I prossimi 10 anni saranno gli ultimi del petrolio “facile”: comincia a rallentare la produzione di petrolio non convenzionale negli Stati Uniti e presto anche gli americani dovranno approvvigionarsi dal Medio Oriente o dalla Russia. I conflitti in Palestina e Ucraina sono già l’anteprima della prossima guerra per l’energia. Che ci schiaccerà, se l’Europa non avrà conquistato l’indipendenza energetica grazie alle fonti rinnovabili. Questo e altro nell’intervista flash di Fuoco Amico a Leonardo Setti, professore di Biochimica industriale all’Università di Bologna e fondatore del Centro per le Comunità Solari.

Setti squaderna dati inequivocabili. Dopo 100 anni di trivellazioni petrolifere, la domanda di greggio in Usa è oggi coperta dai 14 milioni di barili giornalieri estratti in con la frantumazione delle rocce petrolifere profonde (fracking). Ma questi pozzi hanno vita breve (6-7 anni al massimo).
Molti si sono già esauriti e altri si stanno esaurendo, costringendo le società petrolifere a scavarne sempre di nuovi. Ogni anno se ne trivellano 15.000 e intere aree del Midwest statunitense sono ridotte a una gruviera. Fra pozzi ancora attivi e pozzi esausti se ne contano 1,2 milioni.

Il “fracking non basta più: Stati Uniti verso l’addio all’indipendenza energetica
Il picco produttivo è già alle viste e dal 2030 in poi, nonostante l’invito del presidente Trump a trivellare senza limiti, il famoso “drill, baby drill”, entro il 2035 gli Stati Uniti non saranno più autosufficienti. Dovranno trovare giacimenti fuori dai propri confini.
Ovvero, come già minacciano di fare, ampliare i propri confini al Golfo del Messico, non a caso ribattezzato da Trump Golfo d’America e in Groenlandia. Entrambe le aree sono promettenti, ma molto problematiche da sfruttare a causa di barriere naturali: una profondità marina di 3.000 metri nel primo caso, le coltri di ghiaccio nel secondo.
«Dubito che gli Stati Uniti possano avere vita facile ad estrarre da quelle parti il petrolio di cui avranno bisogno. E’ molto più probabile che vengano contendere il petrolio mediorientale ad europei e cinesi, con la Russia a fare da arbitro. Insomma, ci sono tutte le premesse per una dura guerra, non solo commerciale».
Ovvia la conclusione: saranno dolori per tutti se Europa, Cina e gli stessi Stati Uniti non avranno già sviluppato sistemi energetici alternativi. In altre parole, la transizione elettrica e le fonti rinnovabili. La decarbonizzazione dell’economia, quindi, non è un’opzione e nemmeno una pur giusta scelta ambientale, ma un’urgenza esistenziale.
L’Ue sbaglia con il ban 2035: i divieti sono controproducenti, meglio condividere gli obiettivi
Anche per questo Setti contesta l’approccio europeo al tema del trasporto privato. Pensa che aver imposto divieti, anche a lunghissima scadenza, sia stato un errore («genera un istintivo rifiuto, soprattutto nei popoli latini» dice). Meglio avrebbe fatto l’Unione Europea a concentrare i suoi sforzi nella creazione delle condizioni politiche, culturali, economiche e tecnologiche per la transizione. Che così sarebbe stata un processo più veloce e naturale.
Per l’Italia, addirittura una preziosa occasione. Si affermano per esempio le batterie al sodio, e l’Italia è culla mondiale del sale fin dai tempi dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. E ancora: la tecnologia fotovoltaica porta la firma dell’Italia, che la sviluppò negli anni 60-70 in collaborazione con la Nasa nell’ambito dei primi programmi spaziali americani.
Ricomprerei Tesla per la tecnologia, ma non capisco l’atteggiamento di Elon Musk
Da proprietario di Tesla da oltre 4 anni (e più di 200 mila km percorsi con una Model 3) Setti distingue tra qualità della vettura e qualità del suo “inventore”. E pur imbarazzato dalla svolta estremista di Elon Musk, pensa che nessun’altra casa automobilistica abbia ancora raggiunto il livello di Tesla nello sviluppo della tecnologia elettrica. Tanto che si appresta a comprarne una seconda.
Ci spiega infine il paradosso dell’attuale sistema elettrico piramidale, nato sul presupposto di pochi grandi produttori e milioni di clienti-consumatori, quando invece, oggi, anche la produzione è distribuita e i protagonisti sono milioni su entrambi i fronti.
Nelle centinaia di migliaia di cabine secondarie di distribuzione a bassa tensione, ragiona, l’energia è ormai un bene comune condiviso, come l’acqua o l’aria. Tuttavia resta un terzo incomodo, lo Stato intermediario, che attraverso il gestore del mercato elettrico GSE lucra sullo scambio con tasse e oneri di sistema. E ha l’intrinseco interesse a mantenere un prezzo elevato.

Le Comunità Solari? La riscossa del proletariato energetico contro il paradosso del mercato elettrico
Le neonate Comunità energetiche sostenibili (CER) si reggono su un meccanismo di compensazione che premia l’autoconsumo attingendo a un fondo ministeriale alimentato dalle bollette. «Un sistema Ponzi – commenta Setti – che paga i cittadini con i soldi dei cittadini. Non ha senso: l’energia condivisa non ha bisogno di un mediatore».
- LEGGI anche: Palermo docet: la CER con colonnina da 350 kW fa lo sconto (40%) ai soci
Le Comunità Solari, almeno, i fondi per premiare autoproduttori e autoconsumatori se li procurano all’esterno, tramite le donazioni di aziende socialmente responsabili. E adottando proprie tecnologie di misurazione, quantificano le premialità sulla base di dati reali di produzione/consumo. «E’ la riscossa del proletariato dell’energia»
La soluzione finale? «Una riforma radicale del mercato che metta a tutela le tariffe elettriche sotto la cabina secondaria, eliminando oneri di sistema e di dispacciamento per remunerare solamente il produttore».
Bella intervista,
specie gli scenari petroliferi USA e mondiali, piu’ concetti qui inquadrati e riassunti in modo convincente
di effetto per me anche la foto aggiunta dalla redazione su un area trivellata per il fracking.. e in aggiunta al danno visibile, il suolo e le faglie acquifere rimarranno inquinati
stanno andando a debito con le generazioni future, perche’ripristinare la bonifica di quei terreni costerebbe molti piu soldi ed energia di quanti ne stanno estaendo..
il solito problema dei ”beni comuni”, il prenditore e i suoi clienti, che ragionano sul loro interesse giornaliero, non vengono scoraggiati
stesso problema secondo me c’e’ con le scorie e i siti nucleari, sono enormi debiti economici e ambientali lasciati ai posteri, posticipati come nelle truffe finanziarie
Per questo insisto a far conoscere che si possono fare ormai quasi banalmente ed anche risparmiando, mix 100% rinnovabili, e che in ambito scientifico ed economico sono gia’la previsione piu’probabile
Visto il video, interessante, grazie.
Noto con piacere la convergenza di giudizio, su alcuni temi che ripeto da sempre, tra me e il professore.
Brevemente
1) La c.d. transizione energetica è stata comunicata malissimo, i frutti di tale comunicazione autolesionista li vediamo tutti i giorni. Tutto sbagliato, e continuo a pensarlo. Ci ho scritto sopra un pezzo se vi va di cercarlo.
2) La c.d. transizione energetica è funzionale al mantenimento del nostro livello di vita “Senza” energia si torna entro il 2100 tutti a vivere grossomodo come vivevano i benestanti a fine 800/inizio 900.
Bene, ma non benissimo a sentire quello che mi raccontava mio nonno che appunto era un “benestante” di inizio 900.
3) La c.d. transizione energetica è da farsi con urgenza per il motivo precedente più che per motivi “ecologici”. I quali per l’amor del cielo nessuno li nega, ma quelli socio-politico-economici saranno più urgenti in un tempo più breve e con effetti nettamente più dirompenti sull’opinione pubblica. Tantovaleva cavalcare la tigre (e al posto di unicorni rosa depressi e orsi bianchi in analisi, parlare p.e. di sovranità energetica, di sicurezza nazionale e magari perchè no anche di “gloria patria” nell’essere leader di questa sfida)
4) L’Italia è circondata dal mare (sebbene per 7500 km circa e non 14.000, ma perdono il professore la cui materia evidentemente non è la geografia). Peraltro un mare particolarmente salato. Esattamente come a lui, mi è totalmente inspiegabile la nostra completa “insipienza” in termini di studi sulle batterie al sodio. Davvero: mistero della fede.
Su altri argomenti non mi addentro, non sono “i miei”.
Magari non sono troppo d’accordo sull’entusiastico giudizio in merito alle vetture Tesla, ma per l’amor del cielo mi paion di base tutte opinioni di buon senso.
Proprio non ci riesci a scrivere transizione energetica senza quel fastidioso c.d.?
Pensa che credevo ti desse fastidio parlare di transizione energetica al posto di transizione ecologica (sulla cui effettiva e reale “utilità” di quest’ultima personalmente credo pochissimissimo).
Da cui il “c.d.”, per indorarti la pillola.
Lo facevo per te, perchè sotto sotto ti voglio bene vecchia suocera.
Mha, un conto e’ dire che la utilita’ ecologica e’difficile da spiegare ai meno capaci di astrazione del pensioro al futuro, e conviene puntare sull.indipendenza energetica ed economica,
un conto diverso dire che non ci sia utilita’, a sentimento, sottointendendo che la scienza sia farlocca, non so se ho capito bene, un ritorno al negazionismo?
magari qualche bias per polarizzazione ideologica o politica? o qualche altra motivazione che se vuole discutiamo volentieri?
——————
Personamente, credo alla spiegazione che il riscaldamento climatico sopra a certe soglie non fara’ bene alla convivenza futura gia’ tesa dei miliardi di persone, per certo sul piano economico e dei conflitti e migrazioni per terre acque cibo e risorse, e al limite anche per rischi di cambio imprevisto e serio di ecosistema fauna flora
cioe’prima di arrivare ad un adattamento, anche spietato, potrebbero esserci guerre in sovrannumero.. se possiamo mitigare questo, per i nostri nipoti, perche’ no?
poi concordo essere un argomento astratto rispetto al fare i propri interessi qui ed ora, e alla visualizzazione dell urgenza energetica a breve termine, che pure puo’portare a conflitti
Ottimo intervento, e tanti spunti di riflessioni. Sarebbe bello se poi questi discorsi venissero anche ascoltati e recepiti da chi ha poteri decisionali. Specialmente la parte sulla transizione energetica come forma di protezione dai futuri conflitti per il petrolio.
Non mi trovo però d’accordo su un passaggio, le CER e gli oneri di sistema. A parte che i confini di una CER sono le cabine primarie e non quelle secondarie, quindi non ci sono mini-comunità di quartiere ma intere aree spesso formate da decine di comuni, ma sopratutto, che sia una cabina secondaria o primaria, c’è tutta una infrastruttura connessa a queste cabina, pali, cavi, componenti elettrici. Se togliamo gli oneri di sistema, con quali soldi si paga Terna per mantenere e potenziare tale infrastruttura?
Certo, l’elettricità scambiata a livello locale impone una “usura minore” della rete elettrica, ed è per questo secondo me che ci sono gli incentivi di autoconsumo, e che questi vengano presi dagli oneri. Perchè l’autoconsumo collettivo fa risparmiare l’uso degli oneri per la gestione della rete, e quindi si “liberano” per essere rimborsati ai cittadini. Chiamarlo “schema Ponzi” mi pare parecchio spregiativo. Sicuramente ci saranno modi per migliorare ulteriormente le CER, ma a costo di fare benaltrismo, il sistema dei rimborsi è forse il problema minore: vedo ben peggiore il fatto che si siano volute castrarle ammettendo l’adesione di impianti produttivi registrati al GSE solo dopo la fondazione della CER stessa, tagliando fuori di fatto tutti quei consumatori-produttori che hanno un fotovoltaico da anni.
Ottimo intervento Luca, il problema dei cavi è che in buona parte sono lì comunque e vanno manutenuti comunque.
E in ogni caso le spese fisse mensili sono già importanti al punto che dovrebbero pagare già l’infrastruttura, almeno quella dell’ultimo miglio.
Il problema sarebbe che poi gli oneri di rete andrebbero suddivisi su meno kWh fatturati.
Insomma alla fine i produttori con le centrali hanno molto da perdere con un sistema di produzione più democratico, questo è sufficiente a spiegare perché scambiamo energia a livello locale (e quindi a costo marginale prossimo allo zero) mentre il prezzo viene fatto in borsa elettrica come se fosse scambiata e trasportata su lunghe distanze, con tutti i costi che questo comporta.
Osservazioni corrette. Riassumiamo: gli oneri di sistema potrebbero essere rimodulati con una produzione/consumo di elettricità più localizzato. Senza toglierli però del tutto, perchè servono a pagare l’infrastruttura.
se posso, aggiungo che concordo con la intervista sul punto che il gestore statale non ha interesse a calmierare i prezzi enegia dai fornitori
si vede in tanti dettagli e mancate attenzioni, sembra piu’ una connivenza di interessi con i produttori..
tra le varie, persino le aste per i contratti di fornitura elettrica da rinnovabili in Italia hanno prezzi ancora convenienti ma abbastanza gonfiati rispetto a quello che dovrebbero avere,
gia’a partire da come sono scritti i decreti FER
detto con sicurezza dopo confronto con i prezzi piu’ bassi che si registrano per forniture da stessa tiplogia di impianti rinnovabili alle aste in Germania (paese con abbastanza burocrazia, costi del lavoro anche superiori all Italia, e infrastrutture di rete per ora piu’arretrate e costose delle nostre), e i prezzi molto piu’bassi che si notano alle aste in Spagna
Intanto la Cina, così tanto attenta e attiva sull’elettrico sta continuando a cercare giacimenti di petrolio, trovato uno da 100 milioni di tonnellate.
Immagino che ora lo terranno sotto controllo e non lo useranno in nessun modo.
Cercarlo e “trovarlo” non significa fare poi le enormi spese per renderlo operativo, specialmente in questo periodo di corsa alle fonti alternative…e a questi valori di mercato (Bernt e WTI) così bassi mettono in crisi anche importanti aziende… e penso che sarà dura per OPEC+ trovare un accordo nei prossimi giorni visti gli interessi spesso contrapposti tra i principali componenti (Russia e Cina)… senza contare che pure l’Arabia Saudita ha grattacapi non indifferenti per i propri piani di investimento e rinnovamento della propria economia
https://www.reuters.com/markets/commodities/how-oil-price-plunge-complicates-saudi-arabias-economic-agenda-2025-04-08/
Probabilmente sono stupido, ma non credo che si mettano a spendere quantità di denaro per trovare qualcosa che non intendono usare (inteso come vendita a terzi o raffinazione).
Nel caso di vendita sarebbero una sorta di Norvegia che si fa bella al suo interno vendendo petrolio, facendo i green per l’auto ma continuando ad ammazzare balene oltre il necessario.
Ma credo che verrà estratto e utilizzato per produrre beni da immettere sul mercato a basso prezzo in tutti quei paesi che non vogliono rinunciare all’ultimo ritrovato della tecnologia presente sui vari AliExpress o temu.
Cercare giacimenti serve anche per avere riserve future (sia per problemi politici che di eventuali salti di quotazioni di mercato); ne acquisisci diritti di sfruttamento (un po’ come stanno facendo nel conteso continente artico..in cui la Russia ha già piazzato decine di basi militari a difesa di potenziali miniere e pozzi attualmente non sfruttabili).
Possono costituire merce di scambio con altri paesi.
La Norvegia (come qualunque altro paese) è “green” solo di facciata , le scelte son sempre di convenienza economica (a parte il fatto che il popolo è spesso non completamente conforme a scelte dei gruppi di potere finanziario e politico: tu Antonio quanto ti senti rappresento dagli ultimi governi? pensa alle crescenti % di non votanti..)
Le balene…son grosse ma molto, molto minori di quanti animali da allevamento macelliamo ogni giorno noi italiani.
Quanto a Temù/AliExpress/Amazon e compagnia brutta… abbiamo tutti la coscienza molto sporca… (anche se per molti è questione di sopravvivenza per budget familiare che non consente di acquistare nei -semore meno- negozi di prossimità).
Il petrolio non serve solo per essere mandato in fumo nei motori, sai?
Certo, si possono fare tante cose belle, plastiche e derivati ad esempio, così possono continuare ad inondare il pianeta di prodotti con marchio CE veri o finti che siano, spedendolo a bordo di navi cargo o aerei alimentati dai residui di quel petrolio usato per altri scopi.
Se fossero veramente interessati alla transizione ecologica, eviterebbero anche di cercarlo.
Consiglio a tutti la visione del video, non perché l’articolo non sia un ottimo riassunto, ma perché ogni minuto dell’intervista ha un valore inestimabile.
Dietro al petrolio e alle questioni geopolitiche che ci sono dietro c’è la risposta al perché sia in corso in Europa ma un po’ in tutto il mondo la corsa al riarmo: purtroppo arriveremo presto a contenderci una risorsa necessaria alla nostra economia e al nostro modo di vivere che ci costerà sempre di più sia per ottenerla comprandola sui mercati mondiali sia per riuscire a mantenere “stabili” le zone in cui viene estratta.
Alla fine la cosa migliore sarà fare la transizione, però che fatica capire che l’andazzo attuale non è più sostenibile!
Tragico pensare che uno degli stati più potenti e capaci tecnologicamente (gli USA) abbiano invertito la corsa verso le rinnovabili, rendendosi così sempre più debole: invece che aumentare l’autarchia americana con F.E.R. ( e nucleare, se vogliono) riducendo al massimo gas&petrolio (di cui son sempre meno forniti) scelgono di andare a contenderlo anche “manu militari” in altre zone del pianeta.
Avrebbero tutto per abbandonare tra i primi la dipendenza dall’ex oro nero: enormi spazi per F.V. e possibilità di campi eolici on/off-shore (son bloccati solo dai crescenti cosi per mancanza di componenti importati e daziati e alti costi finanziari), tutte le più grandi imprese, strart-up e centri di ricerca per massimizzare la resa di tutti i sistemi (di produzione, trasporti, etc) ed invece scelgono una via “muscolare” guidati da una lobby in declino (anche cognitivo).