Toc toc governo, c’è una fabbrica Tesla in ballo

 

Toc toc governo, c’è una fabbrica Tesla in ballo. Anzi, una Gigafactory da migliaia di posti di lavoro. La decisione su dove costruirla è in arrivo e tanti Paesi si sono adoperati per portare a casa un investimento così importante. L’Italia? Non pervenuta.

AGGIORNAMENTO DEL 31/10. Si fa avanti Trieste (leggi qui). Lo fa, secondo quanto riporta il sito TRIESTEPRIMA, attraverso una petizione lanciata da Marin Krosi, amministratore delegato di ShargeMe (creatura online da 400mila followers). La petizione è stata lanciata sulla piattaforma online change.org 

 

Toc toc governo: sono migliaia di posti di lavoro

Una Gigafactory è un investimento colossale: secondo il sito americano Electrek (qui l’articolo), può costare a Tesla circa 5 miliardi di dollari, 4 miliardi e mezzo di euro. Con un’occupazione diretta che potrebbe arrivare a 10 mila persone, per produrre il Model 3 e il Model Y, oltre alle batterie. E naturalmente un indotto importantissimo, con mille ricadute sull’economia locale. Davanti a un boccone così ghiotto, legato all’auto del futuro, si sono fatti avanti diversi governi. Il Portogallo ha offerto una grande estensione di terreno. Creando addirittura un gruppo Facebook, ‘Bring Tesla Gigafactory to Portugal’, che in breve tempo ha raccolto 40 mila follower, per discutere di come convincere Elon Musk.

Toc toc governo - Tesla
Nella Gigafactory europea verranno costruiti il nuovo Model Y, sopra, e il Model 3, oltre alle batterie.

La Francia, invece, ha messo a disposizione gli spazi di un’ex centrale nucleare dismessa. Anche la Spagna si è mossa, mentre uno dei Paesi più attivi, tramite il ministro dell’Economia Henk Kamp, è stata l’Olanda, che già ospita l’attuale quartier generale ad Amsterdam e un centro operativo a Tilburg. Ma, ancora una volta, è la Germania ad essere in pole position: il governo del Land della Bassa Sassonia qualche mese fa ha fatto sapere di essere alla stretta finale nelle trattative con Tesla. E lo stesso Elon Musk ha ammesso che potrebbe essere proprio questo il punto di caduta finale. In una location vicina anche alla Francia e ai Paesi Bassi. La decisione finale, comunque, è ormai imminente, come confermato in occasione della presentazione dei conti dell’ultimo trimestre.

Noi pensiamo solo alle aziende decotte

E l’Italia? Non pervenuta. Toc toc governo. A Roma ha sede un ministero che si definisce “dello Sviluppo Economico”. Ma più che dello sviluppo, sembra occuparsi di salvare il salvabile, in termini di posti di lavoro, di aziende spesso decotte. Un’opera importantissima, intendiamoci. Ma che dovrebbe accompagnarsi con altrettanta decisione con la ricerca di investimenti nei settori emergenti. Che stanno creando posti di lavoro, invece di bruciarli.

Patuanelli
Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

Ora il ministro, Stefano Patuanelli, peraltro piuttosto attento, ha aperto un tavolo di discussione per capire come rilanciare  l’automotive. Un settore indebolito anche dalla limitata attenzione che il gruppo FCA-Fiat Chrysler riserva all’Italia. La solita litania di associazioni e sindacati che si disputano i pochi milioni che verranno stanziati per cercare di tappare le tante falle. Ma forse sarebbe meglio giocare una partita più grande, andando a caccia degli enormi investimenti internazionali che stanno accompagnando l’affermarsi della  mobilità elettrica. La Germania, che pure ha tassi d’occupazione ben migliori dei nostri, l’ha capito. E continua a incassare investimenti da tutto il mondo, tra cui la nascente fabbrica di batterie della cinese CATL. Noi siamo troppo impegnati a litigare in casa per vedere quel che sta succedendo nel mondo. Peccato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Visualizza commenti (17)
  1. Alberto Spriano

    Quanta occupazione offre una Gigafactory Tesla?

    Sembra, correggetemi se sbaglio, che la storica, prima Gigafactory Tesla di Reno, ad aprile 2016 aveva 317 dipendenti Tesla e 52 di Panasonic, la maggior parte del Nevada.

    Pochi per dare una svolta occupazionale allo stato del Nevada, troppi rispetto agli obiettivi di gestione della produzione.

    Oggi le sfide dei costruttori sono realizzare:

    – la prima auto prodotta interamente dai robot;
    – la prima fabbrica di assemblaggio completamente automatizzata senza presenza operativa dell’uomo;
    – robot che costruiranno altri robot.

    L’Industria 4.0 è un fenomeno a livello mondiale che probabilmente cambierà in maniera radicale i processi produttivi di tutto il comparto manifatturiero e non solo. Le nuove tecnologie trasformeranno il modo di progettare, realizzare e distribuire i prodotti, mettendo in comunicazione tra loro, tramite la rete, semilavorati, macchine, fabbriche e prodotti finiti, che diventano intelligenti grazie a sensori e device.

    Fabbriche trasformate in informazioni utili a orientare le decisioni tattiche e strategiche delle aziende manifatturiere.

    Questi dati una volta rielaborati consentono di creare un sistema produttivo più efficiente, in grado di adattarsi ai cambiamenti del mercato, migliorando continuamente la qualità del prodotto e di ottimizzare gli interventi di manutenzione e di massimizzare la disponibilità degli impianti.

    I dati forniti dalle macchine di produzione diventate intelligenti consentono tramite l’analisi predittiva, di creare valore, di ottenere un vantaggio competitivo fondato sempre più su azioni preventive e meno su quelle correttive o su quelle basate unicamente su dati statistici raccolti nel passato.
    .
    Ovviamente eliminando completamente i costi della forza lavoro del capitale umano.

    1. Mi chiedo: cosa servirà produrre beni senza forza lavoro, quando nessuno percepirà uno stipendio per poterli acquistare? E’ evidente che la “fabbrica al buio” è un paradosso senza alcuna possibilità di tradursi in realtà

      1. Alberto Spriano

        Bill Gates, il Profeta aveva detto: “I robot che rubano posti lavoro paghino tasse”.

        “Se un lavoratore umano produce 50mila dollari con il suo lavoro, quei soldi vengono tassati. Se un robot fa lo stesso, ti aspetti che sia tassato in maniera uguale. No?”

        Le imposte finanzierebbero il retraining, la riqualificazione della forza lavoro umana messa ai margini dall’automazione.

        Il rischio è che l’introduzione dei robot possa ampliare il divario fra poveri e ricchi. Anche la Ue si è posta il problema, valutando la possibilità di tassare i robot per creare un fondo di solidarietà per i disoccupati, ipotesi in seguito bocciata dal Parlamento europeo.

        Il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione “Norme di diritto civile sulla robotica” proposta da Mady Delvaux, intesa a definire lo status giuridico per i robot come “persone elettroniche” responsabili delle proprie azioni e un codice etico per chi progetta robot e Intelligenza Artificiale, oltre all’istituzione di una Agenzia europea per la robotica e l’intelligenza artificiale che sia «incaricata di fornire le competenze tecniche, etiche e normative necessarie.

        Le azioni coscientemente intraprese dall’Intelligenza Artificiale impone lo status giuridico per i robot, “persone elettroniche” con responsabilità civile e penale.

        Il tema anticipato nel 1968 da Arthur C. Clarke con Odissea nello spazio, oggi è sempre più caldo.

  2. Purtroppo la politica italiana si preoccupa solo delle prossime elezioni e elargisce bonus a pioggia che servono solo a farsi votare. La Germania comunque ha anche un vantaggio logistico essendo vicino ai mercati dove la domanda dell’elettrico premium sarà più forte.

  3. Eppure Torino con tutto il background di indotto fiat o addirittura Modena, immaginatevi la tesla roadster made in Modena

  4. Italia non pervenuta. Causa tasse troppe elevate da non permettere investimenti su questa nazione?
    È un ipotesi ma non l’unica…

    1. Fabio Lombardo

      Nel ruolo di Stato vassallo? In effetti ben si confà alla nazione dei Fracchia e dei Fantozzi…

      1. renzi sfilava a braccetto di marchionne mentre portava fiat fuori dall’Italia dopo un secolo di soldi pubblici, in nessun altro paese sarebbe successo, in Francia marchionne sarebbe passato sotto la ghigliottina, lasciamo perdere quello di Arcore
        questi è difficile possano fare peggio, direi impossibile anche impegnandosi
        vediamo se i cinesi porteranno lavoro qui come hanno fatto in tanti posti

  5. Non serve che l’Italia si proponga.
    Non ci sono proprio le condizioni.
    È in assoluto il posto da non scegliere.

    1. Peggio del Portogallo? Noi una tradizione industriale, anche nell’auto l’abbiamo, prima o poi dovremo ripartire. E, nonostante tutto, restiamo la second industria europea dopo la Germania, che non si potrà sempre mangiare tutto. Se non ci crediamo noi, figurati gli altri…

      1. Roberto Grignani

        Per conto mio le condizioni non sono “essere la seconda industria europea”. Mi spiego meglio.
        Le condizioni per avviare una “Gigafactory” sono molteplici. Al primo posto ci sono le competenze che posso trovare sul territorio e la facilità di attrarne (sia oggi che domani) nel luogo in cui vorrei mettere le fondamenta. Oltre questo, dove l’Italia certamente non primeggia, ma forse potrebbe ancora riuscire a difendersi, ci sono le questioni sindacali, politiche e di giustizia. Purtroppo, agli occhi di un americano, forse (spero veramente di essere smentito) ci sono alternative più valide. Ma c’è dell’altro: il costo dell’energia, le vie di comunicazione (le auto le devo pur portare dove le voglio vendere…), la produttività per ora lavorata, la fiscalità e tutto il resto. Di fatto, da analisi multifattoriali il nostro Belpaese, sfortuna nostra, riesce a superare solo Romania, Grecia e Bulgaria. Ora, parliamoci chiaro, capisco che magari Elon Musk decida di fare un’altra delle sue “scommesse”, sinceramente, affrontare e sfidare un intero “sistema paese” mi pare decisamente ambizioso anche per uno brillante come lui.
        Ecco, è per questo che, purtroppo per noi, dubito che un sogno del genere possa diventare realtà… ma spero vivamente di potermi risvegliare da questo oscuro incubo

        1. Il problema non è solo la Gigafactory Tesla, anche perché par di capire che ormai i buoi son già scappati verso la Germania e alla firma per la fabbrica in Bassa Sassonia pare manchino solo i dettagli. Il problema è che c’è una rivoluzione in atto, che si può affrontare in due modi: o aprendo solo mille tavoli di crisi e cercando di aiutare come si può chi lavora nelle aziende travolte da questo cambiamento. Oppure cercando di cavalcare questa rivoluzione e provando a convincere qualcuno tra i tanti che hanno scelto di investirci a farlo in Italia. Io trovo choccante che per Tesla a tempo debito l’Italia non abbia presentato un suo progetto, unico tra i grandi Paesi della Ue. E credo che il ministero dello Sviluppo economico dovrebbe creare una task force per cercare di intercettare queste opportunità. L’analisi che fate è impietosa, ma corretta. Però bisogna sforzarsi di guardare avanti e cercare di trovare i punti di forza che pure abbiamo e giocare su questi. Sapendo che ora la Fiat, che ha sempre bloccato gli investimenti stranieri nell’automotive in Italia (vedi Ford, Nissan…) ormai non ha più né l’interesse né la voglia di farlo.

      2. La seconda industria europea è la Francia, e il Portogallo è un paese con un clima politico stabile e in crescita da dopo la crisi.

      3. Lucky Explorer

        Non guardiamo all’ industria globale ma solo all’ automotive, lii siamo sottozero altroo che Germania, nemmeno da Turchia siamoo !! E pensare 25 anni faa come eravamo piazzati c’è da mangiarsi le mani non solo le unghie, 25 anni buttati nel cesso pensando a non si saa cosaa. Booo sconcertante.

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