TEST – Maeving RM1, la moto elettrica dallo stile inglese

La Maeving RM1 è un concentrato di eleganza d’oltre Manica. Nasce a Coventry ed è British fin nei minimi dettagli.

Non passa inosservata e in tanti vi chiederanno se è elettrica. I richiami al passato e la cura dei particolari rendono la Maeving RM1 una moto davvero unica.

E’ stata pensata e progettata per essere un’alternativa sostenibile e indubbiamente di stile per spostarsi in ambito urbano. La concezione è molto minimalista e coniuga elementi retro alla tecnologia elettrica.

Tecnologia che però è molto ben nascosta. All’interno del serbatoio e dove nelle moto tradizionali troveremmo il motore sono alloggiate le batterie da 2 kW/h. Subito dietro anche qui camuffati trovano spazio l’inverter e le altre componenti elettroniche.

Manca però il caricabatterie che è solo esterno, da 600 watt, e quindi ci costringe a estrarre le batterie ogni volta che dobbiamo ricaricarle. L’operazione però è molto semplice. Quando spegniamo la moto abbiamo 5 secondi per sbloccare gli alloggiamenti delle batterie. Il peso di ciascun pacco è di una dozzina di chilogrammi e i tempi di ricarica si aggirano intorno alle 4 ore. Molto raffinato l’inserto in bambù sul manico.

Il motore Bosch da 3 kW di potenza e 4,4 kW di picco è integrato nella ruota posteriore. Entrambe le ruote sono da 19 pollici e a raggi, dettaglio davvero irrinunciabile.

Anche il display è molto curato e i richiami vintage sono evidenti a partire proprio dal tachimetro analogico. La velocità è espressa in miglia orarie, ma in piccolo, nella corona interna, troviamo anche i km/h.

Come va?

Saliamo in sella e la prima cosa di cui parliamo è proprio la sella, che oltre che bella è davvero comoda. La posizione di guida è leggermente incurvata, ma nulla di fastidioso.

La Maeving RM1 è agile e leggera nonostante i 123 kg e le ruote da 19”. Si guida piacevolmente nel traffico e non si passa certamente inosservati. La frenata è affidata a due dischi da 240 mm all’anteriore e da 180 al posteriore. L’impianto frenante lavora piuttosto bene anche grazie al sistema CBS che distribuisce la frenata (60%-40%) sulle due ruote.

Parlando del motore, non si può dire abbia uno scatto bruciante.  La scelta di Maeving è precisa: una moto semplice da guidare e che permetta di risparmiare il più possibile sui consumi. L’autonomia dichiarata infatti è di 130 km. La velocità massima invece è di 45 miglia orarie che da questa parte della Manica equivalgono a circa 72 km/h. Tre i riding mode: 1 fornisce la piena potenza, 2 arriva a una velocità di 50 km/h e il 3 si ferma 30 km/h.

Alla fine parliamo anche di quello che di questa RM1 non mi è piaciuto. Innanzitutto non mi hanno convinto molto le sospensioni: l’anteriore è discreto, ma il posteriore non lavora molto bene anche per colpa del motore nel mozzo.

Un’altra cosa che mi convince poco in un mezzo destinato alla città è la totale assenza di spazio di stivaggio. Se si usano entrambe le batterie infatti non c’è posto nemmeno per riporre una catena o il carica batterie. Meaving offre come accessorio uno zaino rolltop agganciatile sul lato sinistro, ma la soluzione non è molto pratica.

La Meaving RM1 costa 7.460 euro. E’ una moto per chi è attento allo stile ed è disposto a spendere qualche centinaio di euro in più per distinguersi nel traffico cittadino.

Visualizza commenti (4)
  1. Alessandro D.

    – il posteriore non lavora molto bene anche per colpa del motore nel mozzo.-

    Sarebbe per cortesia possibile avere qualche dettaglio in più? Sinceramente curioso di capire: saltellameti? Forte effetto giroscopico? Varie ed eventuali?

    Grazie mille

    1. Credo che l’aumento delle masse non sospese – dovuto appunto al motore nel mozzo – metta in crisi gli ammortizzatori evidentemente di qualitá non eccezionale. Sarebbe interessante vedere se il problema rimane anche con ammortizzatori specialistici aftermarket..

      1. Alessandro D.

        -ammortizzatori evidentemente di qualitá non eccezionale-

        E se vogliamo, in effetti, tutta una sospensione posteriore un po’ “anni ’30″…

        Però è carina dai. Inutile, ma proprio carina.

        Rimaniamo in attesa di eventuale riscontro alla questione dal buon Marco…

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