Spagna, cosa ci insegna il disaccoppiamento gas-elettricità

spagna gas

In soli cinque anni la Spagna ha ridotto del 75% l’influenza del gas sul prezzo all’ingrosso dell’elettricità, grazie a una crescita rapidissima di eolico e fotovoltaico e al disaccoppiamento dei due prezzi. E oggi ha la bolletta elettrica meno cara d’Europa, dopo la Francia. Tuttavia è a forte rischio di blackout.

Secondo una nuova analisi del think tank energetico Ember, Madrid è oggi tra i mercati elettrici più economici d’Europa, dopo aver “rotto il legame rovinoso” tra prezzo dell’energia e volatilità del gas, come ha spiegato il senior analyst Chris Rosslowe.

Dal gas all’eolico: una trasformazione in cinque anni

Nel primo semestre del 2025, solo nel 19% delle ore il prezzo dell’elettricità in Spagna è stato determinato da centrali a gas o carbone: un record tra i cinque Paesi europei con le maggiori flotte termoelettriche. In media, il prezzo all’ingrosso spagnolo è risultato inferiore del 32% rispetto alla media UE, un ribaltamento totale rispetto al 2019, quando il gas dettava i prezzi per tre quarti del tempo.

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La chiave è stata l’espansione delle energie rinnovabili, che hanno coperto il 46% della domanda elettrica nella prima metà del 2025, rispetto al 27% nello stesso periodo del 2019. Le centrali fossili, al contrario, hanno pesato solo per il 20%, ben meno che in Germania (41%) e in Italia (43%). Un progresso che conferma il ruolo pionieristico della Spagna nella transizione elettrica europea.

Il rovescio della medaglia: la stabilità della rete

Tuttavia, la corsa alle rinnovabili ha messo in luce nuove sfide. Dopo il blackout iberico dell’aprile 2025, Madrid ha dovuto raddoppiare l’uso del gas per la stabilizzazione della rete, con costi elevati. Nel mese di maggio, il gas ha inciso per il 57% sul prezzo finale dell’elettricità, contro il 14% dello stesso periodo del 2024.

Black out in Spagna: rinnovabili assolte, accuse a gestore rete e utility

In parallelo, è triplicata la quantità di energia rinnovabile tagliata dalla rete (curtailment) perchè in eccesso, passata dall’1,8% al 7,2% tra maggio e luglio 2025. Ember avverte che la Spagna rischia di ricadere in una dipendenza costosa dal gas se non investirà in batterie, interconnessioni e sistemi di flessibilità pulita.

Una lezione per l’Europa: investire in flessibilità

L’esperienza spagnola offre un esempio concreto di come la penetrazione massiccia di eolico e fotovoltaico possa abbattere i costi dell’elettricità. Tuttavia, evidenzia anche l’importanza di una rete in grado di gestire la variabilità della produzione rinnovabile. Per Paesi come l’Italia, ancora legati al gas per oltre il 40% della domanda, il caso spagnolo dimostra che decarbonizzare i prezzi è possibile, ma richiede investimenti strutturali nella flessibilità del sistema.

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Dopo aver quasi azzerato le importazioni di gas russo tramite gasdotti, l’Europa è oggi fortemente dipendente dalle importazioni  via nave di gas naturale liquefatto (LNG), americano in particolare, più costoso e fortemente soggetto alla competizione globale. Contestualmente la capacità produttiva nei giacimenti del Nord Europa è in lieve calo. Si stima perciò che i prezzi aumenteranno ancora. Il Rapporto IEA segnala che i fondamentali del mercato risultano più tesi e che i prezzi hub europei stanno operando in media +40 % rispetto ai livelli del primo semestre 2024, E il blog della Banca Mondiale prevede che i prezzi europei aumenteranno ancora del 6% nel 2025; poi resteranno più stabili nel 2026 attorno ai 36-37 euro a MWh, ma con maggiori rischi al rialzo rispetto al ribasso. Affrancarsi dal gas è sempre più urgente.

LEGGI anche “Elettricità pulita e a buon mercato? SENEC: anche l’Italia può farcela” e guarda il VIDEO

Visualizza commenti (12)
  1. Daniele Sacilotto

    Domanda per i più tecnici: per stabilizzare la rete non basterebbe incentivare fortemente l’installazione di batterie di accumulo domestico di piccola taglia? Magari connesse alla rete che decide quando ricaricarle, ovvero nei picchi di produzione, a prezzi vantaggiosi. Anche chi vive in appartamento trarrebbe vantaggio da una batteria se pagata il giusto. Milioni di batterie da 7/8 kWh nelle case degli italiani darebbero più stabilità alla rete

    1. al momento le batterie di rete BESS sono indispensabili perchè più controllabili a distanza dal gestore (o direttamente dal produttore di energia) e hanno già inverter e software che offrono più funzioni evolute utili alla rete, non fanno solo “arbitraggio” (spostamento nel tempo dell’energia, ricavando valore sul differenziale di prezzo), ma anche vari servizi ancillari di regolazione fine, che in questa fase della crescita della rete e delle rinnovabilli, sono i servizi megli pagati

      ma ogni tipo di accumulo aiuterà, compresi quelli domestici che abbattono i picchi di richiesta nelle ore di punta, e abbiamo letto qui sul blog che all’estero hanno già iniziato ad associarli con sofware di controllo remoto evoluti (Tesla, Octopus e simili) per raggrupparli in BESS virtuali

      ai prezzi attuali in discesa, in casa forse tra qualche anno saranno comuni tagli da 10-15-20 kwh, e/o BEV con sistema di carica bidiredizionale;
      con le modalità di incentivazione per me c’è da stare attenti a calibrare il giusto.. se molti installatori chiedono spesso tuttora in italia prezzi fuori dal mondo per aggiungere un accumulo, lo dobbiamo al super-incentivo di qualche anno fa

      farebbe gioco forse rendere la normativa più semplice (in italia invece mi pare si fa quasi apposta a lasciarle ambigue e complicate; leggevo che riscrivere leggi e normative in modo chiaro varrebbe qualcosa come avere decine di miliardi all’anno in più di PIL nazionale);
      per gli accumuli in casa gioveranno anche le nuove batterie (LPF evolute con le norme di sicurezza cinesi aggiornate al 2025, oppure al sodio, oppure a stato solido, etc) con cui si vorrebbe arrivare a rischio incendio 0

      al momento chi non ha spazio in garage o locali accessori per mettere gli accumuli in spazi ventilati e adatti, le può mettere anche direttamente in casa, non ingombrano granchè, ma ha un (bassissimo) rischio incendio; secondo le statistiche rischio minore rispetto ad avere in casa fornelli a gas e/o caldaia, però non è ancora uno 0 esatto, in Germania mi pare ci siano alcuni casi all’anno di incendi domestici, anche se di solito su accumuli di vecchia generazione (o vecchissima, tipo i primi LG con celle NCM)

      1. Io credo che per capire dove può arrivare l’innovazione, soprattutto quella che riguarda la nostra quotidianità, dovremmo paradossalmente guardare al passato, e in particolare alle paura che hanno suscitato le grandi transizioni.
        Un esempio è quello che si pensava dell’automobile in un mondo che era basato su cavalli e carrozze, un altro è l’introduzione di massa delle caldaie a gas con tutti i primi casi di esplosioni e asfissie che costrinsero i governi di allora a emettere leggi e normative tecniche per regolamentarne l’uso.
        Cosa voglio dire: un accumulo in ogni casa diventerà a mio parere una normalità così come lo era avere una caldaia a gas fino a qualche anno fa: si tratta di un impianto non banale, da far installare a chi ha le competenze e soggetto a verifiche periodiche, ma alla fine è un qualcosa che diventa parte integrante di qualsiasi abitazione.
        Inoltre una batteria permette alle milioni di abitazioni fisicamente non abilitate all’installazione di un FV di partecipare anch’esse alla transizione energetica, approfittando delle tariffe variabili che necessariamente diventeranno di uso comune e aggregandosi per fornire servizi alla rete.
        Non mi sembra un futuro così lontano ed è uno dei principali campi in cui l’AI può dare il meglio di sè, gestendo la complessità di sistemi diffusi e migliorandosi giorno dopo giorni.
        Molto interessante è anche la nascita di soggetti economici “aggregatori” che non detengono l’asset ma ne gestiscono l’uso, appunto gli Octopus e Tesla citati da R.S: questo apre scenari rivoluzionari in cui un soggetto del genere può potenzialmente partecipare ad aste tipo il MACSE, e/o vendere servizi sui mercati energetici senza i problemi autorizzativi, costruttivi e finanziari di un BESS, e al contempo massimizzare l’utilizzo delle batterie domestiche estraendono tutto il valore.
        D’altronde 10 kWh moltiplicati anche solo per 20 milioni (su 35) di case in Italia sono 200 GWh, da confrontare con i 50 GWh di accumuli stimati al 2030 in Italia.

        1. ho riguardato on-line: accumulo domestico 30 KWh su ruote, non di marca famosa, spedito da magazzino europeo, è sceso a 2600 euro compresa spedizione.. 85 euro a Kwh.. penso tempo un annetto e anche quelli più rifiniti (divisi in moduli per poterli sollevare più facilmente, ora sui 150-300 euro al KWh) avranno prezzi abbordabili

  2. Non entro nei discorsi tecnici, mi chiedo invece se in Italia ci sia o no di andare verso il disaccoppiamento.
    Perchè non ho per niente questa impressione.

    1. se con una bacchetta magica potessimo obbligare il nostro governo “Eni” a riscrivere in una forma non sabotante la lista di decreti malevoli emessi nel 2024 e già ora oggetto di contese giudiziarie, e magari anche a sveltire le autorizzazioni, un disaccopiamento di fatto lo faremmo in un paio di anni, installando più di 15 GW all’anno in rinnovabili dai tanti progetti già in coda, giusto il tempo di installare e avere la connessione alla rete

      mentre modifiche ai meccanismi di formazione prezzo di borsa energia e/o di tassazione potrebbero dare cali di prezzo elettricità (e qualcosa anche sul gas) già nei prossimi mesi

      comunque di solito da inizio ottobre, quando “entra” più produzione eolica, e la fotovoltaica non è ancora ai minimi invernali, il Pun italiano cala e respira un po’

  3. Marco Andrea

    Chiedo per curiosità…
    Ma una stabilizzazione della rete, oltre che con i famosi mega BESS, non si potrebbe attuare nel nostro bel paese ricorrendo ai numerosi bacini idroelettrici sparsi su tutta la dorsale italica?

    1. Certo, ma fino a qualche tempo fa c’erano dei problemi con le concessioni delle dighe, ergo nessun azienda, che non è certa che entro qualche anno la diga resterà ancora a lei, farà mai i lavori se prima non si faranno nuove concessioni.
      Deve essere il governo a muoversi, lo stesso governo che non gliene frega assolutamente nulla di inquinare meno e continuare a gas e carbone e non fa nulla se non gli viene obbligato dall’Europa, non sia mai prendersi qualche responsabilità…

    2. Fra l’altro i bacini idroelettrici da pompaggio, oltre ad avere costo nullo, perché già esistenti, potrebbero aiutare per gli stoccaggi di medio termine, settimanali, mensili, che, al momento, in Europa, sono quelli più critici, soprattutto in autunno ed in inverno.
      È un delitto non utilizzarli!

    3. ci sono i grandi bacini idroelettrici, che sono una sorta di accumulo, e che effettivamente vengono usati durante la giornata per modulare per fascia oraria la potenza idrolettrica

      poi abbiamo anche 53 GWh di “accumuli puri” P.I. cioè a pompaggio idroelettrico, anzi 60-70 GWh contando anche progetti nuovi già in fase di autorizzazione al sud italia.. sono quantitativi importanti

      al momento però pare siano sotto utilizzati (es. 20% del loro potenziale) se ho capito per vari motivi:

      – conflitto di interesse, quelli storici sono in gestione a grossi enti (Enel e altri), anche se formalmente resi disponibili a Terna; enti che gestiscono anche le centrali a gas, e usando le centrali fanno margini e speculazioni più alti..mancanza di concorrenza e trasparenza

      – il costo di funzionamento dei pompaggi idroelettrici non è alto ma forse nemmeno basso come forse si riesce con gli ultimissimi bess; già per il fatto che l’efficenza dei P.I. è 75% (contro 92% dei Bess), allora per usare un sistema P.I. con buon margine di profitto deve esserci un certo differenziale di prezzo del kwh nelle diverse fascie della giornata (differenziale che però in effetti c’è); e i bess guadagno bene anche sui servizi ancillari alla rete, con profittabilità molto più alta

      – impianti ereditati dal passato e poi non aggiornati, se aggiornassero i sistemi di pompaggio per dotarli di potenza variabile e non fissa, potrebbero offrire più servizi ancillari alla rete, che sono pagati bene, meglio dell’arbitraggio sui prezzi del kwh

  4. A tema sulla evoluzione della Spagna, c’è anche la bella puntata di Presadiretta del 28-09-2025 su Rai-replay; l’aumento dell’uso delle centrali termiche dopo il black-out è provvisorio, finchè non adeguano la rete, ma intanto gli ha un poco sballato al rialzo il prezzo Pun per il 2025

    PS: secondo i dati Eurostat, tra i paesi europei a medio-alto reddito, le “bollette” meno care sono in Spagna, mentre Francia e Italia hanno bollette simili, un gradino più care

    qui tabella Eurostat (si può selezionare “senza tasse” o “con tasse”):
    https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/nrg_pc_204/default/table?lang=en&category=nrg.nrg_price.nrg_pc

    Francia questo anno ha la componente “Pun” un po’ più bassa di Spagna, ma il suo settore produzione energia è sovvenzionato da altra tassazione; caricano poi di più sulle altre voci della bolletta, avvicinandosi come totale all’Italia

    i Pun di Spagna e Francia sono comunque spesso battuti al ribasso dai Paesi nordici e baltici (Danimarca + Penisola scandinava + Paesi baltici; nei grafici si trova a volte un indice che fa la media dei loro Pun, chiamato “Nord Pool”)

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