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Ricarica V2G: Arera fa il punto e getta acqua sul fuoco

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Arera fa il punto sulla ricarica bidirezionale V2G: grandi potenzialità per una rete elettrica 100% green, ma guai sottovalutare costi e complessità. Insomma, getta acqua sul fuoco.

Le auto elettriche sono “batterie con le ruote”, cioè sistemi mobili di accumulo di energia. Ma le ruote, mediamente, girano solo per il 5-6 % della loro vita utile. Per tutto il resto del tempo se ne stanno ferme, con le batterie piene di elettroni  inutilizzati.  Nel contempo ci arrovelliamo per capire come accumulare  eccedenze di produzione e coprire i picchi della domanda elettrica quando a generare l’energia elettrica saranno solo fonti rinnovabili intermittenti e non programmabili. Ha senso? No, ma…

“Batterie su ruote”, pronto soccorso per la rete elettrica

I numeri, presi all’ingrosso, ci porterebbero a dire che le auto elettriche, se abilitate a rilasciare energia verso la rete oltre che riceverla a scaricarla verso le ruote (in gergo tecnico, bidirezionalità), saranno in futuro la soluzione finale per bilanciare reti elettriche totalmente “green”.

Uno studio di Terna (leggi) basato sulla proiezione dei veicoli elettrici circolanti in Italia nel 2030 (6,5 milioni fra EV e PHEV secondo gli scenari del PNIEC) quantifica in ben 300 GWh la capacità teorica di accumulo distribuito nella “batterie su ruote”. E’ molto più di quel che servirebbe al sistema elettrico italiano per tenere in equilibrio domanda e offerta pur rinunciare del tutto a centrali termoelettriche o nucleari.

E il think tank Transport & Environment, in un report diffuso a fine ottobre, sostiene che un parco auto elettrico con funzionalità bidirezionale consentirebbe di risparmiare 100 miliardi di euro da qui al 2040 in investimenti per sistemi ad hoc di accumulo stazionario. Siamo fra l’8 e il 10% di risparmio ogni anno sulla gestione dell’energia elettrica.

Risparmio che, se riversato in parte sugli EV driver che erogano il servizio, porterebbe un vantaggio compreso fra 31 e 780 euro ciascuno, pari al 52% dei costi di rifornimento  annui. In sostanza dimezzerebbe le attuali spese di mantenimento di un’ auto elettrica.

Bello sì, ma con tre grossi problemi

‘Ma un poderoso (42 pagine) studio appena realizzato da Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) getta un po’ di acqua sul fuoco. Esaminate le tecnologie oggi disponibili e le sperimentazioni in atto nel mondo – Italia compresa -, elaborati modelli statistici e simulazioni virtuali, evidenzia infatti tre tipi di criticità:

  • Non tutte le auto elettriche, anzi solo una minoranza, potranno partecipare a questo immenso gioco dello stoccaggio distribuito.
  • Il gioco è molto più complesso da organizzare e gestire di come lo si immagina.
  • I costi per tradurlo in pratica potrebbero superare i benefici, tanto per il sistema elettrico nel suo insieme, quanto per i singoli EV driver partecipanti.

In conclusione, superare queste tre criticità richiederà tempo, ulteriori sperimentazioni e una buona dose di innovazione tecnologica e industriale. Sarà necessario quindi procedere per tappe successive. E ipotizza che i primi risultati parziali possano arrivare entro un paio di anni con la ricarica monodirezionale flessibile. Ma che la quadratura del cerchio, con le “batterie su ruote” totalmente bidirezionali e integrate alla rete elettrica, possa concretizzarsi solo attorno al 2035. Guarda caso, proprio la data scelta da Bruxelles per mettere al bando le auto termiche a gasolio e benzina.

Pur scontando tutte le difficoltà appena accennate, infatti, le auto elettriche potranno potenzialmente giocare un ruolo chiave nel futuro ecosistema energetico a emissioni zero. Mentre certamente non potranno farlo le attuali auto termiche, anche se alimentate a carburanti carbon neutral come gli e-fuel e i bio carburanti.

Ma procediamo con ordine vedendo una ad una le tre criticità sopra citate.

1/ Non tutte le auto circolanti possono partecipare al gioco della VGI (vehicle-grid integration) perchè…

  • Non saranno mai tutte contemporaneamente connesse.
  • Molte di quelle connesse non lo saranno abbastanza a lungo per supportare la rete. Per esempio, sono escluse di fatto tutte quelle in ricarica fast e ultrafast.
  • Molte non avranno in batteria energia eccedente rispetto a quella richiesta per l’uso prioritario, cioè la mobilità del proprietari.
  • Non tutti i proprietari saranno disponibili a mettere le proprie vetture al servizio della rete.
  • Non tutte saranno abilitate alla bidirezionalità, vale a dire a cedere energia oltre che a prelevarla. Al contrario, oggi pochissimi modelli lo sono e solo in corrente continua.

2/ Il “gioco” è molto, molto complesso perchè…

  • Sono molti i soggetti che devono dialogare in tempo reale (distributori, fornitori, regolatori e utenti) attraverso molti dispositivi diversi (batterie, caricatori, contatori, piattaforma di gestione della rete).
  • I protocolli di dialogo e i codici di rete non sono stati ancora scritti e tantomeno uniformati su scala internazionale. manca insomma un “Esperanto della bidirezionalità” condiviso da automaker, produttori dell’hardware di ricarica, fornitori del servizio e tutti i molteplici protagonisti del sistema elettrico.
  • E’ impossibile gestire servizi di demand response a livello di singola vettura, cioè attraverso milioni e milioni di POD. Serviranno aggregazioni “visibili” per la rete.

  • Prendendo un’auto media (vedi tabella) , con un utilizzo primario medio e abitudini di ricarica medie, Arera stima che siano necessarie 17 vetture collegate contemporaneamente nella stessa area geografica per erogare una potenza di 100 kW, e 167 vetture per erogare 1 Megawatt. Ma le aggregazioni dovranno essere molto più ampie ancora per assicurare una capacità statisticamente garantita alla rete nelle ore più critiche del tardo pomeriggio-sera per l’eccesso di domanda e in quelle meridiane per l’eccesso di produzione. Mille auto connesse ad altrettante wallbox domestiche garantirebbero potenza fino a un massimo di 7 MW. Connesse a colonnine pubbliche o private da 22 kW garantirebbero fino a 22 MW.
  • Oltre alla complessità della gestione operativa non va sottovalutata la complessità di quella amministrativa.
bonus wallbox
Quasar di Wallbox, uno dei pochissimi caricatori bidirezionali sul mercato

3/ La complessità si traduce in maggiori costi perchè:

  • Le wallbox bidirezionali e intelligenti sono oggi molto costose, fra 4 e 7 mila euro. E le attuali wallbox e colonnine andranno tutte anzitempo sostituite.
  • Le auto bidirezionali con connessioni e inverter abilitati anche all’erogazione in corrente alternata costeranno più delle attuali.
  • Tutti i POD dovranno avere contatori intelligenti (l’Italia in questo è già all’avanguardia in Europa, con i contatori di seconda generazione già installati in quasi tutte le utenze di bassa tensione).
  • Le piattaforme di gestione di tutta la filiera elettrica dovranno essere generosamente potenziate.
  • Gli EV driver dovranno essere ricompensati per accettare di cedere alla rete il parziale controllo delle propria batteria, con il rischio aggiuntivo che un numero supplementare di cicli di carica e scarica possa accelerare il degrado della batteria.
  • Il vantaggio di puro mercato, cioè la cessione dell’energia nei picchi di prezzo e l’accumulo nelle “valli”, non è oggi tale da costituire un incentivo determinante; il vantaggio potrà aumentare quando la produzione rinnovabile sarà ancora più diffusa e quindi la distanza tra picchi e valli di prezzo sarà più forte.

Non è detto perciò che per il sistema elettrico nazionale lo stoccaggio diffuso dell’energia nelle auto elettriche risulti più vantaggioso dell’accumulo stazionario in impianti dedicati, i cosiddetti BESS.

Le conclusioni di Arera? Procedere a tappe: dal V1G al V2H (e il V2G entro il 2035)

Emanuele Regalini

«Tecnicamente la bidirezionalità è possibile, ma costi e complessità non vanno sottovalutati» commenta l’ingegner Emanuele Regalini della Direzione Servizi di Sistema e Monitoraggio Energia di Arera, uno dei curatori dello studio.

«Il V1G (flessibilità della ricarica monodirezionale n.d.r.) lo diamo abbastanza per consolidato e realizzabile – aggiunge -. Ci sono ancora aspetti tecnici ed economici da mettere a punto ma sono già tutti alla portata. Lavori a livello europeo sui codici di rete che verranno adottati l’anno prossimo già disciplinano questi aspetti. Nel giro di un paio d’anni possono diventare una realtà concreta».

La prima applicazione della bidirezionalità avverrà in ambito privato con il V2H (Vehicle to Home) e il V2B (Vehicle to Buildings). Le “batterie su ruote”, cioè, supporteranno rispettivamente le abitazioni e le aziende attraverso un singolo POD  e senza  coinvolgere direttamente la rete pubblica. «Lo gestisci tu -spiega Regalini –,  sai quando sei a casa, a che ora e per quanto tempo e ognuno fa i conti sulle sue esigenze».

Per i POD che hanno già autoproduzione da fotovoltaico il passaggio a V2H e V2B sarebbe semplice, perché un contatore bidirezionale è già installato: quando si immette energia per il contatore è indifferente che la fonte sia il fotovoltaico o il veicolo.

Se non c’è fotovoltaico , il passaggio a V2H è più complesso ma, soprattutto, oggi non conveniente per un’abitazione italiana.

Sarà necessario comunque disporre di veicoli abilitati alla scarica della batteria e di wallbox e colonnine in grado di gestire la bidirezionalità a costi comparabili alle  auto e caricatori attuali. Oggi i costi sono eccessivi «ma quando la normativa tecnica si stabilizzerà e i costruttori potranno fare investimenti con orizzonte temporale abbastanza lungo per produrli su larga scala, è ragionevole immaginare che i prezzi si abbasseranno» ragiona ancora Regalini.

Il V2G “totale”: prima tappa nei parcheggi di stazioni e aeroporti. Agli EV driver? Beneficio di 150-180 euro all’anno

Il V2G totale, come abbiamo già visto, implica una gestione molto più complessa. La rete deve avere la garanzia di poter accedere a una scorta di energia significativa, deve sapere a priori quanto può prelevare da ogni POD e in quali momenti perchè siano sincronizzati con i picchi di domanda, infine quanta energia residua deve lasciare alle batterie collegate. E viceversa, nei picchi di produzione.

«Il vantaggio del V2G rispetto al BESS – commenta Regalini – è evitare investimenti aggiuntivi  e ulteriore occupazione di suolo. Però coordinare tanti punti, ciascuno con prestazioni diverse impone agli operatori di adottare complessi approcci di previsione probabilistica ancora da costruire». Il primo banco di prova potrebbe riguardare grandi aggregazioni naturali di auto in sosta prolungata. Per esempio i parcheggi di interscambio, quelli della stazioni e degli aeroporti.

Può aiutare l’Intelligenza artificiale? «Sicuramente può aiutare a fare modelli previsionali per prevedere quante auto a quell’ora saranno collegate e calcolare il supporto e il beneficio che può trarre il sistema o il privato» risponde il funzionario di Arera.

Le conclusioni della Relazione di ARERA evidenziano due aspetti importanti, uno specifico per il nostro paese ed uno economico più generale, relativi al V2G.

La coperta è corta: i benefici ci sono ma potrebbero non bastare a soddisfare la rete è gli EV divers

1) l’Italia presenta una situazione promettente rispetto ad altri paesi europei, grazie al lavoro già svolto negli ultimi anni su più fronti: installazione capillare di contatori elettronici, sviluppo della normativa tecnica e delle regole che favoriscono l’impiego di batterie connesse alle reti elettriche, l’avvio di progetti pilota promossi dai distributori locali.
In base a quanto è possibile prevedere oggi, anche tra 15 anni, i ricavi conseguibili da ciascun EV driver sarebbero nell’ordine di grandezza di 100-200 euro medi all’anno; si tratta di un dato medio e quindi inevitabilmente grossolano, ma condiviso da tutti gli studi realizzati finora a livello sia italiano sia europeo. Incluso quello di Transport & Environment, pur riconoscendo che in alcuni casi particolari il ricavo potrebbe essere molto più alto.
«Il vantaggio c’è ma potrebbe non essere così rilevante per tutti i veicoli» dice Regalini. Come usarlo? «O lo tiene il sistema e tutti ne beneficiano (si abbassano le bollette) oppure viene girato ai proprietari delle auto per incentivarli ad investire sui dispositivi bidirezionali (auto e wallbox)».

2)Ma la coperta è corta e potrebbe non bastare per convincere i proprietari di auto elettriche a cedere di fatto la gestione della loro batteria.

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15 COMMENTI

  1. La visione dell’ARERA mi sembra tendente al pessimismo e frutto di una visione arcaica e centralistica della rete elettrica. È chiaro che i cambiamenti saranno notevoli e non saranno pronti domani, ma già oggi gli impianti fotovoltaici producono corrente continua e possono essere connessi alla rete; inverter e contatore gestiscono tutto. Non non mi sembra ci sia molta differenza se la corrente continua invece che dai pannelli fotovoltaici arriva dalla batteria di un auto. Comunque a mio parere basta la giusta ricompensa (e anche meno) per ottenere miracoli con la collaborazione degli utenti. Vedo file lunghissime ai compattatori delle bottiglie di plastica, che danno come compenso 1 centesimo a bottiglia. Col giusto compenso e i proprietari di auto saranno felicissimi di collegare la propria auto alla rete.

  2. Mi chiedo come sia possibile che da gennaio 2025 tutta Europa sia pronta con R5 e Mobilize con le sue colonnine bidirezionali da 2.000€ a contratti fatti apposta per il V2G , ed in Italia si scriva un articolo con data 2035 con tutte queste incognite , siamo proprio dei trogloditi , siamo passati da Leonardo Da Vinci a terza potenza industriale per finire a fanalino di coda su tutto .

    • Ma se in accelerazione può arrivare anche a 83kwh e invece a casa massimo si carica, scarica a 3,8kwh , cosa vuole che incida ? Invecchiano prima le auto che le batterie .

    • Le batterie durano più delle stesse auto, invece che rottamare un auto con batteria ancora valida che sicuramente non avrà una buona valutazione, meglio sfruttarla per ottenere vantaggi mentre se ne è ancora proprietari.

  3. il V2G secondo me ha un potenziale enorme, basti pensare con un paio di milioni di EV in circolazione ci sarebbero alcune decine di GW di energia disponibile per la rete per auto che per >90% del tempo sono ferme

  4. Mi sembra che non si parli del problema principale (per noi poveri proprietari di bev) ovvero di come farà il sistema a sapere le esigenze di utilizzo della vettura. Se la richiesta da parte della rete avviene giusto prima del mio utilizzo e mi trovo con batteria scarica nel momento del bisogno? Se, tramite domotica, programmo il mio impianto per utilizzare la corrente per usi domestici (lavastoviglie, lavatrice ecc) come faccio a evitare che mi venga “rubata” la corrente? Una bella gatta da pelare, specie considerando che le bev in Italia non vengono vendute perché c’è gente che da un momento all’altro deve andare in Sicilia con il papagallo per non fare soste…

    • se aderisci ad un programma di V2G (che stanno sperimentando in vari paesi)
      dovrebbero esserci delle “soglie” di carica/scarica da impostare sull’App di controllo (es. non scendere sotto il 30%)
      in USA la stessa Tesla invita i propri clienti a caricar l’auto e lo storage di notte per rivendere la corrente di giorno
      in molti casi di emergenza le BEV son state in grado di fornire alimentazione d’emergenza per molte ore alle abitazioni scollegate tramite il V2H

      Anni fa ne parlavo con un ingegnere Stellantis (che teneva i corsi sulle prime plug-in ) ed accennò anche a questi casi-studio… ma al momento in Italia non è legalmente possibile (mentre le nuove Renault 2025 son già predisposte ).

    • Ci sono le impostazioni direttamente sull’auto se hanno la funzione V2G per avere il minimo necessario per il giorno successivo .

  5. Il V2G lo vedo molto complicato in Italia. Non credo che ci sia convenienza per il singolo utente di auto elettrica a rendere disponibile la propria auto per la connessione con la rete impedendone l’uso privato. Credo che sia più conveniente invece finanziare o incentivare il più possibile impianti fotovoltaici con accumulo domestico che sia in grado di gestire anche lo scambio energetico con la rete. In altre parole, batterie dedicate, allo scopo di stabilizzare la rete elettrica. Poi rimane lo scoglio della bassa remunerazione dell’energia elettrica ed il problema di doverla dichiarare nella propria dichiarazione dei redditi.

    • Ma sono due cose che hanno funzioni diverse , il fotovoltaico serve per produrre energia il V2G per gestire i picchi nazionali o regionali .

  6. Visto che la mia BEV la uso solo quando non posso andare a piedi o in bici (e fa comunque quasi 1000km al mese) i “tempi morti” giorno/notte sono tanti, quindi si “presterebbe bene” alla sperimentazione (con adeguata WB, viso che il mio POD è già bidirezionale causa FV + “sperimentazione 6kW notturni GSE” ).

    Personalmente trovo anch’io interessante ed economicamente conveniente iniziare col V2H, visto che le batterie d’accumulo hanno ancora costi che non recupererei se non in lungo periodo, ma sarebbe validissima opzione cambiare l’auto (o quella ICE di mia moglie o la mia BEV) per accedere a quella funzione, con uno storage da ben 60kWh !! Ad oggi prendendo una R5 52kWh già abilitata mi costerebbe – a differenza con l’ICE da 24k € – quanto un Tesla Powerwall 3, che al momento quota 10k euro ca installato e dotato dei dispositivi necessari (salvo ulteriori adeguamenti dell’impianto).

    Aspetto, mi informo… e spero…

    • L’impianto tesla a casa è già predisposto visto che all’estero chi ha un Cybertruck lo può usare in modalità V2G/H tranquillamente , ed esistono sperimentazioni che danno Model 3 è Y aggiornabili a queste funzioni . Sarebbe corretto che gli Stati come già fanno con la compatibilità dei vari accessori domotici , richiedano piena compatibilità da tutte le case automobilistiche per queste tecnologie .

      • Se non sbaglio pure le ultime generazioni di VW iD3/4 etc hanno già HW & SW predisposto…
        Il problema sono i gestori di rete che non sono pronti a bilanciare una rete bidirezionale…al momento… giusto quei (pochi) con impianti FV.

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