Per la prima volta nella sua storia, l’India ha testato una tecnica di “inseminazione delle nuvole” per provocare piogge artificiali e contrastare lo smog soffocante che da giorni avvolge New Delhi.
Il 23 ottobre, un aereo Cessna ha sorvolato la capitale per lanciare razzi carichi di sostanze chimiche destinate a favorire la condensazione dell’umidità presente nell’atmosfera. L’obiettivo: ridurre le concentrazioni di particolato tossico che hanno raggiunto livelli record dopo la festività del Diwali.
L’operazione, condotta dall’Istituto indiano di tecnologia di Kanpur in collaborazione con le autorità locali, rappresenta un esperimento senza precedenti per la capitale indiana, dove vivono circa 30 milioni di persone.
Per la ministra in capo Rekha Gupta “se le condizioni meteo resteranno favorevoli, la prima pioggia artificiale potrebbe cadere il 29 ottobre“.

Una città prigioniera dello smog
Ogni inverno, New Delhi è costretta a convivere con un fenomeno di inversione termica che blocca l’aria fredda e impedisce alla nube tossica di disperdersi. Il risultato è un’aria satura di particelle sottili (Pm2,5) che in alcuni giorni raggiunge livelli fino a sessanta volte superiori ai limiti fissati dall’OMS.
A peggiorare la situazione di questo periodo, i fuochi d’artificio e i petardi del Diwali, che rilasciano enormi quantità di polveri e metalli pesanti nell’atmosfera.
Negli ultimi anni la capitale indiana è diventata uno dei simboli globali dell’inquinamento urbano, con scuole chiuse, voli cancellati e ospedali sommersi da pazienti con problemi respiratori. Di fronte a una crisi sanitaria ormai cronica, le autorità cercano soluzioni d’emergenza, anche sperimentali. Si sta ripetendo insomma, con quindici anni di ritardo, il dramma che vissero le metropoli cinesi alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino, nel 2008. L’elettrificazione ha ridotto l’inquinamento in Cina, mentre l’India sta affrontando oggi lo stesso problema.


“Inseminare” le nuvole, un mossa controversa?
La tecnica di cloud seeding non è nuova. Fu sviluppata già negli anni Quaranta negli Stati Uniti e prevede il rilascio di sostanze come lo ioduro d’argento per stimolare la formazione di piogge. Tuttavia, la sua efficacia è tutt’altro che garantita. Studi internazionali indicano risultati variabili, mentre diversi scienziati sollevano dubbi sulle conseguenze ambientali e sulla possibile contaminazione dei suoli e delle acque.
In questo caso, le autorità indiane non hanno chiarito quale composto chimico sia stato utilizzato, alimentando ulteriori interrogativi. La scelta di ricorrere a una tecnologia controversa sottolinea la gravità della situazione ambientale e la mancanza di alternative rapide per ripulire l’aria.
Ora resta da capire se la pioggia artificiale di New Delhi riuscirà davvero a “lavare” l’aria o se resterà soltanto un tentativo disperato di rispondere all’emergenza climatica e sanitaria. Un simbolo dell’urgenza climatica del nostro tempo.
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