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Sardi per le Rinnovabili bussano a Todde: “Confrontiamoci”

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Sardegna
Impianto eolico in Sardegna (preso di mira dai vandali)

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Presidentessa Alessandra Todde confrontiamoci, non lasciamo il campo alle fake news sulle rinnovabili. SAPER – l’associazione Sardi per le Rinnovabili – lancia un appello al massimo rappresentante della Regione Sardegna.

La richiesta è su Linkedin dove è stata trascritta l’intervista con Alessandro Macina di Presa Diretta (leggi) e confutate le risposte della Todde.

Le abbiamo estrapolate e rappresentano secondo noi una strada utile da percorrere per i tanti cittadini che vogliono saperne di più dell’impatto e delle opportunità offerte dalle rinnovabili.

E soprattutto abbiamo dato voce ai sardi per le rinnovabili con l’auspicio di un confronto non ideologico, ma basato sui dati.

La Regione Sardegna vuole limitare gli impianti dedicati alle rinnovabili

La legge  regionale ha colpito duramente la filiera delle rinnovabili

Il curriculum di Alessandra Todde si trova con un click sul web. E’ stata viceministro e sottosegretario allo sviluppo economico occupandosi del Piano nazionale energia e clima e da imprenditrice ha lavorato nel campo energetico.

Non di certo una sprovveduta. E milita in un partito che dalle sue origini si è caratterizzato per l’impegno sulle questioni ambientali.

Eppure ha fatto approvare dal consiglio regionale una legge che oggettivamente ha colpito la filiera delle rinnovabili come sottolineano da SAPER: «Non possiamo non notare come le recenti decisioni della Regione Sardegna abbiano colpito duramente la filiera delle rinnovabili attiva nella regione rendendo, di fatto, estremamente difficile realizzare nuovi impianti».

La presidentessa della Regione Sardegna Alessandra Todde

«Seppur da posizioni diverse» SAPER chiede «un confronto fra noi, la presidente Todde e i decisori politici e le proponiamo un incontro».

In Regione i movimenti del “non esistono aree idonee” sono stati accolti e ascoltati. Par condicio vorrebbe, quindi, uguale trattamento.

«Vorremmo far capire le nostre ragioni, capire quelle della RAS e, perché no, fare una sintesi che consenta agli operatori delle rinnovabili di operare in un contesto regolatorio non penalizzante come quello di questi ultimi mesi e con il maggior consenso possibile da parte dell’opinione pubblica».

C’è da ricucire e avviare un confronto pubblico sereno, non ideologico e soprattutto non viziato da interessi economici  a scapito della salute e dell’ambiente.  Vediamo l’analisi di SAPER sui temi centrali della transizione energetica in Sardegna.

La protesta in Sardegna contro le rinnovabili

Non idoneo il 99% del territorio? “In realtà oggi la Sardegna è al 100% non idonea”

Abbiamo documentato le problematiche  che rendono molto complicato avviare nuovi impianti nell’isola. Lo spiegano bene gli operatori che lavorano nel settore.

«Non è corretto secondo noi parlare di 99% non idoneo e 1% idoneo. Infatti ad oggi dal  governo Regionale non è uscita  alcuna mappa che dimostri l’esistenza di queste percentuali. Oggi la Sardegna è al 100% non idonea per impianti di media e grossa taglia (impianti maggiori di 1 MW)».

Più nel dettaglio «la legge infatti è stata scritta in modo tale da lasciare pochissime aree idonee (che dovrebbe quantificare la Regione) ma che risulterebbero inutilizzabili per ragioni economiche come, ad esempio, distanza dalla rete o vincoli di costruzione per gli agrivoltaici».

E sull’agrivoltaico casca l’asino visto che non c’è consumo di suolo, si tutela la biodiversità, si rafforzano le aziende agricole senza compromettere l’attività principale.

Ma secondo la legge gli impianti «devono essere realizzati solo da imprenditori agricoli per un massimo del 2% del loro fondo che, però, dev’essere tutto in area idonea. Per questo secondo caso ad esempio, per poter fare un impianto di 10 MW ci vorrebbero almeno 700 ettari di terreni tutti in area idonea. Impossibili da trovare in tutta la Sardegna».

In Sardegna il 75% dell’energia deriva da fonti fossili

Vietato esportare energia, ma in Sardegna si produce poco – formaggi, carne, carciofi e derivati del petrolio – e si importa di tutto

Non serve la laurea per capire che in Sardegna si importa di tutto, basta entrare in un supermercato. Non si capisce, quindi, perché non si debba esportare energia.

«Il principio del produrre energia solo per noi sardi, concetto che, logicamente porta alla non condivisione (e la condivisione deve essere ovviamente remunerata) con le altre regioni. Se passasse questo principio dovremmo, per esempio, produrre solo il formaggio, i carciofi o qualsiasi altra produzione tipica che consumiamo solo per soddisfare solo i nostri consumi interni. Ma invece siamo felici quando le nostre aziende vendono questi prodotti fuori dalla nostra regione perché questo significa benessere per tante famiglie e fama per la nostra isola».

Pannelli sui tetti delle aziende

Non basta l’energia dai tetti per soddisfare la domanda interna

Non si esporta energia ma come soddisfare la domanda interna con le rinnovabili? «Anche se volessimo l’autarchia energetica e quindi anche solo autoconsumo, comunque il minimo dei 6.2 GW del Burden Sharing occorre produrlo. Come produrre quindi i 6,2 GW? Bastano i pannelli sui tetti?»

La risposta:  «Certamente i tetti possono aiutare il processo di transizione e più si riescono a installare pannelli e meglio è: ma le superfici dei tetti non sono nemmeno lontanamente sufficienti per poter soddisfare il fabbisogno di energia dell’Isola».

E ci sono mille ostacoli. «Gli incentivi per l’autoconsumo possiamo dire che sono di dubbio ottenimento, siamo a conoscenza di impianti di grandi aziende in completo autoconsumo in solar belt che oggi risultano in area non idonea e quindi non si possono costruire. Quindi gli incentivi non si possono usare». 

La Regione ha stanziato 700 milioni a fondo perduto per le comunità energetiche, ma, come sappiamo dal modello  emiliano romagnolo (leggi), per gestirle non basta l’associazionismo dei cittadini. Serve il supporto delle aziende.

«Verrebbe da chiedersi perché spendere soldi pubblici per incentivare piccoli impianti non economici quando ci sono imprese che installerebbero senza alcun incentivo e genererebbero energia a basso costo rivendendo l’energia in eccesso».

L’idroelettrico? Manca l’acqua… e gli investimenti

L’idroelettrico oggi in Sardegna copre una potenza di circa 468 MW (dati Terna) ed è ragionevole la domanda di SAPER: «Come si può pensare di raggiungere i 6.2 GW (circa 5 GW rimanenti ad oggi) con ulteriore potenza idroelettrica dato che: 1) non ci sono nuovi impianti in progettazione/costruzione; 2) l’acqua è un bene sempre più prezioso per l’uso agricolo/alimentare; 3) Nel caso di nuovi impianti i comuni devono essere coinvolti nei permessi, si pensa di ottenerli subito?». Senza dimenticare l’impatto dei bacini idroelettrici, molto superiore agli impianti FER.

L’impianto nella zona attività produttive del Comune di Marrubiu

Impianti in area industriale? Una chimera. Non si possono avviare

Abbiamo scritto del trambusto mediatico – ha coinvolto pure il parroco – creato da una sola pala eolica nella zona industriale di Marrubiu (leggi).

L’opzione delle rinnovabili nelle zone industriali resta colma di trappole. «Al momento notiamo che per via della legge aree idonee anche la maggior parte degli impianti in area industriale sono bloccati per via di vincoli di vario tipo».

Un esempio concreto: «Se esiste un qualsiasi bene tutelato che lo fa ricadere in area non idonea a meno delle distanze di vincolo imposte dalla L.R. 20. vince la non idoneità. Le aree industriali sono off limits ne più e ne meno come le aree agricole». A causa di queste norme non esiste nell’isola neanche una ex cava dove avviare un impianto.

eolico off shore sardegnaImpianti eolici off shore? L’impatto sul paesaggio è minimo

La presidentessa Todde ha voluto sottolineare l’impatto degli impianti eolici offshore sul paesaggio. E’ vero? «Un impianto  galleggiante posizionato a 30 km dalla costa con 73 torri di circa 250 metri occupa circa 11 ettari di superficie marina. E’ dimostrabile con simulazioni visive che il fronte dell’impianto (la prima fila di pale) in un momento di cielo terso occupa fra i 3 e 4 millimetri di campo visivo. La curvatura dell’orizzonte inizia a 8 km dalla costa e pertanto le pale si vedrebbero per circa un quarto della loro altezza dalla costa (sempre in un momento di cielo terso) ed è difficile vederle quando c’è foschia».

Transizione senza gas per le industrie energivore?

Secondo  Todde le industrie ad alto consumo di energia termica non possono fare la transizione senza il gas.  Ma portare il gas ha delle conseguenze importanti.

«Ci piacerebbe anche capire come potranno ripartire aziende energivore come ad esempio l’Alcoa o simili che hanno chiuso a causa del costo dell’energia troppo alto». «Riuscirà il gas ad avere un costo al di sotto dei 25 €/MWh? Ad oggi la fonte più economica è l’eolico e, a seguire, il fotovoltaico».

Il lungo testo risponde a Todde anche sul metanodotto e sulla produzione di energia  nelle centrali termiche. «Il fatto che il carbone o il gas producano per più ore non ci appare fondamentale: la cosa importante è che le FER sono meno care, producono con fonte gratuita e rinnovabile e danno 5 volte più lavoro per milione di euro di investimento rispetto alle centrali termoelettriche».

la bandiera sardaDare voce e ascoltare anche i sardi per la transizione energetica

Le posizioni possono apparire distanti, ma la decarbonizzazione è un processo non rinviabile. La legge regionale 20 prende le distanze dalla normativa nazionale ed europea – molto probabilmente sarà cassata come la moratoria – e serve una messa a punto.

Ci auguriamo che sia data voce a SAPERaper in un confronto non muscolare – come quello di alcuni comitati – ma basato sulle soluzioni per la decarbonizzazione della Sardegna.

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20 COMMENTI

  1. Capisco il punto di vista di questa associazione e lo condivido in pieno, tuttavia per me è proprio inutile parlare con chi ha reso il 100% del territorio sardo non idoneo per le rinnovabili utility scale. Lasciamo i sardi e la sardegna al suo amaro destino, fatto di povertà e depopolazione con un lavoro nel turismo di 4 mesi scarsi l’anno

  2. La risposta è semplice:

    Probabilmente i petrolieri si sono comperati tutto il parlamento, compresi i 5 stelle, oppure sta Todde ha interessi nel fossile.

    • Li aveva nelle rinnovabili, ma è un problema politico. Subita una campagna contraria e ostile, la maggioranza non ha saputo tenere la rotta che poi è richiesta dalla Ue e che impone una produzione energetica al 70% dominato da due centrali a carbone

  3. La Sardegna deve chiudere le centrali a carbone, 4 GW circa. Inquinano parecchio. Certo compensate da grandi estensioni di forestazione, ma vanno chiuse. Io sono stato molto contrario alle pale eoliche inserire con la violenza dell’esproprio. Con la giusta compensazione per l’agricoltore sono favorevole. Ora nel Campidano se ne vedono parecchie. L’occhio si abitua. Offshore si vedono non a centimetri ma a metri , non cerchiamo di prenderci in giro. In Norvegia sono a 60 miglia. Non a 12 come vorrebbero in Sardegna che del suo paesaggio marino ci campa un terzo della popolazione. Non facciamo misure da terra, facciamole dalle scogliere, quindi i commenti onesti si, i furbacchioni no. L’agrivoltaico? Non è un’opzione, è una necessità. L’agricoltura non può andare avanti senza. Chiedere a chi coltiva non a chi campa di stipendio e pensioni pubbliche.

    • Non sono in grado di dire se è vero perchè non è il mio settore di studi.
      Inoltre la domanda l’ho fatto in Km anzichè in miglia

      Domanda:
      Considerata la curvatura terrestre, un oggetto alto 250 metri quanto sporge alla distanza di 12 km?

      Per calcolare la curvatura terrestre e determinare quanto sporge un oggetto alto 250 metri alla distanza di 12 km, possiamo utilizzare la formula:

      Δh = 4 * R * tan(atan(h / (R + d)))

      dove:

      Δh è la curvatura terrestre
      R è il raggio della Terra (circa 6371000 metri)
      h è l’altezza dell’oggetto (250 metri)
      d è la distanza dall’oggetto (12 km)
      Inserendo i valori, otteniamo:

      Δh = 4 * 6371000 * tan(atan(250 / (6371000 + 12000))) Δh ≈ 0,136 metri

      Quindi, l’oggetto alto 250 metri sporge di circa 0,136 metri alla distanza di 12 km.

      • ciao, distanza minima da costa dei parchi eolici offshore per partecipare alle aste pubbliche

        12 miglia nautiche, ovvero
        22,2 CHILOMETRI

        e spesso i progetti italiani sono anche a 30 o 40 km dalla costa, sino a un paio estremi a 60 km

        piu’che per la curvatura terrestre, risultano difficili da scorgere per il limitato potere di risoluzione dell occhio umano, e a maggior ragione con un poco di umidita’ o luce non piena a sfumare la linea dell orizzonte

        infatti i critici si attaccano all’argomento della curvatura dell’orizzonte, che da solo non nasconde del tutto le pale, e in buona o cattiva fede non citano il potere di risoluzione dell occhio

          • e considera che 250 metri sono la punta superiore delle sottili pale, mentre la navicella, che e’ un puntino un po’ piu’ largo, sta a un altezza 140 metri, confusa con la brumosa umida linea dell orizzonte.. parlando di turbine grosse da 15 o 18 MW

            probabilmente devi essere un occhio di falco o avere un binocolo e cercare bene per intuire che a 30 km di distanza c’e’ qualcosa li sul mare

            mentre per le installazioni a ‘soli’ 22 km, mi pare sono previste pale un poco piu’ piccole, es. da 8 MW, tutto in proporzione per non dare nell occhio appunto

            un problema sono le foto con le simulazioni pero’ taroccate male che fanno girare gli oppositori, sproporzionate, con turbine visibili e ravvicinate

    • Sorry, mi era sfuggita la variabile del punto di osservazione.
      Inserendo 133 metri la risposta è la seguente, ma non mi convince:
      Quindi, per dirimere la questione serve qualcuno che i calcoli li sappia fare in autonomia.

      Risposta:
      “Un l’oggetto alto 250 metri sporge di circa 0,132 metri alla distanza di 12 km e visto da un punto di osservazione alto 133 metri.”

  4. PIZZINO e forse risolviamo

    per chi non capisce il ritorno economico e occupazionale delle rinnovabili, e allora si lascia coinvolgere dalla propaganda ingannevole antirinnovabili, secondo me bisognerebbe proporre un incentivo monetario di tipo semplice da capire e calcolare, che risponda in modo piu’ comprensibile alla domanda ” ..a me che non lavoro neanche, o lavoro in altri settori, che me ne viene se ti lascio fare il tuo progetto FER..”

    ogni kw-h prodotto da impianti Eolici su terra o FTV, se fa un contratto con le aste pubbliche GSE, viene retribuito circa 7 centesimi a KW-h.. oppure a prezzi variabili ora per ora se invece vende energia in libero mercato

    ..una quota ‘pizzino’ di 0,3 centesimi a KW-h andrebbe girata al Comune che ospita gli impianti, in aggiunta agli affitti e alle altre compensazioni e vantaggi gia’ esistenti.. era la stessa proposta in discussione in Sassonia, Sud Germania..

    quando anni fa lo propose Schifani lo derisi, anche perche’ in Sicilia, Puglia, Basilicata, Campania, non serve, sono piu’ astuti e intraprendenti e fanno gia’ a gara per accaparrarsi piu’ progetti di rinnovabili

    oggi vista la disinforanazione furbetta sui media, penso avesse ragione, il territorio va compensato anche in un modo che sia facile da comprendere ai meno studiati, cosi’ poi il politico anche quello meno illuminato li accontenta facilitando le FER,
    nota bene 0,3 cents a kw-h per un Comune sono molti soldi

    il Governo attuale non fara’ niente che faciliti le rinnovabili, pero’ Regione Sardegna potrebbe fare da apripista, formalizzare come opzionale ma agevolante il PIZZINO,
    farebbero anche la figura di quelli che grazie alla fiera opposizione (ma bastava chiedere) poi hanno portato a casa soldi, vantaggi e orgoglio per il territorio

    • una opzione aggiuntiva e’ vendere quote dei progetti a cittadini o enti locali, renderli partecipi di finanziamento e guadagni, mi pare ne parlavano a Presa Diretta del 23-03-2025

  5. Benissimo ricercare un confronto per provare a fare breccia nel fronte del “non esistono aree idonee”. Tuttavia, non mi aspetto che chi fino ad oggi si è messo di traverso possa improvvisamente ravvedersi. A mio avviso si tratta di una presa di posizione politica, più che economica e tecnologica. Ce li vedete questi signori fare improvvisamente dietrofrónt, anche solo parziale, con il rischio di inimicarsi tutti quelli che hanno scatenato, spesso e volentieri buttando benzina sul fuoco (in almeno un caso letteralmente, purtroppo)?

  6. Aspetto notevole e’ anche il numero di lavoratori che le FER implicano,
    al conto citato nell articolo, numero occupati FER vs Centrali a Carbone

    aggiungo il calcolo per l’agrivoltaico, FER vs CAMPI, proposto nelle interviste dall Energy Manager della Regione Sicilia

    – 75 ettari di campi bruciati dal sole e abbandonati,
    quando economicamente non redditizi da coltivare, non producono ne cibo ne reddito

    – 75 ettari coltivati a seminativo,
    producono cibo e reddito per mantenere 1 lavoratore,
    a volte anche con i sussidi europei non e’ abbastanza per fermare lo spopolamento dei paesi di campagna e la chiusura di aziende agricole

    – 75 ettari messa ad agrivoltaico
    producono cibo (o pascolo), hanno meno siccita’,
    e producono redditi per 20 lavoratori..

    il territorio e la azienda agricola potrebbe rifiorire, investire in manodopera e tecnici e in miglioramenti e ampliamenti delle colture

    • 75 ettari di coltivazini o pascolo

      possono ospitare 50 MW di Agri-FTV,
      produzione annua 70.000 MW-h
      retribuiti a una media di 5 centesimi a KW-h
      sono 3,5 milioni di euro all anno

      diciamo che tolto investimento, manutenzione, guadagno installatore, tasse, rimangono 1,4 milioni netti annui, per pagare 20 stipendi da 70.000 euri lordi annui, e o investimenti per le coltivazioni e la azienda

      • Caro RS, quello che non consideri è chi quei soldi li intasca con le FER e chi li intasca con il GAS.
        In Italia (ma in America non mi pare facciano meglio) i ricchi sono bravissimi a convincere i poveri a rimanere ancora poveri, quindi chi guadagna con il GAS cerca di convincere i poveri a non installare fotovoltaico. Ed è quello che sta succedendo in Sardegna, la legge aree idonee sarda si sapeva che sarebbe stata annullata ma intanto hanno ritardato di qualche anno l’installazione degli impianti. Grande vittoria per chi poi andrà a batter cassa per giustificare e costruire i nuovi gasdotti.

        I vantaggi degli impianti fotovoltaici sono per tutti, privati e aziende di qualsiasi dimensione, eppure le persone ancora non riescono a percepirne i possibili risparmi e/o guadagni.

  7. Costo energia eolica su terra nella ventosa Sardegna
    25 euri a MW-h e’ ottimo
    2,5 euri a KW-h, in pratica come in Spagna

    === costo stracciato grazie a Capacity-Factor su terra tra 30% e 40%

    significa che un sito con C.F. 36%, per ogni 1 KW di potenza nominale della turbina installata produrra’ nelle 8760 ore presenti in 1 anno, una energia annua pari a

    (8760 ore annue x 0,36 C.F. ) x 1 KW potenza =
    (3154 ore equivalenti annue) x 1 KW = 3154 KW-h

    40% calcolato sulla media annuale,
    60% calcolato sui soli mesi invernali,
    quando e’ utile bilanciare il calo di produzione del FTV

    60% di ore equivalenti di produzione valore a massima potenza, ma la turbina produce energia anche a ventosita’ e potenze inferiori al massimo, significa che produce energia spalmata in un numero di ore superiore al 60%, cioe’ produce energia per oltre il 70% del tempo..

    da qui si capisce che Eolico e’ molto uitile a fare MIX 100% rinnovabili in cui gli accumuli siano ancora piu’ modesti

    === costo e prezzo

    spese impianto per ogni KW potenza
    – installazione 1400 euri
    – manutenzione 20 euri ogni anno
    – smantellamento e ripristino a verde 100 euri

    energia prodotta
    3154 KW-h ogni anno x 1 KW potenza

    – Costo LCOE ottimistico per 25 anni
    25 Euri a MWh

    – Costo LCOE pessimistico
    si arriva forse a 45 Euri a MW-h

    ..contando energia sprecata per attuale assenza di accumuli, aggiungendo correttamente il calcolo attualizzazioni, considerando i ritardi, i ricorsi al TAR e i casini dell italia medioevale, e alzando nel calcolo delle attualizzazioni la aspettativa di rendimento per compensare il rischio investimento dato dal fattore Giornale regionale Unione Sarda e Giunta Todde

    – Prezzo fisso contratto ventennale pagato dalle aste italiane del GSE
    65-70 Euri a MWh

    E’ comunque un ottimo prezzo (visto che il nostro prezzo PUN medio sta a 108 euri MW-h ), ma se in Italia le autorizzazioni non fossero quasi bloccate, avremmo piu’ partecipanti e competizione alle aste del GSE, e le tariffe assegnate scenderebbero ulteriormente, appunto come in Spagna

    • errata lapsus

      25 euri a MW-h e’ ottimo
      2,5 centesimi (non euri) a KW-h, in pratica come in Spagna

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