Ma Tesla porta davvero un’innovazione dirompente? E riuscirà a reggere l’urto dell’arrivo dei marchi storici nell’elettrico? C’è una teoria scientifica per capirlo.
Non abbastanza per battere i soliti noti
Gli economisti si rifanno comunemente alla celebre teoria elaborata da Clayton Christensen. Con parametri precisi per capire quando un’azienda rompe veramente agli schemi. Ebbene, in un recente articolo sulla Harvard Business Review, Tom Bartman e alcuni colleghi hanno applicato la teoria all’offerta di prodotto di Tesla. Stabilendo che non soddisfa i criteri di Christensen per essere un’innovatore dirompente di successo.
Il motivo? Molti. Ad esempio perché Tesla ha lanciato un prodotto di fascia alta, ad alto margine, in concorrenza diretta con giocatori affermati come Mercedes, Audi e BMW. Le aziende sfidate sono state quindi motivate a reagire per battere l’azienda di Elon Musk, allocando grandi risorse allo sviluppo di veicoli elettrici. E, come da teoria di Christensen, saranno le imprese affermate a vincere questa battaglia. In sostanza: Tesla non ha individuato una fascia di mercato veramente “diversa”, in cui i marchi tradizionali non potessero arrivare. Ed è quindi soggetta alla rivincita dei soliti noti.
Non avere concessionari: vantaggio o svantaggio?
L’industria automobilistica ha poi un altro attore importante, che potrebbe rendere i potenziali clienti meno entusiasti dell’offerta di Tesla: i concessionari. Il fatto che Musk salti l’intermediazione dei dealer e venda direttamente ai consumatori ha causato numerose turbolenze. I concessionari di auto negli Stati Uniti hanno resistito a questo modello di business, facendo mettere al bando Tesla in diversi stati.
Mentre l’azienda di Fremont ha 52 showroom tra Stati Uniti e Canada, le sole Ford e Chevrolet insieme hanno 3.000 rivenditori negli Stati Uniti. Questi concessionari hanno fornito ai loro marchi un vantaggio competitivo per molti decenni. Ma c’è anche un rovescio della medaglia, perché lo status quo praticamente rende impossibile per le aziende consolidate vendere direttamente ai consumatori. E qui c’è un’altra sfida decisiva da vincere per diventare veramente disruptive.
Ma c’è chi dice: sì, Tesla è disruptive
Ma tra gli economisti c’è anche chi è in disaccordo con questa impostazione. Facendo notare che, dopotutto, anche l’iPhone di Apple è stato lanciato come un prodotto di fascia alta in un mercato già affollato. Ma questo non ha impedito al leader di mercato dell’epoca, la Nokia, di fallire nella transizione verso gli smartphone. Dalla sua, poi, Tesla ha avuto fin dall’inizio l’unicità dell’architettura di prodotto, con il bagagliaio anche nella parte anteriore e le batterie posizionata sotto i sedili.
In più l’azienda di Musk ha grande libertà di azione, non dovendo restare fedeli agli schemi consolidati di un brand storico. Secondo questa corrente di pensiero, dunque, andiamo incontro a una fase di rottura dell’industria auto. E l’offerta di Tesla è cosi diversa dalla logica corrente che è già stata in grado di affermarsi in un contesto estremamente competitivo. Non solo grazie alla tecnologia, ma anche all’architettura di prodotto e al modello di business. Per batterla, i marchi storici devono prepararsi ad una sfida bella tosta.
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La risposta alla domanda è “SI” ma non nel senso che dice l’analista. L’innovazione dirompente di Tesla consiste nel dimostrare che “si può fare” e dunque fungere da catalizzatore di un cambiamento inarrestabile. Che poi le sue auto siano le più innovative è irrilevante e dipende in larghissima misura dai gusti del consumatore. https://onewedge.com/2018/06/07/perche-tesla-non-puo-fallire/