Saras a processo. Questa l’accusa per il benzene disperso nell’aria a Sarroch nell’impianto Sarlux: «Avrebbe provocato aumentate patologie respiratorie e oncoematologiche, aumentato rischio di mortalità per cancro…». Un attentato alla salute. Ma si protesta solo contro le rinnovabili che di tumore non fanno morire nessuno. Finalmente parole chiare dalla Regione Sardegna: «Dobbiamo chiudere le due centrali a carbone». Le ha pronunciate l’assessore regionale Emanuele Cani. Bene, peccato che poi insista, seppure specificando che si tratta di fase transitoria, sulle reti per il metano che detto in termini più precisi si traduce in metanodotti.
A processo i vertici della Saras di Sarroch
Come si vede nella foto sotto Sarroch è un paese brutalizzato dalla presenza della raffineria creata dai Moratti – l’anno scorso venduta agli olandesi della Vitol -, con un paesaggio dominato dalle installazioni industriali. In nome del progresso si accettò questo scempio, ma ora il problema è la salute della popolazione. Un tema critico che ha determinato le indagini della Procura di Cagliari, anche a seguito di un esposto delle associazioni Sardegna Pulita e Donne Ambiente Sardegna, che ha chiesto il processo dell’amministratore delegato di Sarlux Settimio Guarrata e dell’ex responsabile ambientale e sicurezza Walter Cocco per il reato di disastro ambientale. Infine del dirigente Fabio Corvetto per impedimento di controllo e la società per concorso in disastro ambientale.

Il benzene disperso nell’aria a Sarroch, a causa dell’accensione delle torce, secondo gli investigatori «Avrebbe provocato aumentate patologie respiratorie e oncoematologiche, aumentato rischio di mortalità per cancro, aumentato rischio geneotossico e aumentato numero di ospedalizzazioni per malattie respiratorie nelle persone residenti nella zona, oltre che delle persone direttamente impegnate nelle attività aziendali». Accuse da provare, ma sulle conseguenze sanitarie dell’attività della raffineria i difensori dell’isola anti rinnovabili si sono fatti sentire poco o niente.
Dalla Regione un no netto al prolungamento delle centrali a carbone
«Escludiamo uno stop alle centrali sarde del carbone». Questa la sentenza del ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin nel maggio scorso. I sigilli apposti nelle altre centrali italiane non valgono in Sardegna. L’isola trattata come una colonia. Ma il tema non scalda i cuori degli anti pale e panelli che nello stesso giorno erano impegnati in una manifestazione contro le rinnovabili.

In questi giorni, sono arrivate parole chiare dalla Regione con Emanuele Cani, assessore all’industria della Regione Sardegna, in un’intervista a La Nuova Sardegna. Qui uno stralcio delle dichiarazioni: «Dobbiamo chiudere le due centrali. Dovremo superare il carbone e dovremo farlo con un mix di produzione energetica che comprenda l’uso di più fonti di produzione, ci sarà bisogno del metano per il comparto industriale per una fase transitoria ma dobbiamo guardare soprattutto alle rinnovabili con particolare attenzione per l’auto consumo».
Sardi per le Rinnovabili: “Bene stop carbone, ma sul metano…”
Alle parole dell’assessore è arrivato il plauso del gruppo Sardi per le Rinnovabili, ma con contestazioni puntuali sulla transizione. Focus sul metano: «inteso come necessità per il comparto industriale (energia termica ad alta temperatura) può essere fornito alle aziende anche senza rigassificatori da installare al porto di Oristano e Porto Torres». La proposta alternativa: depositi costieri nel Sulcis, vicino all’area industriale, e un uso maggiore del gas di Oristano.

E i metanodotti? Ritornano anche se con questa formula: «Useremo il metano riducendo al minimo le infrastrutture con due navi gasiere ormeggiate a Oristano e a Porto Torres che saranno collegate ad altrettante reti di distribuzione per il sud e per il nord dell’isola». Insomma si vuole usare la ruspa e la pala meccanica.
Anche su questo punto è puntuale l’analisi dei Sardi per le Rinnovabili: «Scavare una trincea per posare un tubo non è sicuramente un procedimento veloce e consuma il territorio (metri delle fasce di rispetto, fasce di asservimento che toglieranno suolo agricolo, ecc.) e, in più, ricordiamo all’assessore che chi scava una trincea per posare un tubo non compensa per legge i danni fatti (al contrario di chi fa le rinnovabili). Pertanto le comunità locali non avranno alcun vantaggio se non, forse, una ricaduta occupazionale transitoria. E ci auguriamo vivamente che gli occupati non provengano da altre regioni ma siano sardi».
Eolico e fotovoltaico? Ancora niente di certo
Al centro di tutte le polemiche dell’ultimo anno c’è l’incertezza sui numeri delle rinnovabili, che hanno spalancato le porte della speculazione politica e propiziato tre attentati contro i nuovi impianti. Ma su questo manca ancora un punto fermo. «Non esistono quote prestabilite tra eolico e fotovoltaico. L’unica riguarda il burden sharing (la condivisione degli oneri, ndr), stabilito per la Sardegna in 6,2 Gigawatt. Anche in questo caso il piano energetico ci darà un dato scientifico preciso e attendibile rispetto al fabbisogno della Sardegna e a quanta energia la nostra rete può sopportare». Si è in attesa, da troppo tempo.
Il destino delle due centrali? Una come BESS, l’altra convertita a gas
Il carbone della centrale di Portoscuso l’Enel lo vuole sostituire con un impianto BESS per gestire l’accumulo della produzione di eolico e fotovoltaico. Bene, ma i posti di lavoro creati sono risibili e si mandano a casa oltre duecento persone. E’ chiaro che se non c’è una risposta sociale sul tema, sale l’onda della contestazione sulle rinnovabili.

Quanto alla centrale di Fiume Santo, il gestore EP punta alla riconversione a gas. Ipotesi contestata da Sardi per le Rinnovabili: «Pensiamo che si stia cercando di far passare l’idea che la riconversione a gas serva alle industrie del luogo mentre invece agli addetti ai lavori è noto che non farà altro che mettere in circolo altra energia elettrica ma non quella termica necessaria alle industrie. L’energia elettrica non sarebbe meglio produrla senza dover importare materia prima e senza continuare a bruciare combustibili fossili? Noi crediamo che Porto Torres abbia già pagato abbastanza in termini di salute dei suoi abitanti».
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