Il pomodoro cresce di più e meglio sotto i pannelli fotovoltaici. Questi contribuiranno a soddisfare il 90% del fabbisogno energetico. Sempre meno in balia dell’andamento del mercato dell’energia.
Investimento da 2 milioni di Casalasco
Tutto da conoscere e far conoscere questo progetto di agrivoltaico che rende sostenibile l’agricoltura e rende ridicoli coloro che parlano di deturpazione del paesaggio e di consumo del suolo.
Protagonista è il gruppo Casalasco Spa, la prima filiera integrata del pomodoro da industria in Italia. Si vuole realizzare il primo parco agrivoltaico per la coltivazione del pomodoro. Siamo a Fontanellato, in provincia di Parma.
Il piano è frutto della collaborazione con la facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
L’impianto, un investimento di circa 2 milioni, è compreso in un più ampio piano di interventi programmati nei vari stabilimenti del Gruppo. In una nota vengono definiti «a sostegno dell’ambiente e del valore complessivo di 24,5 milioni».
Sviluppo su 2 ettari
L’impianto si estenderà su una superficie di circa 2 ettari in area industriale, vicino allo stabilimento di Casalasco a Fontanellato.
I pannelli fotovoltaici saranno posizionati su strutture metalliche alte circa 5 metri, consentendo il regolare svolgimento delle attività agricole.
Un software, sviluppato in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza, raccoglierà e analizzerà i dati in ingresso e i pannelli saranno in grado di orientarsi. Così da massimizzare l’assorbimento di energia solare e garantire la giusta quantità di luce alle coltivazioni.
La capacità produttiva annua stimata è di circa 1600 MWh che, insieme all’energia prodotta dall’impianto di cogenerazione installato nel 2023 all’interno dello stesso sito di Fontanellato, sarà sufficiente a coprire oltre il 90% del fabbisogno energetico dello stabilimento. Poi il calo delle emissioni di CO2: 680 tons l’anno.
Con l’energia prodotta in casa verrà alimentato anche il nuovo Innovation Center di Casalasco, progetto del Gruppo in fase di realizzazione, sempre a Fontanellato, in un edificio attiguo alla palazzina uffici.
Un modello per i conferitori
L’iniziativa vuole essere un modello replicabile per tutte le aziende agricole conferenti. «La sperimentazione permetterà di identificare le varietà più adatte a questo tipo di coltura e ottimizzare il bilanciamento tra ombra e luce, migliorando così la qualità e la resa delle produzioni».
Costantino Vaia, Ceo del Gruppo Casalasco: «La combinazione tra coltivazioni e impianti fotovoltaici offre nuove opportunità per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale e massimizzare i risultati delle produzioni».
Sulla tipologia di impianto interviene Stefano Amaducci, docente ordinario di Agronomia e Coltivazioni dell’ateneo di Piacenza: «Un sistema agrivoltaico avanzato che garantisce la massima flessibilità sia nella gestione dell’impianto che delle colture agrarie».
Curiosità: parliamo comunque di coltivazioni soggette ad irrigazione artificiale, corretto?
Con questi cambiamenti climatici, ma anche prima in produzioni industriali necessarie per assicurarci il cibo, come si fa a rinunciare all’irrigazione?
Ho semplicemente fatto una domanda, basta un sì o un no, senza essere provocatori a tutti i costi.
Non faccio l’agricoltore e non mi ero posto la domanda prima nemmeno per le colture tradizionali, mi chiedo come venga garantita in questi casi ma rimarró con il dubbio, nevermind.
Grazie lo stesso e relax, Nieddu.
Mi spiace se il tono è sembrato saccente. Sul tema irrigazione e agrivoltaico e frutteti smart 4.0 oggi si utilizzano dei sensori che rilevano la reale necessità delle piante, quindi l’irrigazione è altamente digitalizzata per ottenere una riduzione dei consumi idrici
– un primo passo è l’integrazione di sistemi agrivoltaici semplici interfilari (ma ora quasi vietati dal decreto del ministro cognato) con ombreggiatura parziale, questo riduce l’evaporazione di acqua dai terreni e fornisce un entrata economica all’azienda agricola
– un secondo passo sono i sistemi agrivoltaici “avanzati” (più costosi, al momento installati soprattutto con incentivi) con pannelli alti e che integrano sensori e sistemi di irrigazione automatizzata, oltre magari a canaline e serbatoi di raccolta delle acque piovane
– un passo ulteriore, già fatto in Spagna, e che si inzia a sperimentare anche da noi, sono serre/installazioni agrivoltaiche con annessa batteria di accumulo e un piccolo (o grande se centralizzato per più serre) dissalatore, che prende acqua dal mare e produce acqua dolce per irrigare le colture
questi 3 gradi di integrazione potrebbe diventare comuni nelle aree agrcole del sud italia che si stanno desertificando
Bene e grazie come sempre per il contributo, però la sensoristica la puoi applicare su più sistemi non solo su agrivoltaico avanzato
Interessante!
Progetto interessante che conferma ancora una volta la piena compatibilità di questi impianti con l’ambiente e nel contempo la produzione di energia a zero emissioni.
Se possibile sapere la potenza dell’impianto.
Vorrei capire se si tratta di un impianto sperimentale in quanto i pomodori in genere gradiscono il sole per poter crescere e maturare con l’ombra dei pannelli la vedo difficile ….inoltre la struttura alta 5 mt mi sembra notevole con costi non indifferenti tenedo presente che deve reggere anche alle intemperie, infine se il campo di coltivazione è in area industriale non mi sembra il massimo come contesto
== Ombreggiatura
dalla foto sembra un impianto che ombreggia solo 25% della superficie (e a comando i pannelli possono essere orientati per ombreggiare anche di meno, in pratica si possono usare per correggere i tempi di maturazione delle colture sino al momento della raccolta migliorando il prodotto)
== Potenza
1600 MegaWatt-h all’anno, contando che a Parma ci sono circa 1400 ore di irraggiamento-funzionamento equivalenti dei pannelli, potrebbe (?) essere un impianto da 1,15 MegaWatt potenza di picco
== Densità potenza impianti agrivoltaici ed estetica
1,15 MW ma installati molto larghi, cioè su 2 ettari, è compatibile con l’ipotesi di ombreggiamento di solo il 25% della superficie
gli impianti agrivoltaici in italia possono arrivare sino a 40% di ombreggiamento, intallando quasi 1 MW su 1 ettaro; ma quelli montati con pannelli in alto come questo, spesso non arrivano a 25-30% di ombreggiamento;
gli impianti agrivoltaici visti in foto o da lontano, si riconoscono perchè sono un misto secondo me molto piacevole di colore verde e del colore scuro dei pannelli
== Densità potenza impianti fotovoltaici utility
invece il fotovoltaico su aree non agricole non ha limiti di ombreggiamento e può arrivare a file di pannelli più ravvicinate tra loro, con ombreggiamento anche del 50-60% della superficie del terreno; con i pannelli di adesso si installa anche 1,3 MW su un 1 solo ettaro; visti in foto aerea o da lontano, le file dei pannelli sono abbastanza compatte, predomina il colore scuro dei pannelli e danno uno stacco visivo più netto con i colori circostanti
>> Costi
questi impianti alti, con strutture complesse di sostegno, in questo caso molto alte, oltre ad avere un minore densità di energia ( es. area ombreggiata ‘solo’ 25%), sono più costosi, infatti siamo a un costo di 2 milioni per 1,15 Mw, cioè 1700e x kw; sono impianti che possono prendere incentivi, però questo ne limita molto il quantitativo di installazioni all’anno su base nazionale
l’agrivoltaico che è stato vietato con l’infame DL Agricoltura, è invece quello con pannelli bassi (posati a circa 1 metro dal suolo), ombreggiamento sino al 40%, e non prevedeva incentivi, in quanto molto economico, oggi costerebbe 600-700e x kw installato, con un incoraggiante ritorno certo dell’investimento in pochi anni e meno burocrazia
infatti quest’anno si stava formando una fila di richieste per intallarne grandi quantità su base nazionale, avrebbe ribassato i prezzi energia in italia in 12 mesi, e sorretto con gli introiti molte aziende agricole, ma sono corsi a vietarlo tranne che su aree molto particolari e rare oppure costose da utilizzare
con pannelli bassi ora si possono fare solo gli impianti utility fotovoltaici (non agrivoltaici) su terreni non agricoli, ma il fotovoltaico utility è ostacolato da un iter di approvazione più complesso e da altri recenti decreti
Ma Lollobrigida è mica a capo del dicastero “Spariamoci sui piedi”?
magari lo avesse fatto per sola incopetenza, invece lo ha fatto di proposito, il decreto è pieno di “perle” da azzeccagarbugli per segare sistematicamente più opzioni possibili di installazioni
a mia opionione lo ha fatto a gentile richiesta di ENI (che non vuole concorrenza dei prezzi al metano e ai biocarburanti)
e del gruppo Bonifiche Ferraresi (associatosi ad ENI dal 2021) tramite l’ambasciata del loro organo politoco Coldiretti,e contro gli interessi anche degli agricoltori stessi,
agricoltori che Coldiretti tiene per le p***e gestendo i criteri per i sussisi europei, e BF possedendo quasi in monopolio la distribuzione dei carburanti agricoli e della filiera dei trasporti e l’industria di trasformazione dei prodotto aliementari, cioè fanno i prezzi
cioè un paio di monopolisti si sono messi in tasca il governo
Penso che sarebbe molto più economico realizzare i pannelli verticali a 1,3 mt da terra, come è stato fatto in un impianto in Sicilia e Umbria con rese maggiori rispetto al sistema fisso a sud
https://www.enelgreenpower.com/it/media/news/2024/03/agrivoltaico-salaparuta
Grazie Cesare per il contributo. Il tuo mi sa è un approccio di integrazione e non di simbiosi. Nel comunicato di Enel non si fa riferimento all’impatto agronomico che è essenziale per fare veramente agrivoltaico ovvero i pannelli come strumenti per migliorare qualità e resa del prodotto grazie agli effetti di mitigazione sul troppo caldo e troppo freddo… Almeno così sembra dal comunicato che non affronta il tema. Se non ho letto male. Per il bando agrivoltaico è obbligatoria la relazione agronomica.
Penso sia la strada migliore. Va bene anche il fotovaltico in area agricola – ritengo più precisa questa definizione – anche a terra dove si sacrifica solo una parte del suolo, ma l’integrazione dalla vendita o utilizzo dell’energia permette la sostenibilità economica dell’azienda agricola.
per agrivoltaico in Italia le linee guida del M.a.s.e. del 2022 usano queta classificazione:
– a) Tipo 2: file di pannelli inclinati, posti quasi a terra
(simile al FT utility che si installa anche su aree non agricole)
– b) Tipo 3: file di pannelli verticali, posti quasi a terra
– c) Tipo 1: pannelli montati in quota e con funzioni evolute
(a), pannelli bassi, sarebbe il toccasana per l’Italia, costando solo 600-700e a kw e permettendo buone rese sia di energia che di coltivazione e facilità burocratica (non soggetto a incentivi); è stato vietato dal decreto
(b), panneli verticali, costa circa 800-1000e a kw se i pannelli non sono montati troppo in alto, ma il decreto obbligherà a rialzare anche questi, con sostegni più massicci per resistere al vento; produce meno energia, ma nelle fasce orarie pregiate mattina e sera in cui è più richiesta e meglio pagata
(c), pannelli alti, deve avere anche funzionalità evolute per il miglioramento della gestione delle coltivazioni (es monitoraggio umidità e precipitazioni), e già solo per le strutture costa molto, penso forchetta sui 1300-2000e a kwh in base all’altezza scelta; soggetto a incentivi
Incredibile che allo stato attuale riescano ad avere tutte le autorizzazioni, in ogni caso ben vengano questi “esperimenti” dato che più di questo in Italia non possiamo definirli. Tra l’altro nella mia zona, dove qualsiasi cosa che abbatta le emissioni nocive è più che ben voluta!