Nell’ultimo anno nella produzione di veicoli elettrici (EV) l’Europa ha investito solo 3,2, miliardi, secondo il il report EU playing catch-up: China leading the race for electric car investments. Una sproporzione non giustificata dalle dimensioni dei due mercati. Ma è evidente che l’ambizioso programma della Cina, che impone ai costruttori di produrre veicoli elettrici sul suo territorio, è un fattore chiave per gli investimenti. Spinta che oggi manca in Europa. La politica cinese – il “mandato per i veicoli a energia nuova” – prevede che i costruttori ottengano crediti per la produzione di veicoli elettrici equivalenti al 10% del mercato complessivo delle auto nel 2019 e al 12% nel 2020. Considerando la struttura del credito, l’obiettivo per il 2020 si tradurrebbe in veicoli a zero emissioni pari a circa il 4% dei veicoli venduti.
Nel novembre scorso la Commissione europea ha proposto nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture del 15% e del 30% rispettivamente nel 2025 e nel 2030. Ma non ha posto nessun obiettivo significativo sulle vendite di veicoli a zero emissioni. I ministri dell’ambiente UE si incontrano lunedì 25 giugno per discutere le ambizioni della proposta. E molti paesi dovrebbero spingere per un rafforzamento. Le principali associazioni ambientaliste italiane, Greenpeace, Legambiente, WWF, Kyoto Club, Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Cittadini per l’Aria hanno invitato il Ministro Sergio Costa a introdurre obiettivi di vendita obbligatori per i veicoli Low e Zero Emission. E a sostenere obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2 di auto e furgoni, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.
Veronica Aneris, rappresentante italiano di T&E, dichiara: “La voce delle associazioni ambientaliste italiane è chiara: bisogna convergere verso la produzione di veicoli a zero emissioni. Per garantire posti di lavoro in Europa e non in Asia, il Parlamento europeo e i governi UE devono fissare un obiettivo vincolante di riduzione del 20% delle emissioni di CO2 per il 2025 ed uno sulle vendite di veicoli elettrici. Il mandato per i veicoli a emissioni zero introdotto dalla Cina lo scorso anno è il fattore principale della sua leadership nella mobilità elettrica, ma non è troppo tardi perché l’Europa recuperi il suo ritardo“. Ma Volkswagen, Daimler e Renault-Nissan stanno gareggiando per investire nella produzione cinese. Il più grande produttore automobilistico europeo, il Gruppo Volkswagen, è in testa con una joint venture da 10 miliardi di euro con la cinese Anhui Jianghuai nell’ambito dell’iniziativa Roadmap E per aumentare le vendite di veicoli elettrici a 1,5 milioni di euro entro il 2025. Nissan ha promesso 8 miliardi di euro come parte di una joint venture con Renault e Dongfeng nel tentativo di diventare il principale produttore di veicoli elettrici in Cina. Daimler AG si è associata con la cinese BAIC in una joint venture da 1,6 miliardi di euro per aumentare la produzione Mercedes nel nuovo stabilimento di Pechino.
Le Case auto, ammette T&E, sono state chiare su come il forte mandato cinese sui veicoli rappresenti il driver principale dei loro investimenti. Un portavoce della Volkswagen ha dichiarato a Bloomberg che tale politica “si adatta perfettamente alla nostra tabella di marcia per i veicoli elettrici annunciata di recente”. E a seguito della sua decisione di produrre la Mini elettrica in Cina, BMW ha detto di seguire un assioma chiave del business: “La produzione segue il mercato“. Un recente studio di Cambridge Econometrics – promosso da BMW, Renault-Nissan, Valeo, ABB, sindacati, gruppo consumatori BEUC e associazioni ambientaliste – ha concluso che 206.000 posti di lavoro netti potrebbero essere creati nell’UE dal passaggio dai veicoli a combustibili fossili a quelli alimentati da energie rinnovabili entro il 2030. Ma affinché ciò accada sono necessarie norme severe che spingano l’industria a investire in questo settore. T&E stima che se in Europa nel 2030 le auto elettriche venissero per la maggior parte importate, un terzo dei posti di lavoro nel settore manifatturiero andrebbe perso. E Raimondo Orsini, Direttore della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, avverte: “L’Europa non può perdere il treno della green economy e lasciare alla Cina la crescita dei green jobs. L’auto elettrica, su cui tutti i produttori stanno investendo, deve essere prodotta in Europa con quote ragionevoli e non marginali. La partita si può ancora vincere, ma servono le giuste politiche industriali”.
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