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L’efficienza delle celle solari? Abbotto: “Non facciamoci illusioni”

fotovoltaico efficienza
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La scoperta della Aalto University su celle solari con efficienza quantica del 132% (leggi) grazie al silicio nero nanostrutturato avrà applicazione nella produzione di energia? Forse sì, ma non illudiamoci: se anche potesse essere sfruttata nel design degli attuali pannelli fotovoltaici, il suo impatto sull’efficienza di conversione in elettricità sarebbe marginale.

Questi i limiti della scoperta finlandese

Oggi l’efficienza delle celle solari (percentuale di energia solare che può essere catturata e trasformata in corrente elettrica) si aggira attorno al 18-19% per i migliori pannelli in commercio. Può raggiungere anche il 25% in laboratorio su superfici di pochi centimetri quadrati. Ma con un limite teorico invalicabile del 31% legato lle caratteristche fisiche del silicio. Volendo essere ottimisti, quindi,  l’innovazione finlandese potrà migliorare l’efficienza delle celle solari ad uso commerciale di alcuni punti percentuali. Non di più. Ce lo fa notare un lettore molto speciale: il professor Alessandro Abbotto, Direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali, Centro di Ricerca Energia Solare MIB-SOLAR dell’Università di Milano – Bicocca.

Alessandro Abbotto

Ci ha scritto dopo aver letto il nostro report facendoci gentilmene notare che l’articolo sulla rivista Physical Review Letters. da cui avevamo ricavato la notizia «parla di External Quantum Efficiency (EQE), che non è l’efficienza delle celle solari, come invece la vostra news porta a pensare quando la paragonate all’efficienza di conversione energetica. La EQE è si l’efficienza di conversione da fotoni a elettroni ma solo ad una data lunghezza d’onda. L’articolo riporta questo risultato (normalmente al 100% o vicino) solo per la regione UV, che è solo il 5% della radiazione solare. Solo se la EQE fosse > 100% su tutte le lunghezze d’onda (quindi anche Visibile e Infrarosso) allora avremmo celle fotovoltaiche particolarmente efficienti, ma questo risultato è ancora ritenuto impossibile al momento».

Abbotto e i progetti di Milano-Bicocca

Alessandro Abbotto è anche il coordinatore del progetto Energia elettrica e vettori energetici da fonti rinnovabili – FLEXILAB finanziato dal “Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza. Con la proposta FLEXILAB, il Dipartimento di Scienza dei Materiali di Milano-Bicocca è risultato tra gli 11 migliori Dipartimenti nel settore delle scienze chimiche. FLEXILAB mira a fare del Dipartimento un centro di riferimento nello sviluppo di materiali e tecnologie per l’energia sostenibile in tutto il suo ciclo di valore.

Professor Abbotto, come valuta, quindi, l’innovazione sviluppata dai ricercatori finlandesi? 

«E’ importante dal punto di vista scientifico perchè ha dimostrato che i limiti teorici di efficienza quantistica superficiale della cella in silicio possono essere superati, almeno alla lunghezza d’onda degli ultravioletti. Però la radiazione solare arriva sulla Terra su uno spettro molto più vasto di lunghezze d’onda. E il silicio non è in grado di convertirle tutte con la stessa efficienza».

L’efficienza delle celle solari, dunque, è una media che quantifica la conversione in elettricità di tutte le frequenze. Fino a che punto sarà possibile arrivare?

«In ambito aerospaziale, vale a dire sui satelliti, possiamo già raggiungere efficienze delle celle solari del 50%, utilizzando tecnologie multigiunzione. Ma i costi sono astronomici».

Di cosa si tratta?

«Le celle solari con tecnologie multigiunzione utilizzano materiali diversi, ciascuno in grado di catturare l’energia irradiata dal Sole a diverse frequenze. La complessità di progettazione e realizzazione è evidente, come evidente è l’impossibilità di replicarle su scala industriale».

L’efficienza delle celle solari? Obiettivo 22-23%

Perciò lei non prevede progressi significativi a breve  nel fotovoltaico commerciale?

Silicio nero

«Non prevedo innovazioni dirompenti. Tuttavia miglioramenti progressivi ci saranno. In tempi relativamente brevi potremmo arrivare ad efficienze del 22-23% su scala industriale.  Le ricerche più interessanti riguardano poi la possibilità di catturare energia da superfici curve o trasparenti e questo amplierà notevolmente le potenzialità del fotovoltaico. Ma la sfida decisiva, a mio giudizio, è abbattere i costi. Oggi, al netto delle tasse, un kWh di energia prodotta dal gas metano costa 4-5 centesimi. Un kWh da fotovoltaico, nonostante gli enormi progressi già compiuti, supera ancora questi livelli. Credo però che lavorando su più dimensioni convergenti, cioè densità di efficienza e costi di produzione delle celle, la parità non sia molto lontana».

Non c’è la soluzione unica al problema energetico

Il progetto FLEXILAB al quale sta lavorando non si occupa solo di fotovoltaico, no?

«Infatti. Il problema energetico globale non si può risolvere con un’unica tecnologia di successo, ma piuttosto con una serie complessa di soluzioni interdipendenti rivolte sia alla generazione di energia che alle reti distribuite. Nell’ambito di FLEXILAB stiamo perciò  lavorando su più fronti: fotovoltaico a concentrazione, batterie di nuova generazione, cattura e riutilizzo della CO2 e idrogeno sostenibile».

Nel mondo dei trasporti si pensa in genere che idrogeno e batterie siano due tecnologie in alternativa tra loro…

«Non è così. L’idrogeno risolve molti problemi di autonomia e velocità di ricarica altrimenti irrisolvibili nel trasporto pesante e nella navigazione. Infatti si sta già affermando, come testimonia il successo dell‘americana Nikola. Io credo che abbia un futuro anche nel settore auto, dove al momento i principali ostacoli sono il costo del veicolo e l’assenza di una rete capillare di stazioni di rifornimento».

Il rebus dell’idrogeno sostenibile

Non è poco

«I costi si ridurrebbero se la produzione di auto ad idrogeno avvenisse su larga scala. Quanto alle stazioni di rifornimento tenga presente che nell’area metropolitana di Los Angeles ce ne sono già 50. Realizzarne una ventina in Lombardia, che ha più o meno le stesse dimensioni, non sarebbe  un’impresa impossibile...».

Resta un grande problema: la produzione dell’idrogeno da fonti rinnovabili non è energeticamente efficiente, quella da metano non è ambientalmente sostenibile

«Un chilo di idrogeno da metano costa 3 dollari, da fonti rinnovabili fra 10 e 12 dollari: il gap non è enorme e credo che si arriverà presto ad annullarlo. Ma già oggi un “pieno” di idrogeno da fonti rinnovabili costa meno di un pieno di gasolio».

Fatta 100 l’energia elettrica necessaria a ricavare idrogeno con elettrolizzatori fotovoltaici, quella utilizzabile come idrogeno è circa il 30%. Ne vale la pena?

«Credo di si, se questo risolve problemi altrimenti irrisolvibili, come lo stoccaggio a lungo termine o i trasporti pesanti a lungo raggio. Del resto anche i veicoli alimentati con idrocarburi disperdono in calore il 60-70% dell’energia. E in più emettono tonnellate di CO2».

Idrogeno da fotosintesi artificiale  nuova frontiera

A che punto siamo con l’idrogeno “verde” ricavato da acqua e Sole senza l’utilizzo di energia elettrica?

«La cosiddetta fotosintesi artificiale, cioè la produzione di idrogeno attraverso trasformazioni biochimiche dell’acqua, è una frontiera della ricerca molto promettente, indicata anche fra gli obiettivi europei al 2030. Ha il grandissimo vantaggio di poter essere diffusa, per produrre energia direttamente sui luoghi di utiizzo. Però oggi l’efficienza di questa reazione è molto bassa».

Cioe?

«L’energia irradiata dal sole viene catturata e trasformata in idrogeno attraverso materiali fotosensibili come il biossido i titanio. Fatta 100 l’energia solare, quella trasformata in idrogeno è oggi solo l’1%. Ma la ricerca è solo all’inizio».

CO2 come risorsa con il rilascio selettivo

Lei sta studiando anche metodi di cattura della CO2 in atmosfera. Si sa che  queste tecnologie saranno indispensabili per riportare la concentrazione di gas serra in atmosfera a livelli compatibili con gli equilibri climatici del pianeta. Cosa possiamo aspettarci?

«Nel progetto FLEXILAB stiamo studiando la possibilità di cattura e rilascio selettivo della CO2. Ciò può avvenire attraverso materiali solidi porosi che lo immagazzinano e possono rilasciarlo come fonte di carbonio. Gli utilizzi industriali sono molteplici, nella chimica, nella farmaceutica e nella produzione di metano sintetico».

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