Autonoleggio e flotte aziendali: la Ue vuole “solo elettrico” dal 2030

Bruxelles prepara l’ennesima rivoluzione nel settore della mobilità elettrica: la Commissione Ue sta preparando un provvedimento che vieterebbe agli autonoleggi e alle aziende di immatricolare auto a combustione interna dal 2030. Un provvedimento che sta facendo già discutere ma che potrebbe dare la spinta definitiva al rinnovo “green” del settore automobilistico

L’anticipazione arriva dal quotidiano tedesco Bild, sempre molto attento a un argomento “popolare” come il futuro dell’automotive. La Commissione europea sta preparando un regolamento che potrebbe accelerare drasticamente la transizione ecologica nel settore dell’auto. Il piano prevede il divieto, a partire dal 2030, per le società di noleggio e per le “flotte” delle grandi aziende di acquistare veicoli a combustione interna.

Una proposta che, se confermata, anticiperebbe di cinque anni il calendario già fissato per il phase-out dei motori termici entro il 2035. La notizia, citando fonti europee non identificate, apre un nuovo capitolo di scontro politico ed economico attorno alla transizione green dell’automotive europeo. Ma sicuramente servirebbe per rendere ancora più “familiare” l’uso dell’auto elettrica al grande pubblico.

La presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen.

Il 60% delle attuali immatricolazioni in Europa riguarda le auto aziendali e i veicoli destinati all’autonoleggio

L’ipotesi – va ricordato – interessa un segmento chiave del mercato europeo: secondo i dati attuali, il 60% delle immatricolazioni di auto nuove riguarda proprio le flotte aziendali e i veicoli destinati al noleggio. Aziende leader come Sixt ed Europcar potrebbero quindi essere costrette, dal 2030, a rifornirsi esclusivamente di veicoli elettrici.

In questa proposta l’Europa non è per nulla isolata e il nuovo regolamento non nasce all’improvviso. L’idea di concentrare gli sforzi di decarbonizzazione sul comparto corporate era già emersa nelle bozze del Piano d’Azione per il rilancio dell’industria automobilistica. In prima linea nel sostegno all’iniziativa ci sono le organizzazioni ambientaliste, in particolare Transport & Environment (T&E), che vedono nelle flotte aziendali un’occasione concreta per abbattere le emissioni in tempi rapidi. Anche Vaielettrico se ne è occupato in più di una occasione.

Ma la strada verso l’approvazione del regolamento appare tutt’altro che in discesa. Le compagnie di autonoleggio sono in forte allerta, preoccupate da un’accelerazione che rischia di impattare negativamente sia sui bilanci aziendali sia sulla domanda. Già oggi molte di esse stanno rivedendo al ribasso gli acquisti di veicoli elettrici, a causa del ridotto interesse dei clienti e dei costi elevati. A ciò si aggiunge la carenza di infrastrutture di ricarica, in particolare nelle aree meno sviluppate dell’Unione.

La Germania, primo mercato automobilistico europeo, ha subito reagito. Il ministero federale dei Trasporti ha definito “inaccettabile” la proposta, annunciando l’intenzione di opporsi con decisione. Critica anche l’Associazione dell’industria automobilistica tedesca (VDA), che chiede interventi concreti per migliorare le condizioni infrastrutturali prima di pensare a nuovi vincoli normativi.Fissare obiettivi è una cosa, consentirne il raggiungimento è un’altra”, ha dichiarato la presidente Hildegard Müller.

Flotte 2025 (1) La visione di Hyundai

L’industria auto si “ribella e chiede più reti di ricariche

Le critiche non arrivano solo dalle imprese. Anche all’interno delle istituzioni europee la proposta rischia di incontrare forti resistenze. Il deputato della CDU Tilman Kuban ha parlato di un’iniziativa “fuori dalla realtà”, mentre Markus Ferber della CSU si è spinto fino a scrivere una lettera alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, chiedendo il ritiro immediato del regolamento in fase di preparazione.

Al centro delle tensioni c’è anche la discussione più ampia sul bilancio comunitario: Berlino si oppone all’aumento fino a 2.000 miliardi di euro, nonché all’ipotesi di nuove tasse per finanziare la transizione. Tutte resistenze che non devono sorprendere. Dall’inizio del percorso verso la transizione elettrica, l’industria automotive ha opposto resistenze. E chiede più tempo per la trasformazione delle linee produttive. Ma l’avanzata dei modelli cinesi a costi di listino inferiori

Il regolamento, ancora in fase di definizione, dovrà comunque passare il vaglio del Parlamento europeo e del Consiglio Ue. E proprio quest’ultimo – che rappresenta i governi nazionali – potrebbe rivelarsi decisivo per frenare o rallentare l’iniziativa.

Visualizza commenti (35)
  1. Questa mattina mi si è accesa una lampadina. Uno dei motivi per cui il governo italiano potrebbe approvare la normativa che anticiperebbe al 2030 il BAN. delle ICE e ibride a combustibili fossili e della presenza di un 25% massimo dei ICE e ibride per il 2027 potrebbe essere l’eliminazione della pratica con cui molti privati cittadini vendono la propria auto a aziende di noleggio e poi pagano un canone a queste ultime per il solo scopo di non pagare bollo e assicurazione in Italia visto che in molte aree l’assicurazione è alquanto pesante. Zone come Napoli (e non solo) deve si vedono circolare molte auto con targa straniera.

  2. Ma ancora con la menata della produzione limitata di batterie?
    Proviamo a usare lo stesso argomento fantoccio con la benzina!
    Con 1 litro di benzina fai 20 km con un’ ibrida, ma infiniti km con una BEV…

  3. Roberto Guidetti

    Mi sembra una proposta economicamente insostenibile. Il business del noleggio, tanto a breve quanto a lungo termine, si regge anche sul valore residuo dell’usato. Ora, oggi i BEV costano di più e si svalutano maggiormente rispetto agli ICE, quindi le compagnie avrebbero maggiori costi per l’acquisto e minori ricavi dalle vendite dell’usato, che magari si svaluterebbe ancor più di oggi per l’arrivo di un gran numero di BEV usate: di conseguenza dovrebbero aumentare le tariffe, con il rischio di perdere parte della clientela, Senza considerare il fatto che, nel caso del noleggio a breve, utilizzato in genere da chi viaggia per affari o è in vacanza, non vedo proprio come, in situazioni di questo tipo, si avrebbe voglia di dedicare tempo ed attenzione per impratichirsi con ricariche e programmi di viaggio ad esse dedicati. Per i motivi sopra elencati, e per altri che non aggiungo onde non apparire troppo prolisso, mi sembra una proposta fuori dalla realtà

    1. Va sempre specificato che la situazione BEV italiana è del tutto anomala e particolare rispetto al resto d’Europa, con una bassa percetuale di diffusione e una reticenza all’acquisto del guidatore medio dovuta anche alle sterminate fake news che circolano tuttora nel nostro paese. Il basso valore residuo dell’usato italiano è figlio di questa situazione. Chi prova la BEV però non solo si tranquillizza ma capisce che è un mondo anni luce avanti al motore a petropio e difficilmente torna indietro. Nel noleggio sia a breve ma ancor piu a lungo termine questa è un ottima occasione per “provare” per cui non mi preoccuperei troppo ed accetterei la sfida invece di comportarmi come il solito imprenditore italico che, privo di coraggio, vede solo pericoli nelle opportunità. Sono tornato da poco dalla Norvegia dove volevo noleggiare una VW ID3 (come risaputo li le BEV sono la assoluta maggioranza ormai) ma il responsabile Hertz mi ha detto che tutti vogliono noleggiare le elettriche per provarle e sono quindi introvabili. Mi sono dovuto accontentare di una Suzuki SCross a benzina e per me che vengo da Tesla mi è sembrato di tornare al paleolitico.

      1. roberto guidetti

        Mi permetto di segnalarle che: 1) il problema della maggiore svalutazione dei BEV non è solo italiano, ma riscontrato anche in altri paesi, ad esempio USA e Regno Unito; proprio per questo alcune compagnie di noleggio a breve termine hanno ridotto le flotte di BEV ; 2) comunque, se anche ci limitiamo all’Italia, resterebbero tutti i motivi di equilibrio economico che ho sottolineato nel mio intervento. Certo, la situazione italiana è diversa da quella di paesi come Francia e Germania, ma non poi tanto rispetto a quella di altri (Spagna, Polonia) con cui dovremmo imparare a confrontarci data la nostra situazione economica attuale e, presumibilmente, anche futura. Sarebbe più utile e meno infantile, piuttosto che inveire contro reticenza e fake news

        1. Premetto che non so se lei è un imprenditore nel settore noleggio (e sorvolo sulle grottesche accuse di infantilismo, bah…),
          il suo discorso si limita a fare una fotografia istantanea della situazione attuale che è effettivamente stagnante in Italia.
          Credo però che non sia chiaro che l’intento di questa iniziativa di Bruxelles è proprio quello di combattere questa stagnazione
          aumentando in tutti i modi le percentuali di penetrazione sul mercato. Ribadisco che il noleggio soprattutto a lungo termine come ho specificato è a mio avviso una ottima occasione per l’untente finale per poter provare con mano le nuove tecnologie.

          1. roberto guidetti

            Vorrei chiarire solo una cosa, senza alimentare polemiche che sarebbero fuori luogo. Non sono affatto un imprenditore del settore noleggio, semplicemente per passione, pur avendo lavorato (ora sono in pensione) in tutt’altro settore, seguo il mondo dell’auto e le sue dinamiche da quando avevo otto anni e penso di avere una discreta cultura al riguardo. Semplicemente, abbiamo una visione diversa, nulla di male in ciò: le auguro una vita piena di soddisfazioni automobilistiche

  4. metodo sbagliato … provvedimento giusto e giustificabile

    dovrebbero rendere più agevole (fiscalmente e tecnicamente) utilizzare veicoli elettrici a noleggio: IVA e tassazione sono argomenti migliori che imposizioni normative (anche se sento “odore” di favori alle case costruttrici…. ma nulla vieterebbe poi di sceglier “cinese” o altro).

    Altro problema )già successo con flotte di Tesla… ) i rapidi deprezzamenti delle auto elettrificate, molto soggette a rapide evoluzioni tecnologiche e comunque condizionati da bassa richiesta commerciale al momento… mettono in grande difficoltà il modello commerciale … a meno che non scelgano di tenerle “finché vanno” …ed allora il TCO diventa il fattore principale di scelta.

    1. Siamo sicuri che anche all’estero vi sia lo stesso mercato dell’usato che abbiamo in Italia? Nelle altre nazioni in cui vi è una percentuale molto più importante di adozione mi aspetterei un mercato dell’usato molto più dinamico…

      1. le quotazioni dell’usato elettrificato (BEV, PlugIn specialmente) sono fortemente influenzate dalla rapida evoluzione della componentistica principale… quindi ritengo che in tutti i mercati ci possano essere svalutazioni maggiori.. ma vista l’importanza dell’elettronica nei veicoli moderni (compreso l’infotainment) saranno ugualmente soggetti ad obsolescenza tecnologica anche quelle con prevalenza termica (ICE puri o con varie forme di ibridazione +/- leggera).
        Oltretutto vanno considerati fenomeni di Moda & Marketing (che spostano sempre l’apprezzamento dei vari veicoli) e non ultimo, l’andamento prossimo venturo delle quotazioni del petrolio o la possibilità di approvvigionamento di Gasolio (non lo vedo un bel futuro quello dei motori Diesel… e non solo per questioni normative antiinquinamento).. che potrebbero far spostare il bilanciamento dei veicoli a gasolio nei parchi mezzi dei noleggiatori .

        https://www.ilsole24ore.com/art/diesel-nuove-tensioni-stop-ue-all-impiego-greggio-russo-AHuGqwqB

      2. In UK le elettriche usate sono ancora soggette a svalutazione importante. Semplicemente l’offerta e’ maggiore della domanda. Sul nuovo ci sono diversi vantaggi fiscali, sull’usato no.

        1. Quindi?
          Se c’è svalutazione, vuol dire che gli incentivi si riversano anche su chi vorrebbe una BEV usata.

  5. Premesso, che un’automobile elettrica non mi dispiacerebbe, ma poichè lascio l’auto in strada e non ho possibiltà di ricarica a casa, con la mia Giulietta 2.0 td, ( che in città non uso ) faccio in media 20 Km/ litro ovvero al prezzo di 1, 69 euro/l tra gli 8 e 9 euro per 100 Km.
    Che sono pari a ricaricare elettriche dalle colonnine, senza problemi di app. , tessere ecc.
    Se si vuole incentivare dovrebbero aumentare le colonnine, calare i prezzi ecc. ed eliminare tutte le app. tessere varie ecc. si dovrebbe ricaricare inserendo lo spinotto ed il conto arrivare sul cc.

    1. franco zappa

      egregio, siamo a quota 65000 colonnine in italia , non le sembra che per i prossimi 5 anni possano bastare ? sembra quasi che il problema delle colonnine lo abbiano solo quelli che non hanno un auto elttrica !

      1. Si le colonnine ci saranno anche , ma a che prezzo carichi l’auto?
        Va bene se viaggi saltuariamente, altrimenti….

      2. Io non so se 65.000 sono tante o poche e come sono concentrate sul territorio.
        Nella mia zona (un bacino di circa 25.000 abitanti in alto Piemonte), io ne ho contate 4 (quando funzionano tutte).
        Ho anche appena ricontrollato su una mappa e non me ne segna altre.
        Tanto che quando arrivano i miei colleghi da fuori con le elettriche, spesso devo portarli con un altra auto nella prima colonnina libera anche a 4km di distanza. E poi andare a riprenderla ovviamente.
        In generale secondo me bene non siamo messi.

  6. Ecco la realtà economica che se ne frega delle stupidaggini europee (tratto da un articolo del corriere):

    “Quali sono gli altri paesi esteri in cui Bmc commercializza?
    «Stiamo iniziando ad aumentare i nostri volumi nei mercati asiatici, dove il passaggio all’elettrico non è imposto per legge come in Europa. Per sopperire ad eventuali cali nei mercati storici, sarebbe bene guardare anche ai paesi dove ci sono maggiori possibilità di sviluppo come quelli africani, considerato anche il piano Mattei lanciato dal governo».”

    1. Ma in Europa l’elettrico va piuttosto bene con quote ormai del 20% se non oltre in Germania, UK e Francia, senza scomodare i grandi numeri del nord Europa. Solo l’Italia fatica.

      1. Peccato che BMC come tutte le aziende dell’indotto automotive italiano producono per le termiche. E loro preferiscono produrre per i mercati dove non c’è il ban, cioè tutti tranne europa.

          1. Lei vive e gode dei servizi pubblici pagate dalle tasse delle PMI dell’automotive italiano e dagli operai e impiegati di queste aziende. Quale lungimiranza ha lei sul pagamento della sua pensione? Ce l’avrà?

          2. Se dovessi vivere su quei contributi (non sono tasse) starei fresco: nel 1980 l’Italia produceva 1,8 milioni di veicoli, e la sola Fiat aveva 250 mila dipendenti. Oggi la produzione totale non arriva a 400 mila auto e Stellantis conta in tutto 42 mila dipendenti. Adiamo pure avanti con la patetica nostalgia del brum brum.

  7. Magari fosse così! Finalmente darebbe una scossa al torpore che vige in Italia e metterebbe fine all’ignoranza verso la mobilità elettrica mettendola di fronte alla realtà. Si può utilizzare un’auto elettrica in tranquillità anche oggi. Questo porterebbe anche le aziende a investire in punti di ricarica per sé e farebbe pressioni anche perché ci siano in giro. Insomma una decisione del genere farebbe da volano a un sistema incancrenito (purtroppo e come spesso accade tutto italiano) dove si fanno migliaia di Km “a gratis” perché tanto non pago io e farebbe conoscere la realtà elettrica alle masse.

  8. Daniele Sacilotto

    Non sono d’accordo a continuare a mettere divieti. Generano odio e repulsione inoltre non rispondono ai problemi dell’infrastruttura di ricarica. Vedo molta più urgenza nel legiferare sul roaming, che deve diventare obbligatorio tra tutti i CPO, e prezzi dell’energia elettrica. Finché ci sarà questo ginepraio di app e tessere a questi prezzi molte persone non ne vorranno sapere di auto elettriche

    1. Assolutamente d’accordo con lei.
      Si chiama “reattanza psicologica” (studiata da almeno 50 anni)…ma evidentemente nessuno è conscio di ciò, e le conseguenze si vedono.

  9. Questa proposta a mio avviso ha senso. Ho espresso la stessa opinione in altri articoli dove ho visto tanti oppositori.
    Vero che costringerebbe già nei prossimi anni a un ripensamento degli acquisti da parte delle persone giuridiche, ma allo stato attuale per avere un mercato dell’usato per il 2035 è l’unica strada.
    Alternative a questa strada non le vedo. Qualcuno potrebbe proporre di include le PHEV-REV, ma su queste auto se fossi nel legislatore, metterei un limite sulla capacità del serbatoio ad esempio a solo 5 lt, giusto giusto per raggiungere la colonnina più vicina (sono del parere che in molti si stuferebbero a riempire spesso il serbatoio di 5 litri spesso).

    1. Secondo me questa spinta sconsiderata verso l’elettrico non ha molto senso. In particolare non va bene è che per ridurre l’inquinamento si stanno concentrando sulle autovetture, con il rischio concreto di mettere in crisi tutto il settore (almeno i produttori occidentali).
      Peggio che mai in un paese come l’Italia che non ha un infrastruttura elettrica adeguata.

      E non va bene perché in questo modo si va ad incidere su una causa che rappresenta una percentuale bassa dell’inquinamento complessivo (dipende dal tipo di inquinante che si analizza; si vedano le tabelle ISPRA per le sole auto – non tutto il trasporto su gomma).
      Oltre che, spesso, l’inquinamento è concentrato nelle aree urbane.

      E allora secondo me un approccio più pragmatico avrebbe ottenuto un risultato maggiore e più rapido per l’ambiente e con minori rischi per i produttori.

      p.es.: poiché c’è anche il problema della produzione delle batterie, se io ho a disposizione 100kwh di batteria, posso decidere se usarla:
      1) per una elettrica su 100 auto;
      2) per quattro PHEV su 100 auto;
      3) per 100 ibride leggere o mild.

      Il risultato (a spanne) è che nel primo caso ho l’1% di riduzione dell’inquinamento; nel secondo caso non arrivi al 3%; nel terzo caso puoi ottenere anche un 15% di riduzione totale.
      Allora forse nel periodo transitorio non sarebbe meglio promuovere il terzo scenario, così otterremmo un risultato tangibile più rapidamente e potremmo continuare a sfruttare (migliorandole) le capacità produttive in essere?

      Inoltre, se vuoi iniziare ad aiutare lo sviluppo dell’elettrico, fallo promuovendo lo sviluppo delle piccole utilitarie per l’uso cittadino (il più semplici possibili, piccole e leggere e con il minimo di batteria che basta ricaricare una volta a settimana), tanto in media chi la usa in città forse non fa neanche 20km al giorno con una velocità media di 30km/h.
      Ma non supportare assolutamente economicamente le auto elettriche grandi e medio-grandi, dove invece si può lasciare spazio ad evoluzioni alternative (anche endotermiche).
      Leggevo anche del leasing sociale che fanno in Francia; potrebbe essere una buona iniziativa da copiare.

      1. Non sono d’accordo sul tuo pragmatismo che prende e copia quanto affermato dal presidente di Toyota.
        Le ibride sotto qualsiasi forma non potranno mai e poi mai azzerare gli inquinanti locali e non (zone di estrazione, raffinazione petrolio, trasporto ai distributori di carburante). D’altra parte, la tua idea di stimolare le BEV utilitarie non ha senso, visto che al massimo rappresenterebbero una percentuale molto bassa delle vendite/circolante e che l’italiano medio per ora non accetterebbe un’auto che non gli garantisce almeno 400 km in autostrada su una segmento A/B (cosa che ad oggi nessuna BEV in commercio potrebbe garantire a meno di far salire il prezzo a livello di auto di segmento C/D BEV). Non a caso la proposta parla di auto aziendali e flotte che rappresentano in Europa il 60% del venduto (in Italia sarebbero circa 700.000 BEV l’anno, che in 5 anni rappresenterebbero ben 3,5 milioni di vetture circolanti, ovvero dal 2030 al 2035 si avrebbe già un 10% del parco circolante elettrico, proprio tra quelle auto che macinano più km in un anno, con una netta diminuzione degli inquinanti rispetto alle 4 segmento A che tu proponi). Auto aziendali che tutto sono, tranne che utilitarie dí segmento A/B (per intenderci), ma molto più spesso sono auto di segmento C, D se no F. Questi sono i segmenti dove già in questo 2025 si sono raggiunti il pareggio dei prezzi di listino (o giù di lì) e dove oramai le percorrenze autostradali sono superiori ai 300 se non 400 km con pacchi batteria da oltre 80kWh.
        Per cui, non ha proprio senso boicottare quest’accelerazione al 2030 del BAN delle termiche per le aziende. Ti dirò di più, non si può pensare che da qui ai prossimi 4 anni e 5 mesi non ci saranno progressi con la disponibilità di colonnine sul territorio e non ci saranno ulteriori sviluppi sulle batterie (capaci di incrementare l’autonomia delle BEV), giusto per la data in cui entrerebbe in vigore questa proposta di normativa.
        Poi c’è da dire che già in questo 2025 per come sono organizzati i benefit sulle auto, solo le BEV hanno una detrazione al 90%, le phev all’80%, mentre le restanti termiche ed ibride al 50%. Pertanto, già oggi è interesse delle aziende passare alle BEV.
        Poi, ripeto, per le aziende è molto più facile predisporre punti di ricarica per la flotta aziendale nelle proprie sedi (volendo anche aperte all’esterno dietro pagamento dell’energia acquistata) rispetto ad un privato cittadino. Quindi, puntare su quest’accelerazione ha anche come vantaggio la creazione di quella massa critica di utenti che dovranno caricare sulla rete stradale, massa critica che farà sì che si installeranno più punti di ricarica ad esempio in strade ad alto traffico, aree d’ufficio o commerciali.
        Ma qui lei ed altri dite di no, non si può. A me viene il sospetto che chi parla di no è pagato dalle lobby del petrolio/auto ICE per scrivere commenti contro questa transizione.

        1. Come cerco di fare da sempre commentero’ in modo più neutro possibile.
          Nonostante l’aumento dei canoni benefit quest’anno su 386 auto aziendali circolanti abbiamo avuto come scelta 1 elettrica e 6 plug-in e questo , sebbene una azienda non faccia primavera è un primo dato da tenere in considerazione
          Secondo: su 36 sedi in tutta Italia solo 6 sono di proprietà ( quelle per altro già coperte dai “nostri ” pannelli” e molte non hanno ( perché non ne necessitano) percheggi per tutti ( visto che il personale sia commerciale che tecnico non rientra in sede a volte per giorni)
          Ultimo ma non ultimo la chicca di permettere le ricariche ad esterni su pagamento
          Ma lo sapete che all’interno di un perimetro aziendale ( con mezzi d’opera , muletti e personale in movimento , qualunque incidente va in capo al responsabile d’area e al datore di lavoro e che chi entra deve sottostare a rigide misure di sicurezza?
          Ma che film guardate la sera?

          1. In effetti anche nella mia azienda (idem in quella della mia compagna) pur con tassazione sfavorevole, la maggior parte sta ancora optando per motorizzazioni termiche/ibride, una buona percentuale per PHEV (compreso il sottoscritto), e solo un numero residuale per BEV.
            A occhio direi che quest’anno (su circa 120 vetture aziendali in sostituzione) siamo a circa 60% termiche, 35% PHEV e 5% BEV.

        2. No, non mi risulta di essere pagato da qualche lobby per scrivere, magari!
          Aggiungo che ho cambiato l’auto in questi mesi ed avevo considerato anche un auto elettrica. Poi, lo ammetto, non mi sono sentito pronto e per due anni (facendo ancora parecchi chilometri) ho noleggiato una diesel.
          Fra 18 mesi valuterò più concretamente una BEV o una REV.
          Detto questo, concordo con la tua analisi generale, anche se continuo a rimanere perplesso da questa anomala corsa forzata verso una mono-tecnologia, l’elettrico.
          Poi, ribadisco che il problema grosso dell’inquinamento è nelle aree urbane. Vedi Torino che è una delle città più inquinate d’Italia e dove ci sono 7 auto per 10 abitanti.
          Oltre a dover fare un piano serio per il problema dei riscaldamenti (che credo sia la causa principale in inverno), si dovrebbe promuovere la sostituzione delle utilitarie che sono tante e mediamente molto vecchie e quindi molto inquinanti.
          Ma il provvedimento in questione non va certo a mirare queste!
          Inoltre, e qui sarò provocatorio, se proprio volessimo veramente combattere l’inquinamento e magari anche pensare alla gestione degli spazi (che anche questi sono ormai tutti occupati da auto inclusi i marciapiedi), smettiamo di progettare auto da 20qli per trasportare in media una persona di 75kg, dove è evidente che il 95% dell’energia viene usata per trasportare il mezzo e non il trasportato.
          Scusami, ma almeno non prendiamoci in giro.

          1. Scusami MAT, ad oggi molte auto aziendali (vedasi molti Merceders e BMW) sono SUV diesel che di loto pesano oltre le 2 tonnellate (sono circa 45% delle auto aziendali, contro un 30% dei privati cittadini). Si ha che +/- i mezzi aziendali rappresentano il 20% del circolante. Ma solo loro producono il doppio delle emissioni di CO2, ovvero circa 25 milioni di tonnellate contro i circa 13 milioni di tonnellate.
            Pertanto i primi a dover abbandonare mezzi iper pesanti dovrebbero essere le flotte aziendali (se vogliamo fare la querra di classe)

          2. Ciao Bob,
            sono d’accordo.
            Ma non si tratta di voler fare guerra di classe.
            Se veramente si volesse combattere l’inquinamento la prima mossa sarebbe cambiare le logiche e non le tecnologie.
            Lo so che questo risulta antipatico e non piacerebbe a nessuno (a tutti piace viaggiare su mezzi grandi, spaziosi comodi e prestigiosi), ma che siano diesel, benzina o elettriche, si dovrebbe poter vendere solo auto più piccole e poco potenti, altrimenti non risolveremo mai il problema del 95% di energia sprecata per muovere il mezzo.
            Perché oggi è un problema di emissioni e di spazi a disposizione (tutti si lamentano ma nessuno agisce), ma domani potrebbe essere un problema diverso (p.es. disponibilità / costo energia, altro…).
            Detto questo, ricordiamo poi sempre che l’auto pesa per circa il 12% sulle emissioni globali di CO2 (escludo qui il trasporto merci).
            Con questa norma vanno ad agire su una porzione di questa percentuale e peraltro solo in Europa; potrebbe dunque essere lo 0,0x%?
            Facendo correre tutti i rischi del caso alla produzione, a chi gestisce le flotte, etc…
            Con questo intendo solo dire che la normativa dovrebbe sempre essere proporzionata all’obiettivo.
            Ben venga invece un incentivo allo sviluppo della tecnologia elettrica ed anche alla ricerca in generale.
            Io prima o poi spero riparlino di incentivi per il riscaldamento elettrico, anche se non credo che si abbia energia a sufficienza.

          3. MAT, buon dì. Sul discorso di cambiare logica, ci starei. Ma il punto è che la tecnologia delle ICE non ce la possiamo più permettere. Il bello è che l’abbiamo scritto nero su bianco con gli accordi di Parigi degli anni ‘90 del secolo scorso (sono passati 35 anni).
            Quindi, a mio avviso (ma soprattutto degli esperti, ovvero chi ha analizzato la questione) è giunto il momento di porre dei divieti all’uso di questa tecnologia (come d’altra parte se ne sono posti già su altre tecnologie), piaccia o no.
            Il punto è che l’unica alternativa alle ICE che ci possiamo permettere sono le BEV accoppiate alle FER. Questo ha un effetto dirompente su una strettissima cerchia di persone che fino ad oggi basavano il loro altissimo tenore di vita proprio sulla tecnologia basate sugli idrocarburi fossili e da qui la campagna di disinformazione che porta la maggioranza a credere che rimanere sulla vecchia strada sia meglio per loro, quando in realtà è proprio l’opposto.

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