Giorgia Meloni in versione Rambo al vertice europeo in corso a Bruxelles su nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucaina e sugli obiettivi climatici dell’Unione europea. Quest’ultimo documento dovrà essere presentato ufficialmente alla COP 30 di novembre, in Brasile. Anticipando la linea Italiana alle Camere, la premier ha detto che sarà in trincea contro un rafforzamento del Green Deal al motto: «Basta con le follie verdi». Una scelta che rischia di isolare l’Italia proprio nel momento in cui l’Europa accelera sulla transizione energetica e industriale.
Nelle stesse ore, infatti, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen dichiarava a Strasburgo: «La questione è se vogliamo raccogliere i frutti del boom globale delle tecnologie pulite o lasciare che siano altri a trarne profitto».
Italia in trincea: no a nuovi obiettivi climatici
Senza mezzi termini Giorgia Meloni ha detto invece alle Camere che l’Italia non sosterrà l’emendamento della Commissione alla legge europea per il clima. Una legge che prevede il taglio alle emissioni nette del 90% entro il 2040 (rispetto al 1990), come tappa intermedia verso il “Net Zero” del 2050.
Il “lodo Meloni”: approccio “ideologico e irrazionale”
Per lei si tratta di «un approccio ideologico e pertanto irragionevole». Impone obiettivi «insostenibili e irraggiungibili», perciò «produce danni al nostro tessuto economico-industriale». E non solo al nostro, sentenzia la premier, perché indebolendo le nazioni europee rischia «di compromettere definitivamente la credibilità stessa dell’Unione europea». L’alternativa made in Italy? «Un pragmatismo serio e ben ancorato al principio di neutralità tecnologica».

Insomma: frasi fatte e slogan che sembrano coniati negli uffici marketing delle Big Oil e dei più retrogradi (e perdenti) car maker europei. Senza alcun riscontro nella comunità scientifica internazionale da un lato. E nei più prestigiosi “think tank” economici del mondo dall’altro. Come dimostra la recente assegnazione del Premio Nobel per l’Economia a Joel Mokyr, Philippe Aghion e Peter Howitt, per i loro studi sulla “distruzione creatrice” e l’innovazione.
L’atteggiamento del governo Italiano, presentato come “realismo economico”, si traduce nei fatti in un rallentamento delle politiche climatiche e in un’incertezza crescente per le imprese italiane che investono in elettrificazione e rinnovabili.
Come immagina l’Italia fra dieci anni Giorgia Meloni?
Mentre Bruxelles discute di nuovi strumenti finanziari per sostenere l’Ucraina, ma contemporaneamente rilanciare il piano verde, l’Italia si distingue per il suo atteggiamento difensivo a protezione delle filiere tradizionali, in particolare automotive e agricoltura.
Mentre l’Europa punta su batterie, idrogeno e rinnovabili, Roma difende ancora i combustibili fossili come “ponte necessario”.

Invece di sfruttare il Green Deal come trampolino per modernizzare la manifattura, anche grazie ai copiosi fondi europei del Pnrr, sembra aggrapparsi a un modello industriale che non esiste più.
Il rischio è duplice: perdere competitività e ritrovarsi dipendente da tecnologie verdi sviluppate altrove. Infatti le associazioni del settore elettrico guardano con preoccupazione al muro politico eretto da Palazzo Chigi. Il rallentamento normativo e la mancanza di una strategia chiara per la mobilità a zero emissioni scoraggiano gli investimenti. Start-up, utility e produttori di componenti italiani rischiano di restare schiacciati tra la concorrenza cinese e le agevolazioni fiscali statunitensi.
La domanda (inevasa) )è: dove vogliamo essere fra dieci anni: al centro della nuova economia verde o ai margini del vecchio sistema?
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Finalmente ha gettato la maschera. Ora tutti sappiano come regolarsi.
Diciamolo: è un peccato che per la prima donna pdc abbiamo preso una fra le più retrograde ed incompetenti per non dire altro.
Forse è per questo che è stata eletta, avevano bisogno di un volto nuovo (tralasciando che era in politica da 20 anni) per abbindolare di nuovo gli italiani.
Occasione persa per noi, per lei le tasche sono sempre più piene.