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Retrofit moto: c’è la norma, manca l’ok da Bruxelles

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retrofit moto
Il kit per la Vespa 50
Training Academy Varta

Decreto Retrofit moto: vicini al traguardo. Ci siamo quasi dal punto  di vista normativo, ma non assicuriamo sia utile visto l’esito abbastanza fallimentare di quello del 2015 dedicato alle quattro ruote, dove non si vedono i kit. 

Abbiamo recuperato il documento, nel vero senso della parola, che invece meriterebbe di essere ben diffuso anche per evitare i classici orrori ben evidenti in tante norme non condivise.

C’è da aspettare: il regolamento trasmesso alla Commissione Ue

Retrokit elettrico Vespa
Sul tavolo del ministero il retrokit della Vespa

Vicini al traguardo? Quasi, ma andiamoci cauti perché il documento che riassumiamo è stato spedito dal ministero dei Trasporti agli uffici competenti della Commissione Ue per essere consultato. Si dovrà, dunque,  aspettare fino al 5 febbraio. C’è da penare ancora, ricordiamo la lunga battaglia dei ragazzi riminesi che hanno ideato il kit del Vespino, mentre i francesi sono arrivati dopo ma già concedono contributi per la conversione in elettrico delle due ruote.

Il regolamento retrofit moto

Cosa prevede il regolamento? I termini usati per la conversione sono questi: “Sistema di riqualificazione elettrica”. Nello specifico si tratta, usando le parole ministeriali, di un: “Sistema che consente di trasformare un veicolo della categoria L con motore endotermico in un veicolo con esclusiva trazione elettrica”.

Gli elementi del kit 

1. un motopropulsore, ossia macchina elettrica e relativo convertitore di potenza, montato a monte degli organi di trasmissione;
2. un pacco batterie, comprensivo di sistema di gestione elettrica e termica degli accumulatori e di sistema di sezionamento e protezione, inteso a fornire in modo esclusivo l’energia e la potenza di trazione;
3. un’interfaccia con la rete per la ricarica del pacco batterie;
4. eventuali altri sottosistemi necessari al corretto funzionamento del veicolo trasformato.

Come nelle quattro ruote c’è il kit da omologare

retrofit
Il retrofit su una 850 Fiat

Per essere significativa la norma deve incentivare un sistema di produzione industriale che permetta di ridurre i costi e attrarre clienti. Servono i kit. Leggiamo il regolamento: “Ogni sistema di riqualificazione elettrica è omologato in relazione ad una o più famiglie di veicoli”. Terminata la pratica: “A ciascun sistema di riqualificazione elettrica è assegnato un numero di omologazione” e “la Direzione Generale per la motorizzazione rilascia il certificato di omologazione del sistema di riqualificazione elettrica”. Importante il passaggio dove si sottolinea che il kit montato non deve alterare: “Le originarie caratteristiche del veicolo in termini di prestazioni e sicurezza”.

Nulla osta del costruttore solo per alcune modifiche

Il proprietario del veicolo può convertire in elettrico la sua moto senza chiedere l’autorizzazione al costruttore, ma se il retrofit richiede: “Sostituzioni o modifiche di parti del veicolo al di fuori del sistema di propulsione stesso” allora “è richiesto il preventivo nulla osta del costruttore del veicolo”. Un limite, ma ampia libertà per il motore elettrico. Il via libera non è necessario per modifiche e sostituzioni di tutti  “gli organi appartenenti alla catena cinematica che trasmette il moto tra l’albero motore e le ruote di trazione – quali, ad esempio, il cambio, il differenziale, i semiassi -, purché i valori di potenza massima e coppia massima restino nell’intervallo chiuso di cui all’allegato C”. Inoltre in alternativa al nulla osta del costruttore può intervenire il servizio tecnico per accertare “un livello di sicurezza e di prestazioni non inferiori a quello del veicolo originario”.

Il responsabile delle batterie? Il costruttore del kit

l'azienda carwatt
batterie usate nel retrofit

Il costruttore del kit per il regolamento è un “produttore” quindi responsabile delle  “procedure di recupero e trattamento del pacco batterie esauste”. Un aspetto fondamentale per garantire il loro riuso e riciclo. Il costruttore inoltre deve predisporre e rendere disponibili, per ogni sistema omologato, le prescrizioni per l’installazione con le indicazioni generali e specifiche. In pratica: “Informazioni di uso, manutenzione, installazione e smaltimento dello stesso, destinate all’installatore e all’utilizzatore”, più “istruzioni e avvertenze, rescue card, da utilizzarsi in caso di interventi di emergenza”.

Chi lo monta? L’installatore. Kit dall’estero? Controllo del ministero

Il kit deve essere montato da un installatore che rilascia una dichiarazione con la quale certifica l’osservanza delle prescrizioni per l’installazione disposte dal costruttore. A livello burocratico si prosegue con “l’aggiornamento della carta di circolazione” e soprattutto ”non è consentito il ripristino del motore endotermico”. Una scelta irreversibile, si converte una volta per sempre.

Interessante il tema del via libera ai kit “stranieri” – Stati appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo – ma per poter essere installati  “sono soggetti a verifica delle condizioni di sicurezza del prodotto e di protezione degli utenti” che devono essere “equivalenti o superiori a quelle richieste dal decreto”. Bene, ma prima di dare un giudizio vediamo la versione definitiva.

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6 COMMENTI

  1. Ciao Gian Basilio, non dovrebbe essere un problema il fatto che arrivano dalla Cina, perché fra dogane e controlli dove vogliono, hai voglia come ci arrivano e non gli sfugge niente. Per il decreto che sarà dimagrito forse di qualcosina, poca roba che però non risolverà nulla. Se paragonassimo il decreto a un corpo obeso di 250 Kg, capisci che perderne 30 non risolve la situazione. Come ho suggerito più di una volta, la pratica deve essere snella con un percorso più tecnico inteso in senso pratico, al contrario il decreto predilige un senso tecnico morbosamente burocratico che, sconforta e ammorba le iniziative di piccole realtà. Ti confesso personalmente l’idea del kit commercialmente non mi interessa più di tanto, dato che a 54 anni di rimettermi in gioco aprendo un’azienda come costruttore… per carità mi vien male solo al pensiero. Per me è stata una sfida tecnica con me stesso, le esperienze maturate in decenni di lavoro in vari settori, tutte radunate in un progetto. La vespa fa parte della mia adolescenza così, dato che ne avevo una c’ho provato. Premetto che nel “lavoro” sono pignolo e non tollero errori, però visto che non sono un dio, qualche volta mi toccato darmi del pirla, non è certo gratificante ma sai com’è errare è umano, così per onestà ci sta anche questo. Comunque alla fine devo dire che il risultato ha stupito anche me! Tanto da approfondire la materia, come sai ho retrofittato altri ciclomotori. Ora dopo svariati km di uso quotidiano senza problemi di alcun tipo, sarebbe giusto passare la palla a qualche azienda, operante nel settore dell’aftermarket. Non solo, anche la Piaggio potrebbe venderli a tutti i clienti che, non hanno 6500€ per una vespa nuova ma, che preferirebbero elettrificare la loro, piuttosto che rottamarla per acquistare uno scooter di plastica asiatica. Oltretutto con piccole modifiche ma mantenendo più del 90% della componentistica potrebbero elettrificare tutti i modelli che condividono lo stesso motore, anche a ruota alta. Quindi penso di aver vinto la mia sfida e per quanto mi riguarda, del decreto potrei anche fregarmene. La cosa che mi fa incazzare è che non posso usare la vespa perché non omologata secondo i loro canoni, anche se, dal punto di vista tecnico pratico è perfetta. Nonostante fatta salva l’unica sfiga dell’autonomia limitata che, è comunque di 70 km, per il resto è anche meglio di prima. Ah scusa dimenticavo che il mio senso tecnico pratico non vale niente perché sempre per i loro canoni, non avrei le competenze necessarie in merito, poiché come sai, ho la terza media e quindi considerato, sempre secondo i loro canoni, un’ignorante incompetente in poche parole un minchione. A tutto ciò, si aggiunge l’amarezza del veder mortificare i giovani, è una cosa vergognosa! Io ho 54 anni e potrei anche fregarmene ma loro? Mi riferisco ai ragazzi di motoveloci, dopo anni sono ancora li ad aspettare, nel frattempo le campagne incentivi/rottamazione faranno la loro parte, così ben presto ci sarà molto poco da retrofittare, della serie aspetta e spera… ma chi visse sperando… Anche le aziende dell’ aftermarket se non guardano il futuro con lungimiranza, rischiano nei prossimi dieci anni di trovarsi in serie difficoltà, sempre che non si siano estinte prima, per anacronismo cronico legato al motore 2 Tempi. La Piaggio di questo passo e con questi prezzi, nonché la scarsa gamma di modelli, perderà grandi fette di mercato a favore di produttori asiatici che, per vastità di scelta e prezzo sono più concorrenziali, non solo in Italia ma nel mondo. Vorrei pubblicare un video su questo tema, ma è così vasto e articolato che, non so da dove iniziare! Sarebbe bello farlo insieme, da professionista sapresti strutturare meglio il discorso Mi piacerebbe che provassi i mezzi e valutarli, scambiare vedute e opinioni. Niente di che,” un video fatto in casa alla buona” certamente non avrà la qualità da grande emittente televisiva, tuttavia potrebbe essere interessante come spunto di riflessione, non solo per chi ruota nel settore ma anche per i lettori, che magari possiedono una vespa e non la vogliono rottamare. A loro dedico questi video https://www.youtube.com/watch?v=vg8lUPRf3wU https://www.youtube.com/watch?v=1vi6Zr14wzY

  2. Ciao Gian Basilio, per quale ragione lo smaltimento non viene accollato al costruttore delle celle, anziché al costruttore del Kit? Sarebbe più opportuno che questi oneri siano a carico del costruttore delle celle poiché sono loro che le fabbricano, chi fa i kit si limita solo ad assemblarle. Rimango del parere che, la burocrazia vada contro il retrofit e le leggi soffocanti lo certificano. Troppi carrozzoni pieni di inutili e costosi parassiti, che per il fantomatico bene del consumatore si inventano di tutto. Se lo stato da gli incentivi per la rottamazione, come può contemporaneamente incentivare il retrofit? Il quale per definizione e ragione di esistere, spinge per la riqualificazione del mezzo anziché rottamarlo.
    Considerando che il retrofit si basa su un mezzo già omologato e circolante da anni e ci si limita solo ed esclusivamente a sostituire la parte termica, lasciando inalterato tutto e dico tutto e per tutto il resto, il problema dov’è? La sicurezza? Eccole a cascata partendo dalla batteria, 1° BMS controlla tutti i parametri in scarica e in carica, nel caso di anomalie tipo cortocircuito o assorbimento anomalo, stacca la tensione. 2° Interruttore generale termico montato a valle della batteria, separandola di fatto dal resto, ha il compito di tagliare la tensione in caso di cortocircuito o di assorbimento superiore al dovuto. 3° inverter o controller, anch’esso dotato di controllo di tensione e assorbimento in entrata e in uscita, in più oltre ad interrompere la tensione, ha anche un sistema di diagnosi con segnalazione anomalie. 4° fusibili, questi proteggono sia a monte che a valle ogni apparato/servizio, che parte dal relé di accensione al regolatore di tensione del 12 Volt di alimentazione impianto elettrico originale ( luci frecce ecc.). 5° connettori esposti o che potrebbero venire a contatto con l’acqua devono essere rigorosamente impermeabili. 6° interruttore termico motore elettrico, montato a monte della chiave di accensione, nel caso di surriscaldamento eccessivo del motore spegne tutto. Dovrebbero bastare per stare tranquilli e per buon ingegnere tecnico della motorizzazione, sicuramente più competente e preparato dei politici del ministero, non dovrebbe essere così difficile giudicare se il sistema è sicuro o no. Se ritenuto sicuro perché ha i requisiti standard di sicurezza, fatto un giro per verificare che la velocità max sia in linea e che tutti i servizi funzionino correttamente, una bella doccia con l’idropulitrice per verificarne l’impermeabilità. Se tutto è ok si timbra il libretto e via. Una pratica semplice e snella tipo la revisione periodica, eliminando tutte quelle burocrazie più utili a mantenere i carrozzoni che a creare opportunità. Solo così il retrofit può avere un futuro, viceversa come potete constatare dopo 5 anni nei quali non si è visto niente, per caso qualcuno a visto in giro un mezzo retrofittato? Io no! Quindi il tanto decantato decreto retrofit che, doveva facilitare la nascita di nuove iniziative e opportunità professionali, ha purtroppo partorito un cadavere. Visto il risultato fallimentare e non poteva essere diversamente, data la pietosa preparazione tecnica dei politici. Dopo tutta questa lunga pappardella possiamo tranquillamente affermare che, grazie alla cattiva gestazione di mamma ministero e dell’ ignorante seme di papà lobby buone, il settore del retrofit è nato morto per legge.

    • Buongiorno Max – per chi non lo conosce può leggere l’articolo https://www.vaielettrico.it/max-converte-la-vespa-50-ma-lomologazione-costa-troppo/ – sicuramente la burocrazia è un virus letale per la qualità della vita delle imprese e dei cittadini.

      Nello specifico penso però che il responsabile debba essere il costruttore del kit anche perché magari i produttori di celle sono in Cina e diventa impossibile far rispettare la legge.

      Il decreto retrofit non ha funzionato, però questo regolamento mi sembra più snello ovvero con la rete delle officine tutto dovrebbe essere, uso il condizionale, più semplice. Vediamo. Purtroppo c’è da aspettare fino a febbraio.

  3. mi chiedo la potenza che devono avere i punti di ricarica,considerando una ricarica di molte auto contemporaneamente, non so se sia possibile organizzare una rete di sostituzione batteria.

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