Secondo un nuovo report pubblicato da Motointegrator e realizzato con DataPulse Research, l’Europa dispone oggi di circa 910.000 punti di ricarica pubblici, appena il 26% dell’obiettivo fissato per il 2030 dalla Commissione europea. Un ritardo che non risparmia l’Italia, anche se, a sorpresa, non è affatto il fanalino di coda del Vecchio Continente, sia in rapporto alle auto elettriche in circolazione, sia nella distribuzione sul territorio.

La rete di ricarica cresce di 150 mila punti all’anno, ma ne servirebbero 500 mila
L’analisi evidenzia come il ritmo di installazione delle colonnine sia inferiore di oltre la metà rispetto a quanto servirebbe per centrare il traguardo comunitario.
Ogni anno l’Europa aggiunge circa 150.000 nuovi punti di ricarica, ma per arrivare a quota 3,5 milioni entro il 2030 servirebbero oltre 500.000 installazioni l’anno. Secondo l’ACEA, l’associazione dei costruttori europei, il fabbisogno reale sarebbe addirittura otto milioni di colonnine, quindi più del doppio rispetto ai piani ufficiali di Bruxelles.
Dietro i numeri, però, si nasconde una realtà complessa: la distribuzione geografica è estremamente squilibrata. Quasi il 60% dei punti si concentra tra Olanda, Germania e Francia, mentre l’Europa meridionale arranca. In Italia, per esempio, la densità media resta inferiore a 10 punti ogni 100 km di rete stradale, contro i 64 dei Paesi Bassi.
Tuttavia il grafico qui sotto mostra che in Italia non ci sono aree gravemente carenti di infrastrutture (colorazione rosa o rossa) dove raggiungere una colonnina può comportare una deviazione dal percorso superiore ai 20 km. E, a parte alcune zone del Mezzogiorno definibili “a copertura limitata”, si trova sempre un punto di ricarica entro 5 km. Peggio di noi è messa la Spagna, ma anche la Francia e perfino la Germania. Per non parlare dei Paesi scandinavi, dove la penetrazione delle auto elettriche è massima, ma gran parte del territorio è sostanzialmente disabitato e quindi sprovvisto di impianti. Sicuramente un grave problema di pianificazione per i viaggiatori a lungo raggio.

Un collo di bottiglia che frena l’elettrificazione
L’analisi di Motointegrator e DataPulse Research attribuisce il ritardo nelle nuove installazioni ai tempi lunghi per i collegamenti alla rete elettrica e alle difficoltà burocratiche per le autorizzazioni da un lato. Dall’altro alla mancanza di standard comuni e di interoperabilità tra operatori, che frammenta il mercato e confonde gli utenti.
Anche le reti di ricarica ultraveloce, fondamentali per la mobilità autostradale, avanzano con lentezza: oggi rappresentano meno del 10% delle installazioni totali. qui l’Italia si scollona nella media europea, pur con una elettrificazione delle aree di servizio che copra circa il 50% dell’esistente.
A incidere c’è poi la disparità di incentivi tra i Paesi membri: mentre Germania e Francia hanno introdotto forti sostegni pubblici per infrastrutture e flotte aziendali, nel Sud Europa le misure restano più limitate e spesso frammentarie. Ricordiamo che in Italia i fondi stanziati dal Pnrr per le ricariche sono rimasti in larga misura inutilizzati . Non è chiaro se ciò sia avvenuto perchè i bandi erano mal formulati o perchè gli operatori hanno ritenuto ancora insufficiente la penetrazione delle auto elettriche per giustificare massicci investimenti, coperti da incentivi solo per il 40%. Fatto sta che i fondi residui di 597 milioni sono stati dirottati sugli incentivi per l’acquisto di veicoli.

Secondo lo studio, il ritardo infrastrutturale rischia di trasformarsi nel vero collo di bottiglia della transizione elettrica. Con una domanda di veicoli a batteria in costante aumento, la mancanza di punti di ricarica potrebbe minare la fiducia dei consumatori e mettere in difficoltà anche le aziende che stanno elettrificando le proprie flotte. Il risultato? Una corsa a due velocità, dove tecnologia e mercato corrono più veloci della rete.
In Italia la ricarica corre più delle auto elettriche
L’Europa – e l’Italia con essa – si trova così a un bivio: investire ora in modo deciso o rinunciare di fatto agli obiettivi di neutralità climatica nel settore trasporti. Per la mobilità elettrica, la sfida non è più convincere gli automobilisti, ma dare loro le infrastrutture per crederci davvero.
In termini di rapporto “numero di veicoli elettrici” / “numero di punti di ricarica”, l’Italia risulta in una posizione favorevole rispetto ad alcuni Paesi con flotte molto più grandi, con 18,3 veicoli per punto di ricarica pubblico. Anche la copertura dei Comuni è migliorata: secondo RSE Web circa il 60% dei comuni italiani sono ora serviti da almeno una colonnina pubblica, rispetto al 41% dell’anno precedente.
Tuttavia, l’Italia della ricarica è indietro rispetto ad altri mercati europei come densità per rete stradale: solo 0 punti di ricarica ogni 100 km di rete stradale. La distribuzione regionale è fortemente sbilanciata: oltre il 57-58% dei punti di ricarica sono concentrati nel Nord Italia, mentre il Centro pesa circa il 20% e il Sud + Isole circa il 22-23%. Le colonnine ad alta potenza (DC, ultra-fast) – sono in forte crescita, ma restano ancora una quota relativamente bassa dell’insieme: solo il 14% di tutti i punti come DC.
In sintesi: l’Italia si trova in una posizione intermedia: non tra i primissimi per copertura assoluta (vedi Paesi Bassi, Belgio, ecc.), ma neanche tra gli ultimi. Mentre resta fanalino di coda come quota di mercato delle auto a batteria.
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