Al via in Italia il primo servizio di moto-taxi privato. Con l’app Fasto Bike, driver registrati potranno trasportare a pagamento altre persone in giro per le città a bordo dei propri scooter, anche elettrici. Il servizio attivo a Milano, Napoli e Firenze. Ma i tassisti insorgono.
In alcune parti del mondo vengono utilizzati con successo al posto delle auto, come servizio privato, rapido e conveniente, da sfruttare negli spostamenti urbani. Imbattersi nei cosiddetti moto-taxi o taxi-scooter specie nelle caotiche metropoli orientali non è affatto raro, anzi.
Questa tipologia di trasporto a pagamento su due ruote, di fatto integrativo del tradizionale servizio taxi per auto, già da tempo stuzzica l’Europa e anche l’Italia, sull’onda dei primi esperimenti riusciti nel Regno Unito e in Francia.
Un Uber su due ruote
Come spesso accade è lo sviluppo della tecnologia ad aprire nuovi scenari. Il tema è infatti tornato caldo con l’annuncio dell’avvio anche in Italia di Fasto Bike, una piattaforma digitale che consente di usufruire di un servizio taxi privato a bordo di moto e scooter guidati da driver registrati.
In poche parole, si tratta di una sorta di Uber applicato alle due ruote, attraverso il quale chiunque (senza licenze effettive ma con alcune limitazioni) può guadagnare fornendo passaggi ad altre persone con il proprio scooter, stabilendo una tariffa e venendo pagato per questo servizio. Il tutto attraverso pochi click sullo smartphone.
Fasto Bike è stata fondata a Londra da due ingegneri indiani, i quali, da pendolaristi di lungo corso, hanno pensato di importare in Europa il primo servizio di moto-taxi, sulla falsa riga di quello che nella loro terra d’origine spopola già da parecchio tempo. Cercando di renderlo semplice ed accessibile su larga scala.
Dopo i primi esperimenti di successo nel Regno Unito, oggi quel servizio è pronto a sbarcare anche da noi in Italia: le prime città interessate sono Milano, Firenze e Napoli, con un chiaro obiettivo di espansione in caso di feedback positivo.
Tassisti in fermento
La novità sta già facendo discutere. A parte la curiosità suscitata, Fasto Bike ha messo soprattutto in allarme la categoria dei tassisti, quanto mai preoccupati di vedersi soffiare sotto il naso una buona parte della clientela da driver privati su due ruote senza specifica licenza. Che in effetti non c’è. L’unico requisito obbligatorio per chi si vuole registrare sulla piattaforma è infatti quello di possedere il certificato KA per l’abilitazione professionale alla guida, destinata a tutti i motoveicoli di peso inferiore a 1,3 tonnellate. Fatte salve, ovviamente, la maggiore età, il possesso di uno scooter o moto regolarmente assicurati e della patente di guida idonea alla circolazione.
Da qui la presa di posizione netta dei tassisti, esemplificata dal messaggio di Milko Signorini, presidente della cooperativa Socota Taxi Firenze, che non ha usato mezzi termini sull’arrivo di Fasto Bike in città: “Siamo allo sbando. La prossima tappa è Santo Domingo, dove alzi la mano in strada e pagando puoi chiedere un passaggio a chiunque”.
Fasto Bike: come funziona
Al di là delle accuse di concorrenza sleale lanciate dai tassisti (ricorderete il precedente del “caso Uber”…), sarà interessante capire come il mercato italiano risponderà all’arrivo di questa nuova ed inedita piattaforma, che per far breccia punta su procedure d’accesso e di utilizzo del servizio semplici ed intuitive.
Il servizio prevede il trasporto obbligatorio di un solo passeggero e senza bagagli annessi (limitazioni che li differenzia da un taxi tradizionale), a cui il driver deve fornire un casco omologato con relativo sotto-casco usa e getta.
Lato clienti, attraverso l’App è possibile valutare in anticipo le tariffe proposte dai diversi driver, prenotare il trasporto in tempo reale o per un’ora specifica e visualizzare il percorso. Il pagamento avviene direttamente sulla piattaforma, con Fasto che trattiene una percentuale sulla cifra transata al driver.
Ogni corsa viene monitorata mediante Gps, quindi controllata dall’inizio alla fine per garantirne la sicurezza. Inoltre, dopo la corsa sia il passeggero che il driver possono valutarsi a vicenda e migliorare o meno il proprio rating. In caso di valutazioni troppo basse, il soggetto che le riceve può essere rimosso.
Moto-taxi, modello futuribile?
Indipendentemente dall’interesse che Fasto Bike potrà o meno suscitare tra i cittadini delle prime tre metropoli scelte, l’iniziativa permette di tornare a ragionare a più ampio raggio sulle reali potenzialità di un servizio di moto-taxi privato nel nostro Paese. Da sempre terreno fertile per la mobilità su due ruote. Specialmente pensandolo in chiave più green, immaginando una crescita futura del numero circolante di scooter elettrici non inquinanti e dai consumi ridotti.
Potrebbe quindi rivelarsi una soluzione valida per soddisfare la richiesta di spostamenti veloci, e possibilmente economici, all’interno di città sempre più affollate e trafficate? Magari proponendosi come un’alternativa ai modelli di trasporto tradizionale o anche integrativa degli stessi servizi di due ruote sharing elettrici?
Oppure è un’altra delle tante iniziative sulla carta interessanti ma poi poco futuribili?
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Purtroppo, e son sincero, qui da noi il mototaxi non ha mai funzionato.
Nè a benzina, nè a gasolio… e non funzionerà nemmeno a batteria.
Valido in contesti dove l’alternativa è davvero andare a piedi e magari dove non c’è obbligo del casco, e quindi non mi stupisce (senza malizia) che “culturalmente” sia nelle corde dei due amici ingegneri anglo-indiani. Ma so per esperienza diretta che qui da noi tutti quelli che ci han provato alla fine han dovuto alzare bandiera bianca per “insufficienza di business”
Siamo crudeli: già quando prendiamo un taxi ci sediamo su una macchina che ha ospitato altre migliaia di terga ed è guidata da uno sconosciuto.
Ma almeno l’autoveicolo di per sè non può cadere, e quindi tutto sommato ce lo facciamo andar bene.
In moto bisogna mettere un casco. E già una fetta non indifferente di signore dicono “no grazie, piuttosto prendo il tram sennò il parrucco va a farsi benedire”
Mettere il casco presuppone però l’uso di un sottocasco (spesso scomodo) e comunque in una scodella messa da decine di persone non si è mai del tutto al sicuro da “passaggi” strani (e questo lo so perfettamente, avendo avuto a che fare con chi questi sottocasco li produce e si guarda bene dal dichiarare “100% safe”. Ci vorrebbe la cuffia di gomma forse)
Continuiamo poi dicendo che nei giorni di pioggia o comunque di tempo poco felice bisogna proprio averne tanta voglia di prendere il mototaxi. Cosa che diminuisce enoremente le corse effettualte.
I simpatici TucTuc che si vedono in foto (che però immagino essere foto di contorno) aprono poi un altro discorso: sono sì migliori della “vespetta” scoperta, ma vanificano grandemente la facoltà che può avere uno scooter nel districarsi nelle code.
E spesso per loro alla fine il tassametro non dice cose troppo diverse rispetto alla normale automobile.
E proprio parlando di zigozago c’è l’ultimo ma più grande problema che all’atto pratico nelle statistiche che ho letto “decima” la platea di potenziali interessati: dalle moto si cade, e non sempre (anzi) per imperizia del pilota.
tralasciando le possibilità oggettivamente scarse di successo di questa iniziativa (forse noleggiare il proprio due ruote come possono fare i proprietari di auto lynk&eco avrebbe più successo) anche questo si inserisce nella dilagante condivisione, privati che condividono auto o moto, guidi tu che ne usufruisci o il proprietario non cambia la sostanza , sempre di condivisione si tratta, la guida autonoma ormai imminente ( in massima parte gestita da flotte e non da privati , tante case auto non venderanno più le loro auto , tesla in primis ) poi sarà un vero e proprio cataclisma
[sottocaschi] /// li produce e si guarda bene dal dichiarare “100% safe”. Ci vorrebbe la cuffia di gomma forse) \\\ Ancora meglio la sterilizzazione a ultravioletti 😉
/// dalle moto si cade \\\ E infatti credo che, oltre a quelli giá elencati, un grosso problema per i moto taxisti sarebbe l’importo per il premio assicurativo che verrebbe richiesto in Italia (anche per il rischio di querele/cause da parte del passeggero infortunato)