Nasce Atlante, la nuova rete di ricarica fast concentrata in 4 Paesi: Italia, Francia, Spagna e Portogallo. Obiettivi ambiziosi, capitali in arrivo da Taiwan.
Nasce Atlante, network da 200 kW per Italia, Francia, Spagna e Portogallo
Atlante nasce come costola di Noah, un’azienda con sede a Torino e 15 anni di storia alle spalle. Nata come spin off del Politecnico con Carlo Alberto Guglielminotti come leader, ha trovato via via investitori importanti come il colosso francese Engie e FCA. Fino diventare Engie EPS (qui il sito). Poche settimane fa la svolta: la maggioranza (il 60,48%) è stata ceduta a TCC, una grande azienda di Taiwan attiva nel settore del cemento. E con TCC arriva la svolta: cambio di nome da Engie EPS a Nhoa. E da fornitore di tecnologia per il mondo dell’energia e della mobilità elettrica, si passa a un business molto più impegnativo come creazione e gestione di una rete di ricarica. Atlante, appunto, con obiettivi molto ambiziosi: 5 mila colonnine fast (fino a 200 kW di potenza) da installare entro il 2025. E addirittura 35 mila entro il 2030. Con un’attenzione particolare per l’Italia, un mercato ritenuto ancora arretrato per l’elettrico e, proprio per questo, con grandi potenzialità.
Nasce Atlante, con un rapporto strettissimo con Stellantis
Uno dei punti di forza di Atlante è il rapporto molto stretto con Stellantis. Per i clienti dei tanti marchi del colosso nato dalla fusione tra PSA e FCA verranno studiate soluzioni di ricarica ad hoc. E in particolare sarà Free2Move Solutions, società controllata pariteticamente da Nhoa e dalla stessa Stellantis, a fornire il tutto il know how per l’installazione e la gestione delle colonnine. Dove verranno posizionate? “In autostrada ogni 60 km, ma anche nelle strade di grande comunicazione“, ha spiegato Guglielminotti. Che, da automobilista elettrico, giudica fortemente carente la rete attuale. Quanto alla potenza, il n.1 di Free2MoveSolutions, Roberto Di Stefano, ha parlato di colonnine da 200 kW. “Più che sufficienti per ricaricare le auto in circolazione, che al massimo arrivano a 100-150 kW“. Una stoccata indiretta a chi, come Enel e Volkswagen, ha annunciato una rete di 3 mila ricariche in Italia (sempre entro il 2025) con potenza da 350 kW.
Verranno assunte soprattutto ingegneri donne
Alla conferenza-stampa di presentazione, con Guglielminotti e Di Stefano, ha partecipato anche Nelson Chang, n.1 di TCC e ora anche presidente di Nhoa. Perché ha deciso di investire nell’elettrico e in Italia? L’imprenditore ha spiegato di non avere solo ragioni di tipo economico: “Il nostro settore, il cemento, produce gas serra. Possiamo cercare di ridurli, e lo stiamo facendo, ma non riusciremo mai ad azzerarli, è la chimica a dirlo. Ecco perché abbiamo deciso di investire in settori alternativi e l’energia elettrica ci sembra uno dei più interessanti per sostenibilità”. L’azionista taiwanese si è impegnato ad assicurare a Nhoa tutte le risorse che servono per un investimento importante come una nuova rete di ricarica fast. Quanto alle risorse umane, Guglielminotti ha tenuto a precisare che assumerà soprattutto donne, laureate in ingegneria
Mi ricordo quando si stendeva l’ADSL in Italia e all’estero viaggiavano già con la fibra. Mi chiedevo: che senso ha fare i lavori 2 volti se poi dovranno tra qualche anno rifarli tutta per la fibra?
Boh, contenti loro, scontenti noi. Nel mondo dell’impresa si usa l’espressione “o fai parte del problema o fai parte della soluzione”. Questi imprenditori sembrano puntare decisi a far parte del problema. Mentre i produttori di auto si affaticano a sviluppare batterie che si ricaricano sempre più velocemente e limitando i danni alle batterie (ci sono prototipi che arrivano a ricaricare l’80% in appena 10 minuti), chi si occupa della rete di ricarica non avverte il problema. A loro cosa importa? Tanto l’Europa obbligherà tutti ad andare in elettrico, loro i clienti li avranno lo stesso e che importa se poi impiegheranno più tempo a ricaricare … anzi, con tariffe che considerano anche il fattore tempo (già alcuni ragionano così) aumentano pure i guadagni mentre diminuiscono i costi d’investimento.
Ma dovrebbe essere un problema anche della politica italiana: dopotutto non sarebbe meglio, anche per il decoro urbano, avere pochi centri di ricarica (magari al posto dei benzinai) dove si ricarica in 10 minuti piuttosto che piantare colonnine ogni 2 metri sul marciapiede? Mah …