Anche Ford potrebbe optare per le batterie Litio-Ferro-Fosfato (LFP), come ha già fatto Tesla per le vetture entry level prodotte nello stabilimento di Shanghai. I modelli elettrici interessati al cambio di batteria potrebbero essere quelli più consolidati, cioè Mustang Mach-E e l’F-150 Lightning.
E’ una decisione che potrebbe maturare a breve, stante la difficoltà nel reperire celle con la chimica tradizionale Nichel-Manganese-Cobalto (NMC) o Nichel-Cobalto-Alluminio (NCA).

Robuste, economiche, sicure: i vantaggi delle LFP
Le batterie al fosfato di ferro (LFP) presentano vantaggi e svantaggi. Non utilizzano metalli preziosi come nichel o cobalto quindi sono meno costose. Sono meno soggette a fenomeni di thermal runaway e quindi sono più sicure. Sopportano più cicli di ricarica (fino a 4.000) quindi hanno una durata di quasi tre volte superiore. Soffrono molto meno la ricarica nella zona critica fra l’80 e il 100% della capacità .
Il loro tallone d’Achille è la densità di energia, che è inferiore sia in termini gravimetrici che in termini volumetrici. Questo limita l’autonomia della vettura a parità di peso e dimensioni. Per la Model 3 standard range la differenza è di circa 10 miglia. Anche il freddo pare influire maggiormente sulle prestazioni delle celle LFP, con un ulteriore calo dell’autonomia del 4-5%.
Tuttavia le Tesla equipaggiate con le celle prismatiche prodotte dalla cinese CATL hanno incontrato il gradimento del mercato e circa la metà dei veicoli californiani prodotti lo scorso trimestre adottano celle LFP. Lo stesso Elon Musk ha ipotizzato che in futuro due terzi delle sue Tesla potrebbero adottare questa chimica, anche tenendo conto dei miglioramenti già ottenuti e potenzialmente ottenibili.

Ora Ford sembra orientata a un approccio simile. L’ha fatto intendere il CEO Jim Farley durante la conferenza stampa di presentazione dei dati trimestrali. A precisa domanda ha risposto: «Sì. Abbiamo lavorato su LFP per un po’ di tempo. Progettare soluzioni LFP nella nostra prima generazione di prodotti è qualcosa che vediamo come una grande opportunità per muoverci rapidamente».
Vade retro nichel: c’è troppa Russia
Ford ha piani ambiziosi nella produzione di veicoli elettrici. In particolare con il nuovo pick up F-150 Lightning, che arriverà a 150 mila esemplari dal prossimo anno. Ma la difficoltà nel reperire materie prime e componenti mette a rischio questo piano. Diversificare chimiche e fornitori potrebbe essere la condizione per rispettate i programmi. Ad oggi per la Mustang Mach-E consegnate dall’azienda nel 2021 sono servite soltanto 50 mila batterie. Montare celle LFP sulle versioni a corto raggio permetterebbe di aumentare i volumi liberando disponibilità di celle più performanti per le sole versioni a lungo raggio.
L’invasione russa dell’Ucraina è un altro buon motivo per passare alla chimica LFP. Gran parte del nichel mondiale proviene dalla Russia e anche le catene di approvvigionamento del cobalto passano per Paesi convolti nella nuova crisi geopolitica.
Prestazioni sempre migliori per le nuove celle
Nel frattempo, scrive il sito CleanTechnica, la cinese Gotion High Tech sta per avviare la produzione di una cella LFP con un’energia specifica di 230 Wh/kg, molto vicina alle attuali celle NMC, che raggiungono i 250-270 Wh/kg. E un altro sito, PushEVs, riferisce che il produttore cinese di batterie SVolt prevede di raggiungere il livello di 230 Wh/kg il prossimo anno.Â
A quel punto la chimica NCM potrebbe diventare una tecnologia di nicchia, utilizzata solo nelle auto sportive di lusso. Batterie prive di cobalto come NMx (LNMO) e LFP (LiFePO 4 ) domineranno invece la produzione mainstream.
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“Anche il freddo pare influire maggiormente sulle prestazioni delle celle LFP, con un ulteriore calo dell’autonomia del 4-5%.” nella mia esperienza personale (Model 3 con LFP), sì ma con un distinguo sul perchè avvenga. Quello che è avvertibile nettamente è un calo di prestazioni, non avvertibile tanto in accelerazione (perchè nell’uso normale la potenza è talmente elevata che non si avverte) ma decisamente nella frenata rigenerativa, limitatissima con temperatura vicine allo zero e batteria fredda (la macchina mostra visivamente la capacità di rigenerazione e quando scende sotto una certa soglia avverte che sarà richiesto l’uso del freno meccanico), per cui in uso urbano, venendo quasi a mancare, comporta un conseguente aumento dei consumi stimabile nel 20% (nelle mie medie urbane, la frenata rigenerativa recupera circa un 25% di tutti i consumi).
Esemplifico con qualche cifra: consumo urbano al lordo della frenata 150 Wh/km, recupero medio 35Wh/km, consumo urbano risultante 115 Wh/km. Senza rigenerativa diventa un 150 Wh, cui va aggiunto il consumo della pompa di calore (almeno nei primi minuti) che viene usata anche per scaldare la batteria, facilmente il consumo schizza a valori superiori a 200Wh/km, praticamente come andare ai 130 in autostrada.
So per certo che le batterie con chimica NCA o NCM anche a zero gradi hanno la rigenerativa sostanzialmente uguale.
Nel consumo autostradale non ho notato invece alcuna differenza di autonomia.
Tutti i miei dati derivano da lettura della telemetria dove ho lo storico dei viaggi, compreso la rilevazione della rigenerazione o della temperatura esterna e interna.
Quindi: è vero che l’autonomia diminuisce con il freddo, ma non perchè diminuisca la capacità apparente della batteria ma perchè diminuisce la rigenerativa che impatta sui consumi urbani. A livello autostradale a velocità costante non ho notato differenze. Almeno nella mia esperienza, accetto smentite!
Il problema dell’autonomia sarebbe risolvibile aumentando le colonnine
E’ vero, ma solo entro certi limiti. A mio parere sotto i 300 km di autonomia, reale e sfruttabile, i viaggi a medio-lungo raggio diventano problematici. A quel punto si scende nella categoria delle city car