul sito Terna siamo già a oggi a una coda di progetti di 90 GWpicco, anche se questa coda realisticamente va divisa per un fattore 3, diciamo ci sono già 30 GWpicco di progetti “solidi”, e nei prossimi 15 anni con la filiera avviata penso sarà possibile arrivare a 50-60 GWpicco di off-shore (il Politecnico di Torino ha stimato un potenziale di 207 GWpicco)

        >> l’off-shore prosegue il suo percorso perchè a differenza di altre rinnovabili non sembra osteggiato dal governo attuale, perchè investitori e filiera sono circa 20 aziende di grosso calibro, e in particolare i primi 3,8 GW di parchi off-shore sono stati “renumerati” un po’ cari come tariffa del kwh, almeno come base d’asta (Decreto Fer2), poi si vedrà

        la base d’asta per il 2025 (si applica -3% ad anno e un altro -2% ribasso minimo) è 176 euro al MWh, senza rivalutazione inflattiva (per 20 anni);

        corrisponde a circa 140 euro al MWh con rivalutuazione; praticamente i primissimi parchi ci costeranno cari come le centrali a gas a ciclo semplice;
        avrei fatto qualcosa meno, ma pazienza, sappiamo le posizioni del governo attuale, le rinnovabili che non vieta (quelle in libera installazione senza incentivi, che produrrebbero energia a 30-40 euro al MWh), le sovraprezza per decreto

        i parchi successivi costeranno meno, sia per la filiera che sarà avviata, che per un cambio di governo dico io; in Francia un parco off-shore galleggiante (va detto un progetto con parametri particolarmente buoni) ha chiuso un’asta offrendo la sua futura produzione di energia a 86 euro al MWh (si parla di contratti del tipo CdF)

  12. Articolo stupendo, grazie mille all’autore! Non vedo l’ora di poter leggere la seconda parte.

    Per quanto riguarda la riduzione dei consumi, il semplice passaggio da caldaia a pdc porta a riduzioni consistenti anche senza aggiungere il cappotto; a casa nostra questa operazione ha ridotto il consumo energetico (misurato puntualmente in kwh mese su mese) del 50%, per la sola maggiore efficienza delle pdc.
    E col vantaggio di poter integrare l’elettricità prelevata da rete col ftv, che ad esempio a Gennaio ha dato un decoroso apporto del 20%. 20% in più rispetto alla autoproduzione del metano 🙂

    • l’idea che un lavoratore o pensionato itsliano un fotovoltaico serio con accumolo e una pompa di calore non possa,permetterseli manco in sogno non ti sfiora la mente?
      inoltre il risparmio è relativo, ai tempi avevo calcolato quanto mi avrebbe fatto risparmiare una pompa,fi calore rispetto a una caldaia a condensazione, il risultato eta circa il 30% e su una dpesa annua di circa 1000 – 1100 euro erano 300 euro o poco più…. il delta costo iniziale già abbattuto del 65% erano circa 4500 euro ovvero il breacheven arrivava dopo 15 anni … questo sarebbe stato un costo non un investimento, se poi avessi aggiunto un FV da 6Kw (in oarte a sud ed in parte est non avendo jna falda a sud di adeguate dimensioni) e batteria fi accumulo adeguata (12 o 15 kw netti) al 50% di detrazione in 10 anni (36% dal 2025) … bhe il breackeven sarebbe stato sicuramente oltre che ventennale, per cui oltre al problema di avere disponibilità economiche all’inizio, occorre fare bene i conti di quanto si risparmia e in che tempi.

      • E tu ovviamente rappresenti il 100% dei casi italiani, per cui se il tuo conto non funziona (“ai tempi” tralaltro quindi con cifre che oggi sono totalmente diverse e sicuramente molto migliori) allora non può funzionare nemmeno quello degli altri. Logica infallibile.

      • @antonio
        Fai bene a pensare a chi è più in difficoltà ma a parere mio sbagli il bersaglio.
        Chiaro che per un investimento servono disponibilità finanziarie ma, altrettanto chiaro, se si tratta di un investimento alla fine avrà dato un ritorno ed avrà migliorato (se non preservato) la vivibilità nel pianeta.
        Dicevo che sbagli bersaglio perchè nella mia poca fiducia nelle cosidette classi dirigenti, temo che una volta che ci saremo liberati del gas (p.e.) ENI ci venderà a caro prezzo l’aria che, nel frattempo, sarà divenuta di sua proprietà.
        Con questo intendo dire che il problema non saranno solo gli elevatissimi ed ingiustificati prezzi che ci faranno pagare per l’efficientemente energetico ma anche i ricarichi successivi su altri beni… perchè certa gente non è mai sazia di soldi e potere.
        Questa è per me il versante dove si dovrebbe fortissimamente vigilare, in modo da evitare i disastri nella conversione da Lira ad Euro o i folli aumenti di prezzo nel superbonus 110%.
        Dopodichè la transazione va fatta e su questo non credo ci possano essere tante discussioni.

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