Home Scenari Tariffe di ricarica ai raggi X: ecco i numeri dell’anomalia italiana

Tariffe di ricarica ai raggi X: ecco i numeri dell’anomalia italiana

41
tariffe ricarica

Sono due le voci che spingono le tariffe di ricarica italiane ai vertici assoluti in Europa. Una dipende dai costi di approvvigionamento imposti per legge agli operatori. L’altra è legata a costi fissi industriali spropositati in rapporto ai volumi. Lo si deduce dai numeri pubblicati in uno studio appena realizzato da AFRY Management Consulting in collaborazione con Motus-E . 

Se infatti ciò che paga il consumatore finale alla colonnina arriva agevolmente a bissare la media degli altri grandi Paesi europei, la responsabilità non è del costo puro dell’energia (PUN), solo lievemente più alto. E nemmeno degli oneri di sistema, in varia misura presenti in tutti i Paesi.

tariffe ricarica
Dal 1° giugno nuove tariffe Enel X per la ricarica e sanzioni per chi sosta oltre la fine-rifornimento.

Oneri generali, un’esclusiva italiana che spinge in alto le nostre tariffe di ricarica

L’anomalia italiana, sta invece nelle altre due componenti del prezzo finale. Una tariffaria: gli oneri generali. L’altra industriale: vendite al lumicino in rapporto ai costi fissi per la  gestione ordinaria e gli ammortamenti.

Ma vediamole nel dettaglio, grazie ai numeri dello studio AFRY Management Consulting per Motus-E realizzato allo scopo di confrontare i costi base degli operatori della ricarica in Italia, Germania, Spagna e Francia.

L’analisi è reperibile sul sito dell’Associazione presieduta da Fabio Pressi (AD di A2A e-mobility) che rappresenta gli stakeholder della mobilità elettrica. Il documento si limita ad esporre tabelle numeriche e grafici, difficili da interpretare per i non addetti ai lavori.

La genesi delle tariffe in un comparatore

Modella però un comparatore che, partendo da parametri omogenei basati sull’Italia, quantifica i costi incomprimibili – perchè stabiliti dalle leggi nazionali – su cui ogni operatore nei diversi Paesi fissa il prezzo del kWh per i consumatori finali. Questo per cinque tipologie di ricarica a bassa e media tensione e al netto dei costi industriali e degli eventuali margini di profitto, che le aziende tengono riservati.

Qui sotto i criteri e i dati di partenza su cui è stato modellato il comparatore.

tariffe ricarica
Le prime due voci per ciascuna configurazione indicano una potenzialità teorica: quanta potenza impegnata e per quante ore all’anno. La terza è il Fattore di utilizzo elettrico, pari al rapporto percentuale tra il numero di ore equivalenti di funzionamento di un POD (alla potenza disponibile) e 8,760 ore/annue (fonte ARERA). La quarta e ultima, le tre tariffe standard applicate per legge agli operatori italiani per l’approvvigionamento elettrico.

Vediamo ora nel dettaglio i risultati.

tariffe ricarica Ricarica in bassa tensione: partiamo male e finiamo peggio

Per le colonnine a bassa tensione Quick e Fast fino 99 kW tutti e quattro i Paesi esaminati impongono una tariffa di approvvigionamento elettrico  che tiene conto del prezzo dell’energia nazionale più oneri fissi.

In Italia è in vigore una tariffa energetica agevolata (BTVE l’acronimo) riservata alla ricarica dei veicoli elettrici fornita in luoghi accessibili al pubblico attraverso la connessione alla rete a bassa tensione. È stata introdotta nel 2011(ARG/elt 242/10) ed è stata prorogata  fino a tutto il 2024.

La tariffa comprende:
energia
oneri di sistema (trasmissione, distribuzione e misurazione)
oneri generali e altre componenti (sostegno delle energie rinnovabili e della cogenerazione, decommissioning nucleare e costi di R&S, copertura degli squilibri dei sistemi di perequazione dei costi di trasporto, meccanismi di integrazione, copertura dei costi riconosciuti derivanti da recuperi di qualità del servizio).

Quest’ultima voce è un’esclusiva italiana, fortemente penalizzante soprattutto per le tariffe di ricarica in media tensione, come vedremo.

Per le configurazioni 1 e 2 rappresentate nelle tabelle qui sotto il totale in euro è simile invece a quello della Germania, circa il doppio della Spagna e fino a tre volte quello francese.

Gonfiano i nostri prezzi al kWh due voci: il maggior costo della “componente energia” e gli “oneri generali e altri componenti”  che nessun altro Paese applica. La somma è parzialmente compensata da “oneri di sistema” più contenuti.

Alti costi industriali per bassi consumi

A queste voci ogni operatore deve aggiungere inoltre l’ammortamento degli investimenti, cioè il costo dell’installazione dei caricatori, e i costi operativi generali – entrambi costi fissi indipendenti dall’elettricità venduta.

E qui sta un secondo problema, il più grave, per la prima volta evidenziato da un dato ufficiale di fonte ARERA: gli agghiaccianti  numeri del tasso di utilizzo medio dell’infrastruttura di ricarica italiana (acronimo FUE): rispettivamente l’1,83 e l’1,73%.

Cosa significa? Significa che ogni cento ore le colonnine italiane erogano elettricità mediamente per meno di 2 ore. In un intero anno ogni colonnina è occupata meno di 175 ore su 8.760. Se preferite 7,2 giorni su 365, o un giorno e rotti ogni due mesi.

Quanta elettricità possono erogare e fatturare? Arrotondiamo il FUE per eccesso al 2% e proviamo a fare due conti, partendo dalla configurazione 1 con colonnine in corrente alternata. Sono quelle più lente, che solitamente erogano, a seconda dei modelli di auto,  fra 7,4 e 11 kW per ogni ora di occupazione. Addirittura 3 kWh le plug-in e 22 kWh i pochi modelli che accettano questa potenza, come Renault Zoe.

E le perdite sono garantite

Possiamo calcolare a spanne che la vendita media annuale di ciascuna può variare da un minimo di 525 kWh a un massimo di 3.850 kWh. In termini economici il fatturato annuo,  con un prezzo finale al consumatore di 0,60 euro a kWh, può andare da un minimo di 315 euro a una massimo di 2.310 euro.

Se di questi quasi la metà va nell’approvvigionamento elettrico e i rimanenti  0,32 euro devono coprire costi operativi di struttura e ammortamento, quando mai si ripagherà un investimento di almeno 5-6 mila euro per colonnina? Inevitabilmente resterà in perdita vita natural durante.

Cambiano leggermente le cifre (in peggio) per la configurazione 2, con colonnine che erogano più kWh ma costano almeno 4 volte di più; tuttavia il risultato economico non cambia di molto. Il fatturato medio non le porterà mai in attivo, anche con le attuali tariffe di ricarica, molto onerose per l’utente.

tariffe ricarica

Ricariche ad alta tensione: una tariffa di legge generalista che gonfia i costi per la fornitura elettrica

Lo scenario cambia invece analizzando le tre configurazioni a media tensione. A queste si applicano tariffe di legge non agevolate (MTAU l’acronimo). Sono tariffe destinate a servire carichi superiori a 100kW con connessione alla rete di media tensione, senza usi specifici (per esempio i macchinari industriali o l’illuminazione pubblica).

Queste tariffe sono state pensate per utilizzi continuativi e premiano i consumi più elevati. Perciò svantaggiano la ricarica pubblica  ad alta potenza, episodica e con bassi consumi totali. Il tasso di utilizzo FUE infatti scende ulteriormente fra l’1,69 e l’1,24%.

Aggiungiamo che qui si impennano anche gli investimenti in infrastruttura, con colonnine e installazioni che possono costare da 50 a 500 mila euro a singola stazione di ricarica. Infatti il divario fra i costi tariffari italiani e quelli spagnoli, tedeschi e francesi si amplia ulteriormente, come si vede dalle relative tabelle.

Rifacendo i calcoli spannometrici precedenti, ora abbiamo 85 ore di utilizzo all’anno: tre giorni e mezzo su 365, meno di una giornata a quadrimestre. E pur considerando che, con potenze da 250 kW in su, in 85 ore di occupazione una stazione di ricarica di questo tipo può erogare da 10 e 30 mila kWh, anche qui i conti non tornano.

Pur con tariffe di ricarica superiori a un euro a kWh, i ricavi non arriveranno mai a coprire i costi.

I compiti a casa per governo e imprese

Quindi? Siamo condannati a pagare in eterno la ricarica a peso d’oro? Siamo destinati a subire un inesorabile deterioramento della rete, via via che gli operatori si stancheranno di subire un  salasso economico per le gestione di un servizio in perdita? Qualsiasi miglioramento nella generazione elettrica, con più rinnovabili o il ritorno al nucleare, come pensa il governo, non si riverserà mai sulle tariffe di ricarica?

Pensiamo di no. Pensiamo infatti che ci siano i margini per invertire la tendenza.

Tariffe agevolate alle stazioni di ricarica

In primo luogo, i tassi di utilizzo delle colonnine saliranno come naturale conseguenza dell’aumento del circolante elettrico. Pur dopo due anni di stasi nelle immatricolazioni del nuovo, il numero di BEV in Italia è salito di quasi 100 mila unità.

In secondo luogo, essendo l’Italia tenuta a rispettare i target di decarbonizzazione europea, dovrà in un modo o nell’altro sostenere l’ecosistema elettrico. Per il quale, tra l’altro ha ricevuto e presto spenderà i miliardi del Pnrr.

Può e forse deve rivedere la struttura tariffaria per gli operatori, cancellando voci che nessun altro ha e poco c’entrano con la mobilità elettrica, vedi “oneri generali e altre componenti”. La prima occasione sarà a fine anno quando scadrà la proroga dell’attuale tariffa per la media potenza MTAU.

Introdurne una più adeguata al tipo di business potrà spazzar via uno dei fardelli della ricarica all’italiana. Minori incassi unitari potrebbero essere compensati da più alti consumi. Infine è auspicabile un riordino del settore che ricrei le condizioni per una vera concorrenza fra operatori.

Una rete che fa acqua: mettiamo ordine

Quelli storici hanno grandi responsabilità nell’incancrenirsi della situazione. Hanno investito alla garibaldina nei primi anni della rivoluzione elettrica, e ora hanno reti inaffidabili, inefficienti e mal posizionate. Causa prima di quel misero tasso di utilizzo delle stazioni di ricarica. Dati esatti non ne esistono, ma si stima che il FUE medio europeo sia compreso fra il 6 a il 10%. A quei livelli lo scenario cambia totalmente, e la redditività delle reti inizia ad essere sufficiente a garantire la sostenibilità dei bilanci.

Valga per tutti il caso dei Supercharger che anche in Italia possono permettersi tariffe di ricarica inferiori ai 50 centesimi per i proprietari di Tesla, e inferiori ai 60 centesimi per tutti gli altri.

tariffe ricarica
Tutti gli stalli occupati nella stazione Ionity di Bologna Borgo Panigale. Siamo a metà luglio 2024. Le tariffe di ricarica ad alta potenza partono da 0,50 euro.

Alcune stazioni di ricarica ben posizionate di altri operatori, del resto, hanno anch’esse erogazioni annuali enormemente superiori alla media. Per esempio la grande stazione Ionity alla periferia Nord di Bologna ritratta nella foto.

Una rete meglio concepita, più affidabile e con più protagonisti in competizione tra loro, vicini ai territori e agli utenti, potrebbe insomma trovare un nuovo equilibrio tra qualità del servizio e tariffe di ricarica umane.

– Iscriviti  alla nostra newsletter e al nostro canale YouTube

Apri commenti

41 COMMENTI

  1. Percorro 20000 km all’anno on una BEV. Caricando 10 volte l’anno in HPC (e il resto gratis o quasi) non è che mi cambi molto la vita in base al prezzo degli HPC stessi, però vedere certi aumenti (x2, x3…) mi fa male. Non dimentichiamo che al netto degli incentivi (e io ne ho presi in misure notevole) le BEV costano più delle loro analoghe ICE (e anche qui mica sempre, dipende dal segmento). E una delle motivazioni che mi spinse a comprare una BEV era che il costo chilometrico era comunque talmente favorevole da compensare qualunque altra considerazione. Oggi se uno fa bene i conti le forse cose non stanno più così. O danno una sterzata decisa o l’elettrico languirà in Italia…

  2. Intanto noto che l’argomento suscita un grande dibattito, segno che il dato economico resta il più sensibile quando si parla di mobilità, poi mi chiedo se solo io noto la contraddizione. Vaielettrico ha più volte ribadito che l’auto elettrica non è per tutti, ed in particolare per coloro che non hanno possibilità di ricarica domestica. E qui sorge il problema. Chi ha l’auto elettrica e la ricarica domestica sarà un utilizzatore marginale delle colonnine pubbliche, chi non ha la ricarica domestica sarà un utilizzatore marginale dell’auto elettrica. Come la mettiamo sarà sempre impossibile garantire un congruo utilizzo delle colonnine, per cui il costo per kW, già alto difficilmente scenderà, già tanto se resterà così, e il tutto non favorirà la diffusione dell’auto elettrica. Se a questo si aggiunge la distribuzione geografica delle colonnine, spesso in luoghi isolati e fuori dagli itinerari utilizzati, mi sembra il classico cane che si mangia la coda. Come uscirne?

  3. Se non ho capito male… “oneri generali e altri componenti” ci sono sono in Italia in pratica e solo per scelta politica. È sempre lì il problema, giusto?
    Sempre imho, poi nei costi industriali/ammortamento andrebbero tolti gli incentivi ricevuti per installare le colonnine, ma non mi pare si riesca a capire questo dato.

  4. Complimenti agli autori per l’ottimo rapporto e per i suggerimenti su come uscire dalla particolare situazione italiana e allinearsi agli altri paesi europei.
    E complimenti alla redazione per la chiarissima sintesi e capacità di comunicare una materia così specialistica e complessa.

  5. 2 numeri che butto lì.
    Sono stato recentemente in Slovenia ed Austria.
    Ricarica a 22kwh in Slovenia, media di 0,31€ /kWh
    In Austria, costi assurdamente alti >0,70 con record assoluto di 1,01€/kWh a Klagenfurt.
    Segnalo la modalità di acquisto in entrambi i Paesi:
    – 50 centesimi all’avvio
    – 0,01€ ogni minuto di connessione oltre le 3 ore (anche in erogazione, non a carica completa)

  6. Un ottimo articolo, elaborato ma anche lungo e complesso (come lo è la costruzione della tariffa finale al cliente che ricarica).
    Io credo che occorra scorporare il prezzo finale i 3 componenti principali:
    il PUN,
    i Costi Industriali,
    i Costi Fiscali.
    Fatto salvo il PUN, sul quale si può aprire una generale discussione sul mix energetico italiano e come sarebbe meglio sviluppare maggiormente le convenienti rinnovabili,
    i Costi Industriali possono essere più alti o bassi seguendo un principio di Competitività ed Efficienza sul quale vanno sicuramente fatte indagini ed in ogni caso l’ammortamento è, come fatto notare, molto dipendente dall’utilizzo (ovvero dalla quantità di energia venduta alla colonnina).
    I Costi Fiscali sono SOLO UNA SCELTA POLITICA, in quanto, fatto salvo il pareggio di Bilancio Annuale, imposto dai regolamenti europei, come il Governo gestisce le entrate e le uscite è solo POLITICA.
    Nel Paese da Sogno, ovvero la Norvegia, durante la mia vacanza del 2019, il concessionario KIA dove provai la primissima Niro EV (da noi in Italia non disponibile a suo tempo) mi disse che l’incentivo FISCALE consisteva nella eliminazione dell’IVA sull’acquisto (25%), oltre ad una serie di altre agevolazioni nell’uso.
    Due cose occorrono per sviluppare la mobilità elettrica: SCONTI FISCALI e GRANDE DIFFUSIONE.
    Concludo con una proposta ovvero un desiderata:
    noi possessori di BEV, Grandi Consumatori di elettricità, vorremmo potere pagare la corrente elettrica lo stesso prezzo che paghiamo per la fornitura di casa !
    Una sorta di “Roaming a Prescindere”, prescindendo appunto da quale punto preleviamo l’energia elettrica.
    Per le Connessioni Dati Mobili (internet con lo smartphone), è in sostanza già così a livello europeo: la quantità di dati disponibili all’estero è una frazione di quelli del piano tariffario domestico, ma potremmo fare una similitudine con le vacanze: in generale il consumo energetico di una BEV in vacanza è una frazione del consumo annuale.
    Una tariffazione simile agevolerebbe moltissimo i clienti delle BEV e spingerebbe moltissimi a comprarle in sostituzione delle ICE, aumentando i Consumi Elettrici e riducendo poi il prezzo per via di un maggior utilizzo delle colonnine ed una riduzione dei costi di scala.
    OCCORRONO SCELTE POLITICHE !
    MassimoDM

  7. Sapevano dall’inizio che gli investimenti per la creazione da 0 di una rete di ricarica sarebbero stati elevati e avrebbero comportato un periodo iniziale di bassa occupazione. La vera diffusione delle BEV è iniziata praticamente dal 2020-2021 con i primi incentivi importanti. Siamo ancora agli albori di una nuova epoca e pensare di andare da subito in attivo è dannoso perché rischia di soffocare sul nascere un mercato che si sta ancora sviluppando, rendendo di fatto vano tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi

  8. E poi sinceramente posso dire:

    nel 2019 pagavo 0.09 cent al kw + iva;

    nel 2024 pago 0.15 + iva (e sono tra quelli che pagano meno);

    Gli impianti FV (anche privati) sono aumentati e quindi mi sarei aspettato un calo rispetto al 2019,

    e invece mi sa che qualcuno fa il furbo.

    • A cosa serve spiegare come è costruita la tariffa di ricarica pubblica, se poi dobbiamo leggere interventi così?

  9. In buona sintesi oggi siamo al momento peggiore per la ricarica delle BEV. In futuro non potrà che migliorare. Perché anche poco per quanto vogliamo 70/80.000 BEV/anno si venderanno in 10/12 anni arriveremo ad 1mln di BEV.
    I supercharger continueranno ad aumentare e potranno fare sempre tariffe convenienti visto il loro tasso di occupazione.

    Se gli altri operatori non ingraneranno ad un certo punto lasceranno stare e venderanno l’infrastruttura. Nessuno resta 10 anni in perdita e con nessuna prospettiva di guadagno.
    Perché altra cosa certa, fin tanto che queste sono le tariffe alle colonnine pubbliche tutti o quasi (Tesla a parte) caricheremo a casa (o ai SUC). E gli altri operatori non rientreranno mai dei soldi spesi in infrastruttura.

    Quindi alla fine o si punterà a far arrivare il pubblico a caricare o molleranno le infrastrutture ad altri operatori esteri magari.

    Comunque credo che il mercato BEV, decollerà anche qui non appena arriveranno auto BEV più economiche. E poi sarà una corsa a chi sconta per accaparrarsi gli utenti.

    • Su questo sito può leggere decine di racconti di viaggi in elettrico da molto più di 1.000 km. E le risparmio il mio tra il 15 luglio e il 1° agosto. Decida lei cos’è l’obiettività e cosa il fanatismo.

      • Non comprendo l’attinenza con quello che ho scritto io.
        Ma non ho mai messo in dubbio che esistano viaggi di 1000 Km.
        E quindi? Con la 308HDi ho fatto 1070 Km in 10,5h, 5,5lX100 Km, diesel pagato 1,75€/L sono 9,65€X100 Km.

        La mia MG4 fa in autostrada 22KWhX100 Km nelle prove, per pareggiare dovrei pagare la corrente 43cent a KWh. IN AUTOSTRADA? Dico solo che l’ultima HPC che ho visto era fra Bari e Taranto. Da lì in poi uscendo dall’autostrada lungo la 106 non ne ho vista nessuna sulla APP electoverse.

        Per ora non conviene, almeno o a me. Ma sono sicuro che col tempo la situazione migliorerà.

          • Se viaggia parecchio, meglio l’abbonamento Drive Higway di Elli. Costo mensile 14,99 euro. Poi: 0,57 sulle reti Ionity ed Ewiva, entrambe abbastanza capillari; su tutte le altre, comresa Free to X in autostrada, 0,61 in AC e 0,76 in DC. Interoperabile in tutta Europa con tariffe molto migliori in Francia, Paesi baltici, Spagna

  10. A mio modesto avviso il problema è sempre quello: per uscire dalla spirale ci deve essere una volontà politica ben diversa da quella che ha partorito e gestito gli ultimi incentivi auto. C’erano i fondi necessari perché fosse un grande successo per la diffusione di auto a 0 o bassissime emissioni aumentando di conseguenza l’uso delle colonnine e invece si è incentivato soprattutto il termico ibrido e non solo … Questi sono errori (o forse azioni premeditate, chissà) che causano danni in un tremendo effetto domino, come poi si vede da queste situazioni.

  11. Per me mancano 10-20 punti percentuali di rinnovabili sull’energia elettrica prodotta ,
    divario che si allarga di anno in anno con gli altri paesi dell’area mediterranea ..
    tutto qui .
    ma purtroppo :
    no geotermico
    no eolico
    no fofotovoltaico
    no accumuli

    ci condannano al tafazzismo estremo con mazza chiodata

    la burocrazia dovrebbe obbligare parcheggi fotovoltaici come in francia
    e semplificare , pensilina fotovoltaica colonnina di ricarica e magari accumulo
    devono essere INDISSOLUBILI nei nuovi impianti

    my 2 cent di logica spicciola

  12. PS. le tabella uniscono in una unica voce [oneri generali] e [altre componenti]

    [oneri generali] non sono cosi alti, forse a pesare sono le [altre componenti]

    in pratica sarebbe l’equivalente di quello che nelle bollette domestiche e’ sotto alla voce
    [spese contatore/potenza impegnata]

    poi resta che da noi sono tariffate alte

    ——————————————-
    poi nella struttura dei prezzi italiani c e’ un-altra partocolarita’ anche dentro alla componente energia, anche nelle bottette domestiche

    su 14-15 cents della componente energia,
    9-10 cents sono PUN,
    1 e 1 sono perdite di rete e dispacciamento,
    e 3 censt… sono i costi di commercializzazione, un po’ altina come quota, immagino sia il costo di gestione della borsa energia, dei commerciali e etcmici che gestiscono la quotazione dei prezzi all ingrosso

    • Il dettaglio degli “oneri generali e altri componenti” è specificato nel testo dell’articolo. Si tratta della copertura di vecchi incentivi, e sussidi vari legati all’energia. Spese contatore e potenza impegnata sono voci della tariffa domestica. Qui si chiamano, trasmissione, distribuzione e misurazione e sono raggruppati sotto il termine “oneri di sistema”. Sono presenti in tutti i Paesi.

      • allora lasciando le definizioni un po’ ambigue in bolletta, si potrebbe dirla diversamente, cioe’ guardando la parte bassa delle tabelle

        in Italia la quota di costo proporzionale alla potenza, soprattutto per le colonnne, e’ esageratamente cara rispetto alla quota proprzionale ai consumi di energia

        da noi la fornitura del servizio viene fatto pagare molto piu’ del consumo effettivo, simo inefficenti a livello commerciale ancora piu’ che a livello energetico

  13. Sinceramente fino a quando il costo della ricarica è così alto faccio attenzione a caricare fuori casa il meno possibile. Piuttosto che pagare 40kWh 36euro spesso anche su lunghe percorrenze preferisco flixbus/treno se ci sono offerte (risparmiando notevolmente anche sull’autostrada). Visto il FUE immagino di non essere da solo.

    Se la ricarica pubblica costasse meno di quella domestica sicuramente la utilizzerei di più.

    Aggiungo che se il costo di gestione, gli oneri aggiuntivi e i termini potenza alle stelle li abbiamo praticamente solo noi, mi viene da dire che dunque si potrebbe fare anche senza. Questo anche alla luce della transizione ecologica che sta portando le abitazioni private ad adottare pompe di calore, induzione, colonnine di ricarica, etc… non si può pensare che la fornitura di default sia ancora 3kW.

  14. Alla fine è come si è sempre sostenuto, solo l’elettrificazione di massa potrà far abbassare i prezzi ma, a questi prezzi non si vendono auto e pertanto non si ricaricano, considerato anche che i pochi che acquistano in massima parte ricaricano a casa.
    Innanzitutto si deve intervenire sulle quote delle case, devono devono devono vendere auto elettriche.
    Poi di conseguenza o di imperio dovranno calare i prezzi alle colonnine… ecco che le colonnine a bassa potenza e diffuse nelle città costeranno poco e potranno avvantaggiarsi di buone % percentuali di utilizzo.
    Senza dimenticare fast e superfast lungo le direttrici veloci.
    Ma se non c’è la volontà e non si smette in fretta con la campagna mediatica contro le EV non ne usciremo mai.

  15. Cosa sarebbero gli oneri generali e altri componenti? Nel grafico un’azienda come Enel guadagna su tutte le voci tranne le tasse. Non serve un genio per capire che se metti prezzi folli non viene nessuno a caricare.

    • Enel non guadagna sugli oneri per la trasmissione e il dispacciamento, che vanno a Terna, e nemmeno su quelli generali e altri componenti che finiscono allo Stato. Non serve un genio a scoprirlo, basta informarsi.

  16. Se ho capito correttamente, per le colonnine italiane:
    “oneri di sistema” e “oneri generali” hanno l’anomalia principale di avere una tariffazione con forte componte fissa e piccola componente proporzionale ai consumi

    PS: usando i comparatori per le tariffe domestiche, 2400 Kwh annui, 4,5 kw potenza impegnata:

    italia 28 cents
    francia 26,5 cents
    spagna 22 cents tariffa a prezzo orario fisso, oppure meno usando il loro sistema che permette di fattuare ora per ora seguendo il costo variabile orario (evitando di avere alti consumi al picco dell’ora di cena)

    • Certamente: anche l’introduzione di una variabile oraria potrebbe contribuire al riordino delle tariffe.

  17. Ok, sarà tutto vero, resta il fatto che tesla ha una rete incredibolmente efficiente, supeaffidabile e con i costi più bassi di tutti…io ho tesla e me ne impipo…ma qualcosa non torna. Io pago ai supercharger caricando fino a 250kw anche solo 42 cent. Arrivo attacco e carico.
    Come fa tesla? Ci rimette? Conoscendo Mask non credo proprio…e hanno un tasso di utilzzo altissimo

    • Non ha letto l’articolo, evidentemente. Spiega proprio come Tesla riesca a praticare quelle tariffe anche in Italia

  18. articolo chiaro solo un paio di riflessioni, li si parla di un aimento di 100000 auto … si ma in 2 anni, stiamo parlando di circa il 3% del nuovo immatricolato, per aumentare significativamente l’utilizzo delle colonnine che attualmente è sotto il 2% dovrebbe quantomeno decuplicare o forse più
    https://www.autoelettrica101.it/statistiche.php
    seconda cosa riguardo agli oneri generali, la voce forse maggiore sono i costi per i soldi dati a chi immette energia in rete da fotovoltaico e alla dismissione del nucleare (derivato dal famoso referendum) ..la vedo dura che lo maggiotanza si accolli questi oneri nella fiscalità generale quando già ora non ne ha per soddisfare gran parte delle promesse elettorali, a suo tempo fatte, che gli hanno consentito di andare al governo, forse in futuro se e quando l’economia dovesse ripartire veramente ma alla data non vedo nulla di simile all’orizzonte.

    • Il grosso dei ricavi per questi “oneri generali” deriva dal complesso delle utenze elettriche, su cui quelle per la ricarica incidono in proporzione infinitesimale. Abolirli per qualche anno non provocherà grandi ammanchi di gettito. E quando la quota circolante di auto elettriche sarà a due cifre, potranno essere progressivamente reinseriti, più bassi ma su volumi molto maggiori. Quel giorno, un tasso di utilizzo delle colonnine vicino alla media europea permetterà agli operatori di coprire i costi fissi, abbassare le tariffe finali pur recuperando redditività, come succede negli altri grandi Paesi.

      • siamo sempre li occorre volontà politica e a oggi sia a politica che confindustria non remano certo quella direzione e le scelte industriali di Tavares di certo non aiutano.

    • il contributo per la dismissione delle centrali nucl. lo avremmo avuto anche senza referendum, le centrali eravo già vecchiotte tranne una che lo sarebbe diventata nel frattempo; la dismissione è un costo innato delle centrali, ccosi come la gestone delel scorie; il contributo per la dismissione è meno visibile dal 2023,
      perchè è stato tolto dalla bolletta e spostato sulla fiscalità generale

      gli oneri generali relativi alle rinnovabili una volta avevo fatto un conto e mi pare (?) pesano per 1,3 cents sui 28 cents del kwh domestico; il conto sale un po’ aggiungendo tutti gli oneri generali

      è anomalo che pesino così tanto sui contrattti per le colonnine, avendo una grossa componente di costo in quota fissa rispetto alla quota proporzionale ai consumi

      ma ad aprile del 2023, quando le colonnine costavano poco, la struttura dei contratti per la fornitura di corrente alle colonnine era la stessa di oggi?

      • Era la stessa. Ma i big della ricarica seguivano ancora le direttive dell’ex padrone (il precedente governo) che considerava le loro perdite alla stregua di un incentivo pubblico per lo sviluppo della mobilità elettrica. Tutto sommato sopportabile per colossi di Stato come Enel ed Eni, con ricavi e utili stratosferici in altri business. Oggi la linea è drasticamente cambiata. Inoltre tutte le previsioni concordavano su una crescita più rapida della quota elettrica sul nuovo immatricolato.

  19. Appurate le cause delle alte tariffe alle colonnine, torniamo al punto di partenza.
    Se le BEV non si vendono e non si diffondono, il prezzo di ricarica agli stalli non scenderà.
    Se il prezzo di ricarica agli stalli non scende, le BEV continueranno a prendere polvere negli autosaloni.
    Tutto sta a vedere chi vorrà fare il primo passo per rompere il circuito vizioso.
    Al momento, mi pare che quelli più farmi sulla loro linea del Piave siano i costruttori, che non abbassano i prezzi perché sono interessati a “stravendere” i loro prodotti, puntando agli incentivi di Stato.
    Paradossalmente, continuare a piangere col cappello in mano davanti al MEF per ricevere gli oboli di Stato non favorirà la transizione.

  20. Ancora una volta si mette in luce l’incompetenza assoluta a essere benevoli, oppure l’avversione malevola del governo alla transizione energetica. in pieno stile feudatario e reazionario !

Rispondi