Meno male che ci sono i petrolieri. Se non ci fossero loro, con la loro sensibilità per i diritti civili, chissà dove andremmo a finire. E invece eccoli in campo …
Un tweet di grande impegno civile
Ora, impavida, la loro Confindustria, l’Unione Petrolifera, si schiera per i diritti civili negati in zone cruciali del pianeta come la Repubblica del Congo e la Cina. Cruciali per chi? Ma per le batterie delle auto elettriche naturalmente. Ecco il tweet che l’Unione ha pubblicato martedì due aprile, con la grafica che riproduciamo sotto: “Lo sai che circa la metà delle riserve di #cobalto per produrre le #batterie agli ioni di #litio sono concentrate nel Rep del Congo mentre le #terrerare in #Cina. Ne parla anche @amnesty in un recente intervento https://www.amnesty.it/auto-elettriche-vogliamo-una-batteria-etica-entro-5-anni/ …“
Amnesty lancia un allarme importante…
Amnesty dice cose importanti. Ricordando che “in occasione del Nordic Electric Vehicle Summit di Oslo, abbiamo sollecitato l’industria dei veicoli elettrici a realizzare entro 5 anni la prima batteria completamente etica. Le nostre ricerche hanno dimostrato che le attuali batterie agli ioni di litio, che alimentano auto e altri apparecchi elettronici, sono prodotte anche sfruttando il lavoro minorile nella Repubblica Democratica del Congo. A questa violazione dei diritti umani si aggiungono i rischi per l’ambiente“.

Sono temi importantissimi, di cui ci siamo occupati ripetutamente. Qualche giorno fa, per esempio, abbiamo riportato la notizia che la BMW sospenderà le forniture di cobalto dal Congo dal 2021 (qui l’articolo). E in precedenza parlammo delle cautele del Gruppo Volkswagen (leggi) proprio dopo segnalazioni di Amnesty e di Afrewatch.
…ma il suo report va letto tutto
Eh sì, perché il Segretario generale di Amnesty fa un ragionamento un po’ più articolato: “Trovare soluzioni efficaci alla crisi del clima è un imperativo assoluto e le auto elettriche hanno un ruolo importante”, ricorda in una nota Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International. “Ma senza cambiamenti radicali, le batterie che alimentano i veicoli ‘verdi’ continueranno a essere associate alle violazioni dei diritti umani”.

Il report di Amnesty continua riconoscendo che “i veicoli elettrici sono determinanti per ridurre l’utilizzo di benzina e altri combustibili. Ma non sono attualmente etici come alcuni venditori vorrebbero farci credere. Anni di attività industriali non regolamentate hanno avuto un impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente. Tanto i governi quanto l’industria non vi stanno ponendo rimedio in modo sufficiente“. E ancora: “Dal 2016 è stato registrato qualche progresso. A seguito delle nostre denunce, alcune importanti industrie – come Apple, BMW, Daimler, Renault – e il produttore di batterie Samsung SDI hanno fornito dati sulle loro catene di fornitori. Chiediamo a tutti gli altri di fare lo stesso“.
SECONDO NOI. Il tema delle forniture delle materie prime che servono per le batterie, come cobalto, litio e nickel, è fondamentale. Il rispetto dei diritti umani è irrinunciabile. Ma non possono certo essere i petrolieri, con tweet parziali e tendenziosi, a fare la morale ad altri. Sarebbe meglio guardare in casa propria e a quanti danni sono stati causati.