Nissan investe 1,4 miliardi in Cina per andare a scuola di auto elettriche

nissan robot

Nissan Motor ha annunciato che investirà 1,4 miliardi di dollari in Cina. Obbiettivo; produrre e lanciare nuovi modelli con cui ritagliarsi uno spazio importante nel più grande mercato automotive del mondo. Ma anche per usufruire della filiera tecnologica legata all’auto elettrica cinese.

Per un paese come il Giappone, orgoglioso dei suoi prodotti e del suo predominio tecnologico che si è protratto per qualche decennio, si tratta di un gesto di grande realismo. Nissan smentisce quanto trapelato nei mesi scorsi, secondo cui avrebbe potuto lasciare la Cina e rilancia. Lo fa con un investimento da oltre 1,4 miliardi, annunciato da Stephen Ma, l’ex direttore finanziario diventato da un anno capo delle operazioni di Nissan in Cina.

Nissan: “Il mercato in Cina è molto competitivo”

Una comunicazione arrivata, non a caso, durante una conferenza stampa al Salone dell’auto di Shanghai. Per il dirigente giapponese il mercato automobilistico «intensamente competitivo» della Cina è visto come «un terreno fertile» per aiutare Nissan a sviluppare veicoli elettrici. «Con la Cina che si muove così velocemente, vogliamo rimanere e vogliamo competere», ha detto Stephen Ma. In pratica, sono venuti per imparare dalla Cina a produrre auto elettriche di successo.

Del resto, Nissan arriva da un periodo estremamente complicato, in crisi di vendite e conseguente crollo dei risultati finanziari. Nel novembre scorso, il gruppo nipponico ha annunciato che dovrà tagliare 9.000 posti di lavoro. Un risparmio che non è legato solo al costo del lavoro: con meno personale ha rinunciato al 20% della sua capacità produttiva. Il tutto nel tentativo di invertire una tendenza che ha portato a una perdita netta nell’ultimo trimestre del 2024.

Una situazione che l’amministratore delegato di Nissan, Makoto Uchida aveva definito «estremamente difficile», decidendo di rivedere buona parte delle scelte del piano industriale, rivedere al ribasso le previsioni di vendita e gli utili operativi per l’anno fiscale 2024 e decidere il passaggio alla «modalità d’emergenza».

A febbraio è fallito il tentativo di fusione tra Nissan e Honda: sarebbe stata una risposta alla supremazia della Cina

Come si legge in un articolo di Bloomberg “a causa in gran parte delle deboli vendite negli Stati Uniti e in Cina, Nissan è stata gravata da una gamma di prodotti obsoleta, problemi di sovraccapacità produttiva e una montagna di debiti“.

Ragioni che stanno anche alla base del fallimento delle trattative per una eventuale fusione tra Nissan e il gruppo Honda. Sarebbe stata una possibile risposta allo strapotere delle case cinesi sulle vendite di auto elettriche. Ma anche un modo per fronteggiare le politiche commerciali aggressive di Donald Trump a colpi di dazi. Per non parlare della soluzione offerta a Nissan per uscire dall’angolo delle sue difficoltà finanziarie.

Ma dopo qualche mese di riflessione, i vertici di Nissan hanno rispolverato un vecchio detto del calcio applicato all’automotive: chi vince (la Cina diventato Paese guida dell’auto elettrica) festeggia, ma chi perde (come Nissan in questo caso) può sempre imparare.

  • LEGGI anche “Nissan Ariya Evolve E-4ORCE. Autonomia a prova di ansia” e guarda il VIDEO qui sotto

 

 

Visualizza commenti (3)
  1. In sostanza l’unico marchio che riesce a vendere i suoi modelli nel mercato cinese senza farli produrre da un costruttore cinese è Tesla. Tutti gli altri sono a un livello tecnologico inferiore tale che è più semplice avviare una joint venture con un marchio cinese piuttosto che investire in un modello proprio (Mazda, Audi, VW, Toyota… La lista è lunghissima)

  2. Già che ci siamo.. voglio vedere se Nissan, Toyota o qualche nostro costruttore europeo presente sul territorio cinese riuscirà ad entrale nel consorzio promosso da CATL per implementare il battery swap (stile NIO) anche nella propria gamma.

    Al momento il nuovo gruppo è composto da FAW Group, Changan Auto, BAIC Group, Chery Auto e GAC Group che stanno presentando nuovi modelli abilitati allo scambio di batterie CATL nelle stazioni “battery-swap” dette “Choco-SEB” in corso di realizzazione in 30 città della Cina (un migliaio al momento previste); tali stazioni sono contraddistinte dai nomi “Blocco #20” e “Blocco #25” differenziati dalla capacità dei pacchi batteria disponibili (il primo fino a 52kWh ed il secondo fino a 70kWh) per i veicoli compatti seg. A/B.

    In Europa il battery swap continuo a pensare che non sarebbe facilmente sovrapponibile al sistema dei distributori carburante (città molto più piccole delle mega-metropoli cinesi/asiatiche e distanze molto brevi fra centri abitati in cui bastano le normali HPC , magari dotate di BESS+FV locale per metterle ove non sono presenti collegamenti adeguati a sostenere elevatissime potenze di ricarica).
    Personalmente continuo a credere che il battery swap serva a livello capoluogo in centri comuni tra vari marchi per sostituire batterie vicine all’esaurimento o che presentano problematiche (ed alimentare anche la rete di recupero e riciclo/rigenerazione).

  3. Visto che non è riuscito il consolidamento dei marchi giapponesi in un unico grande, forte gruppo ma ognuno è andato per conto suo a produrre in Cina, MA ha deciso pure lui di fare lo sforzo di entrare nel mercato più grande e competitivo del pianeta, se non altro in questo momento in cui dazi EU & USA complicano non poco le esportazioni verso quelle aree; la presenza di stabilimenti Nissan sotto il controllo di Pechino se non altro consente di essere accettato come “nazionale” anche dai rivali storici… e chissà che veramente non riescano a presentare validi prodotti, così come i marchi europei tedeschi (VV-AUDI -ora scritto grande) ed i “soci” Renault (che a fine anno presenteranno la nuova Twingo/Micra).
    Tanto la morale è sempre quella: Unione fa la Forza.

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