Il primo carbon credit naviga da Livorno a Porto Vesme, in Sardegna. A bordo della nave Sider Rodi che per trasportare 4000 tonnellate di truciolato di legno ha consumato 28,2 tonnellate di marine gas e di fuel oil a basso contenuto di zolfo, equivalenti all’emissione di 94 tonnellate di Co2.
Si vuole compensare l’impatto, anche perché oggi non esiste un’alternativa a emissioni zero con l’elettrico, con l’acquisto di carbon credits destinati a finanziare un progetto a energia solare in Madagascar.
Il protagonista di questa prima operazione eco-finanziaria è la Nova Marine Carriers, la società di navigazione che fa capo alle famiglie Romeo e Bolfo/Gozzi e che occupa, con una flotta di oltre 80 navi, una posizione leader nel mercato della small e medium size bulk carrier. Si tratta di trasporto di materie prime.
La compagnia si pone così in prima linea, a livello globale, in questa operazione di off-set volontario di Co2, ovvero un abbattimento complessivo delle emissioni di una sua nave attraverso l’acquisto di carbon credits destinati a finanziare un impianto fotovoltaico in Madagascar.
Livorno-Porto Vesme: viaggio da 94 tonnellate di Co2
La comunicazione e il progetto del gruppo (con base a Lugano) è molto interessante per capire e pesare l’impatto ambientale del trasporto marittimo. La nave Sider Rodi è stata noleggiata da una delle principali società di utility europee per consegnare 4000 tonnellate di truciolato di legno in Sardegna. Trasporto lungo la tratta da Livorno a Porto Vesme. I consumi? 28,2 tonnellate di marine gas e di fuel oil a basso contenuto di zolfo, equivalenti all’emissione di 94 tonnellate di Co2.
Il conteggio tiene conto anche del viaggio in ballast necessario per raggiungere il porto di inizio noleggio e il carburante consumato in porto durante le operazioni di carico e scarico della merce. Questa per inciso la fase più impattante per la salute dei residenti nelle città portuali.
Su questo fronte ricordiamo l’esistenza di numerosi comitati a Genova, Napoli, La Spezia che denunciano le emissioni nocive provocate dalle navi in porto. Si fa poco o niente su questo campo.
A Venezia – la città con il traffico acqueo più alto al mondo – solo l’esposto in procura di un cittadino ha portato alla limitazione sul traffico acqueo. Un’operazione importante, ma di facciata visto che servono interventi strutturali. Nonostante i tanti negazionisti del fenomeno che minimizzano l’impatto della nautica.
Protagonista il gruppo Nova Marine Carriers
Bisogna dare atto agli imprenditori di Nova Marine Carriers di riconoscere il problema: “Le nostre navi utilizzano in gran parte dei casi – ha sottolineato il Ceo Vincenzo Romeo – porti a stretto contatto con centri urbani, e l’impegno ambientale del nostro gruppo ha come obiettivo di riflettersi direttamente sulle comunità. Ma abbiamo anche un secondo obiettivo: quello di riuscire a supportare finanziariamente iniziative concrete di produzione di energia alternativa anche in Italia e non solo in Paesi in via di sviluppo”. Sicuramente tranquillizza fino a un certo punto i residenti interessati, ma segna un cambio di passo.
L’operazione di carbon credits è stata gestita dal gruppo Ifchor Clear Blue Oceans, uno dei principali player mondiali nel mercato del carbone, ed è stata verificata dall’organizzazione no-profit Verra, chiamata a compiere il check finale sui Verified Carbon Standard (VCS) e quindi anche l’obiettivo della centrale in Madagascar che si propone di abbattere di 25.000 tonnellate all’anno le emissioni di Co2.
Primo carbon credits per una compagnia marittima
“È la prima volta – ha sottolineato Trifon Tsentides, direttore Business Development di Inchor ClearBlue Oceans – che una grande compagnia europea impegnata nello short-sea con un trasportato di circa 22 milioni di tonnellate di carico, lancia una sfida globale sulla sostenibilità”.
Una presa d’atto a cui segue l’acquisto volontario dei carbon credits per finanziare la centrale elettrica solare Ambatolampy in Madagascar, un impianto destinato a fornire energia a circa 50.000 abitazioni.
Romeo oltre quest’iniziata sottolinea gli investimenti per la ricerca di combustibili meno inquinanti. Le emissioni zero in questo settore non sono semplici, si pensa all’idrogeno ma ancora non esistono soluzioni applicabili concretamente.
Secondo me bene, ma non benissimo.
Mi risulta che la Sardegna abbia ancora una produzione di energia elettrica ad alta intensità di carbonio, molto maggiore della media nazionale. Pertanto non comprendo perché andare a investire in Madagascar, che per carità è un posto sicuramente stupendo, ma perché senza prima investire in Italia e in particolare in Sardegna? Forse non è ancora abbastanza chiara l’urgenza di impiegare queste iniziative per cercare di risollevare la nostra economia e dobbiamo assolutamente cercare di prendere due piccioni con una fava, mentre investendo in Madagascar prendiamo soltanto il piccione delle emissioni e rimaniamo con il problema di riuscire a ridurre le nostre emissioni, senza ricadute benefiche per la nostra economia.
Non vogliamo per caso far gestire la transizione energetica della Sardegna ai soliti noti? Perché mi risulta che questi stiano pensando di sostituire la produzione dal carbone al gas. Nel 2021!?!?!? Sarebbe un errore gravissimo, per i Sardi e per l’Italia.
Ci sta Leonardo, perché non compensare dove si produce l’inquinamento. Insomma ai comitati di Napoli, Genova… – nati spesso dopo tanti morti all’apparato respiratorio … – interessa, con tutta l’attenzione che giustamente bisogna dare anche a Paesi come il Madagascar, avere aria pulita nelle loro città. Ma l’imprenditore ha anche detto e promesso che investirà anche in Italia perché debitore nei confronti dei cittadini delle città portuali che subiscono le emissioni nocive. Detto tutto questo speriamo che si superi il concetto di credit carbon e ci sia uno sviluppo di tecnologie a emissioni zero anche per il trasporto merci su lunghe tratte.