La guerra dei camion elettrici dà la scossa a Wall Street. Tesla ieri al record storico di 1.025,25 dollari per azione (190 miliardi il valore di Borsa, quattro volte e mezzo General Motors). Nikola Corporation, entrata al listino di New York a 34 dollari per azione dopo la fusione con il “veicolo finanziario” VectroIQ, balzata fino a 94 dollari martedì scorso. Ieri ha ritracciato a 65,01 dollari (-18,46%). Ma senza aver mai venduto uno solo dei suoi camion elettrici capitalizza già 26 miliardi di dollari, più di FCA (19,9 miliardi) e prossima a Ford (27,4 miliardi). Riflessi anche a Piazza Affari per CNH (Gruppo Iveco) che detiene il 7,11 % di Nikola Corporation.
Nikola promette: 10 miliardi di ordini nel cassetto

Sono gli effetti della guerra dei camion. Di quelli elettrici in Classe 8 (peso superiore a 14,969 tonnellate) per la precisione, che si sfidano sulla carta ancor prima che sulle strade: il Semi di Tesla e l’accoppiata BEV Nikola Tre Classe 8 e Nikola Two CLASS 8 FCEV. La Borsa ha già fatto la sua scommessa. Ma i due costruttori rispondono ancora con le promesse. Nikola annuncia di avere già ordini per 10 miliardi di dollari. Secondo l’azienda il primo dei due modelli, elettrico al 100%, entrerà in produzione all’inizio dell’anno prossimo per evedere le prime commesse entro il 2021. Il secondo, ad idrogeno fuel cell, erriverà nel 2023.
Tesla promette: acceleriamo l’arrivo di Semi
Il patron di Tesla Elon Musk rilancia: anche il Semi, dopo un periodo di eclissi, è tornato in cima ai suoi pensieri e accelererà i test su strada per debuttare l’anno prossimo.

.Durante il roadshow che ha preceduto il debutto in Borsa Nikola ha annunciato intanto di prevedere ricavi già nel 2021. E di avere in programma la costruzione di una rete di stazioni di rifornimento di idrogeno che serviranno le flotte dei suoi clienti. Il mercato globale dei camion elettrici e dell’approvvigionamento energetico per alimentarli è di oltre 600 miliardi di dollari, sostiene Nikola.
Gli analisti scommettono: sarà boom già dal 2021
Tutti gli analisti di settore concordan. Nonostante gli impatti di Covid-19 autocarri e autobus a zero emissioni (ZE) sarebbero sul punto di spiccare il volo in tutto il Nord America e in Europa, raddoppiando le quote di mercato già quest’anno. Questo anche grazie a un forte aumento dell’offerta, che nel 2020 arriverà a 169 diversi modelli contro i 95 del 2019. Entro il 2023 i modelli sul mercato saranno 195. sono le previsioni di Calstart Emission Technology Inventory (ZETI).

Tra i segmenti in più rapida crescita ci sarebbero gli autocarri di medio carico utilizzati per le consegne urbane. Seguono gli autobus urbani, veicoli più pronti per le tecnologie a emissioni zero a causa dei loro cicli di servizio cittadini composti da fermate e scali, percorsi noti e possibilità di caricare durante la notte nei depositi.
Il know how acquisito in questi segmenti si trasferirà poi rapidamente ai mezzi di trasporto più grandi e per percorrenze a medio-lungo raggio, prevede il rapporto. Con un’autonomia che salirà a 300 miglia e tecnologie di ricarica ultrarapida sarebbero già competitivi rispetto ai mezzi termici. E i clienti se ne stanno accorgendo. Colossi come Amazon ,  IKEA ,  FedEx e UPS si sono già impegnati a riconvertire le loro flotte con veicoli commerciali a zero emissioni, nell’ambito dei loro nuovi programmi di sostenibilità .
Frattanto i  prezzi del pacco batterie sono scesi dell’87% dai 1.100 dolari a kWh del 2010 a 156 dollari a kWh nel 2019 , secondo Bloomberg New Energy Finance. Entro il 2023, i prezzi dei progetti BNEF scenderanno anche a 100 dollari a kWh. Questi prezzi in calo sono particolarmente interessanti per i clienti dei veicoli commerciali, che gestiscono le loro flotte su lunghe distanze e possono quindi compensare rapidamente i maggiori costi di capitale del veicolo dai risparmi operativi.
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Non vi sembra che la grande battaglia della mobilità elettrica sarà sul terreno dei trasporti commerciali ?
L’importanza delle singole commesse , la capacità dei singoli operatori di trasporto di integrare verticalmente il costo della creazione dell’infrastruttura non sono secondo voi dei buoni auspici in questo senso?
Il peso della voce carburante nel conto di esercizio di Ups non è un forte componente per un ribaltamento del status quo attuale?
Una vettura a fuel cell per percorrere 100 km consuma circa 1 kg di idrogeno, che viene venduto nelle stazione H2 a Bolzano a 11,29 €/kg più IVA.
Analoga vettura Diesel, per fare 100 km, comporta un costo leggermente inferiore.
Poi c’è l’analisi dell’efficienza Well to Wheel (dalla sorgente alla ruota) tra idrogeno prodotto localmente e il petrolio dove la tecnologia per produrre l’idrogeno è più efficiente.
II costo di percorrenza è però l’indicatore rilevante nelle scelte trasportistiche ed è strettamente correlato alla tecnologia per produrre idrogeno.
Le due tecnologie, quella delle fuel cell e quella per produrre idrogeno anche da fonte rinnovabile sono in evoluzione, come del resto quella delle batterie.
Nikola sta puntando sull’elettrico che definirei ibrido EV H2, perché alimentato dall’idrogeno e dalle fuel cell che generano energia elettrica, ma anche sostenuto dalle batterie, riducendo il peso delle stesse con la complicazione di avere fuel cell e serbatoi pressurizzati per contenere l’idrogeno ad elevata pressione.
Una complicazione però vantaggiosa se comporta una riduzione del peso proprio del mezzo a vantaggio della portata utile.
Problema del peso elevato delle batterie che affligge il Tesla Semi full EV.
Una sfida tecnologica esaltante e ancora tutta da verificare.