Mobilità e Fase 2, Anna Donati (Kyoto Club): elettrica e”leggera”

La pandemia non ci faccia dimenticare che l’emergenza climatica resta la principale minaccia per il futuro dell’umanità. La Fase 2 ci obbliga a ridisegnare il sistema della mobilità e sarebbe miope non farlo avendo già in mente soluzioni compatibili con una sostenibilità di lungo termine.

Anna Donati

In una analisi pubblicata sul sito ambientalista “Sbilanciamoci” Anna Donati, ex senatrice, già assessore alla mobilità di due importanti Comuni come Bologna e Napoli  e oggi coordinatrice del gruppo mobilità sostenibile del Kyoto club è partita da qui per tracciare lo scenario della mobilità nel dopo coronavirus. I capisaldi sono: accelerare, e non frenare, il passaggio dalla trazione termica a quella elettrica; scoraggiare l’uso distorto dei veicoli privati; favorire la condivisione; potenziare il trasporto pubblico intelligente e adeguarlo all’intermodalità. Infine attrezzare la viabilità cittadina per dare spazio a nuovi veicoli di micro mobilità leggera, bici ed e-bike, gli stessi pedoni.

Fase 2, una fida per le città e per il lavoro

Nei primi 30 giorni del lockdown i cittadini usciti di casa sono stati il 35% in meno. Gli spostamento sono calati del 64% e la percorrenza (passeggeri-km) è crollata del 90%. Sono i risultati di un’indagine specifica dell’Osservatorio Audimob di ISFORT. Ciò ha prodotto anche un evidente calo dell’inquinamento. La mobilità “attiva”, a piedi o in bici, è aumentata del 4,7%, quella privata veicolare è cresciuta dello 0,6%, quella collettiva sui mezzi pubblici è calata del 5,3%. Alla  luce di queste tendenze, la riapertura delle attività economiche nella Fase 2, con milioni di pendolari di nuovo in fabbrica, potrebbe provocare l’esplosione del traffico automobilistico privato. Come evitarlo, si chiede Anna Donati?

Alcune ricette,  le più ovvie,  riguardano le alternative allo spostamento fisico, come lo smart working, la prossimità, le comunicazioni on line e la diversificazione degli orari di lavoro con la pianificazione del trasporto da parte di mobility manager aziendali. Andrebbero agevolate le aziende in ragione della percentuale di utilizzo di queste modalità.

Milano, la mobilità alternativa è servita

Tutto ciò che evita la concentrazione degli spostamenti negli orari di picco è anche la promessa per rendere efficienti i servizi di sharing mobility. Che andranno incentivati, sostenuti e potenziati. E’ però evidente che qualsiasi implementazione non potrà coprire il fabbisogno, se il pendolarismo si svolgerà tutto nelle classiche 4 ore giornaliere di ingresso e uscita dai luoghi di lavoro.

A piedi, in bici o sue due ruote (meglio se elettriche)

In terzo luogo Anna Donati propone una strategia organica per promuovere la mobilità attiva, pedonale e in bicicletta, e quella leggera con bici elettriche, scooter elettrici, monopattini. Strategia che parte dalla creazione di un ambiente favorevole e arriva forti incentivi economici per l’acquisto di veicoli leggeri e micro mobilità. Quindi mantenimento delle ZTL, delle soste regolamentate, delle “low carbon zone” e delle corsie preferenziali nei centri città; ampliamento delle zone 30;  predisposizione di più piste ciclabili anche in deroga al codice della strada e corridoi di scorrimento d’emergenza.

Ma è il trasporto pubblico lo snodo cruciale della mobilità post coronavirus, a partire dalla Fase 2 che scatterà lunedì 4 e durante la Fase 3, in settembre, con la riapertura anche delle scuole. «La ripartenza del trasporto pubblico si preannuncia lenta, difficile da gestire» scrive la Donati. Nell’Italia ante Covid-19, in un giorno medio feriale si registravano circa 100 milioni di spostamenti e si percorrevano 1,1 miliardi di chilometri. L’85,8% degli spostamenti motorizzati veniva effettuato con auto e moto, la quota del trasporto pubblico si fermava al 14,2%. Quindi, gli spostamenti gestiti attraverso la mobilità pubblica erano oltre 14 milioni al giorno, per un totale complessivo annuo di quasi 5,4 miliardi. Durante il lock down il servizio è stato ridotto mediamente dell’80% su autobus, metropolitane, tram e treni, e gli utenti sono diminuiti del 90%. E ora?

Fase 2, il trasporto pubblico non potrà farcela

ASSTRA, l’associazione delle aziende del trasporto pubblico locale (Tpl), ha presentato un documento che individua le misure operative da adottare per ripartire in sicurezza. Per garantire il distanziamento di un metro, per esempio, la capienza totale deve ridursi del 50% a parità di numero di corse. Per garantirne due, la riduzione deve essere del 75%.

La Metro di Milano durante i giorni del lock down

L’opzione uno (un metro) sembra prevalere. Ma va accoppiata con alcuni accorgimenti. Guanti e mascherine obbligatorie. Sistemi di prenotazione sui treni pendolari con assegnazione dei posti e biglietterie on line. Differenziazione degli orari e potenziamento dei servizi per evitare sovraffollamenti nei momenti di punta.

La Regione Toscana ha annunciato che “nella fase 2 i treni in circolazione passeranno dal 30% al 55% del servizio ordinario”. Nella Regione Lazio l’Assessore ai Trasporti ha dichiarato che “Cotral ha già pronto un piano operativo per portare il servizio dal 50% all’80% con la fase 2. In Lombardia (leggi anche), la regione più critica, Trenord ha annunciato di poter trasportare nella fase due il 30-40% dei passeggeri veicolati prima del coronavirus, quando trasportava 820 mila pendolari al giorno, di cui 350 mila, il 42,7% del totale, in sole 4 ore: dalle 6 alle 8 e dalle 17 alle 19.

Evitare la corsa all’auto privata a inquinante

Bastano questi pochi dati per comprendere cosa potrebbe succedere se tutti i viaggi non più disponibili su treni, autobus e metropolitane si trasformassero in viaggi in auto. Centinaia di migliaia di veicoli si riverserebbero nelle strade urbane e sub urbane, in un continuo, caotico e pestilenziale ingorgo permanente. (qui il testo integrale dell’analisi).

LEGGI ANCHE:  Come ci sposteremo dalla Fase 2? Se tutti in auto…

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