Rinnovabili, ce la possiamo fare ma sarà durissima

L’elettrificazione dei consumi e le installazioni di impianti rinnovabili crescono. Però a tassi insufficienti. Quindi sarà durissima raggiungere gli obiettivi nazionali al 2030. Anche il raddoppio del parco circolante di auto elettriche con l’immatricolazione di 100.000 BEV nei primi nove mesi del 2021 non è sufficiente. Lo dice l’Electricity Market Report dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano.

Electricity Market Report: lo stato dell’arte

La capacità installata di impianti a fonte rinnovabile in Italia supera oggi i 56 GW, grazie soprattutto al solare e all’eolico. Viceversa quella termoelettrica si è gradualmente ridotta: circa 60 GW, rispetto ai 77 GW del 2012, per il 77% rappresentata da impianti alimentati a gas naturale e per il 17% da impianti a carbone, che dovranno essere dismessi entro 5 anni.

Il tasso di elettrificazione dei consumi si è invece mantenuto pressoché costante a circa il 20% nell’ultimo decennio, anche se sono evidenti i cambiamenti nella copertura della domanda di energia elettrica, soprattutto osservando che l’incidenza degli impianti termoelettrici tradizionali si è ridotta dal 74% nel 2005 al 54% nel 2020, mentre le rinnovabili sono passate dal 14% al 38%. Inoltre, nel 2021 si è assistito a una crescita del prezzo dell’energia (nei primi nove mesi, +64,6% su base annua e + 121,3% rispetto al 2020). Questo è stato dovuto all’aumento del costo del gas, che deve far riflettere sulla forte dipendenza dalle fonti fossili del mix di generazione italiano.

Più fiducia, ma i risultati non arrivano

Le cifre insomma non sono esaltanti, tuttavia si respira un clima di fiducia grazie alle «consistenti azioni di policy emanate a livello comunitario come il «Green Deal», il «Next Generation EU», il «Fit for 55» che hanno ridato slancio all’ottimismo degli operatori» commenta Simone Franzò, direttore dell’Osservatorio sull’Electricity Market dell’E&S Group.

rinnovabili durissima
Le rinnovabili intermittenti sono una sfida per la rete elettrica: senza nuove regole e forti investimenti sarà durissima onorare gli impegni alla decarbonizzazione assunti dall’Italia.

Rallentano le nuove installazioni di rinnovabili

Ma in Italia dinamiche di mercato asfittiche, come l’andamento delle installazioni di impianti da fonti rinnovabili, e l’impennata dei prezzi dell’energia restano dei nodi da risolvere: altrimenti sarà durissima . Occorre insomma mettere in campo «un percorso in grado di coniugare obiettivi complessi e una roadmap credibile. Anche gli investimenti contenuti nel PNRR, per lo sviluppo del parco rinnovabile e di una rete di distribuzione resiliente, digitale e flessibile, remano nella stessa direzione».

In somma: il raggiungimento della neutralità climatica al 2050 (e la riduzione delle emissioni di gas serra per il 2030 del 55% rispetto ai livelli del 1990, come delineato nel pacchetto Fit for 55 «richiede un’importante accelerazione rispetto ai tassi registrati negli ultimi anni».

Al 2030 le fonti rinnovabili dovrebbero coprire il 40% del mix energetico europeo, l’efficienza energetica sul consumo di energia finale dovrebbe salire al 36% (e al 39% quella sul consumo di energia primaria), ogni anno andrebbe riqualificato almeno il 3% della superficie complessiva degli edifici pubblici e le emissioni delle nuove auto andrebbero ridotte del 55% rispetto ai livelli del 2021, per poi diventare il 100% entro il 2035, quando sarà vietata la vendita di nuove auto termiche.

Energy Community e UVAM, la possibile svolta

Il Report tratta in particolare due temi:  le Energy community, nuovi paradigmi di generazione e consumo di energia e l’apertura del Mercato dei Servizi di Dispacciamento (e la definizione di nuovi servizi ancillari assegnati alle Unità viruali o UVAM) introdotti da due direttive comunitarie e in via di recepimento in Italia. Essi potranno abilitare una più ampia diffusione delle fonti rinnovabili. E così rappresentare un volano per investimenti complementari di efficienza energetica e a supporto della mobilità elettrica e della fornitura di servizi ancillari.

Visualizza commenti (18)
    1. Ok, visto che prendete per oro colato l’articolo di un giornale non specializzato, sarà il caso di precisare due cose:
      a) Il 90% delle auto elettriche BEV e PHEV circolanti in Italia è stato immatricolato da meno di quattro anni (nel 2017 le auto elettriche e ibride plug in vendute in Italia furono 3 mila, quest’anno oltre 100 mila). In Europa sempre nel 2017 furono 143 mila (0,9% del mercato), mentre nel 2021 saranno almeno 1,5 milioni con una quota superiore al 20%. Visto che le batterie sono garantite 8 anni, e visto che quasi tutte hanno una seconda vita come accumulo statico, quante mai ne saranno state inviate allo smaltimento?
      b) L’articolo citato lamenta l’alto costo del riciclo, che deve essere effettuato “a mano”. Ma secondo voi, con poche migliaia, forse poche centinaia di batterie da riciclare, come altro potrebbero essere riciclate se non a mano? Chi può investire centinaia di milioni per industrializzare la lavorazione di un bene come le batterie finite, che ancora non esiste?
      Quindi, è vero ciò che scrive il suddetto giornale, ma non perchè non ci sia la tecnologia per il riciclo al 95% (si chiama trattamento idrometallurgico) e non ci siano i progetti industriali per realizzarla. Semplicemente, oggi, manca la materia prima.

  1. Gualtiero ceresani

    Direi che il torni a studiare per chi è a lavoro nella filiera automotive ed a magari dai 55 jn su è una baggianata colossale gente peraltro che andrebbe riqualificare per tornare a lavorare quanto? 10 o 5 o 3 anni fino alla pensione? E quanti ne dobbiamo aggiungere se consideriamo i benzinai le officine private etc…? Peraltro dobbiamo riqualificare ad esempio tutto il settore dei vigili del fuoco dato che mi diceva un amico che lavora nel settore che dovranno fare dei corsi appositi per intervenire su auto accidentate elettriche.. non si può pensare che si possa cambiare un sistema..un mondo del lavoro dove la precarietà è sempre più all ordine del giorno..dove il lavoro scarseggia sempre più in uno schiacciare delle dita.

    1. Nello Roscini

      Si figuri che in 30 anni abbiamo “perso” :
      dischi in vinile
      nastri magnetici
      CD audio
      Lettori MP3

      Le case cambiano ,se i vantaggi sono superiori alla generazione precedente

      Se si resiste i danni saranno molto maggiori
      In unione sovietica al momento del crollo del muro
      L’auto di punta era la Trabant
      L’Europa produrrá la Trabant del ventunesimo secolo ?

      1. Alessandro D.

        Magari elettrica! Sai che figata? Aveva pure la carrozzeria di plastica. Già mi immagino la presentazione stampa a Pugnochiuso (FG).
        Elettroproletari di tutto il mondo! Unitevi!

    2. Beh nemmeno la transizione impiega due giorni, ci vorrà comodo un decennio, a chi mancano 5 o 6 anni alla pensione non dovrebbe creare grossi problemi, saranno quelli che han seguito la formazione a cambiare lavoro appena finita perché guadagnerà di più e le aziende non dovranno nemmeno fare licenziamenti di massa se il tutto viene gestito come si deve
      Anche perché parliamoci chiaro, non è che le auto elettriche tra due anni spariranno, a cercare di frenare l’unico risultato è che come in tante altre rivoluzioni tecnologiche rimarremo indietro e le nuove aziende le costruiranno altrove, perché è vero che le azie de vanno dove la manodopera costa meno, ma vanno comunque dove c’è quella benedetta manodopera (che poi non la chiamerei nemmeno più così data la specializzazione medio alta) per aprire uno stabilimento da 3mila operai prima ti assicuri che ci siano da assumere altrimenti importare dall’estero ti costa diecimila volte di più

    3. Gianluigi Cassin

      Ma quindi cosa proponi? Di lasciare tutto com’è perché convertire industrie costa e riqualificare la manodopera, specie gli over 50, è difficile? Non credi un 50enne preferirebbe partecipare a corsi per mantenere un lavoro, piuttosto che perderlo? Se fossi tu, non andresti di corsa a questi corsi?
      Lo stesso vale per meccanici di officine, pompieri, ecc.
      I benzinai sono più a rischio, concordo. Non per questo si fermerà il progresso, non è controllabile.
      I piani e gli investimenti sono chiarissimi, per chi sa leggere

  2. Alessandro Ziggiotti

    La diffusione delle rinnovabili, per essere sostenibile, deve andare di pari passo con la capacità di energy buffer, cioè la capacità che ha la rete di immagazzinare l’energia che, per natura delle rinnovabili, non viene prodotta seguendo le esigenze della rete. Fino a ieri la funzione di energy buffer é stata assolta dall’idroelettrico di pompaggio, che é a tutt’oggi competitivo come costi e impatto ambientale. Oggi si sta affacciando su questo mercato la tecnologia delle batterie al litio, grazie al calo dei prezzi, per cui una parte del fotovoltaico nasce con accumulo, i cui costi sono ampiamente ammortizzati dal vantaggio dell’autoconsumo. Per il futuro un’altea opzione é la maggiore integrazione delle batterie delle vetture nella rete elettrica, sono in fase di sviluppo le colonnine V2G, ma questo richiede che gran parte dei veicoli possa essere connessa alla rete in fase di parcheggio, ergo questo richiede una diffusione capillare di colonnine. Però la diffusione dei veicoli elettrici può giocare concretamente un grosso ruolo nella diffusione delle rinnovabili. La costruzione invece di nuovi impianti idroelettrici sarebbe invece difficoltosa per diverse ragioni, per quanto il pompaggio resti una tecnologia decisamente valida anche oggi

    1. Gianluigi Cassin

      Ma a che altre soluzioni in fase nascente vedranno nei prossimi anni i propri costi crollare, come già abbiamo visto per le batterie al litio e prima per il fv e l’eolico.
      È stato stimato che anche accumuli ad aria compressa, molten battery, ecc diventeranno presto molto competitive, ossia in questa decade. Non sarebbe proprio questo il momento di investirci e creare una filiera nazionale?
      Anche nellidrogeno potremmo dire la nostra.

  3. Il futuro fabbisogno energetico dipenderá anche dalla situazione dell’industria pesante, in diversi casi molto energivora (esempio classico gli altoforni delle acciaierie) Finora la transizione alle rinnovabili è stata in parte favorita anche dalla dismissione di diversi settori produttivi di questo tipo, ma domani ?

    1. Nello Roscini

      l’elettricità fatta con le rinnovabili, non è diversa
      dall’elettricità fatta col metano, o il nucleare

      sono allo studio gli altoforni Elettrici
      se ne parla da anni ,
      inoltre c’è anche la possibilità di usare , l’idrogeno verde ..
      è uno dei settori dove avrebbe senso l’utilizzo

      le sembrerà “strano” ma ArcelorMittal insieme a Bezos e Gates
      hanno investito anche nelle batterie stazionarie ferro-aria oltre che sull’idrogeno verde per la produzione di acciaio

      l’acciaio verde , all’inizio costerà di più
      ma secondo me non molto di più

      perchè rischierebbe di aprire il mercato ai materiali compositi
      che sono “nicchia” da troppi decenni

      una bella carrozzeria in composito fibra di vetro + fibra vegetale
      e un telaio in fibra di carbonio ..

      MATERIALI PERFETTI per le EV del prossimo futuro ..
      acciao addio ..
      300 kg di meno ?

      perfino nell’edilizia , cominciano ad affacciarsi i materiali compositi
      cemento rinforzato nanotubi di grafene ,fibre di vetro, cellulosa trattata ecc. ecc.

      1. “una bella carrozzeria in composito fibra di vetro + fibra vegetale
        e un telaio in fibra di carbonio ..

        MATERIALI PERFETTI per le EV del prossimo futuro ..
        acciao addio ..
        300 kg di meno”

        Caro Nello, adesso però ci devi linkare dove possiamo leggerne di più, per noi “innovazionentustiasti”.

        300 kg in meno? Magari! Firmo subito.

        1. Nello Roscini

          la C4 Alfaromeo è stata la prima auto di serie contelaio/scocca in fibra di carbonio e compositi
          è uscita 7 anni fa a un prezzo non eccessivo

          perfino Enry Ford sperimentò una carrozzeria in fibra vegetale
          https://ruoteclassiche.quattroruote.it/il-sogno-alla-cannabis-di-henry-ford/

          poi c’è la morgan che ha avuto addirittura il telaio in legno e acciaio per molti anni
          solo recentemente è passata all’alluminio

          il costo si riduce ottimizzando i processi di produzione ,
          la fibra di carbonio e il kevlar è uscita dalla nicchia da parecchi anni
          boeing e airbus ne fanno largo uso
          recentemente anche i treni cominciano a farne uso

          certo per adottare questi materiali per produzioni di larga serie c’è strada da fare
          la C4 è stata prodotta in 3500 esemplari l’anno

      2. Nello son tutte cose idealmente sensate ma non si considerano le conseguenze,
        Ad esempio idrogeno verde, si benissimo ma attualmente serve più energia di quanta ne immagazzina e produce poi l’idrogeno, tantovale prenderla dai tralicci, ora vado a intuito ma se l’idrogeno avesse un potere calorifico adeguato sarebbe già stato usato negli altiforni come combustibile diretto piuttosto che come sorgente di energia elettrica
        Le fibre di carbonio e leghe plastiche particolari arrivano comunque dalla filiera del petrolio/carbone, il buon vecchio Henry se non ricordo male aveva realizzato il telaio in fibra di canapa, magica pianta (non solo per motivi ricreativi hehe) di cui l’Italia a inizio secolo scorso era grande produttore ed esportatore ma nel vietare le versioni stupefacenti si è anche quasi azzerata quella da coltivazione, faceva molta concorrenza alla plastica, oggi avremmo maglioni in canapa anziché i pile (o magari una combinazione dei due) oltre ad avere un impatto positivo sui terreni coltivati e al contrario della produzione di fibre plastiche varie, assorbe co2 producendo ossigeno, abbinato ad agrivoltaico potrebbe fare tanto più che usare leghe leggere sulle auto e basta, ma abbiamo smesso di fare ricerche serie su quei materiali, oggi i materiali di nuova generazione sono la base per il rilancio futuro delle tecnologie verdi e un enorme contributo arriverà proprio da lì, basta pensare a materiali nanoingegnerizzati che fanno precipitare il carbonio nell’aria senza necessità di aiuti chimici (quindi da dover rimpinguare quando finiscono)
        C’è tanto da considerare, ma siamo molto lenti, lo stesso obiettivo di neutralità al 2050 è insensato e blando, se ci arriviamo abbiamo solo fermato la situazione a quella che sarà a quei livelli, è necessario arrivare ad un contributo negativo assorbendo la co2 perché non esiste solo l’attività umana a generarla, vulcani incendi terremoti etc sono fuori dal nostro controllo ma comunque immettono quasi quanto noi

        1. Nello Roscini

          guarda che io l’idrogeno verde lo considero utile solo per ALCUNI processi industriali
          come la produzione dell’acciaio e dell’ammoniaca per i concimi

          oramai le batterie sono pronte perfino per i mezzi pesanti da 27 tonnellate
          Mercedes li sta testando con le batterie allo stato solido con 400 km di autonomia
          Volvo già li vende

          Merrcedes parla di batterie con una desità di 400Wh kg
          con questa densità energetica ..
          si vola , a livello nazionale e continentale per ora , ma si vola

          e poi penso :
          che con il boom delle rinnovabili e delle batterie stazionarie
          che ripeto , non devono essere al litio
          non serve un’alta densità energetica per le stazionarie
          servono materiali poco costosi e eco sostenibili ;
          ferro aria , sono in fase di collaudo
          ioni di sodio stanno andando in produzione (CATL)
          se come penso io , si diffonderanno in maniera esponenziale
          rispetto alle attuali LFP ,
          vedremo il proliferare di batterie ,da 50 kWh in su, in tutte le cantine,
          magari saranno installate direttamente dal gestore nelle vecchie cabine elettriche abbandonate , ne ho una proprio davanti casa mia , è alta come un palazzo

          ripeto con l’ esplosione delle rinnovabili e soprattutto delle batterie STAZIONARIE
          e una rete integrata col resto d’Europa con cui bilanciare

          il problema industriale NON ESISTERA’,
          perchè molte utenze ..
          NON AVRANNO PIU’ BISOGNO DI ENERGIA
          perchè le case ZEB già esistonono (Case a Zero Emissione )
          poi ci sono le NZEB(case a zero emissione che scambiano con la rete quando serve ,si possono fare con le ristrutturazioni )
          e imho con delle BATTERIE STAZIONARIE di parecchie decine di kWh le case ZEB e NZEB
          diventeranno ZEB PLUS non solo non cosumeranno ma produrranno un surplus di energia da usare con l’auto e da cedere alla rete

          lo stesso vale per il mondo agricolo , dove il fotovoltaico sta innescando una vera e propria rivoluzione
          con un po di surplus di fotovoltaico e Eolico da vendere e importare dai paesi vicini
          a seconda della domanda
          il fotovoltaico preso dalla Spagna all’alba e ceduto al tramonto , lo stesso “gioco di fusi” con la ex Jugoslavia , si possono creare “giornate solari più lunghe” semplicemente collaborando coi paesi vicini
          è UNA RETE BIDIREZIONALE , grazie alla telematica e ai computer è solo un problema di bilanciamento
          che Enel fa da molti anni , con poche rinnovabili in questo paese
          ma all’Estero ha esperienze importanti

          damose da fà
          i miei due sesterzi

          1. Guarda sono il primo a vedere in queste tecnologie la soluzione a tantissimi problemi, nelle mie più rosee elucubrazioni mentali ci vedo tra cento anni come in star trek senza denaro e tutti felici a contribuire al mondo

            Però poi calo il tutto nella realtà… Quanti anni ci vogliono per ristrutturare tutte e dico tutte le case, palazzine, scuole edifici pubblici vari anche solo limitandoci all Italia? Da considerare il freno politico volto agli interessi delle aziende produttive, immagino cmq sia chiaro che buona parte delle intenzioni green che manifestano ci sono perché non possono farne a meno, non so ci vorrà quanto 70?80 anni? Ovviamente con costanti incentivi,Abbiamo case abitate con più di cento anni , per non parlare di norme paesaggistiche e linee guida per i centri storici che va a bloccare totalmente vastissime aree anche solo dallinstallare pannelli, siamo in una società che si preoccupa di cambiare i pronomi per non offendere una minoranza ma non vuole vedere le pale eoliche a 5km dal paese perché è brutto

            Oltre che case così ristrutturate o costruite costano un enormità in più, tra una classe b e una a3/a4 ci balla spesso un buon 50%, non tutti han disponibilità per certe cifre e solo 70/80mq e incentivi all’acquisto di case in classe A non ne ho mica viste, non tutto può essere ristrutturato spesso va abbattuto e rifatto da zero.
            Il senso è che se aspettiamo di azzerare le emissioni e aumentare l’energia prodotta per vedere un inizio di inversione di rotta, siamo già belli che morti tutti, la logica del profitto in questo momento storico è fallimentare ma siamo (come genere umano) troppo lenti a cambiare le abitudini, malapena in 4 generazioni cambia qualcosa di rilevante e le abitudini che ora ci fanno male le portiamo avanti dall’alba dei tempi

            Il discorso che fai del delocalizzare le produzioni ha senso, ma pensi in piccolo, ci sono vastissime aree del pianeta che sono totalmente inabitabili, deserti di decine di migliaia di km dove si potrebbe tranquillamente installare centinaia di centrali nucleari, pannelli fotovoltaici, eolico etc etc si ok c’è la sabbia ma le soluzioni si sono sempre trovate, il problema è sempre lì, il profitto, dovrebbe essere energia condivisa con l’intero pianeta e guai a dare energia gratis a tutti, soprattutto nei paesi ahimè sottosviluppati che così potrebbero diventare autonomi.. L’unico passo importante sarebbe un unico governo mondiale ma.. Tra complottisti e i vari stati che non lascerebbero mai il potere (basta vedere la fatica per un Europa veramente unita) resta fantascienza

  4. A proposito di penetrazione delle auto elettriche e Fit for 55, il governo si è schierato in Europa contro l’ipotesi di vietare le vendite delle auto con motori a benzina e diesel dal 2035, parlando esplicitamente di ricadute industriali negative anche sull’occupazione e di perdita di competitività. E questo avrà certamente impatti sull’adozione di una mobilità alternativa e quindi anche sugli investimenti dei soggetti privati in questo settore.

    Infine di recente ricordo che il ministro dell’energia tedesco avrebbe detto che già nei prossimi mesi potrebbe verificarsi un black out importante per le scarse scorte dei combustibili fossili che alimentano le centrali elettriche tedesche. Se pensiamo che circa la metà dell’energia prodotta in Italia dipende dalla combustione di gas, sarebbe il caso di chiedere anche al nostro ministro come siamo messi e cosa rischiamo. Questo mentre Bill Gates e alcuni stati riprendono a costruire centrali nucleari e mentre il democratico Biden, differentemente da quanto dichiarato in campagna elettorale, ha già concesso più licenze per l’estrazione di petrolio negli USA di quante ne aveva concesse Trump. Ve le butto lì alla rinfusa, per le persone che come me si divertono a immaginare scenari futuri …

    1. Riguardo la prima parte, ci pensavo giusto ieri quando ho letto i titoli riguardo il governo in Europa, non ho ancora avuto modo di approfondire le ragioni ma immagino siano solo quelle che hai menzionato
      Il ragionamento che mi viene subito naturale è, ok la mobilità elettrica c’è, è sicuro che sarà il futuro della mobilità privata è totalmente fuori questione che sia qui per restare, posso capire la “resistenza” spingendo sui carburanti da batteri ma assolutamente non come soluzione ma come tampone per rendere anche il parco auto termico un po meno inquinante mentre si completa la transizione che sicuramente richiederà non meno di 10/15 anni.
      Ora mi chiedo, ma dato che è inevitabile, quale senso ha continuare alla italiana (per raccattare voti in campagna elettorale permanente) rallentando in nome dei posti di lavoro, quando costerebbe meno e soprattutto ci darebbe un vantaggio competitivo enorme… Pagare di tasca nostra corsi di aggiornamento gratuiti e obbligatori per riqualificare la forza lavoro?
      È vero c’è chi dice che comunque una volta completata la transizione per fare una auto elettrica serviranno meno persone, è verissimo… Ma tutti quelli che oggi producono telecamere, lidar, sensori di vario tipo, chi assembla i motori elettrici, chi fa solo le bobine, chi fa le molle, i freni, gli stampi, i materiali etc etc sono tutti settori che in quantità differenti avranno necessità di quintuplicare le produzioni, anche il solo settore dei cavi elettrici ad alta tensione e marittimi sta avendo un grosso boom, c’è tutta la filiera di costruttori di colonnine che non esisteva prima, e non è che una volta messe tutte han finito, saranno da sostituire per nuove tecnologie che usciranno inevitabilmente, manutenzione da fare, tutti i servizi informatici utilizzati avranno bisogno di server farm delocalizzate sul territorio, quindi di personale che le gestisce ma anche che produce quei benedetti armadi e gli impianti di condizionamento.
      La maggior parte sono settori in cui abbiamo dei primati mondiali, ma che si affidano fuori per tutta la parte di infrastruttura tecnologica perché noi non abbiamo saputo generare un mercato interno come han fatto in altri stati europei e stati uniti ma anche Cina Russia e Giappone
      Più tempo passiamo nello stato letargico di “rallentiamo così i voti ci arrivano da tutti quelli che pensano facciano tutto in nome dei posti di lavoro…
      Però è difficile dover dire a tot milioni di italiani” ok da oggi torni a studiare qualche giorno a settimana per assicurarti un lavoro domani”, lo han fatto con il reddito di cittadinanza ma… I dati dei corsi formativi fatti sono talmente ridicoli sulla platea totale che si può dire siano 0, tante belle parole ma poi? Una volta arrivati i voti basta così

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