Stellantis, Filosa è il nuovo ad: ma sono tornati a comandare gli italiani di Fiat?

Antonio Filosa, dopo una lunga carriera interna al gruppo Fiat e poi Fca, è il nuovo amministratore delegato di Stellantis. Come anticipato, ha prevalso la scelta interna, ma ancora di più “italiana”: dopo il ceo portoghese Carlos Tavares scelto dai soci francesi (era stato a capo di Peugeot), Filosa si affianca a John Elkann che continuerà a mantenere deleghe esecutive. 

Una cosa è certa. Non si può dire che gli italiani non contino all’interno del gruppo Stellantis. Oppure che è stata Parigi, come avvenuto in passato, a guidare le scelte dei vertici dell’azienda (ricordiamo sempre che l’Eliseo detiene una quota minoritaria del capitale azionario). E non solo perché della scelta si è occupato direttamente John Elkann che da presidente con deleghe ha di fatto gestito l’azienda dopo le dimissioni di Tavares.

A prevalere sembra essere la scuola “Marchionne”, che ha formato una serie di manager dalle cui file è uscito anche Filosa. Ma non solo lui, come vedremo, perché altri dirigenti ex Fiat come Luca de Meo e Federico Altavilla sono al centro della scena automotive. E questo porta a una domanda inevitabile: due italiani ai vertici di Stellantis è un fatto che va letto in modo positivo per il futuro dell’industria dell’auto italiana?

Stellantis, con Filosa ed Elkann presidente con deleghe operative il socio italiano sembra più forte

Come anticipato nelle scorse settimane, la scelta del nuovo capo azienda è ricaduta su Antonio Filosa, 53enne originario di Castellamare di Stabia, studi a Milano e poi una lunga carriera in Sud America, Brasile e Argentina. Come si dice, uno che ha scalato tutta la filiera, dagli stabilimenti alla commercializzazione dei marchi. Con l’avvento di Fca, Marchionne gli ha affidato lo sviluppo di tutti i marchi. Esperienza che gli serve quando Tavares lo chiama negli Usa per rilanciare Jeep.

In altre parole, uno che conosce l’azienda dal di dentro e che dovrebbe trovare un linguaggio comune con il fronte sindacale. Nelle sue prime dichiarazioni ha ricordato di aver “iniziato come supervisore della qualità nel reparto verniciatura di uno stabilimento in Spagna, dove lavoravo di notte“. Gli servirà, visto quello che lo aspetta: transizione, sfida sull’elettrico, crisi del mercato europeo, disaffezione dei giovani verso l’auto di proprietà. Ma dovrà anche in breve risollevare i conti del gruppo. L’anno scorso i ricavi dell’azienda sono calati del 17% a 156,9 miliardi e i profitti sono scesi del 70% a 5,5 miliardi.

Per concludere con il quadro geopolitico. L’introduzione di dazi da parte del presidente Donald Trump, ha portato Stellantis a sospendere ogni previsione negli Usa, nonostante abbia annunciato un piano da 5 miliardi. Potrà contare sull’aiuto arrivato dall’Europa. Ieri è stato ratificato in via definitiva il rinvio di tre anni delle multe per le case automobilistiche. Nel caso non riescano ad abbassare le emissioni inquinanti del parco auto complessivo, i conti si faranno nel 2027.

Stellantis, Filosa e il nuovo piano per l’Italia

Scendendo nel tecnico, i problemi non mancano. In Europa dovrà fare chiarezza sui troppi modelli di marchi diversi che finiscono per cannibalizzarsi e trovare un giusto equilibrio tra qualità e prezzo. Soprattutto con l’avvento delle case automobilistiche cinesi che – aiutati o meno dal governo di Pechino – riescono a essere oltremodo competitivi.

Il responsabile del mercato Europeo, Jean Philippe Imparato l’ha spiegato a Verona, durante un incontro all’Automotive Dealer Day. Stellantis ha bisogno di tempo, fare una transizione attraverso ibrido e plug in per rivedere le linee e lanciare i nuovi modelli elettrici. Molte di queste revisioni passano anche attraverso gli stabilimenti italiani, dove si producono la Jeep Compass (a Melfi). Ma soprattutto la nuova Alfa Romeo Stelvio e, successivamente, la Giulia a Cassino.

Sempre a Verona, Imparato aveva dichiarato: “Non rinunciamo a supportare l’Italia, le prime 500 ibride sono uscite da Mirafiori in questi giorni, abbiamo destinato due piattaforme, rispettivamente a Pomigliano, dove facciamo anche la Pandina, e a Melfi“. Impegno è confermato anche “per lo sviluppo sulla parte motori e sulla produzione di veicoli commerciali ad Atessa». Vedremo cosa accadrà, perché a breve ci sarà l’aggiornamento del piano per l’Italia che verrà presentato al governo. Che prevede anche il rilancio di Maserati, visto che al momento sono state smentite le indiscrezioni sulla possibile vendita del marchio.

Quei manager di Marchionne: Filosa, De Meo e Altavilla

In realtà, il discorso di potrebbe allargare. Perché ci sono anche altri manager del mondo Fiat/Fca che in questo momento sono protagonisti del settore automotive in Europa. E’ il caso di Luca de Meo, che sta guidando il rilancio del gruppo Renault dopo le disavventure in cui è “inciampato” Carlos Ghosn. In Fiat sotto Marchionne è stato alla guida di Lancia, poi ceo di Fiat e di Alfa Romeo e responsabile marketing. Ma anche di Alfredo Altavilla che dopo una carriera in Fiat ha guidato il mercato in Asia del gruppo e con Marchionne ha seguito la fusione con General Motors per poi diventare vicepresidente esecutivo di Fiat. Mentre ora è consulente speciale dl colosso cinese BYD per il mercato Europeo.

Visualizza commenti (5)
  1. Non illudiamoci che l’avere un AD italiano riporti la produzione in Italia Le regole, le tasse, la burocrazia, giustizia lenta e ideologizzata, servizi pubblici inefficienti e tanti altri motivi, tengono gli investimenti lontani dall’italia e non sarà certo la nomina di un AD italiano a convincere Stellantis ad investire in Italia.

  2. L’amministratore delegato fa gli interessi dei principali azionisti che siedono al CDA. Ossia Elkann e il governo francese. Il fatto che questo nuovo AD sia Italiano non significa per forza che prenderà decisioni favorevoli all’industria auto italiana! Sembra più che altro una mossa mediatica da “contentino” per far sembrare che l’Italia conti ancora qualcosa per Stellantis.

  3. Spero che capiscano che il modello di comprare componenti fuori, sperare che parlino tra di loro e di fare da “assemblatore” non funziona. Bisogna fare le cose in-house per motori, inverter, batteria.
    Il fiore all’occhiello dovrebbe essere la piccola elettrica e-C3 che invece si è rivelata un disastro con il software buggato. La recente prova di Bjorn Nyland che il veicolo non si muoveva più è un esempio.

  4. Personalmente sono contento che abbia prevalso l’ing. Filosa tra le possibile nomine a CEO Stellantis, considerando che i soci francesi avevano i loro candidati preferiti; forse ha prevalso la “linea aziendalista” di un tecnico cresciuto per 25 anni sempre all’interno del gruppo, occupandosi tra l’altro di rami esteri (americhe) e già posizionato in Michigan, in pieno contatto con il difficile mercato USA (ove la linea Tavarez ha fatto disastri, mettendo in crisi i rapporti sia coi sindacati americani UAW che con i dealers).
    Marchionne ha cresciuto ottimi dirigenti; se avesse avuto più tempo forse avremmo visto qualcosa di più anche in campo “auto elettriche”: ricordo una sua dichiarazione che riassumo così: “al momento non possiamo impegnarci a studiare l’auto elettrica; quando il mercato le chiederà, faremo accordi con chi ha già buone tecnologie..” e all’epoca pensai che avrebbe finito per accordarsi con E. Musk, visto che già all’epoca avevano fornito salvifiche consulenze a Tesla sulla corretta implementazione dei robot nei processi produttivi (COMAU docet ! ) e poi erano tra i primi ad “acquisire crediti” sulle emissioni.
    Filosa non potrà permettersi di fare granché data la situazione attuale… cercherà di razionalizzare al massimo le produzioni su ogni mercato, fornendo prodotti in base a quanto richiesto e venduto (SUV & PickUp in USA in particolare), mini SUV in centro america & EMEA (magari ibridati con le ultime tecnologie… ma BEV solo q.b. per centrare le medie emissioni sui prossimi tre anni. Molto difficile il confronto con l’arrembaggio dei cinesi che stanno mettendo molte fabbriche “a casa nostra” (ma anche in Brasile, ove BYD già deve difendersi da accuse pesanti per aver ricorso a ditte in sub-appalto che ricorrono a pratiche illegali con la manodopera impegnata a costruire i nuovi stabilimenti). Le aziende cinesi hanno comunque un enorme serbatoio di modelli aggiornati velocemente alle richieste del mercato (forti di un mercato con miliardi di potenziali clienti interni a sostenere le linee produzione di maggior successo); i margini commerciali sono grandi già adesso ma stanno investendo tantissimo in automazione quasi totale delle produzioni (con robot & IA … facendo già scontrare il governo di Pechino con pesantissime ricadute sociali a breve).

    Mi auguro che il campano Filosa sia benevolo nei confronti degli stabilimenti italiani, portando a far funzionare un “piano Italia” che sia efficace per risollevare le vendite almeno nei mercati storici; in medio periodo magari sostenere un accordo con altri costruttori (De Meo per Renault Group, magari accordi tramite Altavilla con BYD Europe) per costruire assieme vetture sempre più economiche ma avanzate nella tecnologia e a impatto Quasi zero sull’ambiente e la salute… (volendo sognare un po’, magari anche acquisendo tecnologia Tesla per fare un bel salto avanti, visto che pure loro stan cominciando ad aver bisogno di aiuti per resistere.. anche in Cina son messi male nonostante gli stabilimenti locali).

  5. A occhio, Filosa non farà nulla contro Elkann. Che secondo me è il vero problema di Stellantis: prodotti pessimi ma grandi margini da distribuire ai dirigenti. Ormai è talmente grande da essere “too big to fail” e con la grande liquidità di cassa potrá acquisire altre marche prossime al fallimento, tipo Nissan, e perseverare nella propria politica di spremere il mercato e i governi senza investire un soldo dei suoi.

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