Un 2022 di inaspettata e improvvisa gelata sulla mobilità elettrica: la rileva e cerca di spiegarla la sesta edizione dello Smart Mobility Report redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, presentato questa mattina al Politecnico.
Se in Italia il 2021 è stato ancora un anno da record, con ben 137.000 nuove auto elettriche immatricolate (il 65% al Nord e ripartite in maniera omogenea tra BEV e PHEV) contro le 60.000 del 2020 (+128%), a loro volta quasi il triplo rispetto a quelle del 2019, i primi sei mesi del 2022 hanno segnato una battuta d’arresto: -17% per le BEV e -2% per le PHEV rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Le cause, scrive Energy&Strategy, sono presto dette: l’instabilità del contesto geo-politico, la sempre più grave carenza di materie prime e semiconduttori che bloccano la filiera, il costo dell’energia andato alle stelle, ma anche l’incertezza e la successiva rimodulazione degli incentivi all’acquisto, ora rifinanziati fino a tutto il 2024, mentre fino al 2025 (salvo proroghe) si potrà ricorrere al Superbonus per l’installazione di punti di ricarica privati, con una progressiva riduzione della somma spettante.
Ma nel mondo l’elettrificazione avanza a tutta
Le difficoltà macro-economiche naturalmente travalicano il nostro Paese e hanno pesato sull’intero settore automotive. Ma secondo Energy&Strategy ciò non ha impedito alle vendite di auto elettriche di continuare crescere nel mondo: quasi 6,75 milioni di passenger car e Light Duty Vehicle elettrici (sia BEV che PHEV) immatricolati nel corso del 2021 (+100% sul 2020), con un tasso di crescita nel primo semestre del 2022 ancor più alto che nello stesso periodo del 2021.
A livello globale i veicoli elettrici hanno rappresentato l’8,3% delle immatricolazioni complessive del 2021 (+4,1% sul 2020).
La Cina riscavalca l’Europa
La Cina ha di nuovo superato l’Europa e risulta il più grande mercato mondiale, con quasi 3,4 milioni di passenger car e LDV elettrici immatricolati nel 2021 (+155% rispetto al 2020). L’Europa (oltre 2,3 milioni di nuove immatricolazioni, +66% sul 2020) ha comunque mantenuto un trend positivo. Ben 8 Paesi in crescita a doppia cifra: Norvegia (86%), Svezia (45%), Danimarca (35%), Olanda (29%), Germania (26%), Regno Unito (19%), Belgio (18%) e Francia (18%). Seguono gli Stati Uniti (+96%).
“Poco meno di un anno fa parlavamo di come il comparto della mobilità sostenibile, a partire da quella elettrica, avesse retto molto meglio dell’intero settore automotive la crisi pandemica» commenta Simone Franzò, Direttore dell’Osservatorio Energy&Strategy. Purtroppo, a un’emergenza ne è seguita un’altra: la guerra in Ucraina.
Franzò: “L’Italia non può permettersi frenate”
«Tuttavia _ prosegue Franzò _ non possiamo permetterci frenate, soprattutto in Italia, ampliando il già enorme gap tra gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e 2050 (rispetto ai quali sono allineate le aspettative degli operatori) e le condizioni attuali di mercato. L’industria si sta muovendo, ma i policy maker devono dare una spinta forte, sostenendo la filiera e dando certezze sugli incentivi all’acquisto e sull’iter burocratico per l’installazione dei punti di ricarica, o l’obiettivo di 6 milioni di mezzi elettrici circolanti nel Paese entro la fine del decennio sarà difficilmente raggiungibile».
Meglio i veicoli leggeri, i bus e lo sharing
Per quanto riguarda i veicoli diversi dalle auto, in Italia è molto cresciuta l’elettrificazione dei Light Duty Vehicle (LDV, +237% sul 2020 e contro il +78% dell’Europa) e dei bus (+89%). Mentre le e-bike – peraltro già numerosissime – hanno registrato un +5%. Il mercato dei veicoli a idrogeno è ancora a uno stadio di sviluppo embrionale.
Un veicolo di proprietà viene utilizzato in media solamente per il 5-10% della sua vita utile, permettendo un maggiore sfruttamento con un uso “condiviso”. Da qui il fenomeno della sharing mobility, che si sta diffondendo nelle principali città italiane e avrà un ruolo sempre più rilevante in termini di impatto diretto o indiretto sulla decarbonizzazione, stima Energy&Strategy. In Italia nel 2021 passenger car e monopattini hanno visto aumentare sia i noleggi (nell’ordine di milioni di unità) che la distanza percorsa.
Ciononostante, nel 2021 il parco circolante di passenger car in condivisione è calato del 9% rispetto al 2020 e del 20% rispetto al 2019. Anche il numero di biciclette in condivisione nel 2021 ha subito una frenata (-20% sul 2020), mentre sono cresciuti scooter e kick-scooter in sharing (+19% i primi, +26% per i secondi). Tuttavia i veicoli in sharing sono in percentuale sempre più alta elettrici: nel 2021 le passenger car elettriche hanno raggiunto il 27% del totale circolante in sharing, le biciclette elettriche addirittura il 43%, mentre sono tutti elettrici gli scooter e kick-scooter.
Un boom di modelli sul mercato
Sono sempre più numerosi e performanti i modelli di auto elettrica, sia BEV che PHEV, disponibili sul mercato, a riprova di come l’industria automotive stia puntando sulla mobilità sostenibile: in Italia a metà 2022 erano disponibili 170 diverse passenger car elettrificate (+44% rispetto sul 2021 e +93% sul 2020), con una prevalenza di PHEV (103, +45% vs 2021 e +71% vs 2020) rispetto ai BEV (65, +44% vs 2021 e +106% vs 2020).
Per quanto riguarda i BEV, nel triennio 2020-2022 si è registrato un aumento dell’efficienza di ricarica e del chilometraggio medio percorribile, a fronte di un prezzo medio costante o in calo. In crescita anche la potenza di ricarica massima accettata dai veicoli. Per quanto riguarda l’offerta di PHEV, invece, nel triennio 2020-2022 si è registrato un incremento del prezzo medio di vendita, a fronte di un incremento del chilometraggio percorribile in elettrico, in particolare di quelle appartenenti ai segmenti “medi”. Il rapporto di Energy&Strategy prende in esame anche il numero non più trascurabile di modelli di LDV e HDV elettrici: a metà 2022 c’erano rispettivamente 17 e 12 disponibili a mercato.
Cresce più che altrove la rete di ricarica italiana
Anche nel 2021 si è assistito a una significativa crescita dell’infrastruttura di ricarica per veicoli elettrici. Nel caso di punti di ricarica ad accesso pubblico, a fine anno ne sono stati stimati oltre 1.700.000 a livello mondiale (+35% rispetto al 2020), di cui 469.000 nuove installazioni (contro le 445 mila del 2020). Poco più del 67% è di tipo “normal charge” (circa 1,2 milioni), in crescita di oltre il 31% rispetto al 2020, mentre i restanti 569 mila sono di tipo “fast charge” (+ 48% rispetto al 2020).
La Cina si conferma leader mondiale anche per numero di punti di ricarica accessibili al pubblico: l’82% di quelli “fast charge” (+2% anno su anno) e il 56% di quelli “normal charge” (+4%). Seguono l’Europa (25% delle installazioni globali di “normal charge” e il 9% di quelle “fast charge” a fine 2021) e gli Stati Uniti (8% e 4%).
In Europa a fine 2021 si stimavano circa 340.000 punti di ricarica ad accesso pubblico, di cui l’88% “normal charge” e il 12% ”fast charge”, con una diffusione particolarmente disomogenea da Paese a Paese che emerge soprattutto in relazione alla ricarica autostradale, molto importante come abilitatore di viaggi su lunghe distanze. Tra i mercati consolidati figurano Olanda, Germania e Danimarca.
In Italia, invece, a luglio 2022 si stimavano “solo” 250 punti di ricarica ad accesso pubblico di tipo rapido e ultra-rapido in ambito autostradale, distribuiti in modo molto diverso nelle varie Regioni.
Ricarica domestica: 130 mila dispositivi in Italia
Per quanto riguarda invece la ricarica ad accesso privato, a fine 2021, Energy&Strategy stima oltre 15 milioni di punti di ricarica a livello globale, di cui circa il 70% installati in ambito domestico, con una forte crescita delle installazioni nell’ultimo anno in linea con la crescita del mercato delle auto elettriche.
Il rapporto tra punti di ricarica domestici e veicoli elettrici circolanti si attesta a circa 0,7, confermando l’importanza della ricarica privata domestica per gli EV owner. In Italia si osserva un tasso di crescita maggiore rispetto a quanto registrato a livello globale: gli oltre 88.000 dispositivi di ricarica installati nel corso del 2021 (+250% anno su anno, grazie in primis al Superbonus) fanno salire lo stock installato a fine 2021 a circa 130.000 unità.
Utenti soddisfatti: il 79% ricarica a casa o al lavoro
Anche quest’anno Energy&Strategy ha somministrato una survey ai proprietari e ai potenziali acquirenti di veicoli. Oltre 1.000 le risposte raccolte, che hanno confermato come le persone interessate a comprare un’auto elettrica vengano fermate dall’elevato costo del mezzo (70% delle risposte, in continuità con lo scorso anno). Chi invece l’ha acquistata è soddisfatto in 9 casi su 10 tanto da non valutare la possibilità di tornare a un veicolo tradizionale. L’ha fatto per influire positivamente sull’ambiente, per i minori costi lungo la vita utile dell’auto (TCO) e per la possibilità di installare un punto di ricarica privato.
Emerge dunque l’importanza degli incentivi all’acquisto, di cui ha beneficiato il 76% dei compratori. Inoltre, una buona fetta di acquirenti e potenziali acquirenti sarebbe interessata al noleggio della batteria.
Considerando invece le abitudini di ricarica, circa il 70% dei proprietari di veicoli elettrici ha un punto di ricarica domestico e il 9% ne beneficia in ambito lavorativo, dunque solo il 21% si affida esclusivamente alla ricarica pubblica (+14% sull’anno prima). Viene comunque utilizzata, più o meno assiduamente, dal 72% del campione, in particolare su strade urbane (79%, +20% sull’anno prima), luoghi di interesse (74%, +11%), parcheggi pubblici (68%, +18%), strade extra-urbane (35%, +16%).
Circa il grado di soddisfazione verso l’infrastruttura di ricarica pubblica, quasi 4 utilizzatori su 10 ritengono che non sia completamente adeguata (valore in calo del 6%) e, nonostante gli ampi sforzi degli operatori, che vi siano aree in cui dovrebbe essere maggiormente presente e caratterizzata da potenze e grado di affidabilità maggiori. Lo sforzo principale dovrebbe essere concentrato sulle autostrade e sulle ricariche “ultra-fast” (>100 kW).
Gli scenari al 2030, con o senza sostegno del govero
Che cosa dobbiamo attenderci in Italia da qui al 2030? L’Osservatorio Smart Mobility di Energy&Strategy ha rivisto al rialzo le stime: registreremo un cambio di passo nell’immatricolazione dei veicoli elettrici già entro il 2025, cui seguirà tra il 2025 e il 2030 una crescita sostenuta. L’affiancherà una progressiva diminuzione del parco auto circolante (-9% a fine decennio rispetto ai valori attuali), dovuta alla dismissione di mezzi alimentati con motori a combustione interna. Il numero di veicoli elettrici, però, potrebbe variare da 3,9 a 8,2 milioni (quasi il 23% del totale) a seconda di quali iniziative si metteranno in campo.
L’Osservatorio di Energy&Strategy ha infatti elaborato, in continuità con i Report precedenti, tre possibili scenari: il primo (BAU) prevede uno sviluppo “inerziale” rispetto agli attuali trend, senza ulteriori provvedimenti. Il secondo (POD) presuppone invece uno sviluppo “sostenuto”, in linea con i target del PNIEC e gli obiettiv dei produttori. Il terzo è lo scenario Decarbonization (DEC), che persegue gli obiettivi a livello comunitario grazie a un deciso supporto legislativo.

Quante elettriche in Italia? Fra 3,9 e 8,2 milioni
Nel primo caso, al 2030 si arriverebbe a 3,9 milioni di veicoli elettrici circolanti (di cui 660.000 immatricolati in quell’anno) e aumenterebbero del 28% rispetto ad oggi le auto ad alimentazione alternativa (metano e GPL); nel secondo, i mezzi elettrici sarebbero 6 milioni, in linea con gli obiettivi del PNIEC; nel terzo, quello più spinto, al 2030 le auto elettriche sarebbero 8,2 milioni, quasi il 23% del parco circolante complessivo, con una diffusione dei BEV pari al 90% delle immatricolazioni di veicoli elettrici.
Le ricariche pubbliche: soprattutto fast charge
Anche le previsioni relative all’infrastruttura di ricarica, considerando solamente i punti ad accesso pubblico, si differenziano nei tre scenari: al 2025, si passa dalle 48.000 unità del primo scenario ai 61.000 del terzo, mentre al 2030 si va da un minimo di 68.000 ad un massimo di 126.000. Si prevede anche una forte crescita dell’infrastruttura “fast charge”, oggi assai poco diffusa (10%) e data al 40% nei due scenari più ottimistici.
Una wall box ogni 2 BEV in 11 milioni di posti auto
Per quanto riguarda invece la ricarica privata, essa continuerà a rappresentare un asset fondamentale per la diffusione della mobilità elettrica in Italia. La crescita sarà molto sostenuta tra il 2025 ed il 2030, arrivando a cifre comprese tra 2,1 milioni di unità nel primo scenario, quasi 3,2 milioni nel secondo e 4,2 nel terzo. Ovviamente la parte del leone la fa la ricarica domestica: un’analisi estensiva degli ambiti in cui è tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile installare un punto di ricarica domestico ha fatto emergere in mercato disponibile di oltre 11 milioni di posti auto, sufficiente a soddisfare le esigenze dei proprietari di veicoli elettrici nel medio periodo.
Emissioni di CO2 fino a meno 40%
Infine, Energy&Strategy ha analizzato le ricadute ambientali connesse ai tre scenari: l’elettrificazione del parco circolante e l’introduzione di veicoli con soglie emissive ridotte, da un lato, e la parziale dismissione dei veicoli più inquinanti, dall’altro, porterebbe a una diminuzione delle emissioni di CO2 dell’11% al 2025 e di oltre il 30% al 2030 se si proseguisse con il trend attuale, per arrivare a -13% al 2025 e -37% al 2030 nello scenario full-decarbonization. Attraverso una valutazione che tiene conto dei limiti emissivi imposti ai produttori di autoveicoli (dal 2022 e dal 2025), la riduzione raggiungerebbe addirittura il 37% e il 40% nei due scenari più ottimistici, dimostrando che la diffusione sempre più spinta dei veicoli elettrici e a carburanti alternativi può contribuire in modo significativo ad accelerare il processo di decarbonizzazione del settore dei trasporti.
L’impatto sulla rete: problema o opportunità?
Energy&Strategy non prevede che la diffusione della mobilità elettrica abbia un impatto significativo in termini di incremento dei consumi elettrici nazionali. Tuttavia potrà avere un impatto non trascurabile in termini di potenza istantanea richiesta alla rete.
Attualmente, prendendo a riferimento una grande città italiana in cui circolano circa 5.000 BEV, il picco di potenza istantanea richiesta nelle ore notturne è di circa 6 MW. Fatte le debite proporzioni, nei tre scenari di diffusione (BAU, POD e DEC) all’interno della
medesima città si andrebbe dai 34 ai 72 MW nel 2025 e dai 120 ai 330 MW nel 2030, e la diffusione sempre più capillare della ricarica pubblica potrebbe determinare picchi di potenza istantanea richiesta non trascurabili anche durante le fasce orarie giornaliere.
Nel caso si attuassero dei meccanismi di ricarica smart o si diffondessero soluzioni off-grid, l’impatto sulla rete di distribuzione potrebbe variare sensibilmente.
Al contempo, i veicoli elettrici possono rappresentare un asset importante per garantire flessibilità al sistema elettrico nazionale, ad esempio con meccanismi tesi a ottimizzare le sessioni di ricarica attraverso modulazione mono e bi-direzionale del flusso di energia.
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ma l’italiano (lingua) non usa più?
dire “capo progetto” o “energia e strategia” sminuisce?
rende meno importante il progetto o la persona?
immagino che al politecnico di torino parlino tra loro esclusivamente in inglese..
abbiamo una bella lingua, facile, che si pronuncia come si scrive. usiamola
grazie
milano, non torino
In ambito tecnico/scientifico si comunica in inglese, questo è un dato di fatto.
Ma se vuole può andare a spiegarlo lei alla comunità scientifica internazionale cos’è un capo progetto o il dipartimento di energia e strategia. Vedrà che dopo un paio di mesi avrà la nausea a forza di rispondere sempre alla stessa domanda.
Questo è un articolo di giornale, non tecnico-scientifico, non c’è motivo, se non quello di sfoggiare la propria conoscenza dell’inglese, per non usare l’italiano per i termini comodamente traducibili.
caro leonardo, su queste pagine in che ambito siamo?
l’articolo è stato scritto in ..?
il “volantino” della manifestazione è in.. ? (prima foto)
quindi, appurato che siamo su di un sito (italiano?) che parla di mobilità elettrica,
trovo ridicolo, ad esempio, che yifeng tan venga presentato come “Head of Connected Cars and Products”, oppure Alessandra Astolfi, “Global Exhibition Director Green & Technology Division”. ok, fa tanto megasuperdirettoreintergalattico di fantozziana memoria, ma a me, ricorda più che altro “che lavoro fai? sono un exotic fruits beach manager. cioè? omino del cocco bello”..
possibile che si debba usare un termine inglese quando c’è quello italiano?
quindi alla comunità scientifica internazionale direi che non gliene frega una ceppa se su vaielettrico si continua con la lingua locale..
Provo a ripetere il semplice concetto, che evidentemente ho espresso male: gli incarichi in ambito tecnico/scientifico, ma più in generale per tutti i business/attività che prevedono la partecipazione di aziende o enti in ambito internazionale vanno sempre scritti in inglese, altrimenti è una scortesia che obbliga chi non conosce la lingua d’origine a farne la traduzione, e si può immaginare che questo non sia neppure possibile farlo durante le presentazioni a voce, come ad esempio durante le conferenze.
Riguardo l’attacco alla redazione da parte di Mario non sono altresì d’accordo: non è compito della redazione tradurre in italiano ciò che in italiano non è,.ad esempio, come citato:
https://www.linkedin.com/in/alessandra-astolfi-826a4931
Un caro saluto
Grazie del sostegno. La nuova moda delle cariche aziendali in inglese fa imbufalire anche me. Ma se la traduci in italiano ti becchi una lettera di rettifica da parte dell’ufficio stampa dell’azienda stessa. Ne vale la pena?
partiamo dal fondo: quindi non serve a niente avere una redazione.. si mette l’originale e via.
chi non parla inglese userà google translate (traduttore google) se interessato (come farà a saperlo se non comprende?).
tu hai spiegato il perché in ambito internazionale e va bene, ma come ti abbiamo detto in due, siamo sulle “pagine” di un giornale italiano che tratta di mobilità ev ad un pubblico italiano e, di conseguenza, si vorrebbe anche l’utilizzo della lingua italiana, tutto qui.
Mobilità ev? Non sarà mica mobilità Electric vehicle? Traduca, per favore.
massimo, non ne vale la pena, ma a parte i titoli che si danno (da sole) le persone, il mio intendimento è che, al netto degli acronimi, si utilizzino le corrispondenti parole italiane al posto di quelle inglesi..
es. battery swap= scambio batteria.
tutto lì.
mde, non c’è verso: ore 14:27 scrivo, tra le altre cose, “al netto degli acronimi”. cosa che è appunto EV..
quindi il suo commento alle 14:44 (quarto d’ora dopo) evidenzia poca comprensione alla lettura.. boh, facci lei
Quindi gli acronimi inglesi sono comprensibili e Energy&Stategy no, deve esse tradotto in Energia e Strategia? Lei ha troppo tempo da perdere.
Politecnico di Milano, però. E quello è scritto in italiano…
infatti ho corretto un minuto dopo.. 14:53.
il suo commento arriva alle 16:13. faccia un po’ lei..
Noi invece abbiamo il feticcio della neutralità tecnologica: non si sa bene cosa sia, non si sa bene come attuarla ma tutti i decisori ne parlano e la vogliono perseguire.
Caro Duca, cosa vuole che le dica?
E’ altresì giusto incentivare anche le carrozze, purché i cavalli abbiano l’apposita sacca raccogli-fiande, se necessario corroborando con apposito regio decreto.
Purtroppo il governo entrante è contro la transazione ecologica, contro le BEV, contro il 110% , mi dà che ci ritroveremo nel 800 senza rendercene conto 🤦
mii, e devono ancora insediarsi.. pensa dopo 🤣
PS dimentichi anche contro ius sola, utero in affitto e rdc.
Nell’articolo vedo una frase del tipo: “L’Italia non può permettersi frenate” –
e io dico con l’attuale compagine governativa non mi meraviglio di vedere anche retromarce.
Anzi viste le teste non mi stupirei del fatto che facciano in qualche modo uscire l’italia dall’europa e dall’euro pur di fermare l’elettrico.