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Sogni all’idrogeno: se fosse quello “bianco” il nuovo petrolio?

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idrogeno bianco

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Debutta sul nostro canale YouTube, con un focus sull’idrogeno “verde” e “bianco”, la nuova rubrica “Fuoco Amico” curata da Massimo Degli Esposti. Sotto tiro c’è oggi il professor Alessandro Abbotto, firma nota ai lettori di Vaielettrico per i tanti articoli che ci ha regalato negli anni, molti dei quali dedicati proprio all’idrogeno.

Debutta “Fuoco Amico”, le vostre interviste flash in cinque domande, per interposto Vaielettrico

Spigolando fra i commenti  che hanno collezionato, abbiamo “distillato” cinque-domande-cinque per l’intervista flash del format “Fuoco Amico”. Lo riproporremo con  altri protagonisti della transizione energetica, chiedendo a voi lettori chi vorreste vedere sotto tiro e cosa vorreste chiedergli. E’ un privilegio riservato agli abbonati a Vaielettrico Premium, che potranno inviarci i loro suggerimenti nello spazio dei commenti.

 

Proprio ieri l’idrogeno verde è nuovamente balzato agli onori della cronaca con la firma dell’accordo per realizzare il South H2,  3.300 km di un gasdotto dedicato. Collegherà  il Nord Africa con Austria e Germania, percorrendo tutta la penisola. Dal 2030 trasporterà in Europa idrogeno verde, prodotto con energia fotovoltaica a ridosso del Sahara. Peccato che la notizia sia arrivata ad intervista conclusa. Avremmo potuto chiedere ad Abbotto se, come molti pensano, il gasdotto South H2 sia in realtà una sorta di Cavallo di Troia per trasportare il metano algerino verso i famelici mercati nord europei. Approfondiremo.

Frattanto, pensando che l’ultimo proiettile del “Fuoco Amico” – la domanda sul cosiddetto idrogeno naturale o bianco – meritasse un approfondimento, il professor Abbotto ci ha inviato lo scritto che segue. Anche di questo lo ringraziamo.

Idrogeno “bianco”, può essere la scoperta del secolo

di Alessandro Abbotto

idrogeno bianco
Alessandro Abbotto

Negli ultimi anni, l’interesse per l’idrogeno naturale o “idrogeno bianco” – ovvero l’idrogeno nella sua forma molecolare H2 sfruttabile commercialmente per produrre energia – è cresciuto in maniera esponenziale, alimentato da scoperte scientifiche e ipotesi promettenti. Questo articolo esplora le evidenze scientifiche e le sfide legate a questa potenziale fonte di energia, basandosi su fonti accreditate come Science, Nature e altre riviste scientifiche di riferimento.

Il concetto di idrogeno naturale ha guadagnato attenzione a partire dal 2018, quando uno studio scientifico ha riportato dati dettagliati sul giacimento di idrogeno a Bourakebougou, in Mali, a circa 70 km a nord della capitale Bamako. Da quel momento il numero di studi scientifici è cresciuto esponenzialmente, passando da 4 del 2019 a parecchie decine nel 2024. Scoperto nel 1987 durante un’operazione di perforazione alla ricerca di acqua, il sito maliano rappresenta oggi il caso più avanzato di accumulo di idrogeno naturale.

idrogeno bianco
L’impianto maliano. Fonte: ©2024 Hydroma Inc.

In Mali il primo giacimento che produce energia dal 2012. Ma fioccano scoperte in tutto il mondo. Potrebbero bastare a coprire metà del fabbisogno di idrogeno

Come informa la rivista Nature, il campo, in produzione dal 2012, fornisce elettricità al villaggio locale, dimostrando che tali giacimenti possono essere sfruttati, almeno su scala limitata. Da allora, sono stati perforati altri 24 pozzi, che hanno individuato accumuli di idrogeno già a 100 metri di profondità.

In Europa sono saliti alla ribalta alcuni importanti scoperte di giacimenti di idrogeno bianco, tra cui quella in Lorena, Francia, nel 2023, in cui il gruppo FDE (la Française de l’Energie), durante i lavori per verificare il rischio di sacche di grisù (principalmente gas metano) nelle miniere abbandonate della regione, ha scoperto un giacimento contenente il 15% di idrogeno a circa mille metri di profondità, con una capacità stimata di 45 milioni di tonnellate, pari al 50% della produzione annua globale di idrogeno.

Sempre nello stesso anno, in Albania, durante i lavori in alcuni siti di minerali di cromo, è stato individuato uno dei più grandi serbatoi di idrogeno naturale conosciuti, con una concentrazione molto alta, superiore all’80%, e una fuoriuscita spontanea di 200 tonnellate all’anno di idrogeno, come descritto dalla rivista Science lo scorso febbraio.

Negli Stati Uniti il primo pozzo per idrogeno naturale è stato scoperto in Nebraska nel 2019. Secondo uno studio della U.S. Geological Survey (USGS), presentato nel 2022, ci sarebbe abbastanza idrogeno naturale nel mondo per soddisfare la domanda globale per migliaia di anni.

L’idrogeno bianco si genera naturalmente nel sottosuolo dalla reazione dell’acqua con i minerali di ferro. E si rinnova di continuo

L’idrogeno bianco si caratterizza per la sua natura potenzialmente rinnovabile. A differenza dei combustibili fossili, come il petrolio e gas naturale, che richiedono milioni di anni per formarsi, l’idrogeno naturale si genera continuamente. Il processo avviene quando l’acqua sotterranea reagisce con minerali ferrosi ad alte temperature e pressioni, ossidando il ferro e liberando idrogeno. Questo meccanismo è stato osservato nella formazione della serpentinite, di cui è ricca, ad esempio, la Valmalenco in Italia, a nord di Sondrio.

Un aspetto cruciale è che l’idrogeno si accumula in contesti geologici differenti rispetto a petrolio e gas naturale. Infatti, di norma, l’idrogeno contenuto in depositi sotterranei non si accumula poiché reagisce con ossigeno per formare acqua o con anidride carbonica per formare metano e altri idrocarburi. In altri casi si accumula ma poi si disperde facilmente nell’atmosfera attraverso le fessure nella roccia, essendo la molecola più piccola e leggera che esista. Questo spiega perché giacimenti significativi siano stati scoperti solo di recente.

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Fonte: Nature

Nonostante il potenziale, restano numerose incognite sullo sfruttamento commerciale dell’idrogeno bianco. Secondo uno studio pubblicato nel 2024 dalla più importante rivista scientifica della britannica Royal Society of Chemistry, Chemical Society Reviews, un sondaggio globale ha identificato centinaia di siti sotterranei contenente idrogeno, evidenziando che molte analisi non hanno rilevato finora l’idrogeno a causa di metodi inadeguati.

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Giacimenti di idrogeno localizzati. Fonte: Department for Energy and Mining South Australia

L’idrogeno bianco c’è ma è troppo diluito: solo 16 giacimenti sono alla portata dell’attuale tecnologia

Tuttavia, ad oggi, solo 16 campi mostrano concentrazioni superiori al 10%. Le concentrazioni più elevate di idrogeno naturale conosciute sono quelle dei giacimenti in Oman, nella penisola araba (99%), e quello già citato in Mali (97%). La maggior parte dei giacimenti corrisponde a concentrazioni attorno al 10%, rendendo
la separazione successiva dei vari gas economicamente non sostenibile.

Inoltre, il gas non idrogeno, se composto da metano o altri idrocarburi, rappresenta un problema ambientale, poiché dovrà essere bruciato, con emissioni di carbonio (come accade nei pozzi di petrolio, il cosiddetto “gas flaring”, ovvero la pratica delle aziende petrolifere di bruciare il gas naturale che si sprigiona spontaneamente nel corso delle estrazioni di greggio) o reiniettato nel sottosuolo.

Un altro ostacolo è rappresentato dai bassi tassi di flusso di idrogeno. Ad esempio, a Kryvyi Rih, in Ucraina, il flusso giornaliero è stimato in 120 milioni di litri, ma con una dispersione di soli 10-120 millilitri all’anno per metro quadrato. Questo rende tali siti difficilmente sfruttabili su scala industriale.

Nessun sito è oggi sfruttabile commercialmente

La scoperta di idrogeno naturale per alcuni scienziati e commentatori ha evocato paragoni con la prima scoperta dei giacimenti di petrolio nel 1859, avvenuta in un momento in cui il carbone soddisfaceva tutte le principali esigenze di energia e il greggio era considerato sostanzialmente privo di utilità.

Tuttavia, le tecniche di esplorazione e produzione devono ancora compiere progressi significativi. Come sottolinea Nature, mentre il caso del Mali dimostra effettivamente la fattibilità dello sfruttamento su piccola scala, nessun sito al mondo è ancora pronto per una produzione commerciale su larga scala.

L’idrogeno bianco potrebbe rappresentare una rivoluzione energetica, ma il suo successo dipenderà dalla capacità di superare le attuali sfide tecnologiche ed economiche. Per ora, limitiamoci a constatare la realtà di una nuova fonte di energia, fino a poco tempo fa considerata di fatto
inesistente, allo stesso tempo consapevoli che il sogno di una nuova fonte di energia pulita, rinnovabile e a basso costo rappresenta al momento ancora una promessa da concretizzare.

Dipartimento di Scienza dei Materiali Università di Milano – Bicocca
Presidente della Divisione di Chimica Organica della Società Chimica ItalianaCoordinatore Nazionale dei Giochi e Campionati Internazionali della Chimica della Società Chimica Italiana Borsa di studio per la chimica in Europa. Professore associato presso il Vellore Institute of Technology

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16 COMMENTI

  1. Una fonte in più, potenzialmente meno inquinante, che si aggiunge al mix energetico è sempre cosa buona e giusta. Ricercate e sviluppate. Rimango dell’idea che l’Italia dovrebbe investire molto di più nel geotermico date le proprie peculiarità territoriali.

    • Qualunque impianto F.E.R. posizionato in posti accettabili è benvenuto…
      E poi occorre razionalizzare i consumi… altrimenti non sarà mai disponibile abbastanza energia

  2. Ma dai! 😂
    Ma siete proprio dei radical chic!
    L’amico Abbotto fa un assist e poi goal clamoroso a porta vuota con l’ammoniaca, facendoci capire che è il carburante del futuro già pronto per le applicazioni difficili da elettrificare e voi vi concentrate sull’idrogeno bianco che viene fuori da Madre Terra a due scoregge per volta?
    Ma siete proprio incorreggibili, concretezza zero! 😂😂😂😂😂😂😂😂

    (Si scherza eh? 😇)

    • ciao ma l’idrogeno per produrre ammoniaca dove lo prendiamo ? in ogni caso meglio produrselo in casa . ( dove serve , non prenderlo a migliaia di km )

      • Il vero grosso problema tecnico dell’idrogeno non è poi quello di produrlo (e già non è poco, visto che produrlo “verde” facile non è) bensì quello di gestirlo una volta che ce l’hai.
        L’ammoniaca risolve in gran parte i problemi.

  3. Bell’articolo, mi ha mosso curiosità e ho cercato qualcosa su:

    – navi bunker (“navi cisterna”?, “petroliere”, “navi tanica/serbatoio”) per trasporto ammonica, pare Coreani e Cinesi in testa nel produrle

    – navi mosse da motori ad ammoniaca o idrogeno, oppure che testano direttamente fuel cell ad ammoniaca o idrogeno abbinata a propulsione elettrica; Norvegia si sta muovendo, finanzia costruzione di almeno 15 navi e atttrezza un primo porto per il bunkeraggio dell’ammoniaca

  4. Ottima notizia, ma chi si prenderebbe l’idrogeno in casa o in auto, con tutte le sue problematiche di stoccaggio (estrema capacità di fuoriuscire e generare perdite) ed altissima infiammabilità?

  5. sai @Lorenzo .. all’inizio della lettura dell’articolo ho pensato fosse una notizia positiva, almeno per i paesi dotati di Idrogeno naturale (da usare magari in alternativa agli idrocarburi inquinanti)….
    poi sono arrivato alla parte in cui viene specificato
    cit. :” il gas non idrogeno, se composto da metano o altri idrocarburi, rappresenta un problema ambientale, poiché dovrà essere bruciato, con emissioni di carbonio (come accade nei pozzi di petrolio, il cosiddetto “gas flaring”, ovvero la pratica delle aziende petrolifere di bruciare il gas naturale che si sprigiona spontaneamente nel corso delle estrazioni di greggio) o reiniettato nel sottosuolo.”
    e lì mi son reso conto che siamo sempre e comunque al punto di aumentare fortemente emissioni pericolose (aumento temperature con fughe mal controllate di altri gas climaalteranti – metano- oppure flaring… che comunque è negativo per il clima e l’ambiente…
    Se almeno si potesse evitare il flaring e recuperare quei gas di scarto ( come i biogas che si formano in discarica) per produrre energia ed alimentare gli impianti estrattivi ed i veicoli … anche se a bassa efficienza è comunque un recupero di risorse ed un abbassamento delle emissioni.

    comunque siamo pienamente d’accordo che per l’Italia (e l’Europa) è pericoloso restare energeticamente dipendenti da paesi terzi….anche se al momento “amici”.

    • Pare che se non bruciamo qualcosa non siamo contenti…
      Guarda la “moda” delle stufe a pellet… i camini…. i camini ad etanolo solo estetici (!!!).

      • È primordiale… Sin dai tempi delle caverne ci scaldiamo e illuminiamo con qualcosa che brucia…

        Solo che adesso sta bruciando tutto il pianeta!
        (telefonare a Los Angeles per conferma)

      • – i camini ad etanolo solo estetici-

        Che però fan cadere le mutande alle donne.
        A quel punto piacciono anche a te.

  6. Davvero, ma che furbi, ma che geni con questo idrogeno dall’Africa. Davvero vogliamo continuare a dipendere da chi estrae invece di produrcela il più possibile da soli questa benedetta energia? Abbiamo il sole, abbiamo il vento. C’è chi dice che non basta ma intanto mettiamone a più non posso no? Mi sembra che i nostri governanti che sul sito del ministero scrivono “L’Italia lavora agli obiettivi di decarbonizzazione ed indipendenza energetica in modo concreto e pragmatico, perseguendo un mix energetico in cui siano adeguatamente sviluppate fonti rinnovabili, idrogeno ed energia nucleare….” puntino proprio su “adeguatamente” che è molto interpretabile. Lascia spazio agli affaristi che importano idrogeno, che estraggono uranio… l’indipendenza vera è l’ultima cosa che questi vogliono, perché NON CONVIENE a chi controlla le risorse. Io sono pessimista, alquanto pessimista!

    • Caro Lorenzo hai ragione da vendere, ma chi ci governa ha amicizie che pretendono di creare un sistema dove poterci mangiare sopra.

      Che siano gli stessi petrolieri!?!?

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