Torna l’allarme incendio per le auto elettriche dopo il rogo della nave cargo Morning Midas, alla deriva per 20 giorni al largo nell’Alaska e affondata la scorsa settimana. Ma perché si innesca il fuoco nelle batterie di autotrazione al litio? Ed è vero che estinguerlo è più difficile, se non addirittura impossibile? “Fuoco amico” l’ha chiesto al professor Nicola Armaroli, chimico di formazione, dirigente di ricerca del CNR di Bologna e direttore della rivista scientifica “Sapere”.
L’incendio, ci ha risposto, si innesca quando «la temperatura in una cella si innalza oltre un certo livello, destabilizzando i componenti chimici degli elettrodi e dell’elettrolita. Si liberano così idrogeno e ossigeno allo stato molecolare dando luogo alla combustione». L’incendio poi si autoalimenta surriscaldando le celle vicine che a loro volta producono i due elementi della reazi0ne.
Tutto comincia con una cella che si surriscalda liberando idrogeno e ossigeno. Ma il BMS è in allerta
«Il punto chiave – aggiunge – è capire perchè una cella si surriscalda. Può essere per un difetto di produzione, un sovraccarico o un trauma provocato dall’ esterno che generano un corto circuito». Tuttavia il controllo termico dei pacchi batteria delle auto elettriche «è molto sofisticato» e il monitoraggio della temperatura di tutti i componenti tramite sensori è continuo. Questo controllo rende le batterie dei veicoli elettrici «più sicure, più longeve e più performanti» .

Il monitoraggio tramite BMS consente inoltre di cogliere segnali premonitori di anomalie termiche, permettendo agli occupanti delle auto elettriche di abbandonare il mezzo prima che divampi l’incendio vero e proprio. Più arduo riuscirci nelle auto termiche, sottolinea Armaroli, dove la scintilla di un corto circuito nell’impianto elettrico si propaga al carburante con grande rapidità.
Secondo tutte le statistiche il rischio di incendio nelle auto elettriche è «fra 1o e 80 volte minore rispetto alle termiche». Mentre le ibride, che uniscono le criticità elettriche di due batterie più quelle del serbatoio di carburante, hanno una probabilità di andare a fuoco doppia rispetto alle termiche.
Un processo che si autoalimenta. Ma i Vigili del Fuoco sanno come interrompere la deriva termica
Tuttavia, gli incendi nelle auto elettriche si possono autoalimentare. Ragion per cui, riconosce Armaroli, «possono essere più difficili da estinguere». Il problema è «interrompere la deriva termica con abbondanti flussi di acqua, dopo aver soffocato le fiamme vive». Ma tutte le batterie sono omologate e «i Vigili del Fuoco conoscono perfettamente le procedure di spegnimento».
Tutte le diverse chimiche delle batterie presentano lo stesso rischio, chiediamo? «No – risponde -. La struttura cristallina degli elettrodi litio-ferro-fosfato è più robusta e resiste a temperature fino a 300 gradi prima di destabilizzarsi. Mentre per le batterie nichel, manganese, cobalto la soglia scende di 50-100 gradi.
Nuove chimiche, stato solido, un diverso separatore: il potenziale di miglioramento è ancora enorme
E le batterie a stato solido? Premesso che si tratta ancora di una tecnologia prototipale, Armaroli sottolinea che l‘elettrolita ceramico di queste batterie è intrinsecamente non infiammabile, quindi più stabile e sicuro di quello liquido con sostanze organiche anch’esse infiammabili.
«Questo ci dà un’idea dell’enorme potenziale di miglioramento delle batterie, sia come sicurezza, sia come prestazioni. Ulteriore spazio può venire da nuovi materiali per l’anodo, oggi di solito in grafite».
Armaroli aggiunge che la ricerca si concentra anche sul separatore, vale a dire la barriera che impedisce il corto circuito fra catodo e anodo. Se gli ioni di litio non si allocano correttamente nell’anodo, spiega, può succedere che si formino depositi anomali di litio a forma di albero, le cosiddette dendriti, capaci di perforare il separatore e causare il corto circuito. «Teniamo sempre presente – conclude – che nelle celle questi elementi, catodo, elettrolita, separatore e anodo, sono compressi in spazi sub millimetrici. E’ una lavorazione estremamente complessa, difficile da portare dalla scala del laboratorio a quella della produzione industriale».
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// il problema è «interrompere la deriva termica con abbondanti flussi di acqua \\
Questo problema è in via di ridimensionamento con la progressiva adozione della tecnologia che prevede l’irrorazione diretta della batteria tramite apposita apertura (vedi ad esempio Fireman Access di Renault)
A proposito di Renault, il costruttore francese ha realizzato un prototipo di Mégane con batteria immersa in un liquido di raffreddamento
https://www.largus.fr/actualite-automobile/voiture-electrique-un-temps-de-recharge-divise-par-2-grace-au-refroidissement-par-immersion-30041193.html
Rischio incendi risolto alla radice ?? (ammesso che la soluzione tecnica – sviluppata per abbreviare i tempi di ricarica – prenda piede..)
Un po’ di imparzialità, integrità e indipendenza no vero?
È palese pure a un cieco che l’articolo è dannatamente steso pro BEV.
E qui, si perde di credibilità per il blog.
I vigili del fuoco conoscono perfettamente le procedure per la gestione degli incendi? Mah….
Controllo termico molto sofisticato??
Parla di percentuale di incendi, ma nessun riferimento alla magnitudo del danno di un incendio di BEV….. Boh.
Possono essere più difficili da estinguere, anziché sono più difficili da estinguere….. Ehh evviva l’obbiettività.
La scintilla si propaga al carburante, con grande facilità, questa è la ciliegina sulla torta, come se sotto il cofano, ci fosse un lago di carburante libero e che satura tutto….. Vabbè, articolo buono a chi gli interessa credere e autoconvincersi, che il problema incendi, è farlo Co.
Certo che con i suoi Mah, Boh e Vabbè porta argomentazioni inoppugnabili. Scienza allo stato puro.
Chissà…
L’ ultimo incendio elettrico che ho visto è stato questo https://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2025/06/20/news/incendio_cisterna_gpl_copiano_sgomberata_palazzina_strada_chiusa_235-15199735/ , una cisterna elettrica che trasporta gpl , oggi trovi ancora i segni sull’ asfalto annerito e sciolto con ioni di litio
Nell’articolo non dice nulla sul fatto che sia una cisterna elettrica.
Uffa vabbè ironia a parte di non la sa intendere
chiedo scusa, non avevo colto l’ironia. Sarebbe stato curioso il trasporto di un combustibile fossile con un motore elettrico. Anche se in realtà mi pare di aver visto qualcosa di simile in cambo navale.
Chiedo scusa anche io a te, nella mia risposta e nella non completa sveglia mattutina è mancato un ” chi ” che io leggevo ugualmente anche se inesistente. Ora rileggendo senza il ” chi non la sa” assume un tono più ” nervoso ” e irrispettoso
Boh…
Perché l’articolo sarebbe cosí pro BEV ? Diversi articoli VE giá pubblicati entrano in dettagli sulle procedure dei vigili del fuoco e il controllo da parte del BMS. La difficoltà di spegnimento (cosí come l’entitá del danno) dipende da vari fattori, non c’è solo la deriva termica da prendere in considerazione..
Visto che non si fida usi uno strumento che chi usa internet sicuramente conosce: Google e cerchi: “statistiche incendio auto” poi tragga lei le conclusioni che vuole.
mi auguro che in futuro le navi RO-RO stivino in comparti completamente separati le auto BEV dalle altre (ICE o IBRIDE) in modo da scoprire una volta per tutte quali sono le tipologie che innescano questi incendi che periodicamente fanno affondare queste gigantesche navi: ora come ora BYD sta “inondando” diversi paesi con i propri modelli “NEV” – tutte le tipologie che producono – in molti mercati mondiali (sud America ad es.) intanto che realizzano stabilimenti di assemblaggio locali.