Poche colonnine in Italia? Si continua a dire che siamo indietro rispetto agli altri Paesi europei. Ma se guardiamo i numeri, la realtà non è affatto così male.
Poche colonnine? In rapporto al mercato no
Produttori e concessionari continuano a invocare “un piano di infrastrutture per le ricariche per l’ammodernamento del paese e la velocizzazione della transizione“. La firma è quella delle tre associazione Anfia, Unrae e Federauto. Ma i grafici che corredano questa pressante richiesta non sembra confermare tutto questo ritardo. È ovvio che, come in tutti i settori economici, c’è un rapporto tra domanda e offerta. E se andiamo a vedere le vendite di auto elettriche, espresse in quote di mercato, scopriamo che l’Italia è agli ultimissimi posti in Europa (grafico sotto). Mentre invece per punti di ricarica (colonnine ogni 100 km) siamo sostanzialmente a metà classifica (grafico in basso) .
Ci sono Paesi, come la Germania, dove ormai almeno una nuova macchina venduta su cinque si ricarica con la spina, tra elettriche pure e ibride plug-in. In Italia siamo a una su venti, con un parco circolante di poco superiore al centinaio di migliaia di auto. Come si può pretendere una rete di livello nord-europeo, se poi non c’è ancora un potenziale di clienti che possa utilizzare tutte queste colonnine?
Fronti aperti: le autostrade e le autorizzazioni in città
— Leggi anche: le vendite di auto con la spina in Europa nel 2020 —
I grafici che pubblichiamo a sostegno delle nostre tesi non sono nostri. Sono stati pubblicati proprio da Anfia, Federauto e Unrae in occasione di una conferenza-stampa a fine marzo. Siamo convinti che, se il rapporto fosse tra numero di colonnine e circolante, l’Italia sarebbe nella parte alta della classifica. Molto lavoro resta da fare, ma arrivano continuamente nuovi attori ad annunciare la volontà di investire in Italia. Da ultimi NewMotion (Gruppo Shell) e la stessa Volkswagen.
Restano due grandi fronti aperti. Uno è quello delle autostrade, in cui bisogna colmare un ritardo imbarazzante. E qui Autostrade per l’Italia deve tenere fede all’impegno più volte ribadito dall’ad Roberto Tomasi di installare 136 stazioni HPC nelle aree di servizio. Le prime due, a brevissimo, a Modena Nord e Flaminia Est. Il secondo fronte è quello delle autorizzazioni nei centri urbani, che in città come Roma possono richiedere anni. Ma in generale non siamo così indietro come si vuol far credere, col solito vizio di auto-flagellarci.
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Nel 2019 la % di EV era meno dell’1%. Ad oggi siamo al 4%. È come dici tu l’uovo e la gallina. Quanto più si diffondono, tanto più ci saranno investimenti sulla rete, tanto più si diffonderà no le EV. È la solita curva di adozione di una nuova tecnologia, nulla di nuovo sotto il sole. Nel giro di 5-10 anni potremmo essere come la Norvegia.
“…. Come si può pretendere una rete di livello nord-europeo, se poi non c’è ancora un potenziale di clienti che possa utilizzare tutte queste colonnine? ….”. Mi sembra la storia di chi è nato prima, dell’uovo e della gallina. Io, e credo molti non compriamo un’auto elettrica proprio per i limiti di autonomia e la carenza di punti di ricarica. La dimostrazione è che si vendono più auto ibride con le quali il pericolo di rimanere in strada non c’è.
A meno di fare l’agente di commercio (o aver comprato una auto con la batteria ridicola) l’ansia da ricarica non esiste proprio. Con una ZOE ho fatto per lavoro per una settimana Varese/Milano 75 km andata e 75 ritorno: 150 km al giorno, arrivavo alla sera e caricavo in garage. E la mattina avevo la stessa carica + o – del giorno precedente. Contratto da 3kW portato poi a 7 per installazione PDC.
Non avessi avuto il garage a 400 metri a piedi c’e’ una colonnina da 22kW EnelX, con Duferco avrei potuto ricaricare al costo di un contratto casalingo e in un ora (il tempo di cenare) la macchina sarebbe stata carica.
Non guardi solo la sua situazione, lei è fortunato ad avere box e colonnina di fronte casa. Io abito in provincia di Milano e colonnine nella mia zona non ne vedo. Forse facendo km potrei trovarne una. Comunque faccio un esempio: Ho una casa al mare in provincia di Savona che dalla mia di residenza dista 230 km, che moltiplicato per due (ritorno) fanno 460 km. Se dovessi muovermi un po’ al mare o trovare una deviazione sul percorso correrei il rischio di rimanere per strada. Non parliamo se dovessi fare un viaggio per andare a trovare i miei parenti al sud. Certo magari potrei rincorrere quelle poche colonnine che ci sono, magari uscendo ed entrando dall’autostrada, come si faceva per il metano (che infatti non è mai decollato), ma non credo che una situazione simile possa incoraggiare ad acquistare un’auto elettrica pura. Infatti io ho una Toyota ibrida.
In qualità di utilizzatore esclusivo di MOTO elettrica con batteria ( per ora)di soli 8 kw, uscire dalla città e affrontare percorsi più lunghi su strade statali o autostrade è fonte di ansia perenne.
Tuttavia posso percorrere ben 150 km.
La mia zona,il mantovano, ha diverse postazioni di ricarica nel capoluogo ma ampie zone della provincia,comprese quelle confinanti del tutto sprovviste di esse.
A ciò si aggiunge talora la mancanza di interoperabilità tra gestori che complica alquanto il disagio.
Oltre alla carta Enel x,in mio possesso, dovrei dotarmi di altre carte e stipulare contratti plurimi per recarmi sul lago di Garda o a Ferrara ad esempio.
Sarebbe sufficiente che,su ogni statale, in almeno ogni DUE distributori di carburanti vi fosse una ricarica elettrica.
A22 sta dimostrando un certo sforzo nell’elettrificare la propria rete autostradale.
In altre autostrade è praticamente impossibile affrontare un viaggio in moto.
Questa è attualmente la mia esperienza dal 2017 ad oggi.
Cordialmente
Non mi sarei mai aspettato un articolo del genere da vaielettrico.it
Mi spiace ma penso proprio che non abbiate mai fatto un giro in elettrico. Forse state tutti a Bolzano…
Perché pensa questo? Non è così.
Ma che metà classifica! Siamo sedicesimi, dopo tutti i grandi paesi europei, dopo di noi solo le repubbliche ex sovietiche, la Grecia, la Romania e gli altri paesi storicamente molto indietro. La realtà è che se ci confrontiamo con i paesi ricchi e popolosi quanto il nostro siamo gli ultimi, peggio di noi solo la Spagna. Poche colonnine in italia? No, non poche, Pochissime e distribuite malissimo. Alcune regioni poi sono ridicole, una fra tutte la Liguria. Forse sarebbe stato meglio che fosse un pesce d’Aprile…
Epperò che anche voi continuiate a confondere AC e DC mi fa cadere le braccia. La densità di DC in Italia è la più bassa d’Europa, e se ensate che siano la stessa cosa è solo perché non guidate una elettrica – che tristezza ! https://onewedge.com/2021/01/05/la-crisi-che-verra/
Veramente io possiedo e guido un’elettrica da tempo e conosco benissimo la differenza tra AC e DC.
In effetti a Salerno la situazione non è buona, con 1 sola colonnina. C’è ne sono a quanto pare 3 verso arechi e 2 a Cava de Tirreni.
Di certo il sud è messo peggio
io credo che sia un problema di distribuzione più che di numero assoluto. Faccio qualche esempio su posti che conosco: Salerno, 160mila abitanti, nessuna colonnina nel centro urbano eccezion fatta per una colonnina gratutita nel parcheggio comunale (2kw). E’ chiaro che a Salerno o hai il garage, o a una BEV non ci puoi neanche pensare. E in tanti posti al sud si sta messi ancora così
Scusate, ma qui si parla esclusivamente di numeri. Ma queste colonnine sono equamente distribuite sul territorio, oppure sono concentrate nelle zone a più densa popolazione? Se fossero distribuite per popolazione, non pensate che alla fine, pur parlando di “alte statistiche”, chi abita fuori città venga penalizzato, non essendo le ricariche una questione di una manciata di minuti? Ed invece fossero equamente distribuite, non ne soffrirebbero vice versa i cittadini che abitano nelle grosse città?
Mi permetto un ultimo commento, mi sono letto un po’ di commenti e sono tutti molto simili (miei inclusi) nel dire la stessa cosa. Qualcosa di molto ragionevole.
E cioè che l’infrastruttura deve precedere le auto elettriche.
Il problema è come ho già detto la politica, per non spendere hanno delegato, anzi, lasciato il compito ai privati, che però costruiscono colonnine solo se conviene e quando conviene, apparentemente.
Di questa faccenda se ne doveva occupare lo stato, o comunque andava portata avanti sotto impulso dello stato.
È opera strategica quanto la fibra ottica, anche di più, perché riguarda anche la salute dei cittadini.
Invece si sono limitati a stanziare incentivi per le auto elettriche e sulle colonnine hanno fatto spallucce “stanno investendo i privati”.
Così si strozza e rallenta un mercato potenzialmente più grande oggi.
L’infrastruttura è ampiamente sopravvalutata.
La rete di ricarica è già molto più avanti delle vendite di BEV. Infatti abbiamo un rapporto punti di ricarica-auto circolanti fra i migliori d’Europa. I gestori, a partire da Enel X, sarebbero pronti ad installarne il triplo o il quadruplo. Sono frenati dalla burocrazia e dall’incompetenza degli enti locali che devono deliberare autorizzazioni e concessioni.
Ok, può farci esempi della burocrazia in questione? Non è una domanda retorica. Voglio sapere chi sono i responsabili locali di questo rallentamento e il perché di questo. Se possibile.
Ci sono amministrazioni più sensibili e preparate, altre molto meno. La burocrazia non è altro che un insieme di norme da seguire e rispettare. in italia sono tante, tutte diversamente interpretabili. Concessioni, autorizzazioni, protocolli, nulla osta. Basta sprecare una settimana di tempo in più per ogni passaggio e il ritardo può diventare di mesi o anni. Tenga presente che oggi circa il 20% delle colonnine già installate sono ancora in attessa dell’allaccio alla rete
Sarà ma io continuo a vedere su ChargeMap 5 o 6 punti di ricarica nella mia cittadina in Toscana. E distributori di carburante in ogni quartiere, anche più di uno per quartiere.
E poi come si suol dire il cliente ha sempre ragione.
Lei può pure ritenere che le colonnine siano sufficienti, non discuto, senza prendere in considerazione quello che penso io, poi però fuori ci sono i consumatori che chiedono più colonnine, evidentemente perché non si sentono rassicuranti ad averne pochi e al non averne nel proprio quartiere.
Ripeto, il cliente ha sempre ragione, se il popolo vuole più colonnine, vuole più colonnine e amen.
Il cliente è re, o sarebbe meglio dire il consumatore è re.
Il cliente non è chi parla di auto elettrica, ma chi la usa. Chi la usa sa bene che di colonnine ce ne sono più di quel che sembra. Potrebbero essere di più e meglio distribuite sul territorio.Ma soprattutto dovrebbero essere sempre funzionanti, libere dagli abusivi, più veloci, meglio piazzate, interoperabili, meglio gestite dalle diverse app e via dicendo.
Onestamente io non so in che paese vivete, abito a Milano zona Rogoredo piu esattamente nello stesso quartiere dove c’è la nuova sede della Sky nonché un quartiere porta di Milano per quelli che arrivano ca fuori Milano. In tutto il quartiere non c’è una colonnina di ricarica. Stesso discorso a Cologno Monzese zona Mediaset dove lavoro (zona non parcheggi interni mediaset). Spingete sempre sul elettrico e mi piacerebbe anche ma io che non ho un garage/box e non ho possibilità di ricaricare l’auto a casa mi spiegate come posso fare? Andare con la bici o monopattino in tangenziale?
Dove vivo io, a Bologna, posso scegliere fra 4 diversi punti di ricarica, tutti nel raggio di 500 metri da casa. A Rogoredo, le mappe indicano almeno due impianti di ricarica a pochi passi dalla Stazione. E altri cinque fra San Donato e Metanopoli. Fra Cologno-Monzese e Milano Due ne vedo almeno una decina. Mi chiedo dove viva lei.
Mihai, ho fatto una veloce ricerca e risultano presenti 2 colonnine a rogoredo, 1 Enel e una NHP, vicino alla stazione. Inoltre ce ne sono altre 2 a un tiro di schioppo, in via polesine e in viale Brenta.
Entrambe NHP.a Cologno ne risultano addirittura 9!, distribuite su tutto il comune.
Forse è proprio vero che ci sono più colonnine di quel che pensiamo
Vogliamo o no eliminare le auto termiche?
Bene, perché i clienti sono anche (e soprattutto) quelli potenziali che vanno convinti, perché quelli che già guidano elettrico non vanno convinti a passare all’elettrico.
Eppure in Italia le quote di EV nel 2020 sono arrivate al 4%, più che raddoppiando quelle del 2019. Per capire cosa succederà basta guardare oltralpe. Germania e Francia già oltre il 10% (ben oltre).
Qua in zona (Lombardia) intorno casa mia ho circa 6 colonnine nel raggio di 2km. 2 anni era 1 sola.
L’elettrico non era nemmeno una scelta 2 anni fa. Oggi chiunque sa che sono un’opzione anche se ancora non sono sicuri. Il punto di svolta è sopra il 15%, quando 1 nuova su 8 sarà una EV (e buona parte del resto sarà ibrida). Euro7 sarà una pietra tombale
Abito in Toscana, a Lucca.
Punti di ricarica sono pochissimi, basta verificare sull’app ChargeMap.
L’unica apparentemente veloce sarebbe all’iperCoop dall’altra parte della città dove a fare la spesa non vado mai perché ho un iper Carrefour a 300 metri da casa e un Esselunga a poco di più. Poi io ci sto 1 ora, basterebbe per ricaricare all’80%?
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Spero che i miei commenti precedenti permettano di non sospettare che io sia a favore dell’auto termica (fosse per me vietarei le auto termiche dal 2035, ma non la sola vendita, anche solo l’uso, escluse le ibride).
Non concordo però con l’ottimismo dell’articolo.
L’infrastruttura deve essere capillare con anticipo, prima che la gente comincia a comprare auto elettriche in massa.
Sono sicuro che una grande percentuale dell’attendismo di molti automobilisti è dovuta all’attesa che le colonnine siano almeno diffuse quanto le stazioni di carburante.
Molta gente avrebbe anche buone intenzioni ambientali, ma non sono disposti a fare sacrifici organizzativi troppo impegnativi.
E io non li biasimo.
Eddai, l’elettricità è ovunque, non devi stendere gasdotti o altre robe.
E tutta responsabilità della politica questa mancanza di progresso nella capillarità delle colonnine. Totalmente. Una classe politica poco lungimirante e che non pare molto convinta e/o motivata verso la mobilità elettrica. O solo ignorante (la classe politica).
una classe politica anche abbastanza ammanicata con i petrolieri…secondo me
Il problema è che la richiesta di colonnine pubbliche è spesso la “scusa” adottata anche da chi potrebbe caricare a casa (a costi pure inferiori, tra l’altro). Se almeno chi ha questa possibilità prendesse in considerazione il passaggio ad una EV, si farebbe un gran passo avanti. Io in 18 mesi non ho mai caricato da una colonnina pubblica se non nei viaggi dove l’autonomia della mia auto lo richiedesse. Ed in quei casi servono colonnine rapide, non certo da 7.4 kW.
Quanti italiani possono acquistare un’auto elettrica oggi senza troppi sbattimenti? Il 13%. Ecco la fonte: https://www.ansa.it/canale_motori/notizie/analisi_commenti/2020/05/20/auto-elettriche-13-le-comprerebbe-senza-cambiare-abitudini_ebca4d9d-4b85-481f-8672-3f88eac670a6.html
L’articolo cita come autore dello studio: “Move” del Politecnico di Milano (Polimi)
In particolare: il 50% degli italiani non supera i 300 km nei suoi spostamenti nel corso dell’anno ma se si considera il box auto di proprietà pronto per essere convertito all’elettrico, la percentuale scende al 13% (tutti gli altri dovrebbero ricaricare lontano da casa e farsela a piedi sotto neve, pioggia e vento). E qualcuno vorrebbe imporre ugualmente l’auto elettrica al restante 87% degli italiani. E poi ci lamentiamo degli italiani …
Analisi interessante ma non significa che l’87% degli italiani non può usufruire dell’auto elettrica. Prima di tutto, un numero limitato di viaggi all’anno oltre l’autonomia dell’automobile elettrica non sono un ostacolo insormontabile e poi un certo numero di quelli che non ha la possibilità della ricarica domestica o condominiale, magari può caricare al lavoro o senza andare troppo distante da casa. Lo studio può essere letto anche in positivo: già oggi il 13% degli italiani non avrebbe nessuna scusa a passare ad un veicolo elettrico a batteria quindi parliamo di 3-4 milioni di autoveicoli.
13% è la percentuale di chi ha un box e non fa mai (in tutto l’anno) più di 300 km in 1 solo viaggio.
Se però consideriamo chi fa pochissimi viaggi (le vacanze) e ricarica se serve strada facendo ad una colonnina fast, quel numero è ovviamente molto più alto.
Come dice Ivan, se ci mettiamo la possibilità di non ricaricare a casa, ma a una colonnina mentre lavoriamo, facciamo la spesa, mangiamo al ristorante, salirà ancora.
nel 2021, parliamo sicuramente di milioni di potenziali clienti.
Poi che si voglia cambiare abitudini, è un altro paio di maniche
Imporre? Ma lascia pedere. Dimmi piuttosto perchè quel 13% viaggia ancora con le termiche. Se il 13% delle nuove immatricolazioni fossero BEV, cioè circa 100.000 auto l’anno, saremmo semplicemente in linea con la media dei Paesi più evoluti d’Europa. Invece stiamo sotto il 2%. E le flotte aziendali? Potrebbero essere elettriche per il 60-70% https://www.vaielettrico.it/targa-telematics-il-70-delle-flotte-aziendali-pronte-per-lelettrico/.
Beh, se il partito de “vietiamo la vendita delle termiche dal 2030” vince (un partito trasversale in verità), non tutti coloro che vivono in monolocali senza garage ne saranno contenti.
Il fatto che il 13% non sia passato all’elettrico potrebbe dipendere da un milione di fattori. Un esempio banalissimo? Non tutti cambiano l’auto ogni anno! Magari io ad esempio potrei rientrare in quel 13%, ne ho comprate 2 nuove 2 anni fa, e non ancora sono passato. Quell’analisi si riferisce alla situazione immobiliare degli italiani e al loro chilometraggio, non è circoscritta agli italiani che quest’anno cambiano auto. Un altro valido motivo? Magari io guido una spider o una station wagon o un’auto 7 posti e nessuna delle auto elettriche disponibili è compatibile con il tipo di vettura che cerco (a parità di prezzo), pur rispettando i vincoli del prezzo, del chilometraggio e della presa auto. Inoltre la ricerca parla di italiani con una necessità di autonomia non superiore a 300 km: questo già esclude alcuni modelli più “popolari” come la Mini o la Spring, “obbligandomi” a fare la scelta tra una selezione di modelli limitata.
Le flotte aziendali? Va visto se la benzina la paga il dipendente o l’azienda: perché se la paga il dipendente, all’azienda la scelta dell’elettrico costa di più che non andare su un’auto a benzina. E poi l’azienda si dovrebbe sincerarsi che il dipendente possa installare il wall box a domicilio. Io penso agli agenti monomandatari, ad esempio, di cui l’azienda deve misurare la redditività in modo scrupoloso: che succede se questa cala perché il dipendente è fermo a ricaricare l’auto, soprattutto d’inverno? Chi paga il dipendente che deve fare rifornimento di elettroni alle 18:30 (a fine turno) e trova la fila presso il supercharger autostradale e deve attendere in fila? E’ o non è lavoro straordinario da pagare a parte? Le flotte aziendali viaggiano in autostrada: si spostano a 120 o a 130 km/h?
Sei veramente snervante Enzo (e lo dico in senso buono). Però con i numeri e le statistiche devi andarci piano, perchè prendi abbagli. Se l’universo degli italiani che potrebbero comodamente passare all’elettrico è pari al 13%, la stessa percentuale più o meno dovresti averla anche sulle nuove immatricolazioni. E’ vero infatti che non tutti cambiano l’auto ogni anno, ma questo vale sia per gli automobilisti elettrici sia per i termici. Poi dai, arrampicati pure sugli specchi, ma non puoi riportare i dati di uno studio, poi sostenere che anche quelli non vanno bene. La verità è che noi italiani siamo caproni. E se non vogliono capire, i caproni si mettono alla catena. La fine delle auto a combustione è una delle condizioni necessarie e indispensabili per ridurre le emissioni del 55% al 2030, e su questo abbiamo già assunto obblighi tassativi a livello europeo. Lo volete capire o no?
Come ha detto qualcuno, le nuove idee non vincono perchè le persone cambiano idea ma solo perchè ad un certo punto quelle persone muoiono. Io comunque spero sempre che questa massima venga smentita prima o poi.
Al 2030 non ci arriveranno mai a tagliare del 55% le emissioni. questo lo sa chiunque lavori nel campo (ed io mi occupo in azienda anche di emission trading). Inoltre il taglio è parametrato ai livelli del 1990 (anno preso a riferimento) perchè altrimenti dire “ridurre del 55% vuole dire nulla. Il vero problema sono le centrali elettriche e le industrie. In italia ci sono ancora 8 centrali a carbone, che verranno riconvertite a gas. Inquinano meno, ma sono inutili per raggiungere il target voluto. Ma sono indispensabili per garantire il base load della rete elettrica. Infatti il famoso 40% di corrente da fonti rinnovabili che viene prodotta in italia copre circa il 35% del fabbisogjno energetico nazionale.
Ultimo ma non meno importante, ci sono realtà iundustriali ad oggi impossibili da decarbonizzare. Industria metallurgica, ceramica, cementerie, tutte bruciano qualcosa che sia gas o CER.
Io lavoro in una di queste realtà e nonostante l’azienda sia una formica nel suo comparto, emette l’equivalente di 9000 auto da 100 g di Co2 al Km che percorrano 20.000 Km all’anno. Una sola piccola fabbrica.
Sa chi sono i più grossi traders di quote in europa? Le società che producono corrente. Che comprano da chi come noi, avanza quote. Il benchmark per il settore in cui opero è 25 mila quote (1 quota, = 1 tonnellata di Co2 equivalente). consumandone circa 7-9 mila, le restanti vengono immesse sul mercato, e acquistate da chi per limiti tecnologici emette più di quanto concesso.
Detto in soldoni, è un sistema finanziario, fatto per smuovere soldi, ma che non porterà mai al taglio come i burocrati europei cercano di fare credere.
Giustissimo, e grazie per il suo intervento Max. Raggiungere il target 2030 per il taglio delle emissioni è una sfida tremenda. Però ci siamo impegnati ad affrontarla. Cementifici e acciaierie non potranno mai fare a meno della combustione, ma potrebbero utilizzare l’idrogeno prodotto da elettrolisi dall’acqua con energia elettrica rinnovabile (al 73%, il target europeo 2030). Il sistema del trading delle quote verdi non mi pare così stupido: incentiva le aziende ad efficientarsi. Tesla non sarebbe in utile (quindi non potrebbe continuare ad investire sull’auto elettrica) se non incassarre un miliardo e mezzo di dollari da FCA per vendergli i diritti di emissione. La sua azienda avanza quote, perchè evidentemente emette molto meno della media del suo settore. In altre parole ha investito in risparmio energetico. Non è così? Cosa c’è di sbagliato?
Hai ragione sul 13%, abbaglio mio e grazie per la correzione. Resta comunque il dato: solo il 13% (un valore che in teoria può arrivare al 20%) potrebbe passare in modo indolore, secondo il politecnico di Milano, all’elettrico, per tutti gli altri è una questione di compromesso, piccolo o enorme dipende caso per caso.
Il restante 80% arriverà quando i prezzi caleranno, l’autonomia crescerà un poco e la rete di ricarica sarà diffusa su tutto il territorio.
Il processo durerà vent’anni, ma chi parte in ritardo adesso…
D’accordo al 110% con te.
Quella del monomandatario me la scrivo, è una gran barzelletta. Complimenti.
Chi paga il monomandatario con l’auto termica in panne ? chi lo paga se capita una settimana di sciopero dei distributori ? E gli adeguano i rimborsi se per qualche scusa (e ce ne sono tante) il prezzo dei carburanti aumenta all’improvviso in modo consistente ?
Anche quella del tizio in monolocale senza box non è male. Credo che chi vive così abbia problemi più urgenti del cambiare auto, anche fosse termica
Considerando i box privati probabilmente la percentuale è quella, non ho dati per smentirla. Ma se poi includiamo anche le piazzole all’aperto di fianco alle abitazioni o quelle nei garage condominiali probabilmente i numeri cambierebbero. Non dimentichiamoci che in Italia installare un wallbox in un garage condominiale, nonostante le normative stiano lentamente migliorando, resta di fatto ancora un incubo.
Posso testimoniare la situazione grottesca della città di Napoli -che frequento serìttimanalmente -in cui non esiste un sistema pubblico di ricarica,limitandosi alla presenza di siti privati(come garage per lo più)che offrono un servizio -spesso gratuito-agli ospiti.
Una situazione insomma da anno zero.
E stiamo parlando della più grande realtà urbana del mezzogiorno ed una delle più popolose d’Italia…
Paradosso del paradosso: molti comuni dell’hinterland napoletano che confinano invece col comune di Napoli,si sono attrezzati(o lo stanno facendo)con una rete di ricarica da far invidia non solo a Napoli città ma anche Salerno(città ben più dinamica ed attiva della prima):altro esempio negativo di assenza pressoché totale di colonnine di ricarica pubblica.
Va meglio in altri capoluoghi di provincia meridionali quale Cosenza-ad esempio-in cui la presenza di un numero di colonnine-seppure ancora limitato-è un dato in costante crescita.
È vero che a Cosenza capoluogo di colonnine ce ne sono, ma se mi sposto sulla costa (una zona che dovrebbe attrarre turismo) c’è il deserto.
Guglielmo
Verissimo.
Ma solo sul Tirreno si assiste al deserto elettrico(tranne a Scalea);per la costa jonica invece le cose sono piuttosto diverse,con realtà turistiche che sfiorano l’eccellenza quale la splendida Roseto Capo Spulico-ad esempio-più un bel numero di paesini(anche all’interno)in cui mi sono stupito non poco di trovare un bel numero di colonnine.
Insomma una realtà a macchia di leopardo che si muove soprattutto per la lungimiranza di tante amministrazioni locali.
Verissimo, la situazione di Napoli è una vergogna, indegna di una grande città europea. Il Comune sembra infischiarsene e le vendite di auto elettriche sono al minimo, anche perché pochi hanno la possibilità di ricaricare a casa. Possibile che non si capisca che anche per intercettare il turismo che arriva in auto (sempre più elettrica) dal Nord Europa sarà indispensabile offrire la la possibilità di ricaricare? Se no, app alla mano, i turisti se ne andranno a far tappa altrove, lasciando a Napoli i soliti piagnistei. E lo dico con tutto il rispetto per una città che amo e in cui conservo degli amici veri.
è appurato che il mercato elettrico in italia come in tutto il mondo è in evoluzione
io ho acquistato una plug-in un anno fa a Roma
la colonnina più vicina che avevo era a 20 km
ora ne ho una a 3 km
come dice l’articolo il mercato elettrico italiano è limitatissimo nonostante gli incentivi , purtroppo io ho acquistato usato senza incenivi a gennaio 2020 (averlo saputo prima ..)
e chi compra ora elettrico ricarica prevalentemente a casa
da quello che vedo con le app il punto critico restano le autostrade
post scriptum
le cose però si evolvono molto rapidamente , anche un paese conservatore come il nostro , potrebbe svegliarsi una mattina
e come fu per i telefonini , diventare uno dei più grandi consumatori di auto elettriche
in USA cominciano ad esserci i primi problemi di “affollamento”
https://www.youtube.com/watch?v=a1uFudf37JU
prevenire è meglio che curare
A 3 Km … wow, che fortuna, la notte, d’inverno, quando piove e c’è il vento forte, puoi parcheggiare a 3 km da casa (sempre che sia libera e funzionante) e fartela a piedi …
ha se sei nella media km al giorno
alias 35 km al giorno , puoi caricarla con le fast 1 o 2 volte a settimana
a seconda dei modelli 40 o 60 kwh
ovunque
ovviamiente fare 20 km , anche se è un centro commerciale
non ne hai voglia sempre
3 km per mezzora di fast , con un lavauto a mano vicino ..
ci sta
rispondere ai commenti di enzo diventa sempre più spassoso
soprattutto quando gli dai un vero motivo di critica
se lo sviluppo dell’elettrico sarà repentino come in USA
si rischiano le codee del video
Negli USA, amico mio, la Tesla Model 3 standard Range Plus parte da meno di 32000 euro ( https://www.caranddriver.com/tesla/model-3 ). Da noi, in Italia, lo stesso modello costa quasi 20000 euro di più, ovvero 51000 euro ( https://www.hdmotori.it/tesla/articoli/n532622/tesla-model-3-2021-versioni-prezzi-italia/ ). Con i soldi con cui negli USA acquisti una Model 3 Standard Range Plus da noi compri una Opel Corsa elettrica: e ci credo che negli USA le elettriche si vendono, eccome se si vendono!
Per 32000 hai un’auto da 306 cv che fa da 0-100 in 5.6″, 225 km/h di velocità massima e 409 km di autonomia!!! E’ un affare pazzesco!!! Per avere una termica con quella accelerazione devi spendere 40000 euro!!! Parliamo di un rapporto costo/cv pari a 104 Euro, un miraggio per un’auto termica, con una tecnologia al top 5 anni avanti ai migliori concorrenti!!!
E’ sempre più spassoso rispondere ai commenti di quelli che non capiscono perché in Italia le elettriche si vendono poco … duri come rocce, anche davanti a dati impietosi …
eccolo quello della volpe e l’uva
io leggo 36490 dollari per la la model 3 base
30190 con gli incentivi di alcuni stati
non c’è l’iva
non c’è il trasporto, prova a spedire 2000 kg in usa
per l’import dagli usa in Europa
c’è il 10% secco tassa di importazione sul prezzo di acquisto
poi c’è il 21% di imposta su prezzo di acquisto + spese di spedizione
le cose cambieranno con la fabbrica Tesla a Berlino
non prima di metà 2022 imho
comunque la tesla anche al prezzo usa
non è proprio una macchina per la massa italiana
in un paese che compra utilitarie da max 15.000 euro
oggi con gli incentivi una 500e o una Clio-e
potrebbero comprarle la maggioranza
con un piccolo sovrapprezzo che recuperi in pochi anni risparmiando in benzina e manutenzione
Ah, ora ho capito, ma pensa che distratto, quindi in pratica quando sarà finita la GigaFactory di Berlino nel 2022 le Model 3 SR+ passeranno da 51000 a 32000 euro perché non avremo più 2000 kg da trasportare, non avremo il 10% secco di importazione, avremo l’iva come la pagano anche gli USA. Beh, ci hai dato una notizia, non comprate la Model 3 SR+ adesso perché tra un anno costerà 19000 euro in meno … grazie non lo sapevo, volpe!
Se dai dei numeri, almeno dalli corretti, non gofiarli a piacimento tanto per dimostrare tesi indimostrabili. In Italia la, SR+ parte da poco più di 48k, che scendono a 43k con gli incentivi base e a 38k con rottamazione.
Sul prezzo reale negli USA ti è già stato detto… ma di che parli?
Senza fare l’autoflaggellatore professionista, sottolineo solo che il dato rispetto alle elettriche circolanti é solo parzialmente utile a descrivere l’arretratezza italiana sul fronte colonnine. L’infrastruttura é fondamentale per consentire la diffusione delle bev. Ci sono troppi comuni, neanche piccoli, che non dispongono di una sola colonnina! Senza sviluppare con un po’ di coraggio l’infrastruttura fino a un livello minimo accettabile il gioco ha una bella zavorra
Non sono d’accordo con questa lettura in chiave positiva della situazione. I dati sono lì e sono impietosi, siamo dietro il Portogallo, abbiamo un terzo delle colonnine della Francia. Non esiste ancora una stazione autostradale con una colonnina fast dopo anni che se ne parla (che è quello che ci vorrebbe per il famoso range anxiety che esiste e come), non mi risulta che ci sia un piano di coordinamento e linee guida in materia per cui ogni comune dal più piccola al più grande va per la sua strada nel piazzare qua e là colonnine. Correlare al mercato il giudizio sulla disponibilità di punti di carica non è logico, se io devo decidere di comprare un auto elettrica non mi consola il fatto che il numero di colonnine è correlato al mercato, le colonnine devono anticipare il mercato (infatti Tesla lo aveva capito benissimo quasi dieci anni fa quando ha iniziato a sviluppare la rete dei supercharger praticamente prima di vendere le auto elettriche). Comunque basta avere ancora un pò di pazienza e tra 10 anni non si parlerà più di auto a batteria perché andremo tutti a idrogeno verde prodotto da centrali a fusione…
Più auto elettriche ci sono in circolazione, più aumenta il rischio di trovarle occupate al momento di dover ricaricare. Al momento in Italia è un rischio piuttosto remoto: personalmente non ho mai avuto questo problema. Quel che volevamo dire in questo articolo è che anche l’infrastruttura di ricarica è legata al mercato. Certo, l’ideale è che la proceda, perché chi acquista poi non può aspettare. Ma a noi non sembra che l’Italia sia messa malissimo, fatta eccezione per l’autostrada e per alcune città come Roma. Come peraltro evidenziato nell’articolo.
Tutto secondo me ruota intorno a due punti:
– le colonnine presenti devono essere funzionanti per il 99,99% del tempo
– con l’aumentare del circolante elettrico devono aumentare di pari passo le colonnine, sia AC che DC, altrimenti è il cane che si morde la coda (“il circolante è ancora basso, non investiamo ulteriormente”). Ora che i fondi europei per i corridoi delle DC sono di fatto finiti, si spera che queste vengano comunque installate con una buona frequenza
Questo articolo per non ha senso. Se come si afferma e come tutti possono costatare, non ci sono colonnine di ricarica elettrica in autostrada, come si può acquistare un auto elettriva. È la infrastruttura che dovrebbe precedere l’utilizzatore no viceversa
Condivido pienamente il tuo discorso, ma mettiti nei panni di chi vuole investire in colonnine elettriche, se alla fine non fatturi perché a quella colonnina si fermano due automobili al giorno, e la banca che ha finanziato il progetto alle fine di ogni mese vuole la sua parte, spiegami perché dovrebbero piazzarne altre, per far piacere ai banchieri? Il metodo Tesla è l’unico che io approvo, tu costruttore piazzi le colonnine e poi vendi le macchine. Il consorzio Ionity sta cercando di fare qualcosa, ma di questo passo……