Non se la passa bene il mercato volontario dei crediti di carbonio. Tra accuse di poca trasparenza dei meccanismi di compensazione carbonica e una crescente sfiducia delle aziende nei progetti di riduzione delle emissioni, il valore dei crediti nel 2023 ha registrato un crollo di oltre 1 miliardo di dollari. E ora anche l’ONU si fa sentire.
Nubi grigie si addensano sul mercato dei crediti di carbonio, uno degli strumenti più utilizzati dalle imprese per compensare gli impatti ambientali dei propri processi produttivi in termini di emissioni di CO2.
Secondo il report redatto da Ecosystem Marketplace, nel 2023 il valore del mercato volontario dei crediti è calato infatti del 61% rispetto all’anno precedente. Un crollo di oltre 1,1 miliardi di dollari in un solo anno: dagli 1,9 miliardi del 2022 ai 723 milioni del 2023.
Secondo gli autori del report, la flessione sarebbe dovuta a una diffusa sfiducia nel sistema stesso dei crediti, che nei fatti dovrebbe convogliare risorse a compensazione delle emissioni di anidride carbonica delle aziende in progetti sostenibili per la salvaguardia dell’ambiente. Un meccanismo ritenuto oggi sempre meno trasparente e dalla dubbia integrità, che nell’ultimo anno è stato messo a dura prova anche da scandali mediatici. Ma, soprattutto, da una mancanza di linee guida.
Crediti di carbonio, c’è poca trasparenza. Il caso Verra
I crediti più discussi sembrano essere quelli emessi dai progetti REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation). Crediti che derivano da attività che dovrebbero rallentare, se non fermare del tutto, programmi di deforestazione già predisposti in alcuni Paesi in via di sviluppo, il cui valore è calato in un solo anno di oltre il 60%.
A metterne in dubbio la trasparenza ci ha pensato anche lo scandalo che nel gennaio 2023 ha investito Verra, l’ente non profit incaricato di certificare la qualità dei programmi di produzione dei crediti di carbonio.
Un’investigazione giornalistica pubblicata dal The Guardian e altre testate internazionali avrebbe rivelato che il 94% delle compensazioni di emissioni legate alla foresta pluviale fornite da Verra (che rappresentavano circa il 40% dei crediti globali approvati dall’organizzazione) erano in sostanza inutili perché prive di valore, oltre che collegate a potenziali violazioni dei diritti umani.
I diversi progetti di protezione delle foreste, in sostanza, non hanno prodotto i risparmi sulle emissioni promessi, con dati “sballati” (pare che la superficie boschiva sotto minaccia di deforestazione secondo i calcoli di Verra sia stata sovrastimata in media del 400%) che alla fine hanno compromesso l’integrità dei crediti rilasciati.
L’ONU contro il mercato non regolamentato dei crediti
Il declino riguarderebbe lo specifico mercato volontario dei crediti di carbonio, in cui le imprese interessate alla carbon neutrality non sono soggette ad obblighi imposti dall’Unione Europea – come nel caso del mercato regolamentato obbligatorio (Ets) – ma possono decidere liberamente di acquistare crediti di carbonio messi a disposizione da altre società per sopperire alla propria impronta ambientale (carbon footprint).
Questo sistema, come visto, inizia ad avere qualche crepa e la mancanza di fiducia nei programmi sostenibili di compensazione preoccupa non solo le aziende, che certi investimenti non intendono più farli senza un efficace rendiconto, ma anche gli organi sovra-statali.
L’Unione Europea, infatti, nella direttiva contro il greenwashing ha denunciato la mancanza di trasparenza del sistema dei carbon credit. Lo stesso ha fatto recentemente l’ONU attraverso le parole del Segretario generale Antonio Guterres, il quale ha evidenziato la crescente dipendenza delle aziende dai crediti di carbonio per raggiungere i propri obiettivi climatici. Denunciando una tendenza eccessiva ad affidarsi al commercio del carbonio non regolamentato. Cosa che, secondo Guterres, i grandi gruppi industriali più “inquinatori” non dovrebbero fare per compensare le proprie emissioni, pensando piuttosto a migliorare le strategie interne per ridurle.
Sfiducia sì, ma intanto il sistema cresce
Nonostante la momentanea crisi del mercato volontario, alcuni dati di settore indicano che il mercato multimilionario dei crediti di carbonio continuerà comunque a crescere nel prossimo futuro. Almeno stando alle stime fatte da Boston Consulting Group, in collaborazione con Shell, secondo cui il commercio di carbonio potrebbe aumentare tra i 10 e i 40 miliardi di dollari all’anno entro la fine del decennio. Dopotutto se il mercato volontario latita, le quote di carbon credit vendute all’asta in una borsa valori nel mercato regolamentato crescono invece esponenzialmente.
Questo perché il gioco delle compensazioni tra imprese continua a guidare buona parte dei processi industriali verso una riduzione delle emissioni di gas responsabili del riscaldamento climatico globale. Finanziando attività di tutela ambientale e progetti green che, se da una parte vengono criticati per poca trasparenza, è anche vero che rappresentano comunque un volano importante per le realtà in cui vengono effettuati.
In fin dei conti, lo stallo dei crediti volontari si sta rivelando una brutta notizia anche per quelle Nazioni in via di sviluppo che contano molto sul flusso di capitali delle multinazionali per finanziare questi progetti di mitigazione del clima.
non ci sono solo Tesla ferme nei campi….
https://www.reuters.com/business/autos-transportation/stellantis-ceo-visit-us-create-plan-reverse-lagging-profit-source-says-2024-08-21/
Grazie Damiano, come abbiamo scritto mica capita solo a Tesla…