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Tesla e FCA-Fiat, gli opposti estremismi

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Elon Musk con il Tesla Roadster, uno dei quattro modelli in dirittura d'arrivo.
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Tesla e FCA-Fiat, gli opposti estremismi, si potrebbe dire. Il primo sta rischiando l’osso del collo investendo a tutto spiano. L’altro è stato campione di cautela.

AGGIORNAMENTO del 22/5/19: Il titolo Tesla a Wall Street scende a rotta di collo: alle 20,45 ora italiana perde oltre il 10%, avvicinandosi ai 190 dollari. A gennaio sfiorava i 350 dollari.

Musk sta rischiando l’osso del collo

Il tondo Tesla alla Borsa americana.
Il grafico mostra il crollo del titolo Tesla a Wall Street

Per la Casa di Elon Musk non è un bel momento. La Borsa di Wall Street (guarda il grafico e qui la quotazione in tempo reale) sta punendo il titolo Tesla con continui ribassi e stiamo arrivando al livello di guardia. Tra gli analisti c’è chi sostiene che sia solo l’inizio di un calo che potrebbe avere sviluppi devastanti. E sicuramente festeggiano gli short-seller, i venditori al ribasso, che l’anno scorso avevano perso una fortuna scommettendo su un crollo che non si è verificato. E finendo più volte sbeffeggiati dallo stesso Musk. Ora è il momento della loro rivincita. Che cosa sta succedendo? I conti della Tesla non sono più così promettenti come apparivano nell’ultimo trimestre dell’anno scorso. Quest’anno ci sarà ancora da sudare, nonostante che il Model 3 abbia moltiplicato le vendite della marca. Musk promette un taglio dei costi “hardcore”. Ma il problema sta nel rovescio della medaglia di quello che è, nei momenti felici, il suo maggior pregio: la temerarietà.

Un’indigestione di nuovi modelli

La Tesla, contrariamente ai giganti storici dell’automotive, non può finanziare la transizione all’elettrico con i profitti delle auto tradizionali. Investe in buona parte con soldi propri, e solo in parte con i guadagni sulle vendite. Il fatto è che, a parere di molti analisti, Musk si è fatto prendere la mano. Invece di fermarsi e consolidarsi, continua a spendere e spandere per allargare la gamma.

Il Semi, il camion con cui Tesla entrerà nel mercato dei mezzi pesanti.

Presto i modelli saranno sette: il Model S, il Model X, il Model 3, il Model Y, il nuovo Roadster, il camion Semi e un pick up. Un boccone troppo grosso per un’azienda che, per di più, sta finanziando la nascita di una mega-fabbrica in Cina. E poi c’è da fronteggiare la continua emorragia di manager, evidentemente stressati dai ritmi e dagli obiettivi che Musk impone alla squadra alzando continuamente l’asticella.

L’altro estremo: la prudenza di FCA-Fiat

Tesla e FCA-Fiat, si diceva. Perché dall’altro estremo si trova il gruppo italo-americano. Sergio Marchionne era ossessionato dall’obbiettivo di consegnare al suo successore un gruppo senza debiti. Non solo ha centro il bersaglio, ma ha anche lasciato un bel gruzzolo da parte, irrobustito poi dalla vendita della Magneti Marelli. Il fatto è che per riuscire nell’impresa, che sembrava disperata quando ereditò la Fiat tre lustri fa, ha gestito lo sviluppo di nuovi modelli col contagocce. Un continuo stop and go. Più stop che go.

Michael Manley con John Elkann, presidente FCA (Photo LaPresse- FCA Media)

Una Casa come l’Alfa Romeo, che ha un secolo più della Tesla, oggi si ritrova con una gamma di tre modelli e mezzo. La stessa Fiat ne ha una decina, ma solo contando i veicoli commerciali. Molti sono piuttosto vecchietti e il sostituto di Marchionne, Mike Manley, dovrà spendere parecchio per rinnovare il parco. E per produrre i primi modelli elettrificati. Romano Prodi ha lanciato l’allarme sulla latitanza degli investimenti (guarda l’articolo) e sui rischi che corre tutta l’auto italiana.

IL NOSTRO PARERE. A giudicare dai risultati economici, i fatti oggi sembrerebbero dare ragione a FCA-Fiat, piuttosto che a Tesla. Ma non si può non ammirare il coraggio, anche se a volte sfiora l’incoscienza, di uno straordinario innovatore come Elon Musk. Qualcuno, facendo fanta-economia, azzarda che una fusione tra Tesla e FCA-Fiat sarebbe l’ideale. Da una parte il visionario, dall’altra i super-prudenti sempre pronti a tirare il freno a mano quando la velocità aumenta troppo e diventa rischiosa. I prossimi mesi ci diranno se il primo ha deciso di darsi una calmata. E i secondi di accelerare e rimpolpare piano-modelli presentato poco meno di un anno fa da Marchionne. Ne hanno bisogno entrambi.

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4 COMMENTI

  1. L’altro è stato “campoione di cautela” e adesso se la cava comprando “crediti” dalla Tesla… secondo me è questa la risposta alla domanda su chi ha scelto i tempi giusti. Ed ora FCA si trova a dover inseguire non solo Tesla, ma anche altre Case più “normali”…

  2. Apocalittici ed integrati. Gli estremi opposti. Io faccio per Tesla la vera azienda sociale di questo secolo nuovo. Ci sono salito una volta: un’astronave silenziosa. Comoda, bella, performante e che rifiniture. Un giusto calcio al minimalismo imperante. E’bello sapere che esistono ancora capitani (non quello al Governo) coraggiosi come Elon. E la nostra vecchia FIAT o FCA è un po il simbolo di quest’Italia che non osa, che va avanti con il freno a mano tirato. E’spiazzante vedere solo modelli elettrici stranieri, e non sono sovranista e per l’autarchia, una grande perdita per la nostra industria.

    • Sono due mondi all’opposto: là c’è un sognatore (con i piedi ben piantati per terra) che vuole cambiare il mondo della mobilità e addirittura, con Space X, portare l’uomo su Marte. Gli interessa più questo dei bilanci del trimestre, anche se alla lunga i suoi interessi li sa fare. Qui invece ci sono gli azionisti, che delegano ai manager a patto che non facciano il passo più lungo della gamba. La chiave della discussione sta nella frase detta da Mike Manley, il sostituto di Marchionne: “Sull’elettrico non siamo noi in ritardo, sono gli altri ad essere arrivati troppo presto”. Solo il tempo dirà chi ha scelto i tempi giusti. Wait and see.

      • Concordo direttore, anche se penso che il tempo darà ragione a Tesla. Uomo del XXI secolo, la FCA – con tutto il rispetto per i vantaggi e il progetto dato all’Italia e agli italiani – è un’azienda nata nel secolo scorso. Non sembra armata bene per sostenere le nuove sfide.

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