Home Senza categoria Prezzo dell’elettricità e del gas; è possibile disaccoppiarli?

Prezzo dell’elettricità e del gas; è possibile disaccoppiarli?

27

Vuoi leggere questo articolo senza pubblicità? Entra qui e abbonati a Vaielettrico Premium
Webinar

Molti commenti al nostro articolo sul caro bollette e alla video intervista che l’accompagna ci chiedono mai dovrebbe essere un problema “disaccoppiare” il prezzo dell’elettricità da quello del gas, come afferma il nostro interlocutore Marco Poggi di ARTE. «Magari sbaglio e sono io che non conosco a fondo l’ argomento  – ci scrive per esempio Franz –, ma mi pare che la posizione espressa sia piuttosto di parte. La parte sul disaccoppiamento “troppo complicato” del prezzo delle rinnovabili fa venire il dubbio che non si voglia rinunciare a un guadagno importante per chi tratta e vende energia verde … Cosa dite?». Anzichè ripondere direttamente, abbiamo chiesto un  parere al professor Alessandro Abbotto dell’Università Bicocca di Milano. Ecco il risultato

                                    di Alessandro Abbotto

Alessandro Abbotto

Negli ultimi giorni si parla molto della possibilità di abbassare il prezzo dell’elettricità svincolandolo da quello del gas naturale. Il problema è ben noto: il gas ha un costo elevato, è soggetto a tensioni geopolitiche e subisce forti oscillazioni nel tempo, come si è visto nella prima fase della crisi russo-ucraina. Legare il prezzo dell’elettricità alle energie rinnovabili, che non soffrono di queste instabilità e sono adesso più convenienti anche dal punto di vista economico, potrebbe portare enormi vantaggi ai consumatori, garantendo un accesso all’energia a costi inferiori.

 Come funziona il meccanismo del prezzo marginale

Ma questa soluzione è davvero realizzabile? In realtà, il meccanismo che regola il prezzo dell’elettricità in Europa rende l’operazione più complessa di quanto si possa pensare. Da circa 25 anni, l’Europa adotta il cosiddetto meccanismo del prezzo marginale per determinare il costo dell’elettricità. Questo sistema, introdotto per la prima volta in Gran Bretagna nel 1989, aveva inizialmente un obiettivo opposto a quello attuale: penalizzare la produzione di elettricità da carbone, allora molto economica, e favorire fonti più pulite, come il gas naturale e le rinnovabili, che risultavano più costose.

prezzo elettricità
Il meccanismo “perverso” del prezzo marginale gonfia al prezzo dell’elettricità

Ma come funziona esattamente il prezzo marginale? Per capirlo, immaginiamo un sistema in cui sia necessario acquistare 100 unità di energia elettrica per soddisfare completamente la domanda (ad esempio, in un paese come l’Italia, giorno per giorno e ora per ora). Una parte di questa energia proviene da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico e l’eolico, che hanno costi marginali molto bassi.

Un’altra parte può derivare da centrali idroelettriche o nucleari, che hanno costi intermedi. Tuttavia, queste fonti da sole non bastano. Per raggiungere il totale delle 100 unità necessarie a coprire la domanda (ed evitare di lasciare al buio cittadini, industrie o trasporti come i treni), è necessario ricorrere forzatamente a una fonte che possa garantire la quantità mancante attivandosi alla bisogna per coprire i picchi di domanda. Questa fonte, nella maggior parte dei casi, è proprio il gas naturale.

Così vince sempre la fonte più costosa

Ecco il punto cruciale: il prezzo dell’elettricità viene fissato dalla fonte più costosa necessaria per coprire tutta la domanda, che in questo caso è il gas. Anche se una buona parte dell’energia viene prodotta da fonti rinnovabili a basso costo, il prezzo finale sarà sempre determinato dal gas, perché è l’elemento che permette di raggiungere il totale richiesto di elettricità.

Se il prezzo del gas è alto, allora anche il prezzo dell’elettricità sarà alto, indipendentemente dal costo delle altre fonti.

Perché non si può pagare meno l’energia del gas, allineandola ai prezzi più bassi del fotovoltaico?

Semplice: se l’elettricità prodotta dal gas – il cui prezzo dipende a sua volta dal costo del gas – non fosse pagata al suo valore di mercato, i fornitori non avrebbero alcun incentivo a immetterla nel sistema. Di conseguenza, non si raggiungerebbero le 100 unità necessarie per soddisfare la domanda, compromettendo la stabilità dell’intero sistema energetico di un Paese. Questo significa che, finché in un dato momento sarà necessario il gas naturale per coprire il 100% della domanda, continueremo a dipendere da esso e dai suoi costi.

È importante notare che, con l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, la dipendenza dal costo del gas può diminuire. Come? Estendendo sempre di più i periodi – ore o giorni – in cui l’intera domanda viene soddisfatta da fonti rinnovabili e a basso costo. In quei momenti, il prezzo marginale sarà completamente svincolato da quello del gas, portando a una riduzione del costo dell’elettricità. Tuttavia, questi periodi restano ancora limitati e non garantiscono una stabilità dei prezzi nel lungo periodo.

Crescono le rinnovabili, ma finché serve il gas…

Questa logica, sebbene abbia garantito stabilità per anni, oggi appare problematica, soprattutto in un contesto in cui le energie rinnovabili sono sempre più diffuse e competitive. Tuttavia, modificare il meccanismo del prezzo marginale non è semplice: significherebbe ripensare profondamente il mercato dell’energia in Europa, come si sta cercando di fare in questi mesi, e trovare nuovi criteri per determinare il costo dell’elettricità senza compromettere l’equilibrio tra domanda e offerta.

prezzo energia

Inoltre, va sottolineato che il costo complessivo dell’elettricità non dipende solo dalla fonte primaria – che sia solare, eolico, idroelettrico, nucleare o gas naturale – ma anche da altri fattori, come l’efficienza degli impianti, le interconnessioni con altri mercati, i costi aggiuntivi (tasse, oneri di sistema) e le specifiche regole di regolamentazione. Tutti questi elementi contribuiscono alle differenze significative nel prezzo dell’elettricità tra i vari Paesi europei.

In Italia, ad esempio, a seguito della crisi energetica iniziata nel 2022, il Governo aveva scelto di azzerare temporaneamente gli oneri di sistema per alleggerire le bollette degli italiani e contenere l’aumento del costo dell’energia. Tuttavia, dall’aprile 2023, con il Decreto Bollette questi oneri sono stati reintrodotti nelle bollette della luce, facendo quindi salire il costo lordo (ovvero quello che noi paghiamo) dell’elettricità.

Qualche idea: prezzi zonali e intervento dello Stato

Un altro aspetto cruciale riguarda il calcolo del prezzo di riferimento del PUN (Prezzo Unico Nazionale), che viene determinato su base oraria attraverso il mercato del giorno prima e gli scambi intraday. In Italia si sta valutando (in corso di sperimentazione nel 2025) l’introduzione di un sistema per aree geografiche, favorendo in questo modo quelle in cui la domanda è soddisfatta interamente da fonti rinnovabili (ovvero dove la domanda è bassa e la produzione di energia rinnovabile è elevata, come nel Mezzogiorno).

In questi casi, non sarebbe necessario ricorrere al costo marginale del gas per coprire il 100% del fabbisogno energetico. Un’altra possibilità è fissare il prezzo marginale a quello delle rinnovabili, coprendo con fondi statali la differenza rispetto al costo dell’elettricità prodotta dal gas naturale.

Il dibattito è aperto e il futuro del sistema dipenderà dalle scelte politiche ed economiche dei prossimi mesi. Ma la soluzione definitiva esiste ed è semplice: azzerare completamente la dipendenza dalle fonti fossili per la produzione di energia elettrica e, possibilmente, non rincorrere il sogno irrealizzabile del nucleare “pulito e pronto all’uso”, che non esiste.

La soluzione finale: rinnovabili al 100 per cento

Alcuni Paesi sono già vicini a questo obiettivo e, in un simile scenario, anche con l’attuale meccanismo del prezzo marginale, il costo dell’elettricità sarebbe molto basso, a vantaggio di cittadini e industria. Oggi questo traguardo è realmente raggiungibile, grazie alle nuove tecnologie rinnovabili, solare ed eolico, che offrono sistemi sempre più efficienti e a basso costo.

Questa dovrebbe essere la vera priorità per le politiche energetiche di Europa e Italia. In tutti gli altri casi, si tratterebbe solo di mettere una pezza su un sistema ormai obsoleto sotto ogni punto di vista: geopolitico, economico, tecnico e ambientale.

Dipartimento di Scienza dei Materiali Università di Milano – Bicocca. Presidente della Divisione di Chimica Organica della Società Chimica Italiana

  • LEGGI anche e guarda il VIDEO: Sogni all’idrogeno: se fosse quello “bianco” il nuovo petrolio?

– Iscriviti  alla nostra newsletter e al nostro canale YouTube 

Apri commenti

27 COMMENTI

  1. Se invece pagassimo semplicemente il costo energetico in base alle offerte a ribasso del giorno prima? Le FER avrebbero costi nettamente inferiori e ci sarebbe la naturale spinta a installarle a livello utility, mettendo probabilmente fuori gioco il gas.

    Un aspetto importante di questo ragionamento è che i produttori di FER potrebbero decidere di alzare un po’ il costo proposto, per guadagnare “il giusto”, che è decisamente meno che il costo del gas da peaker plant.

    Gli accumuli poi diventerebbero subito estremamente vantaggiosi proprio per chi produce da gas ora, perchè va proprio a assorbire energia a costi quasi nulli, rivendendo poi a costi più alti. Un produttore da gas ha già tutta la dotazione di rete, connessioni, trasformatori che serve. L’upgrade necessita di un software dedicato naturalmente.

    • Ma infatti. La risposta sembra più politica che scientifico/economica. Si basa sul presupposto di restare sulla tariffa marginale. Perché invece di pagare tutto alla tariffa più alta non paghiamo tutto alla tariffa media del mix immesso in rete? Già sarebbe più onesto. Paradossalmente extra guadagni eccessivi per chi fornisce rinnovabile non porta a maggiori investimenti, perché se già guadagno oltre il necessario con quel che faccio, basta e avanza… Guadagnare qualcosa di più corretto e incentiva ma l’eccesso porta al “ozio” e i consumatori ci smenano.
      Anche la soluzione di azzerare gli oneri di sistema non ha senso: sti oneri o ci sono davvero (e allora non ha senso li assorba lo stato che significa l’è nostre tasse) o non ci sono/sono troppo esosi (e allora togliamoli/riduciamoli e basta).
      Per il calcolo della tariffa media all’ingrosso va misurata l’energia scambiato sulle dorsali in ingresso e uscita da ogni macrozona. Le zone con maggior produzione di rinnovabile avranno meno bisogno delle zone confinanti per soddisfare il loro fabbisogno (nei momenti di picco saranno loro ad alimentare le regioni confinanti). Chi vende lo fa al proprio prezzo medio e chi compra lo fa al prezzo medio della regione confinante da cui assorbe.
      Complicato si, ma concettualmente lineare e trasparente. Stiamo a fare AI complicatissimo e non sappiamo calcolare in/out tra regioni confinanti e calcolare una matrice di valori medi? Non c’è la volontà!

  2. Si ma non ho capito, non vedo assolutamente il problema di sdoppiare il meccanismo che semplicemente si suddivide tra energie rinnovabili e energie NON rinnovabili. Chi avrà un contratto 100% rinnovabile pagherà di meno, e chi non lo ha pagherà di piu’. Le eventuali compensazioni (fornisco X energia da rinnovabili di giorno e ricevo X energia da non rinnovabili di notte) saranno affari dei gestori, che anzi saranno incentivati ad avere DAVVERO fonti rinnovabili lungo tutto il ciclo di vita del contratto. E niente vieta che appunto possano integrare la bolletta con la voce “compensazioni” che ci dirà anche quanto seriamente il gestore energetico sta effettivamente cercando l’indipendenza energetica.

  3. Volevo fare una domanda: come si inserisce il discorso dei prezzi negativi dell’energia che si verifica quando c’è più offerta che domanda di energia?
    Avevo letto che anche questo comportava dei costi per il paese; andrebbero forse modificati i contratti con i fornitori di energia per ovviare a questo problema?

    • in Italia non ci sono i prezzi negativi, da noi al massimo possono arrivare a zero;
      e in generale non sono un “problema”, anzi:

      – un utilizzatore può essere pagato (o pagare zero) per usare corrente nell’orario in cui c’è troppa corrente in rete e appunto i prezzi scendono, questo migliora l’efficienza generale

      – un produttore di energia rinnovabile che sia pagato a prezzo di mercato,
      per guadagnare di più (per farsi pagare i kwh a tariffa non quasi nulla) sarà incentivato a dotarsi di accumuli energia per poter spostare la fornitura di energia in orari in cui c’è più richiesta e viene pagata di più

      questo è utile per guidare il mercato verso un sistema che integrando una quota di accumuli arrivi a 100% rinnovabile

      ==================
      la bufala dei prezzi negativi nasce invece da una non comprensione dei contratti a prezzo fisso ( Cdf o PPA ), cioè quando il kwh viene pagato al produttore un prezzo fisso, e non al prezzo di borsa (che invece varia ogni ora e ogni giorno)

      nel caso delle rinnovabili utility (grande taglia) se si sceglie il prezzo fisso verrà pattuito un prezzo fisso di ad esempio 50e al MWh per tot anni di fornitura

      nel 3% del tempo, il prezzo di borsa del kwh sarà più basso (es. 20e al MWh) o nullo ( 0e); in qui momenti aver scelto il prezzo fisso fa spendere di più

      però nel 97% del tempo il prezzo di borsa è molto più alto, es. 100-150e al MWh, e il contratto a prezzo fisso a soloi 50e al MWh fa risparmiare moltissimo all’aquirente pubblilco

      ecco i mistificatori ti raccontano solo del 3% del tempo, sostenendo che si ha un maggior costo, e si dimenticano del 97% del tempo, dove con le rinnovabili a prezzo fisso si risparmia (purché il prezzo fisso sia abbastanza basso, questo è possibile solo con le rinnovabili)

      tra l’altro: nei contratti recenti a prezzo fisso, ci sono ormai spesso clausole per cui al produttore non viene retribuita l’energia durante i momenti di prezzi nulli, quindi ora non ci sono più neppure i costi di quel 3%

  4. Comunque come ogni legge amche questa si potrebbe cambiare. Basta volerlo!
    Faccio un esempio: si potrebbe decidere che il costo dell’energia elettrica sia il costo medio delle varie fonti necessarie a produrla in ogni momento maggiorato del 25%. Questo 25% servirebbe a remunerare i vari produttori dando 20% a chi usa fonti fossili e 30% a chi usa fonti rinnovabili. Tutti avrebbero il loro margine, si incentiverebbe le fonti rinnovabili e noi utilizzatori si risparmierebbe un bel po’.

    • Non so se funzionerebbe.
      Se il valore del metano fosse maggiore del prezzo medio aumentato del 25% (o 20%) chi costringerebbe i possessori delle centrali termoelettriche a farle funzionare anche se in perdita?
      Tra l’altro per fare in modo che l’energia da metano costi meno del 25% (o 20%) più della media occorre che il mix sia composto da tanto gas e poco fotovoltaico/eolico.

      Alla fine credo che le soluzioni più realistiche siano quelle citate nell’articolo, la cui implementazione resta comunque complessa e con possibili effetti collaterali da valutare attentamente

    • Ci sarebbe un problema però. Supponiamo che il 90% dell’enrgia elettrica sia prodotto con rinnovabili e costi 4 cent al kWh. Il rimanente 10% dovrebbe essere prodotto da centrali a metano al costo, per esempio, di 10 cent al kWh. La media maggiorata del 20% sarebbe circa 5,5 cent al kWh. Si capisce che se l’energia prodotta col metano costa 10 cent e viene remunerata 5,5 la centrale elettrica a metano rimane spenta. Una rete elettrica può funzionare solo se c’è in ogni istante l’equibrio tra l’energia immessa e quella consumata. Il risulatato sarebbe un bel blackout. L’unica possibilità è sostituire la centrale a metano con delle batterie il cui prezzo sarà in costante diminuzione nei prossimi 20 anni.

    • Potrebbe avere anche ragione. Ma se vuole convincerci, deve spiegarci perchè (con qualche numero)

      • Se postassero numeri veri, comprendenti tutte le voci di costo, dalla progettazione alla dismissione a prato verde, non ci sarebbe nessuna discussione, il nucleare perde senza se e senza ma.
        Senza contare che il tempo medio di costruzione delle ultime 3 centrali in Europa è di 20 anni o poco meno.
        Nel frattempo che facciamo?

  5. ma questa è la gallina dalle uova d’oro, nessun produttore farà mai niente per levare questo meccanismo, anzi..!
    vanno costretti a livello legislativo altrimenti non ce lo leveremo mai

  6. E se invece si agisse dalla parte della domanda, riducendo temporaneamente la potenza disponibile al contatore, nei periodi in cui la richiesta è alta e naturalmente solo per gli utenti che accettano. Si potrebbe cioè rinunciare a coprire tutte le 100 unità di energia richieste.

    • E’ previsto anche questo. Infatti si parla di grandi investimenti sulla rete di distribuzione intelligente

  7. === PUN a 5,2 cents per kw-h con mix Italiano 100% rinnovabili

    uno studio scientifico appena uscito, stima a circa 44 euro/MWh il costo dell’elettricità generata da un sistema 100% rinnovabili per l’Italia, che diventano 52 euro/MWh contando anche il costo dei necessari accumuli di rete

    è molto meno dei 120-140 euro/MWh attuali, e anche molto meno dei 100 euro/MWh dei periodi di calma internazionale

    qui introducono lo studio e mettono il link alla pubblicazione:
    https://www.pv-magazine.it/2025/02/17/ricercatori-della-sapienza-costo-dellelettricita-a-52-e-mw-con-solo-rinnovabili-al-2050/

    PS: gli autori hanno un poco “barato” simulando un mix 100% rinnovabili quasi perfetto per l’Italia, con oltre a fotovoltaico, idroelettrico, biomasse, anche una buona dose di eolico su terra, oltre che di eolico su mare

    ma nel contesto culturale italiano, è più realistico ipotizzare meno eolico su terra; in questo caso ci sono altre simulazioni per l’Italia e il risultato non cambia di molto, il prezzo energia risultante è sempre molto conveniente

  8. per come la ho capita io, quando entrano in funzione le centrali a gas, ci sono anche altre sfumature

    a) centrali a ciclo combinato sono più efficienti (55-60%),
    se messe in concorrenza tra loro potrebbero far pagare l’elettricità “solo” x2,3 volte il prezzo del gas riuscendo a pagare carburante, manutenzione e margini (e nelle ore in cui sono in concorrenza con più rinnovabili scendono anche a x2, ma arrivano al limite della profittabilità):

    gas 40-50 euro/MWh termico –> x2,3
    = elettricità 92-115 euro/MWh elettrico

    b) centrali a ciclo semplice e i motori a pistoni,
    hanno una efficienza più bassa (40-43%), consumano più carburante, e già per non andare in perdita devono farsi pagare x3 volte il prezzo del gas

    gas 40-50 euro/MWh termico -> x3
    = 120-150 euro/MWh elettrico

    c) situazione italiana, parco centrali un po’ risicato come potenza massima totale (in gergo “poca riserva di potenza”) e in buona parte di medesima proprietà

    –> scarsa concorrenza -> nei picchi di richiesta serali capita che applichino coefficiente speculativo x4 o anche x5

    gas 40-50 euro/MWh termico -> x4
    = 160-200 euro/MWh elettrico

    i prezzi così alti risultanti dal meccanismo del prezzo marginale della fascia serale poi alzano la media del PUN;
    questa ultima è la situazione italiana (ma in parte anche di altri paesi, compresi i vari paesi atomici est-europei, con picchi di prezzo peggiori dei nostri), al meccanismo del prezzo marginale, si aggiunge anche poca concorrenza/trasparenza, segreto di pulcinella

    ==== come se ne esce sul lungo periodo?

    come ha scritto l’autore dell’articolo, 100% rinnovabili (e un poco di accumuli per far girare il tutto liscio)

    ogni rinnovabile installata in più, aggiunge qualche ora all’anno in cui il gas non determina più il prezzo orario nel “Mercato del giorno prima” (PUN)

    un po’ alla volta arriveremmo alla attuale invidiabile situazione della Spagna (circa 60% rinnovabili, mentre 5 anni fa erano a 40%), e infine alla situazione di calma olimpica della Norvegia (rinnovabili 108%), con prezzi elettricità stabilmente stracciati ( tra 25 e 50 euro al MWh) anche durante le crisi internazionali; nota bene: prezzi cosi bassi sono impossibili da raggiungere se nel mix c’è del nucleare (mostruosamente costoso se di nuova realizzazione)

    ==== come se ne esce sul breve periodo?

    1) va aumentata la riserva di potenza, per creare più concorrenza tra i fornitori di energia a regolazione veloce, cosi che non vengano chiamati spesso quasi tutti per coprire i picchi, ma solo una frazione di loro; esempio, se alla sera mancano 30 GW di potenza veloce, ed ho fornitori per 35 GW, questi dovranno usare anche le centrali più scalcagnate (e alcune sono ferme in manutenzione) e in generale saranno anche tentati di fare cartello sui prezzi

    un modo intelligente nel 2025 per aumentare la riserva di potenza, ad es. iniziare da aggiungere +5 GW, è aumentare gli accumuli di rete, invece di nuove centrali a gas che tendono ad essere sempre dei medesimi pochi proprietari

    sistemi BESS a batteria
    hanno una buona potenza di picco e si mettono in concorrenza con le centrali gas, specie con quelle più speculative a ciclo semplice;
    per avere 5 GW di potenza, si parla di installare rapidamente circa altri 10-20 GW-h di capacità (per iniziare), relativamente semplice, se c’è la volontà

    sistemi di accumulo a pompaggio inverso idroelettrico (PI),
    avendo già ora anche una buona capacità di stoccaggio (mi pare 60 GW-h in Italia), si mettono in concorrenza anche con le centrali a ciclo combinato; in Italia c’è il problema che quasi tutti i sistemi PI sono Enel (co-proprietaria anche di centrali a gas) e per ora non vengono sfruttati granchè, rovinerebbero parte dei guadagni delle speculazioni delle centrali

    altri PI non Enel sono in costruzione, ma per intanto andrebbero favoriti BESS a batteria come se piovesse (e qualche qui c’è qualche gabola con il governo attuale che rimanda di 6 mesi in 6 mesi la prima asta pubblica per i contratti, contratti pubblici che sono più ambiti rispetto al libero mercato, l’attesa blocca il mercato, e inoltre non vengono facilitate le autorizzazioni per realizzare gli impianti, al solito Italia mercato familistico con poca concorrenza)

    2) oppure in modo opposto ad aumentare la potenza, va svuotata la richiesta dei picchi di corrente nel mercato del giorno prima (PUN), ad esempio dei 30 GW di richiesta serale, 10 GW li togliamo dal Mercato del giorno prima, così i 20 GW rimanenti creerebbero una buona concorrenza nel 35 GW dei fornitori

    questi 10 GW li togliamo dal Mercato del giorno prima (che oltre a poca concorrenza ha anche il meccanismo del prezzo marginale che fa alzare i prezzi) e li mettiamo in mercati che hanno prezzi fissi o in generale convenienti, cioè andremo ad aumentare:

    – contratti PPA

    contrattazione diretta tra fornitori di energie rinnovabili e grandi utilizzatori, tipicamente prezzo medio molto basso circa 50euro al MWh;
    recentemente ( con molto ritardo e in modo parziale) sono state fatte modifiche normative che aumentano l’ambito di utilizzo dei PPA, che altrimenti sino ad ora erano poco usati in Italia

    – contratti Cdf

    aste pubbliche per le rinnovabili utility ( FTV grandi taglie ed eolico);
    in Italia hanno tariffe un po’ gonfiate (decreti scritti male, forse con malizia), e risultano più cari dei PPA (pur fornendo la stessa energia in pratica), ma comunque convenienti, a circa 70-85 euro al MWh

    – e forse (?) anche l’Energy-release (ma molto meno potente)

  9. concludendo…. bisogna rifare il “110 % ” … ed oltre!

    nel senso che occorre installare varie produzioni F.E.R. e BESS tendenzialmente maggiori della capacità richiesta, ed eventualmente immettere sul mercato internazionale le eccedenze.
    Prendere coraggiose decisioni di implementare la creazione di energia rinnovabile in ogni contesto piccolo, medio o grande che sia porterà all’autonomia energetica dell’Italia e dell’Europa (che deve unirsi in tutti i sensi, anche connettersi in reti moderne di interscambio, con collegamenti ridondanti ed a prova di attacco esterno).

    • Per Dio NO!!!
      quel dannato 110% è stato un’emorragia incontrollata per il bilancio pubblico!
      Piuttosto sarebbe stato molto meglio usare quei 150 miliardi per fare un bell’aumento di capitale per rinazionalizzare Eni ed Enel (la cui capitalizzazione sommata è ben inferiore a 150 miliardi e che sono già parzialmente pubbliche) per poi usare quegli stessi fondi per finanziare direttamente in investimenti energetici green.
      Ho ben capito che su questo blog non piaccia il nucleare, me ne faccio una ragione, ma piuttosto che subire un altro 110% sarei anche disposto a rinunciarci e costruire esclusivamente distese infinite di fotovoltaico, eolico e batterie da far invidia alla Germania! (la quale ha speso nell’ordine di 500 miliardi, ma distribuiti in 20 anni anziché in 2 e a fronte di un’economia molto più grande ed energivora).

      Quando investi 150 miliardi di soldi pubblici, è tuo DOVERE MORALE pensare alle economie di scala! L’ultima cosa che devi fare è dare soldi a pioggia sotto forma di una mancia elettorale affinché ciascuno si costruisca il suo piccolo impiantino con cappottino, facendoti poi truffare da tutti coloro che capiscono quanto sia facile approfittarsi delle tue regole di concessione del credito fatte malissimo.
      Se vuoi incentivare anche il piccolo impiantino privato va bene, ma al 20% a dir tanto, non al 110%!

      Questo genere di politiche populiste sono il male.

    • FER di tipo maturo e sistemi BESS ad oggi si installano velocemente anche SENZA soldi pubblici, basta allentare i freni in Italia eccessivi (con malizia) sulle autorizzazioni

      questo è possibile perché avendo bassi costi di installazione e di manutenzione, permettono sia di abbassare il costo energia, che di lasciare un buon margine di guadagno all’imprenditore che le abbia installate, con tempi di rientro rapidi dell’investimento vendendo poi l’energia, sia che scelga contratti a prezzo variabile o a prezzo fisso ( PPA privati o Cdf di aste pubbliche)

      era il senso della proposta di Elettricità Futura già nel 2022, avvisavano che c’erano investitori già pronti per metterci loro i soldi per installare 85 GW di rinnovabili in pochi anni in Italia, se il Mase avesse velocizzato le autorizzazioni

      lo Stato spende giusto per:

      – ammodernare la rete di trasmissione (spesa comunque necessaria con l’elettrificazione dei vari consumi)

      – eventualmente mettere una parte dei soldi (=incentivi) per tipologie con finalità particolari, es. impianti biogas / biometano, o impianti agrivoltaici di tipo evoluto (ma personalmente preferivo quelli semplici senza incentivo pubblico, ne avrebbero installati 20 volte tanto)

      – possiamo discutere se al limite ancora nel 2025 gli impianti domestici di FTV vadano parzialmente incentivati, magari con requisiti di reddito, oppure lasciati al libero mercato, sappiamo che senza incentivi i preventivi scendono

  10. Hanno fatto di tutto per creare questo sistema per frenare l’elettrificazione e far arricchire i loro amici, ed ora glielo smontiamo!?!?

    Che cattivi che siamo.

    • Veramente è pressoché il contrario.
      Il sistema attuale permette a chi investe in fotovoltaico ed eolico di avere ritorni economici enormi, perché ricevono sole e vento “gratis” e rivendono l’energia al prezzo esorbitante di quella che viene dal metano.
      Il sistema attuale spinge prepotentemente verso l’elettrificazione mediante fonti alternative al gas.
      Un paradiso per chi produce energia, un inferno per chi la consuma.

      • non funziona proprio così,
        Eolico e FTV hanno almeno 4 tipi di renumerazione:

        – nelle aste pubbliche prendono contratti a prezzo circa fisso tra 70e 85e al MWh; sono i contratti ambiti e preferiti perché garantiscono una cifra sicura

        – nel libero mercato prendono ancora cifre fisse e “sicure”, con i contratti PPA (per 1-5-10-20 anni), ma cifre meno allettanti, circa 50e al MWh

        – nel libero mercato (Borsa Energia) un produttore di rinnovabile può anche offrirsi a prezzo variabile, ma tipicamente quando le rinnovabili producono molto (sole o vento o idroelettrico) hai che spesso in automatico i prezzi PUN orari scendono, cosi vengono pagate a tariffe meno ricche di quanto si pensi;

        in gergo vedo si usa l’espressione “prezzo di cattura” per indicare il prezzo medio a cui viene fatturato il loro KWh, tipicamente è una frazione (es. 70%) del PUN medio; se il PUN annuale è 120e, il FTV in libero mercato avrà fatturato a circa 90e al kwh come media annuale, un poco più delle aste pubbliche, ma anche con più rischio di impresa sulla volatilità dei prezzi

        – dove i prezzi di mercato italiano molto alti aiutano maggiormente, è nel caso di rinnovabili che vogliano offrirsi a prezzo di libero mercato e aggiungano un accumulo BESS, in questo caso possono vendere più KWh nelle fasce precise piu care in cui speculano le centrali a metano e pagare rapidamente l’investimento

        == questo per FTV ed Eolico,
        non so come siano invece regolate le centrali idroelettriche ENEL, queste è possibile che effettivamente alla sera si facciano pagare al kwh quanto le centrali a metano, generando extraprofitti notevoli

Rispondi