“Buongiorno da Bruxelles. Consiglio Trasporti, al lavoro per difendere gli interessi del nostro Paese“. E’ Matteo Salvini via social che allo stesso identico modo di Donald Trump (leggi) cerca di fermare le regole per abbattere il forte inquinamento delle navi. Minore rispetto al totale mondiale dei trasporti (vale il 3%) ma fortemente impattante sulla salute pubblica. Soprattutto nelle città portuali dove si affacciano e rispirano veleno milioni di persone. L’Italia, insieme a Grecia e Malta, in prima fila per fermare la normativa ETS.
Nel mirino l’Emission Trading System europeo
L’Emission Trading System (ETS) dell’Unione Europea è il meccanismo di scambio delle quote di emissione. Gli armatori sono tenuti ad acquistare e restituire quote di CO₂ per compensare le emissioni prodotte dalle loro navi: un’applicazione concreta del principio chi inquina paga. Secondo le compagnie di trasporto, il prezzo delle quote ETS può incidere fino al 10% sul costo complessivo del trasporto.
L’obiettivo del sistema – che coinvolge non solo il comparto navale – è ridurre entro il 2030 del 40% le emissioni rispetto ai livelli registrati nel 2005. Le risorse generate vengono destinate a progetti per il clima e l’energia. Finora i fondi sono stati impiegati per incrementare la produzione da fonti rinnovabili e sostenere la decarbonizzazione dei trasporti.

Questa, in sintesi, è la norma oggi contestata. In prima linea l’Italia con Salvini che, insieme a Grecia e Malta, e con il sostegno anche di Portogallo e Croazia, ha presentato un’informativa sulle conseguenze negative dell’applicazione dell’ETS allle navi. Si chiede la sospensione urgente della normativa e la definizione di misure correttive.
Assarmatori plaude Salvini: no alla Direttiva sulle navi
«L’informativa italiana — sottolinea Stefano Messina, presidente di Assarmatori — è completa e coerente con l’impegno che il nostro Paese, insieme ai partner mediterranei, porta avanti da tempo per correggere le distorsioni generate dall’ETS marittimo. Purtroppo, la miopia ideologica di una parte della Commissione, che continua a basarsi su un monitoraggio del mercato parziale e impreciso, sta rallentando l’adozione di soluzioni concrete e indispensabili per il settore».
Emissioni portuali e traffico urbano: i cittadini misurano le emissioni
Il vento politico sta cambiando anche in Europa e Messina lo sottolinea prontamente: «La nuova attenzione pro-industria mostrata in questi mesi dalle Istituzioni europee, e ribadita dall’intervento in aula del Commissario ai Trasporti Tzitzikostas, lascia sperare che la revisione della Direttiva, prevista per il prossimo anno, possa finalmente segnare un cambio di passo anche per il trasporto marittimo». A scapito della sostenibilità, ovviamente, e con un “cambio di passo” che più propriamente si dovrebbe definire retromarcia.

Non manca il riferimento al recente rinvio del voto all’IMO sul Net Zero Framework, che ha avuto ripercussioni anche sul percorso europeo. Qui, più che lo “zampino”, si intravede la “zampa” di Trump. Messina insiste sulla necessità di una revisione. I motivi? «Si sta già favorendo l’aumento di investimenti e traffici verso i terminal di trasbordo nordafricani, con conseguenti tendenze di mercato preoccupanti per i servizi delle Autostrade del Mare e per i collegamenti con le isole maggiori».
La richiesta è chiara: «La sospensione dell’applicazione della Direttiva e l’esenzione dei segmenti più colpiti». La partita si gioca anche sul fronte politico nazionale. «L’impegno del Governo, e in particolare del Ministro Salvini, potrà essere determinante nel guidare il fronte mediterraneo durante le prossime negoziazioni», conclude Messina.
Sulle barricate anche Assocostieri
«I nostri porti sono nell’occhio del ciclone di una tempesta regolatoria perfetta». Con queste parole, Dario Soria, Direttore Generale di Assocostieri, è intervenuto alla Camera in un convegno a cui ha partecipato anche il ministro Gilberto Pichetto Fratin. Si parla di uno “svantaggio competitivo strutturale” che sta «penalizzando il sistema portuale italiano».
Più nel dettaglio: «Il bunkeraggio nazionale ha registrato un calo del 14% nell’ultimo anno, passando da 2,7 a 2,3 milioni di tonnellate. Il confronto con altri Paesi europei è impietoso: la Spagna, pur avendo un traffico passeggeri pari a un terzo di quello italiano, movimenta quasi 8 milioni di tonnellate di bunker, circa quattro volte il volume italiano». Una contrazione che viene tradotta in una perdita economica stimata di oltre 120 milioni.

Soria non punta il dito solo contro Bruxelles, ma anche contro Roma: «L’Italia sta applicando norme significativamente più stringenti rispetto ad altri Paesi europei, creando una disparità competitiva difficilmente sostenibile nel lungo periodo». Si cita l’obbligo bio sul bunkeraggio internazionale previsto dalla Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED III). «Mentre l’Italia ha fissato un obiettivo del 29% al 2030, Spagna, Germania e Danimarca — che ha già recepito formalmente la direttiva — si attestano allo 0%. Il Portogallo si ferma al 18%, mentre Malta e Cipro possono limitare il contributo dei combustibili marittimi al 5% del consumo totale».
Soria annuncia la presentazione di uno studio approfondito il 27 gennaio 2026 alla Camera, per quantificare l’impatto delle asimmetrie normative sul sistema portuale italiano. Il lavoro analizzerà volumi e toccate dei principali porti europei, confrontando gli scali italiani con i competitor.
Ma è sempre colpa dell’Europa?
È chiaro che l’aumento dei costi del trasporto marittimo non sia un passaggio indolore in un contesto mondiale altamente competitivo. Un problema serio. Proprio per questo servirebbe un impegno forte, italiano ed europeo, per contrastare la politica filo‑lobby petrolifere di Donald Trump, che privilegia il profitto a scapito dell’ambiente. Questo è il quadro politico, purtroppo, desolante con Salvini sintonizzato sulle sue onde. Va ricordato anche il flop della misura del Pnrr per l’adattamento delle navi con alimentazioni green. E sebbene i 40 porti italiani completeranno i lavori di elettrificazione delle banchine, resta da capire se e con quali tempi il sistema sarà effettivamente avviato.
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