Mail finita nello spam e una cittadina veneta perde il bonus regionale per l’acquisto di un’auto elettrica. La comunicazione ufficiale della Regione era finita nella casella di posta indesiderata ed è stata letta in ritardo. Via con il ricorso. Il TAR le ha dato ragione, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione, affermando che «la signora sarebbe stata tenuta ad una maggiore diligenza nella verifica della propria casella di posta». Morale: controllare sempre, non solo per l’ecobonus, tutte le cartelle di posta. Soprattutto, ma ancora non consociamo le procedure, con l’arrivo di 597 milioni di ecobonus statali. Senza dimenticare gli incentivi locali gestiti da Regioni, Province e Comuni, ignorare una semplice email può significare perdere migliaia di euro.
Una lunga disputa legale: ricorso sul bando del 2021
La vicenda è lunga, l’ha ripercorsa il quotidiano Il Gazzettino, e prende avvio nel 2021. Un bando generoso con ben 8mila euro di incentivo (leggi) per le auto elettriche e con gran successo di partecipazione e qualche lamentela di chi idoneo in graduatoria è rimasto fuori (leggi).
Incentivi in Lombardia senza senso: boom ibrido (71%), flop elettriche (9%)
La domanda presentata tramite la piattaforma informatica risultò fra le 231 escluse perché «la documentazione prodotta non è completa e/o conforme a quanto richiesto nel bando».

Il Gazzettino spiega la vicenda: «Il 9 novembre 2021 la Regione le aveva chiesto di produrre, nel giro di tre giorni a pena di esclusione, il certificato di rottamazione del mezzo vecchio e la ricevuta di pagamento della macchina nuova. L’istituzione aveva infatti attivato nei suoi confronti il cosiddetto “soccorso istruttorio”, consentendole di sanare il vizio formale». Un approccio orientato al beneficiario. Peccato che la mail era finita nella casella spam e letta solo dopo la scadenza dei termini.
Il Consiglio di Stato ha dato ragione alla Regione, zero bonus per la cittadina
La cittadina non si arrende, anche perché aveva rottamato e acquistato l’auto, e via al contenzioso. Il Tar del Veneto gli ha dato ragione. La Regione doveva utilizzare «un mezzo idoneo al raggiungimento dello scopo e non una email ordinaria». Secondo i giudici «oltre a non assicurare l’effettivo recapito del messaggio, si espone al rischio di essere filtrata come “spam” e automaticamente archiviata in apposita cartella (che rimane accessibile, ma è nascosta all’utente), restando ignota al destinatario». Per i giudici era necessario attivare la “conferma di lettura” oppure contattarla al telefono.

Non la pensano allo stesso modo al Consiglio di Stato. «Pur non essendovi tenuta, la Regione ha prestato il soccorso istruttorio nei confronti della ricorrente» evidenziando che «la scelta della “semplice email”», e non della posta elettronica certificata, «è imputabile alla parte e non all’amministrazione regionale». Insomma «l’obbligo di diligenza imposto alla concorrente di verificare anche la cartella di posta indesiderata», mentre «l’invio di una email di conferma di lettura o comunque una chiamata telefonica alla destinataria per avvisare dell’invio della email all’indirizzo» avrebbe comportato «ulteriori obblighi di verbalizzazione o di riscontro documentale dell’attività compiuta, a tutela della trasparenza dell’azione amministrativa».
Sicuramente l’obbligo di usare la Pec, presente in molti bandi, permetterebbe di evitare il verificarsi di queste situazioni che purtroppo non si limitano agli ecobonus.
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Vicenda in cui sono tutti colpevoli. Impensabile non guardare periodicamente lo spam se si aspetta una mail così importante, ma certe cose dovrebbero essere comunicate solo via PEC o Raccomandata.
Una PEC costa 10 euro all’anno e permette di avere un’identità digitale, io non ne farei più a meno