Dal 2035 in poi nell’Ue non potranno più essere vendute auto a combustione interna. O meglio, veicoli che emettono CO2. In altre parole saranno banditi tutti i veicoli a benzina e diesel e saranno ammessi solo veicoli elettrici, ad idrogeno o alimentati da carburanti alternativi, i cosiddetti e-fuel. E’ una delle proposte (sicuramente la più dirompente) presentate ieri dal presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
La decisione choc di Ursula von der Leyen
«Oggi presentiamo una strategia con la quale raggiungere i nostro obiettivi climatici, che non sono solo un impegno politico, sono ormai un obbligo giuridico», ha spiegato in una conferenza stampa la von der Leyen.
Già dal 2030 nell’ Ue le auto nuove dovranno emettere il 55% di CO2 in meno rispetto al 2021. Il taglio drastico alle emissioni bloccherà di fatto le vendite delle auto con motori termici tradizionali; e tra le ibride potrebbero salvarsi solo la plug-in. La transizione dovrà essere accompagnata dai governi con un forte sviluppo della rete di alimentazione, con una impianto di ricarica per auto elettriche almeno ogni 60 km e un distributore di idrogeno ogni 150 km.
Tra gli altri provvedimenti citati, una riforma del mercato delle emissioni che preveda l’estensione delle compensazioni ai settori residenziale e dei trasporti, un nuovo sistema di tassazione dei consumi di energia che colpisca il contenuto di energià anzichè i volumi e un dazio ambientale che colpisca le importazioni da Pesi extra Ue meno virtuosi.
Tre miliardi di alberi per catturare CO2
Entro il 2030 il 40% dell’energia primaria dovrà provenire da fonti rinnovabili e un imponente piano di riforestazione (tre miliardi di alberi piantati) dovrà consentire di catturare almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.
Bruxelles rivendica anche i successi di una politica ambientale che ha già prodotto una riduzione delle emissioni del 24% rispetto ai livelli 1990, pur in presenza di una crescita economica del 60% nello stesso arco di tempo.
Vorrei aggiungere solo una cosa: BRAVA URSULA, AVANTI A TUTTA FORZA!!
Ci voleva una come lei, non come il nostro Cingolani! Le donne salveranno il mondo….
Rispondo a lei, Christian, solo perchè il suo è l’ultimo commento in ordine di tempo (e anche il più civile) fra quelli che tirano in ballo il ministro Roberto Cingolani. Non tollereremo altri sgangherati insulti e attacchi personali nei confronti di uno scienziato di fama mondiale e di assoluta onestà intellettuale. Non è così che si sta su questo blog. Qui le idee si confrontano, le opinioni di tutti si rispettano contestandole nel merito quando non si condividono. Noi per primi l’abbiamo fatto quando ci è parso che il governo fosse troppo timido o distratto nei confronti della mobilità elettrica. Ma di qui a fare gli asini che insegnano ai professori ci passa il mare.
Quando parlo di Battery Swapping Station in maniera simile a quella di Nio, mi riferisco a quello che stanno facendo società tipo Ample https://www.youtube.com/watch?v=zl5UJQzP7NE
Ma come fai a fare il battery swap tra auto completamente diverse? Cosa c’entra la batteria da pochi kwh di una citycar come la Twingo con quella di una Tesla Roadster che è da 200 Kwh? Come lo risolvi questo problemi, costringi le supercar ad andare con le microbatterie di una citycar?
Come concili i diversi inverter, i diversi meccanismi di raffreddamento, il peso diverso, le diverse tecnologie e l’elettronica dell’auto che si ritroverebbe ogni volta una batteria diversa? E che le sviluppiamo a fare le batterie allo stato solido che si ricaricano in pochi minuti con i maxi costi di queste stazioni di ricarica? Che succede se un domani, come visto in alcuni brevetti, i costruttori volessero disporre le batterie verticalmente nell’auto o se, come si sta sperimentando, volessero integrarle direttamente nel telaio?
Logisticamente poi sarebbe un incubo: essendo inevitabilmente pochi (per via anche dei loro costi), questi hub dovrebbero garantire un uptime del 100%. Al primo problema, il primo avvitatore che si rompe, la prima batteria incastrata, il primo blackout o cortocircuito, il sistema andrebbe in blocco creando maxi code di automobilisti in attesa.
Ovviamente i costi elevati di questa transizione verranno scaricati sui più deboli, il costo di benzina e diesel è schizzato in alto, aumenterà l’inflazione e il costo della vita, a me questa spinta ecologista sembra solo un grande affare in cui molti vogliono tuffarsi per fare profitti con la solita logica che di ecologico non ha niente, ricordiamo quello che è accaduto in Francia qualche anno fa quando il governo in nome della ecologia aumentò il prezzo del gasolio, la gente è stanca di subire decisioni prese dall’alto a vantaggio di pochi.
Quindi, i prezzi del petrolio schizzano in alto per colpa degli ecologisti che vogliono bandirlo. Ma come ragiona?
Direi di andarci piano con il vantaggio di pochi dal momento che ci sono popoli interi che hanno vissuto e tutt’ora vivono guerre e fame per il vantaggio di “pochi” occidentali di potersi muovere, stare al caldo in inverno e al fresco in estate.
Poi fintanto che eravamo veramente “pochi” a consumare e inquinare i benefici potevano forse ancora essere maggiori rispetto ai costi, ma con l’aggiunta di Cina e altri al banchetto degli idrocarburi il destino dei prezzi del petrolio era già segnato prima della svolta ecologista, la differenza sostanziale è se ci arriveremo preparati (programmando la transizione da oggi fino al 2030-2040) oppure se vogliamo fare gli struzzi con la testa ben conficcata nella sabbia (e il deretano alla mercé del suo destino).
La tua análisi é grossolana e superficiale: se aumenta il prezzo del petrólio é un motivo in più per dare una spinta ulteriore alla transizione verde, anche dal basso verso l’alto.
Io per esempio ho già un’auto elettrica e quando passa davanti a un distributore di benzina estraggo il dito medio
Giovanni non è una decisione a vantaggio di pochi, è una decisione a vantaggio di tutti perché il problema dell’aumento delle temperature è reale. Non a caso il pacchetto di misure è giusto: impatta su tutti i settori, inclusi navi e aerei (mi ricordo ancora l’accusa di benaltrismo quando sollevavo queste questioni) e, in modo ancora più corretto, ragiona per quote di co2. E’ l’approccio corretto: in pratica l’Europa non ti dice COME devi raggiungere un obiettivo, si limita a fissarti l’obiettivo, sta agli stati trovare il modo di raggiungerlo. E’ vero che per le auto dichiara uno stop SOLO alle auto benzina e diesel nuove ma lo fa con tempi molto ragionevoli (2035, mancano ben 14 anni che sono tanti: considera che dopo il 2035 potrai non solo acquistare un’auto a benzina o diesel usata, ma anche circolare liberamente probabilmente per altri 15 anni almeno), inoltre tra 14 anni il divario in termini prestazionali tra le auto a benzina con quelle elettriche sarà enorme, fai conto che ci sono studi che dichiarano che le elettriche con 1000 km di autonomia a breve saranno una realtà per tutte le tasche.
Ho la sensazione che le battaglie politiche dei vari populisti sovranisti in giro per l’Europa saranno proprio sulle tempistiche di questa svolta ecologica, gli “struzzi” non mancheranno e gli sciacalli pronti a ricavarne un tornaconto elettorale nemmeno. Finora in Europa l’argomento non è stato al centro del dibattito ma tempo che passa la pandemia…
Secondo me caro Giovanni l’aumento dei costi dei carburanti (con conseguente aumento della tasse applicati agli stessi) è voluto dai governi, che vogliono scatenare a tutti i costi inflazione per far pagare ai risparmiatori i costi del covid.
Loro con l’inflazione risistemano il rapporto pil – debito pubblico.
E tutto questo sulle spalle dei risparmiatori:
– gente che ha messo 2 soldi da parte con sacrifici;
– gente che ha perso il lavoro e con i soldi da parte cerca di sopravvivere;
– pensionati che hanno risparmiato una vita per non pesare nella vecchiaia sulle spalle dei figli.
Questo è un governo di filibustieri, di persone che fanno gli interessi di coloro che detengono il potere economico (Renzi e Draghi ne hanno dato più volte prova).
Mai pensato che l’aumnto dei prezzi derivi dall’aumento della domanda a fronte di una produzione che comincia a scarseggiare? E che sarà sempre peggio via via che si esauriscono i giacimenti di petrolio?
No, mi spiace non è così, attualmente la domanda è ancora inferiore a quella pre covid.
Certo nic, il prezzo del petrolio è frutto di un gomblotto delle demoplutocrazie giudaico massoniche. L’anno scorso l’avevano spinto sottozero, oggi a 70 dollari al barile. Dieci anni fa oltre 100 dollari, cinque anni fa sotto i 30. Valle a capire…
Caro nic, empatizzo con le sue istanze, tuttavia non è attraverso l’aumento artificioso dei prezzi che i governi sperano di alleggerire il debito pubblico, creerebbero solo una pericolosa stagflazione, è piuttosto da temere l’allegra monetizzazione del debito che le banche centrali di tutto il mondo stanno più o meno dichiaratamente mettendo in atto. In un contesto del genere l’aumento dei beni energetici ed in particolare i rincari dovuti a colli di bottiglia dell’offerta sono mal visti dal regolatore in quanto delegittimano (pur non potendo impedirla) la politica monetaria espansiva. Grottesco quanto avvilente è che proprio tale politica, in un paese tecnicamente fallito come il nostro, ci tiene “in vita”, il nostro debito è sostenibile ai tassi attuali ma bastano 2/300 punti base a mandarci all’aria nel medio termine. Stiamo facendo manovra con un carrozzone molto malandato su un sentiero molto stretto sull’orlo del burrone, se tutto va per il meglio ce la caveremo con perdite non catastrofiche, ma comunque perdite, se qualcosa va storto siamo rovinati…
Hai ragione, a pagarne il costo saranno sempre le fasce più deboli ma non dobbiamo stupirci della cosa, in fondo basta vedere chi compone il parterre degli ambientalisti senza se e senza ma: Bloomberg, Gates, Bezos, Zuckerberg, Hollywood nel suo completo di jets e paillettes cui non rinunceranno mai, un partito democratico in cui non trovi un lavoratore neanche per sbaglio, solo burocrati, professori o politici di carriera con coniugi milionari. A Bruxelles la situazione è anche peggiore con la complicità di “intellettuali con la scorta”, opinionisti tutti con la medesima tessera di partito e poltrona politica già preriscaldata come ricompensa. I consumi di idrocarburi aumentano causa Cina ed Asia mentre noi ci arrovelliamo a chiudere miniere di carbone, pozzi di petrolio e gas metano, chiudiamo centrali nucleari e pretendiamo di fare funzionare l’economia con pannelli solari sovvenzionati e centrali eoliche. Si chiama declino inarrestabile.
Ok, ha detto la sua. E’ esattamente il contrario di quanto pensiamo noi di Veielettrico e la stragrande maggioranza dei nostri lettori.
Bhe voi siete degli utopisti..
Metà della CO2 arriva da 25 mega città di cui 23 stanno in Cina. Le altre due sono Mosca e Tokio. C’era larticol sull ansa pochi giorni fa.
Davvero pensate che questa cosa possa cambiare?
L’altra metà viene dall’America che ha le più alte emissioni pro capite al mondo
In questa proposta europea, limitatamente al fronte auto, mi sembra che non si sia deciso in modo netto di virare verso l’elettrico. Queste le “criticità”:
– un punto di ricarica elettrica ogni 60 km è insufficiente se dovessimo tutti passare all’elettrico (serve “quasi” un punto di ricarica ad auto, soprattutto se il mercato dovesse accontentarsi di microcar come Twingo e Dacia, auto dalla micro-autonomia)
– si spalancano le porte agli e-fuel, il cui impatto in termini di co2 è legato alla tecnologia legata alla loro produzione, nessuna ad oggi efficiente. Gli e-fuel non sono la morte dei motori a combustione, anzi, sono la loro sopravvivenza
– si spinge forte l’idrogeno e la sua rete senza indicare quale idrogeno (e ad idrogeno si possono alimentare sia auto fuel cell che a combustione interna). Quanta co2 emette un’auto ad idrogeno blu (ottenuto dal metano) rispetto ad un’auto a metano?
Parlare della morte dei motori a combustione interna mi sembra prematuro se questi potranno essere alimentati con e-fuel o idrogeno.
A mio avviso la “quadra” invece la si ottiene col sistema delle quote. Come a dire: Stati scegliete voi come muovervi, l’importante è ottenere una riduzione della co2. Staremo a vedere, sperando che gli sforzi che facciamo noi europei li facciano anche gli altri stati nel resto del mondo: dopotutto, mentre noi siamo qui calcolatrice alla mano a farci la guerra su quale auto emette meno co2 nel ciclo di vita a suon di ricerche, nel resto del mondo vanno spediti verso il carbone [ https://www.lifegate.it/miniere-carbone-2030 ]
Un punto di ricarica ogni 60 km io l’ho letta come una provocazione, poi occorre capire se si intende su rete autostradale e a lunga percorrenza, ambito in cui ha veramente senso parlarne, ché installare una colonnina AC è impresa ben da poco rispetto alle DC da centinaia di kW o ancora peggio stazioni di rifornimento di idrogeno.
Gli efuel sono un problema, ma la tassazione alla fonte sulla CO2 emessa unita alla tassazione dell’energia immagazzinata li renderà antieconomici per l’uso “di massa” ma è giusto non vietarli per gli usi dove non se ne può fare a meno.
Non mi pare si spinga forte sull’idrogeno ma al contempo non si chiude del tutto la strada a questo vettore energetico, l’idrogeno sarà colpito più dell’elettricità da una tassazione sul contenuto energetico che unito a maggiori costi di produzione e gestione lo renderanno adatto solo in particolari ambiti.
Infatti, il vincolo di una stazione ogni 60 km riguarda le autostrade e assimilate.
io ho letto “un punto di ricarica”, non “una colonnina di ricarica”..che se poi si virasse verso un sistema simile alla battery swap station di Nio, sarebbe ancora meglio, visto che le modalità di erogazione non creerebbero picchi
L’idrogeno è già in vendita e dove lo vendono i prezzi non sono proibitivi, ovvero per un’auto come la Mirai ad esempio viaggiare ad idrogeno costa come viaggiare a benzina. Con la produzione di massa i prezzi sono destinati a scendere. Con colonnine ogni 150 km in autostrada l’idrogeno risolve il suo più grande problema, la rete di rifornimento, e diventa una realtà concreta sul mercato. Alla fine la visione di von der Leyen e Cingolani coincidono: tempi lunghi per la transizione, approccio neutrale verso le soluzioni poco inquinanti (trattando allo stesso modo elettrico ed idrogeno, atteggiamento per il quale Cingolani subì molte critiche), addirittura la von der Leyen apre ufficialmente le porte all’e-fuel. Ricordiamo che la e-fuel alliance conta oltre 135 membri, tra cui Mazda che ha aderito da qualche mese, mentre case come Audi (che hanno annunciato uno stop alla vendita in Europa di auto con motore a combustione) è da molti anni che fa ricerca in proprio sugli e-fuel.
Qui ci dimentichiamo che il problema principale è il cambiamento climatico creato dalla CO2.
Gli e fuel e l’idrogeno sono solo soluzioni di comodo inventate per far conservare potere economico ad alcune persone.
I primi emettono sempre veleni allo scarico, il secondo spreca i 2 terzi dell’energia rispetto all’elettrico ed implica o il trasporto (con tutti i rischi del caso) o la creazione di tubi che girano tutta l’italia (analogamente a quelli del metano che abbiamo ora, ma che non sono utilizzabili per l’idrogeno) una follia.
Se fossimo governati da persone serie punteremmo tutto sull’elettrico e lo studio di nuove sviluppo delle batterie e non butteremmo soldi dalla finestra con gli altri due.
Poi se vogliamo compiacere coloro che non vogliono perdere potere possiamo prenderci per i fondelli quanto vogliamo.
Non proprio nel resto del mondo ma é nei paesi in via di sviluppo che vogliono ancora il carbone.
Cito l’articolo: “Si concentreranno in Australia, Cina, India e Russia”. Australia e Russia non sono considerati paesi in via di sviluppo, la Cina lo è ma solo formalmente. E comunque altri articoli citano anche altre realtà come il Giappone, questo recente articolo [ https://www.rinnovabili.it/energia/politiche-energetiche/carbone-giappone-stop-nuove-centrali/ ], aldilà del titolo, parla chiaro: “Il carbone rappresenta il 32% del mix elettrico del Giappone”. “Nel febbraio 2020 l’esecutivo aveva annunciato di voler costruire fino a 22 nuove centrali in 17 siti diversi entro il 2025. Insieme, le 22 centrali elettriche avrebbero emesso ogni anno quasi la stessa quantità di anidride carbonica prodotta da tutte le auto vendute annualmente negli Stati Uniti”. E in tutto questo, il povero Toyoda che parlò di un maggior inquinamento di auto elettriche per il Giappone a causa del suo mix energetico si beccò i peggiori insulti. Ora pare che qualcosa inizi a fermarsi, c’è qualche primo segnale di stop e una timida retromarcia: forse Toyoda aveva ragione e il Giappone deve rivedere il suo mix energetico.