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Monopattini pericolosi? Assai, dice una ricerca Usa

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Monopattini pericolosi? Assai, dice una ricerca della University of California, che ha tracciato il tasso di incidentalità con feriti dal 2014 al 2018.

Monopattini pericolosi, il caschetto ci vorrebbe

Nel primo anno di raccolta-dati, il numero di incidenti era piuttosto contenuto, 6 per 100 mila spostamenti in monopattino. Ma nel 2019, a parità di viaggi di riferimento, si è saliti a quota 19.

monopattini pericolosiMa quel che più preoccupa è che nell’ultimo anno di rilevazione, il 2018, è raddoppiato il numero di chi ha riportato ferite alla testa. Si tratta della caduta più pericolosa per un monopattino: è qui che si rischia la pelle e ciò induce molti osservatori a consigliare l’obbligatorietà del caschetto protettivo. Ma la normativa italiana  entrata in vigore dal 1°gennaio equipara questi mezzi alle biciclette. Senza alcuna prescrizione del casco, quindi.

Troppi utenti improvvisati con lo sharing

Ma come si giustifica un aumento così improvviso dell’incidentalità? Lo studio dell’ateneo californiano ne dà una spiegazione logica. Nei primi anni della ricerca i monopattini erano guidati soprattutto da utenti proprietari dei mezzi. Ma tra il 2017 e il 2018 si è avuto un boom dello sharing, che porta i monopattini in mano a persone che hanno scarsa conoscenza di come si guida e si frena. Oltretutto questi “improvvisati” spesso sono turisti che si trovano a spostarsi all’interno di grandi città molto trafficate, dove mancano corsie preferenziali. E, stante la scarsa conoscenza del mezzo, sono meno pronti a reagire in caso di situazioni di pericolo. Vanno elogiati quindi gli sforzi delle compagnie di sharing che danno consigli di guida on-line o che offrono gratis  l’uso del casco. O che, come Bird, danno addirittura un incentivo economico a chi lo indossa. Ma la maggior parte degli utenti, conclude la ricerca, considera il casco una precauzione superflua.

— Leggi anche / L’allarme del creatore del Micro: “I monopattini in sharing? Un pericolo”. E qui: monopattini ritirati in Svizzera, troppi incidenti

monopattini pericolosi
Wim Ouboter, papà dei monopattini svizzeri Micro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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4 COMMENTI

  1. Casco o non casco?

    Hövding

    Monopattinatori, imparate bene questo nome perché rappresenta la soluzione definitiva per la sicurezza della micro mobilità elettrica e ciclistica.

    Il casco c’è, ma non si vede.

    Appare solo se serve a salvarvi la vita.

    Leggerezza e protezione estesa, limitano anche gli effetti traumatici alle vertebre cervicali.

    299 euro e mettete al sicuro collo e testa.

    Hövding è stato inventato dalle due svedesi Anna Haupt e Terese Alstin di Malmö. Era l’idea per la loro tesi di laurea per il Master in Industrial Design presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Lund nel lontano 2005.

    Il tempo non è passato invano e dopo la tesi l’idea si materializzata ed è diventata funzionale grazie all’evoluzione dell’elettronica e degli accelerometri negli smartphone. La tecnologia balistica di innesco dell’airbag era certa ed affidabile da anni, servivano sensori ed accelerometri.

    L’Hövding è nato discreto e sensibile, infatti interviene solo quando serve grazie agli accelerometri che rilevano movimenti insoliti e bruschi che attivano istantaneamente l’airbag se i riferimenti di movimento corrispondono al profilo di un incidente.

    Hövding contiene anche una “scatola nera” che registra i dati dell’accelerometro e l’attivazione. Questi dati vengono utilizzati dagli sviluppatori di Hövding per migliorare continuamente il prodotto.

    Come se non bastasse, proprio perché ogni dettaglio non è trascurabile, Hövding è realizzato in materiale impermeabile ed è interpretabile con diverse mise eleganti ed intercambiabili per la personalizzazione. Ogni monopattinatore avrà un Hövding diverso. Taylor Made.

    L’idea delle svedesi è stata sottoposta a mille sevizie e non ha mai fatto cilecca.

    Spettacolari voli con la bicicletta in acqua hanno evidenziato un’ulteriore sicurezza: non annegherete nel naviglio, galleggerete con la testa fuori dall’acqua anche privi di sensi con la sola perdita della bicicletta o del monopattino dispersi sul fondale.

    https://hovding.com
    https://www.youtube.com/watch?v=E-LKddlUk78
    https://www.youtube.com/watch?v=JW39_pXW3G4

  2. A livello di sicurezza non è molto sensato avere auto piene di ADAS e che si guideranno sempre più da sole, piene anche di soluzioni di sicurezza passiva, mentre poi gli utilizzatori dei velocipedi, che spesso hanno condizioni di equilibrio precario, non sono neppure tenuti ad utilizzare strumenti di protezione basilare come quelli alla testa: anche velocità molto ridotte sono sufficienti cadendo a creare danni estremamente importanti. È prevalentemente una questione di abitudine

    • Concordo Tiziano. Ho parlato con più di un esperto di sicurezza stradale, da ultimo con presidente e vicepresidente di ASAPS, e tutti prevedono guai seri dai monopattini. L’equiparazione con la bicicletta è del tutto arbitraria: mancanza della sella, ridotte dimensioni delle ruote, distribuzione dei pesi ne fanno un mezzo del tutto diverso. Molto più instabile e perciò pericoloso.

      • Leggendo online mi rendo conto che non c´é ancora sufficiente chiarezza sui monopattini ed anche le normative stesse lasciano delle zone grigie, da interpretare, tanto che in Commissione Trasporti ne viene chiesta la sospensione http://aic.camera.it/aic/scheda.html?core=aic&numero=7/00395&ramo=C&leg=18

        Quanto alla sicurezza passiva é prevedibile che si crei dissenso sulla necessitá e sui tipi di dispotivi personali necessari ed infatti non sono stati richiesti: é una misura impopolare, vissuta dai piú come un obbligo inopportuno; tuttavia ricordo che non molti anni or sono pressoché nessuno pratica sci alpino usando il casco, chi ha iniziato ad indossarlo veniva pure canzonato, mentre ora la maggioranza lo indossa é diventato un abitudine, lo si ritiene sufficientemente confortevole e da un senso di sicurezza. É solo la percezione che é cambiata e l´accettazione sociale, la curva di Rogers é estremamente condizionata dall´imitazione di cosa fanno gli altri.
        Anche tra i ciclisti sempre piú spesso quelli che ne fanno un uso anche ricreativo come chi tipicamente pratica la bici da corsa, che pure in larghissima maggioranza ancora non usano assistenze elettriche, usano il casco.
        Il problema é che noleggiando un velocipede anche volendo disporre di un elmetto non gli viene offerto ed in molti non hanno esperienza di guida dei monopattini elettrici, ció non e certo educativo dell´importanza dell´uso del casco e vedendo in giro il suo mancato utlizzo l´adozione, proprio per il fenomeno di imitazione, viene ulteriormente rallentata anche tra gli utenti privati.

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