Perché questo limite agli impianti fotovoltaici civili?

Perché questo limite agli impianti fotovoltaici civili? Marco, un lettore, auspica un’eliminazione o quantomeno un innalzamento, che faciliti le installazioni. Vaielettrico risponde. Per scriverci la nostra  mail èinfo@vaielettrico.it .

span style=”font-size: 14pt;”>punto interrogativoLeggendo la mail del Sig. Rosina riguardo il limite base di 3 kW ai nostri contatori, mi è tornato in mente un cruccio che da anni, (almeno, 5 da quando ho studiato qualcosa riguardo il fotovoltaico) mi lascia perplesso…Ovvero il limite di 20 kWp agli impianti fotovoltaici civili, oltre i quali subentra l’Agenzia delle Dogane e si diventa ‘Officina Elettrica’. Con tutte le complicate ed onerose procedure burocratiche che ne conseguono…

Capisco che fino a qualche anno fa impianti piccoli, diciamo fino a 6-10 kWp, potevano essere più che adeguati a bilanciare i consumi con le varie forme di conto energia e scambio sul posto…  Ma dal 2020, con l’entrata in vigore del Ritiro Dedicato e la recente chiusura dello SSP, non sarebbe opportuno togliere o elevare il suddetto limite? Questo affinché chi ha la fortuna, ma penso anche agli edifici condominiali, possa privatamente e senza troppe formalità contribuire a produrre più energia possibile e massimizzare l’autoconsumo? Grazie. Marco A. Rochira

Perché questo limite Bisogna accelerare tutte le strade dell’auto-consumo…

Risposta. Abbiamo lettori molto esperti, in materia che potranno dare repliche più fondate di quel che possiamo rispondere noi. L’impressione è che stiamo arrivando al compimento di un processo di liberalizzazione nel mondo dell’energia che va in direzione opposto alla nazionalizzazione operata nel 1962.

Allora c’erano ragioni fondate per farlo, con la nascita dell’Enel in un’Italia che stava industrializzandosi e aveva fame di energia a prezzi accettabili. Come ben spiegato qui dalla Treccani. Oggi l’avvento delle rinnovabili impone un’apertura più rapida all’auto-produzione, anche micro, come avviene appunto nei condomini e anche nelle case singole. Apertura rallentata un po’ dalla burocrazia, un po’ da interessi che la politica accompagna con la solita inerzia.

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  1. “Apertura rallentata un po’ dalla burocrazia, un po’ da interessi che la politica accompagna con la solita inerzia. ” Un po’ come la storia dei 3kw di default…

  2. Le norme che regolano la “connessione di utenti attivi e passivi alle reti BT delle imprese distributrici di energia elettrica”, è la CEI 0-21. In altre parole non ci sono differenze tra chiedere la connessione di un impianto di produzione oppure di consumo.
    La norma CEI 0-21 è un documento di centinaia di pagine, scaricabile gratuitamente, di fatto riservata agli addetti ai lavori.
    Una precisazione è necessaria per gli impianti fotovoltaici: la definizione di potenza nominale di un impianto (Pn) è stata aggiornata alcuni anni fa. La Pn è definita come il valore minore tra la potenza ac e dc del sistema. Un impianto con inverter di 6kWac, collegato a moduli solari da 8kWp (somma delle potenze dei singoli moduli), presentauna potenza nominale (Pn) è pari a 6kW.
    Gli impianti si collegano alla rete pubblica in monofase (230Vac) fino a 6 kW (anche se si può chiedere una connessione trifase con potenza inferiore a questo valore). Oltre 10 kW la connessione avviene in trifase BT (Bassa Tensione, di fatto 400Vac).
    Tra 6kW e 10 kW è possibile ancora ottenere una connessione monofase, se le condizioni della rete lo consentono. Durante la mia esperienza professionale solo una frazione inferiore al 10% del totale degli impianti è stata connessa in monofase, in questo intervallo.
    Oltre 10 kW gli impianti sono collegati in BT fino a 100 kW.
    Tra 100 e 200 kW,la connessione avviene in BT o MT (Media Tensione) in funzione delle condizioni della rete, oltre 200 kW solo in MT.
    Come si può osservare il valore di 20 kW … non è considerato dalla CEI 0-21, se non come limite per inserire sui soli impianti di produzione il “rincalzo” (un sistema di sicurezza aggiuntiva).
    Il limite di 20 kW, invece, è importante per motivi fiscali ! Tutti gli impianti di produzione, oltre 20 kW, sono considerati come attività commerciali e quindi di proprietà di un contribuente dotato di Partita IVA. “L’officina Elettrica” è richiesta per gli impianti commerciali (>20kW) e gestita dall’Agenzia delle Dogane, che si occupa di accise. Dato che le accise sono nulle per l’energia prodotta da rinnovabili, ho provato a chiedere più volte, sul perché di questo inutile “adempimento”. La risposta più sensata ricevuta è stata: “l’accisa sull’energia da rinnovabili è ‘nulla’, ma non ‘esente’ ”.
    L’officina elettrica per le CER, è trattata in modo diverso, ma l’argomento merita un intervento a parte.

    1. Domanda: Chi ha ottenuto i 10kw monofase per il contatore ha di fatto automaticamente la possibilità di installare/potenziare un impianto FV fino alla potenza di 9,99kw?
      Oppure è sempre soggetto alla valutazione di e-distribuzione?
      Grazie

      1. Ipotizzo che lei abbia una connessione monofase, con contratto per prelevare 10kW, e vuole installare un nuovo impianto FV da 10 kW, sempre monofase.
        Non credo che esista una sorta di “diritto acquisito” al monofase, o almeno non ne sono a conoscenza. Questa mia affermazione discende dal fatto che il ‘simulatore di rete’ di E-Distribuzione, disponibile sul sito dopo registrazione, garantisce lo stato della rete solo per 24 ore dopo che è stato ricevuto il risultato.

    2. grazie.. questa risposta e altre qui sotto me le metto da parte negli appunti

      leggendo sugli obblighi fiscali-burocratici sopra 20 KW, (anche una specie di registro di produzione manco fosse un birrificio industriale?) qualcuno parla di tempo e spese per circa 1000 euro annui, e allora dicono non conviene fare impianti solo di poco superiori a 20 KW

      1. Penso dipende se autoconsumi o sei un produttore puro. Usando il solito rapporto di 1300x, con 20 kWp si producono in un anno 26 MWh. A 100€ lorde al MWh sono 2600€ lorde, ovvero circa 1500 nette… Guadagni 500€ a cui però devi togliere le spese dell’impianto, tra assicurazione e manutenzione.
        No direi che per essere proficuo si deve andare ben oltre il 20 kWp.

      2. La gestione di una “officina elettrica” comporta costi in termini economici e di tempo.
        -Pratica iniziale (descrizione dell’impianto, schema ecc.) + bolli
        -Costo annuale <30/€ anno
        -Costo taratura del misuratore di produzione, triennale (non meno di 500 €/contatore), In alcune regioni fanno tarare anche il misuratore di scambio (es. Veneto)

        Burocrazia:
        -aggiornare registro, mensilmente, con dati di produzione e consumo.
        -dichiarazione annuale all' Ag. Dogane

  3. Bernardo Panizzo

    La rete di bassa tensione è pensata per lavorare in monofase a max 6kW ed in trifase 20 kW, il 20kW vengono dal fatto che ciascuna fase ne porta 6kW e moltiplicato x3 si arriva ai 20 kW, di fatti oltre i 6 kW è vero che si può arrivare a 20kW, ma bisogna passare al trifase. Questo per le reti di proprietà di Enel distribuzione, poi altri distributori minori mi sembrano che possono concedere di più previo sopralluogo tecnico.
    Comunque la rete di distribuzione italiana non è adeguata per supportare una generazione distribuita e tra l’altro variabile, ma non vedo molte iniziative per il suo adeguamento, si preferisce distribuire dividendi agli azionisti
    Credo che finiremo tutti ad avere le batterie di accumulo e per fortuna grazie ai Cinesi stanno scendendo di prezzo

  4. Fabio Sabbatini

    Non è un limite tecnico ma fiscale: oltre i 20 kW si devono pagare le accise sull’energia elettrica prodotta e autoconsumata, e per questo è necessario acquisire la licenza di esercizio dall’agenzia delle dogane con relativi adempimenti annuali.
    Il bello è però che l’accisa è pari al fantasmagorico valore di…. ZERO.
    Ovvero il tutto serve a moltiplicare l’energia autoconsumata per zero, verificare il risultato (spoiler: viene zero) e pagare quindi il dovuto (zero).
    Una procedura evidentemente utile solo mantenere in vita gli uffici che rilasciano licenze, fanno controlli, verificano i contatori ecc.

  5. Non vorrei sbagliarmi, ma credo che quel limite di potenza massima 19,999 kW si riferisca al “generatore” connesso in parallelo alla rete pubblica (ossia l’inverter “classico”, oppure la parte “inverter” dell’inverter ibrido).

    Non dovrebbe riferirsi alla potenza di picco complessiva dei moduli di conversione della radiazione luminosa in corrente elettrica continua (i “pannelli fotovoltaici”).

    Stanti i limiti strutturali della rete elettrica pubblica, che fu progettata per la distribuzione “verso l’utenza finale” e non viceversa e che è inverosimile venga rifatta a breve, e il crollo del prezzo delle batterie di accumulo stazionario e la forsennata ricerca per aumentarne la densità di energia, sembra verosimile che quel limite diverrà pressoché inutile.

    Infatti, se ha una batteria “grande” (nell’ordine dei MWh), l’utente tenderà sempre più ad accumulare l’energia, anziché immetterla in rete, per disporne così quando i “pannelli fotovoltaici” saranno meno, o del tutto inefficaci.

    Di conseguenza, il “tubo di scappamento” dell’eccesso di produzione sarà quasi sempre inutilizzato e potrà rimanere sulle potenze legali attuali (p < 20 kW).

    Il fatto che non siano attualmente disponibili sul mercato inverter ibridi fortemente sbilanciati verso l'accumulo/autoconsumo e quindi in grado di raccogliere energia da molte stringhe (1-2 è normale, ma se uno ha 3 falde utili e magari una recinzione, ne servirebbero 6-8) è conseguenza evidentemente del prezzo molto elevato che avevano le batterie solo fino a qualche anno fa.

    Ma si può notare dall'andamento delle taglie di accumulo che vengono installate a livello residenziale. Se, fino a qualche anno fa, le batterie erano un accessorio esotico, costosissimo e di piccole dimensioni (1-2 kWh), ora è normale vedere 10 kWh e frequentemente 50-100 kWh (ville monofamiliari completamente elettrificate con 2-3 BEV, induzione, pompa di calore etc.).

    Non è difficile immaginare lo scenario da qui a 10-15 anni.

    Ovviamente a Roma "correranno ai ripari" con qualche "norma ad hoc", se il limite dei 20 kW del generatore inizierà a diventare inefficace. Ad esempio, basterebbe un cavillo per fare diventare tutti gli accumuli superiori a 100 kWh "officine elettriche", o "installazioni militari"…

    1. la potenza di picco è quella dell’inverter, io avrei voluto prendere quello da 5 kW perchè il prezzo era praticamente lo stesso e pensavo che fosse meno sollecitato ma non ho potuto perchè avrei superati i 6 kW e qui non posso avere in monofase più di 6 kW per questioni di linea. Anche se avessi installato pannelli per soli 3,6 kW

      1. Se hai una linea da 6 kW, puoi mettere un inverter da 6 kW (certificato CEI 0-21).

        Se la linea pubblica “non regge” (la tensione supera 253 V), l’inverter è obbligato a “staccare” (interrompere la generazione di elettricità). Se non “stacca”, o non è certificato CEI 0-21, oppure lo è, ma l’installatore ha “dimenticato” di impostare il firmware per seguire i vincoli di quella certificazione.

        Ci sono inverter che hanno una funzione di “inseguimento della tensione massima” ammessa da CEI 0-21. Con quella funzione attiva, si autolimitano e non arrivano mai a superarla, ovvero non staccano mai, massimizzando la produzione.

        1. Infatti è così. Io avevo già un inverter da 2 kW ed ora con l’impianto nuovo ho dovuto comprare quello da 3,6 perché se avessi preso quello da 5 avrei superato la potenza massima ammissibile, che da me è 6 kw

        2. @Ilario Ah, scusa, non avevo capito che avevi espanso un impianto esistente mettendo un secondo inverter in parallelo a quello da 2 kW:

          2 + 3.6 = 5.6 6 kW (linea)

  6. Daniele Sacilotto

    Ho da poco partecipato ad un incontro con la comunità della mia zona per la creazione di una CER e un tecnico di Enel Distribuzione, società che gestisce la rete fisica, ci ha spiegato le difficoltà che hanno loro a gestire l’immissione in rete dell’energia degli impianti fotovoltaici domestici.
    La rete attuale non è stata progettata per uno scambio bidirezionale con le centrali di produzione, ma unidirezionale. Qualche impianto fotovoltaico a bassa potenza all’interno della cabina elettrica di zona è facilmente gestibile perché ci sarà sempre qualche carico che assorbe quell’energia nel momento in cui viene prodotta. Ma se la produzione supera abbondantemente i consumi le centrali tradizionali si trovano nella situazione di non produrre e gestire energia in arrivo. Lo scopo delle CER infatti è quello di incentivare il consumo istantaneo di energia prodotta da rinnovabili proprio per contenere questi problemi.
    Immagino quindi che liberalizzare l’installazione di impianti fotovoltaici di grandi potenza creerebbe più danni che benefici alla rete perché non sarebbe in grado di gestire gli eccessi di produzione.
    Dopotutto chi di noi ha un normale impianto fotovoltaico sa benissimo che ci sono momenti in cui immettiamo molta energia in rete e altri in cui ne chiediamo molta (ad esempio per ricarica auto e/o PDC a dicembre).
    Non dimentichiamo poi una cosa: se i prezzi dell’energia vanno in negativo a causa di eccesso di produzione io produttore pago per l’energia che immetto in rete! Quindi spendere migliaia di euro per potenziare un impianto col rischio di non guadagnare nulla perché il prezzo va a 0, o addirittura pagare perché in negativo che senso potrà mai avere?
    I grandi impianti fotovoltaici hanno senso generalmente in zone industriali dove coprono una parte di un fabbisogno importante

  7. Sul perché ci sia questo limite onestamente non so rispondere, a pensar male si fa peccato, ma temo abbia a che fare con l’impedire a un cittadino di guadagnare troppo dai rimborsi o rendersi autonomo.
    Come se uno poi prendesse chissà che cifre. Io con 10.8 kWp di impianto ho prodotto nel 2024 circa 13 MWh, di cui 10 auto consumati (due bev e PDC) e 3.66 immessi in rete, pagati l’esorbitante cifra di 350€, cifra al lordo delle tasse oltretutto.
    Avendo spazio sul tetto avrei anche potuto farlo maggiore, ma oltre al limite dei 20 kWh c’è quello di 11.08 oltre il quale scattano ulteriori obblighi come la revisione ogni 5 anni e altre cosucce simpatiche.

    L’unica soluzione ad oggi è aderire a una CER, non comporta vincoli o penalizzazioni, è gratuito, e si permette di mettere a fattore comune consumi e produzione generando introiti che possono essere ripartiti tra i soci o investiti in altri programmi comunitari.

    1. Propenderei più per “impedire a un cittadino di rendersi autonomo”.

      L’energia è infatti l’ultimo e il più importante dei poteri rimasti in mano a pochi.

      Roma non ha mai brillato nel recepire rapidamente le innovazioni tecnico-scientifiche che potessero togliere oneri economici e organizzativi a favore di una maggiore distribuzione di carichi e responsabilità e per una maggiore resilienza locale. Questo perché le centralizzazione, pur con la sua inefficienza, significa potere (e al diavolo i cittadini!). Quando Roma ha abbracciato un modello collaborativo, ha poi prontamente impugnato decisioni locali che ne minassero o contraddissero anche solo l’orientamento deciso centralmente.

  8. gabric1953@gmail.com

    Ci sono dei limiti sia tecnologici, la nostra rete non è ancora così Smart per gestire la produzione da parte dei cittadini, privati e le risorse che la.tecnologia già permetterebbe come ad esempio utilizzare le batterie delle macchine elettriche collegate alla rete come backup sia per gestire gli eccessi di produzione sia per fronteggiare eventuali picchi di richiesta (molte macchine elettriche possono dare oltre che ricevere energia elettrica, ma lo sono impedite da norme o dal SW installato), ad esempio io posso attaccare alla mia un carico elettrico, es un trapano, un carico batteria o una bici elettrica,ma non posso accedere alla Rete dell’ edificio perché non è ancora previsto dall’ Enel tale possibilità (i nuovi contatori elettronici hanno già queste possibilità ma sono per ora disattivate) anche se sono in corso sperimentazioni (mi sembra al lingotto). Questo ritardo nell’ ampliare la produzione di energia rinnovabile è legato ai tempi per la attivazione del collegamento degli impianti esistenti alla rete da parte di Enel, si parla di mesi da quando l ‘impianto è montato a quando potrà contribuire al risparmio energetico. Ed Enel e gestori hanno un vantaggio da questi ritardi. Oggi un impianto con 6kW e batteria da 10kW in questi giorni coprirebbe una gran parte dei consumi di chi oggi ha un contratto da 3kW.

    1. perché non è ancora previsto dall’ Enel … l’Enel e gli altri soggetti posso applicare le norme di legge e tecniche , non le fanno loro e quindi non sono quelli da ritenere colpevoli

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