Uno “scandalo”, un “furto”, addirittura un “sabotaggio alla diffusione dell’auto elettrica”. Le nuove tariffe Ionity (0,79 euro a kWh) per la ricarica praticate su tutta la rete paneuropea hanno scatenato le proteste degli utenti, molti dei quali si sono espressi in questi termini anche sulle pagine del nostro sito. Sono reazioni giustificate? A nostro parere no. E vi spieghiamo perché.
Rete aperta a tutti, ma i partner pagano metà
UN PASSO INDIETRO: IL MERCATO Chi mette sotto accusa le nuove tariffe Ionity di solito prende a paragone Tesla che nella sua rete di Supercharger applica in Italia una tariffa base di 0,33 euro a kWh, poi ridotta a 0,30. I primi modelli venduti beneficiano ancora della ricarica gratuita, quelli ordinati prima del novembre 2018 beneficiano di un bonus gratuito di 400 kWh. La Model 3 è invece esclusa da tutti i benefici e ricarica sempre alla tariffa di 0,30 euro.
E’ un valore di mercato? E’ la giusta remunerazione per un kWh di energia erogata a 150kW dalla colonnina fast? No, e spiegheremo perché. Per ora limitiamoci alle parole del fondatore Elon Musk quando dichiara che la rete di Supercharger non è stata creata per guadagnare, ma per promuovere le vendite delle sue auto. E’ infatti una rete chiusa di cui non possono usufruire i possessori di auto elettriche di altri costruttori.
Ionity nasce con i soldi dei grandi costruttori tedeschi (BMW Group, Mercedes-Benz , Ford, e Volkswagen Group con Audi e Porsche e ora anche Hyundai) ma, a differenza dei Supercharger Tesla, è aperta ai clienti di tutte le altre case. Tesla compresa.

Una risposta ai furbetti con la Tesla
Infatti proprio i “teslari” erano diventati suoi assidui frequentatori, quando ionity offriva il servizio con l‘iniziale tariffa flat di 8 euro a ricarica. Nei Supercharger, 8 euro consentono al massimo 25-26 kWh di ricarica, mentre con Ionity il possessore di una Tesla “long range” poteva incamerare fino a 100 kWh. Si assisteva quindi al paradosso di un servizio erogato in perdita dai tedeschi anche a favore del loro principale, e più energivoro, concorrente americano. Un “regalo” che comunque Ionity riserva anche oggi ai clienti delle case partner attraverso le convenzioni: Charging Service dell’Audi e-tron, il me Charge della Mercedes, il ChargeNow di BMW, il Charging Service di Porsche e il WeCharge della Volkswagen. Anzi: Ionity fa sapere di essere aperta ad accordi con altri MSP. Per tutti questi programmi le tariffe applicate da Ionity si aggirano attorno ai 30 centesimi per kWh.

La tariffa è alta, ma il servizio è premium
UN PASSO INDIETRO: IL SERVIZIO Gli impianti della rete Ionity consentono di ricaricare fino a 350 kW di potenza. A tutt’oggi nessuna auto elettrica sul mercato accetta ricariche a più di 150 kW. Ma presto le potenze consentite saliranno e si avvicineranno a quelle adottate dalla rete euro tedesca. Significa accorciare i tempi di rifornimento di sette volte rispetto alle più diffuse “Fast” di Enel X, che ricaricano a 50 kW, e di tre volte e oltre rispetto alle più performanti colonnine dei Supercharger Tesla.

Per non parlare della rete in corrente alternata che viaggia fra 22 e 43 kW, dunque con tempi di 15 volte superiori. In termini di ore o minuti parliamo di rifornimenti completi in 10-15 minuti, contro oltre 40 della altre “Fast” in corrente continua e 2-3 ore in corrente alternata. Per un servizio di livello tanto superiore, Ionity chiede tariffe nemmeno doppie.
Restando al servizio più diffuso, quello di Enel X, i 79 centesimi a kWh di Ionity si confrontano infatti con i 45 centesimi della ricarica in corrente alternata e i 50 centesimi in corrente continua. E in fondo siamo a meno di quattro volte in più rispetto alla tariffa media della ricarica domestica (0,20-0,22 euro a kWh) che implica però tempi che vanno dalle 8 alle 14 ore. Sarebbe come confrontare il biglietto di un palco alla Scala, con quello del Loggione.
Un utilizzo di nicchia: pesa poco sui conti annuali
UN PASSO INDIETRO: l’UTILIZZO Tutti gli impianti della rete Ionity sono collocati sulle grandi direttrici di traffico a lunga distanza. Sono pensati infatti per consentire viaggi continuativi di oltre 500 km con tempi di percorrenza analoghi a quelli di un’auto termica. Viaggi che un normale automobilista effettua episodicamente, qualche volta all’anno.

Tutti gli studi internazionali realizzati “sul campo” ci dicono che il 48% delle ricariche viene effettuato a casa, il 43% sul luogo di lavoro e solo il 9% presso un punto di ricarica pubblico. (per il 50% in corrente alternata e per il 50% in corrente continua su colonnine da 50 e più kW). Quindi parliamo di tariffe che incidono comunque in modo marginale sul costo di esercizio complessivo di un’auto elettrica.
Per pochi euro in più, tanto tempo in meno
Con percorrenze medie annue di 15.000 Km e un consumo medio di 16 kWh per 100 km, il fabbisogno elettrico annuo è di circa 2.400-2.500 kWh. Di questi, meno di 250 kWh proverranno da caricatori pubblici e solo la metà (125 kWh) da caricatori “fast” e “ultrafast”. Il maggior esborso annuo per le nuove tariffe Ionity di 0,29 euro a kWh rispetto alla tariffa Enel X di 0,50 euro sarebbe di 36,25 euro nell’intero arco dell’anno. Insomma, non si può palare di cifre che facciano pendere l’ago della bilancia in sfavore dell’auto elettrica.
Un raffronto con aerei e Alta velocità
Del resto in molte altre tipologie di trasporto utilizzi marginali, poco frequenti e “di necessità” si pagano abitualmente a prezzi maggiorati. Per esempio, i viaggi aerei: la stessa tratta europea può costare poche decine di euro se prenotata con mesi di anticipo presso una compagnia low cost, o alcune centinaia di euro volando all’ultimo minuto con una compagnia di linea. Oppure i treni ad Alta Velocità: la tratta Bologna-Milano, acquistata oggi, non costa meno di 45 euro, ma prenotata con una decina di giorni d’anticipo costa meno della metà.
Il rompicapo delle tariffe elettriche
LA GENESI DI UNA TARIFFA Anche le nuove tariffe Ionity, come quelle praticate da tutti gli altri gestori di servizi di ricarica pubblica ad alta potenza “fast” e “ultrafast”, sono il risultato di un complesso meccanismo di calcolo. Si compongono di una quota A (maggioritaria) che il gestore paga al fornitore di energia, e di una quota B che resta al gestore per coprire l’ammortamento degli investimenti nell’infrastruttura, la manutenzione e, se c’è, la remunerazione del servizio.
Primo passo: una valanga di costi fissi
La quota A, che è un puro costo per il gestore, si suddivide ulteriormente in una parte fissa (costi di rete, oneri di sistema e costi di connessione, questi ultimi più alti via via che aumenta la potenza impegnata) e una variabile che comprende la materia prima (l’elettricità effettivamente utilizzata). I caricatori “fast” sono alimentati in media tensione e necessitano di alte potenze impegnate, minimo 150 kW. A maggior ragione quelli di Ionity, stante l’altissima potenza della ricarica a 350 kW.
L’insieme dei costi fissi è quindi molto elevato, ancor prima di erogare una sola ricarica. L’incidenza di tali costi, a bassi volumi di energia venduta, può arrivare a “pesare” sulla tariffa finale fino a 0,70-0,80 euro a kWh. Al al tasso medio di utilizzo di un impianto in Italia, che si aggira attorno all’1,6% (meno di due ore di ricarica ogni 100 ore di disponibilità). E’ più o meno come se un aereo da cento posti viaggiasse con meno di due passeggeri. Questa componente fissa incide mediamente per 0,58 euro a kWh. A cui va poi aggiunto il costo della materia prima energia.
E quelle stazioni da 500 mila euro l’una
Anche la quota B ha una componente fissa che riguarda i costi di hardware e di installazione, più una componente variabile a discrezione del gestore che riguarda remunerazione, gestione dei pagamenti e manutenzione. Hardware e installazione di una stazione “Fast” in corrente continua a 50 kW può costare 20-25 mila euro a punto di ricarica. A questi livelli l’incidenza media sulla tariffa si aggira attorno a 0,20 centesimi a kWh, sempre partendo da un coefficiente di utilizzo pari all’1,6%. Le stazioni di Ionity, molto più potenti, possono costare anche dieci volte di più (si parla di 500 mila euro ognuna). E questo dà un’idea di quella che potrebbe essere l’incidenza sulle tariffe.
Guadagni? Sì, forse, fra 7-8 anni
In conclusione, allo stato dell’arte, le nuove tariffe Ionity non garantiscono alcun guadagno. Anzi, mirano solo a contenere le perdite. Chi ha provato a fare calcoli economici più precisi stima addirittura che serviranno almeno 7-8 anni per ammortizzare l’investimento. E solo a condizione che gli impianti, con la diffusione della mobilità elettrica, raggiungano un coefficiente di utilizzo del 10-20%, come già avviene nei Paesi più evoluti del Nord Europa.
E’ il modo migliore per disincentivare l’ elettrico. piano piano aumentano il costo del rifornimento. Se non erro in Germania, causa riallineamento IVA, alle colonnine Ionity la ricarica si paga 1,09€/Kw. Già l’ utente sborsa una cifra iniziale che va dai 10k€ ai 15k€ rispetto a modelli endotermici simili, ora piano piano si stanno avvicinando anche i costi di ricarica a quelli di rifornimento. Ci toccherà fornirci di chilometrici cavi collegati da casa per risparmiare qualcosina oppure ci basta pensare che acquistando un’ auto elettrica contribuiamo a salvare il pianeta?
https://europ-e.eu/
39 million subsidy from the eu….
Complimenti per il meticoloso articolo
Grazie Samuele
Per quanto riguarda la sua domanda sul rabbocco di energia; volevo dire che prima di acquistare un’auto elettrica, ho viaggiato per oltre quattro anni su lunghi percorsi in Europa con un’auto ibrida plug-in cercando di caricare dove era possibile. Senza dilungarmi nei dettagli il risultato e’ stato che solo Tesla offriva le migliori garanzie, il miglior servizio, la migliore capillarità’, la migliore efficienza ed efficacia ed i minori costi di gestione, per il momento e probabilmente per qualche tempo ancora. Sono un utente per cui quando il consorzio, offrirà un servizio complessivo superiore, potrò decidere di cambiare brand; per il momento Ionity non mi ha convinto, anzi…
Ripeto: da utente preferisco la vision di Tesla e non penso che Tesla operi in sottocosto. Esiste poi una responsabilità’ sociale di impresa ed una immagine percepita. L’azione di marketing di Ionity sotto questi aspetti e’ discutibile. Poi, se il consorzio pensa di fare profitti con le ricariche, penso che l’azienda sia fallita in partenza.
Credo di aver dimostrato nell’ultimo paragrafo dell’articolo che Ionity, e a maggior ragione Tesla con una tariffa della metà, operano in perdita e continueranno a perdere per molti anni. Altrettanto Enel X, Be Charge e tutti gli altri operatori della ricarica presenti in Italia. Per ipotizzare un guadagno dovranno ammortizzare tutto l’investimenti iniziale, poi raggiungere un coefficiente di utilizzo superiore al 10-20 %. Direi che non i guadagni, ma la semplice sostenibilità economica, sono già un obiettivo molto ambizioso.
Ma i gestori la corrente mica la pagano quanto noi… la vendono!
Già a 0,20 €/KWh immagino che abbiano un margine di guadagno, figuriamoci a 0,45 o 0,79 !!!
No, non è un prezzo corretto. Serve solo a diffondere la (falsa) percezione che l’elettrico NON è conveniente per i lunghi viaggi e l’utilizzatore “medio” abituato al diesel.
Proprio quello che vogliono i proprietari del consorzio Ionity… ritardare più possibile la diffusione dell’elettrico facendo finta di essere attuali e “sul pezzo” 😀
Carlo, la catena dell’elettricità è molto lunga e complessa. Passa da produttori, grossisti, dispacciatori e distributori. I gestori degli impianti di ricarica la comprano a prezzo di mercato. Ma come credo di aver spiegato nell’articolo, la materia prima energia è solo una piccola parte del prezzo finale, a cui vanno sommati oneri di vario tipo. I produttori di auto (tutti, almeno in Europa) sono costretti, da quest’anno, a vendere auto elettriche per abbassare il livello medio di emissioni dei propri veicoli commercializzati, pena pesantissime multe. Boicottare le Ev, quindi, non avrebbe alcun senso.
Tesla ha regalato la corrente ai suoi clienti fino a che è stato possibile. Poi, con l’arrivo della Model 3, ha iniziato a far pagare qualcosa per evitare una inevitabile congestione (problema ancora ben presente nei giorni di festa in USA).
Ionity ha inziato con un prezzo promozionale e ha finito la promozione ancora prima che i “marchi fondatori” abbiano qualcosa di valido e competitivo da vendere. E’ come se adesso reintroducessero il bollo sulle auto nuove emissioni zero! Capisco che un giorno certi privilegi dovranno terminare, ma farli finire quando la quota vendite è al 1% è un segnale forte e chiaro a livello comunicativo.
E comunque che i “marchi tradizionali” hanno auto elettriche in catalogo SOLO per evitare multe e non per venderle realmente è una realtà abbastanza assodata. Basta fare un giro tra i concessionari… il boicottaggio è assolutamente evidente. Giusto se si entra con le idee chiarissime e loro “annusano” le intenzioni allora evitano di sparare a zero sugli EV. provate pure a fare qualche test con una camera nascosta… entrate e chiedete consigli su cosa acquistare, indipendentemente dal budget a disposizione.
A mia moglie hanno provato ad impaurirla con frasi tipo: “con questa stia attenta che se non la carica rimane a piedi!”
E poi basta vedere la pubblicità in TV della Smart… con il tipo che rimane bloccato nella neve perché si è azzardato ad andare fuori città.
Questi sono quelli di Ionity… non lo dimentichiamo quando si analizzano i fatti 😉
Il tema vero è quello dei concessionari: si potrebbe raccoglier una colonna infame delle frasi tipo questa che si è sentita dire la moglie di Carlo: “con questa stia attenta che se non la carica rimane a piedi!”. Finché non si convincono loro, macchine elettriche se ne venderanno sempre mille al mese.
Sarei pronto a scommettere che di frasi come quella che si è sentita rivolgere sua moglie, Carlo, non ne sentiremo più d’ora in poi. Le emissioni medie delle auto di ciascuna casa, infatti, non vengono calcolate sull’offerta a catalogo, bensì sulle vendite effettive. In altre parole non basterà avere a listino uno o più auto elettriche, ma bisognerà immatricolarle. Altrimenti scatteranno multe salatissime. Perciò tutti i costruttori stanno mettendo sotto pressione le proprie reti di vendita perché spingano al massimo sulle soluzioni a basse emissioni.
L’indignazione pubblica partiva dal fatto che Ionity avesse utilizzato estesamente fondi europei.
L’articolo non chiarisce questo aspetto cruciale, ma sottolinea “con i soldi dei grandi costruttori tedeschi”. Sarebbe stato interessante un approfondimento in questo senso.
Poi l’autore sostiene che la rete Tesla e’ una rete chiusa mentre Ionity e’ una rete aperta. Di fatto, con l’aumento delle tariffe, la rete Ionity e’ diventata una rete chiusa, perche’ a parte le auto del consorzio, ai proprietari di altri modelli non conviene assolutamente, anzi da evitare con attenzione. Al costo di 0,79 euro al kWh diventa competitiva la benzina o il diesel. Chi ha cura dell’ambiente questo non lo vuole, vero?
Ritengo offensivo l’appellativo “furbetti con la Tesla” il termine fa trasparire certi pregiudizi o preconcetti. Veramente una caduta di stile da parte di un qualificato giornalista di una testata che leggo con assiduita’ ed interesse. Posso dire, nonostante avessi avuto l’occasione, non ho mai approfittato dell’offerta degli 8 euro. Anche se fosse stato, non vedo quale sia il problema. Proprio il quotidiano per cui scrive Degli Espositi si erge a paladino del libero mercato, o no?
L’aspetto episodico della lunga percorrenza e assolutamente opinabile.
L’uso delle statistiche, confondendo causa ed effetto, porta a conclusioni erronee. Potrei dire che la ricarica domestica e’ piu’ comoda e piu’ conveniente, ma la ricarica pubblica e piu’ ancora fast e’ una necesstita’ durante i viaggi anche quotidiani. Se poi l’attività prevalente si svolge su lunghi percorsi, i costi sono tutt’altro che marginali.
Perdente anche il raffronto con il trasporto aereo, ma qui il discorso sarebbe lungo.
Sulla genesi delle tariffe, sarebbe utile ricordare l’incidenza dei sussidi e delle agevolazioni fiscali.
Il costo delle stazioni Ionity; anche qui un dato incerto. Paragonate alle stazioni fast, il costo, sembrerebbe secondo l’articolo, essere oltre 20 volte di piu’. Tesla sta aggiornando la sua rete di superchargers da 140 kW a 250 kW, ma non penso si tratti di cifre lontanamente simili.
Dissento anche sull’asserzione che la ricarica ultrarapida deve restare una soluzione di emergenza. Purtroppo questo e’ un altro grave pregiudizio.
In conclusione, mi sembra che l’articolo proposto sia una difesa d’ufficio di Ionity fatta con argomentazioni opinabili. Di fatto Ionity e’ nata per promuovere le auto dei gruppi tedeschi e non si rivolge al mercato globale.
La decisione di Ionity definisce una strategia di marketing ben definita.
Per i non possessori di auto del consorzio, la mobilita’ elettrica diventa ancora meno accessibile ed attrattiva.
Inoltre traspare una vision ed una mission aziendale offuscata. Da utente preferisco Tesla che dichiara che la rete di ricarica e’ stata creata per non guadagnare e che consente in Europa di beneficiare della piu’ grande rete di ricarica fino a 250 kW di potenza a costi che vanno da 0.24 a 0.30 euro.
Anche Nissan sta facendo un ottimo lavoro con fornitori di energia per facilitare la ricarica pubblica e non esclude i possessori di altre auto elettriche dall’utilizzo delle stesse.
Accetto il rimbrotto sui “furbetti della Tesla” che può sembrare un insulto, mentre voleva essere solo una sottolineatura della paradossale situazione che si era venuta a creare. Ammetto che il risultato sia stato una “caduta di stile”, come giustamente dice lei. Sul resto ritengo che le mie argomentazioni siano opinabili come e non più delle sue. Infine le pongo io una domanda: se si trovasse a secco durante un lungo viaggio a bordo di un’auto che non fosse Tesla, come nel caso del 70-80% degli automobilisti elettrici, preferirebbe trovarsi nei pressi un Supecharger che le è precluso, oppure di una stazione Ionity dove un rabbocco, in prospettiva anche più veloce, le costerebbe una decina di euro in più? Sarà il mercato a decidere, come è giusto che sia, ma sono pronto a scommettere che la filosofia Ionity diventerà presto quella di tutti i gestori di reti ultra veloci.
Sono pronto a scommettere che Ionity cambierà policy 😉
Pensa che sia economicamente sostenibile, nel lungo termine, prestare un servizio sottocosto?
“A tutt’oggi nessuna auto elettrica sul mercato accetta ricariche a più di 150 kW”
Infatti le tesla proprio negli ioniti caricano a 200 kW e passa…
Sr+ arriva a 170. In usa ci sono già i charger v3 che arrivano a 250
Chi fa abitualmente lunghe trasferte di lavoro sceglierá giá in fase d´acquisto delle auto convenzionate in modo tale da pagare meno anche l´energia fornita ad alta velocitá, circa una volta e mezza il costo della ricarica domestica; in tal modo si incentivano anche altri produttori di auto ad offrire un pacchetto completo conveniente che includa anche la ricarica e lo sviluppo o quantomeno accordi terzi per una rete di ricarica adeguata.
Al momento Ionity dispone di tre stazioni di ricarica veloce in Italia e ne ha altre 6 in costruzione, dovrebbero essere 20 entro l´anno, in collaborazione con Enel X, con una media di 6 punti di ricarica a stazione.
Come se chi ricarica da casa a 1.5/2kw/h spendesse di meno…
Certo che spende meno, circa 20 cent a kWh, anche meno con tariffe biorarie e ricaricando di notte.
Falso, devi avere già un investimento importante a casa sull’impianto. Fate sempre i conti come se la gente avesse chissà cosa in casa, ma fatemi il piacere
Falso cosa? Quello che lei chiama “importante investimento a casa” equivale al costo di un televisore di media qualità. Per giunta può essere scaricato fiscalmente per il 50%, come le spese in ristrutturazione. E molte case auto regalano la wall box. https://www.vaielettrico.it/ti-serve-la-wall-box-o-la-colonnina-ecco-il-listino-facile/
Mi spiace contraddirla ma io a casa ricarico di notte con un contratto Green di Dolomiti Energia a circa 16/18 centesimi di euro per kW, compreso di tasse e accise.
Interessante articolo, alcuni argomenti possono essere condivisibili, su altri forse ci sarebbe da approfondire di più il dibattito.
Innanzitutto definire “furbetti” i teslari mi sembra un po’ offensivo, in quanto la rivoluzione elettrica la si deve a Tesla ed a coloro che hanno creduto nell’idea ed hanno comprato le loro auto, generando un vortice di novità nel mercato automobilistico, che nessun grande brand aveva neanche pensato di iniziare.
Sul fatto che la rete di Supercharger non sia interoperabile, purtroppo lo si deve più agli altri operatori sul mercato, in quanto Tesla già nel 2015 aveva accennato a tale possibilità, ma nessun grande brand aveva mostrato interesse. Ricordiamo che solo dopo lo scandalo del Diesel gate, i maggiori marchi citati nell’articolo si sono uniti per creare il network Ionity e quello di ricarica americano (Electrify America).
Sulla questione delle tariffe comprendo il ragionamento del servizio Premium, ma quando leggi 0,70 centesimi per kW oppure 0,50 di EnelX per le fast, tutti gridano allo scandalo perché lo paragonano alla media di 0,15-0,20 centesimi delle ricariche casalinghe, oppure dello 0,25-0,30 del network Tesla. Purtroppo non credo che avranno molti clienti disposti a pagare un tale sovrapprezzo per un servizio che, solo sulla carta, è differente. Poniamo di avere due pompe di benzina, una classica e l’altra ultra moderna che eroga il carburante due volte più veloce (non decine di volte in quanto andrebbe ricordato che le velocità di picco si raggiungono solo per pochi minuti, a causa dell’incapacità dei pacchi batteria di sopportare elevati amperaggi per molto tempo), dove il prezzo applicato sia una volta e mezza o due quello della pompa classica: scommetto che la maggior parte degli utenti preferirebbe attendere qualche decina di minuti in più, piuttosto che pagare il sovrapprezzo, con il risultato che la pompa moderna rimarrebbe inutilizzata.
Vedo proprio nell’inutilizzo delle colonnine così care il maggior rischio di impresa: puoi avere il sistema più avanzato del mondo, ma se non hai poi i clienti che lo utilizzano, allora si fa concreto il rischio di chiusura a causa degli elevati costi di esercizio.
Forse se avessi dovuto investire sul network di ricarica, avrei forse scelto un’adozione a più riprese: prima avrei creato un network capillare ma magari non velocissimo, con colonnine DC del costo di 25/30k come citato nell’articolo, poi una volta raggiunta una media di utilizzo adeguata, avrei gradualmente aggiornato il network a sistemi più veloci. Colonnine da 500.000 euro a 0,70 centesimi al kW, rischiano di rimanere inutilizzate per la maggior parte del tempo, almeno questo è il mio modesto parere di guidatore di auto elettrica.
Infine comprendo il discorso che bisogna ripagare le infrastrutture, ma ricordiamo ad esempio che EnelX le colonnine le installa grazie ai contributi europei, quindi vorrei capire meglio quale sia il costo effettivo di tali impianti. L’impressione di tanti utilizzatori è che si voglia far pagare agli utenti il costo del sistema, perché nessuno degli investitori ha compreso e abbracciato veramente la rivoluzione elettrica.
Grazie comunque per lo spunto alla riflessione.
Grazie a lei Gabriele per l’ampio contributo al dibattito. Il suo corretto ragionamento non tiene conto però di un fatto: la ricarica ultrarapida resta e deve restare una soluzione di necessità, d’emergenza. Quindi una nicchia trascurabile che incide marginalmente sul costo complessivo di gestione di un’auto elettrica.
La ringrazio, quando i toni sono pacati e le argomentazioni sensate, è un piacere poter dialogare e confrontarsi.
Da utilizzatore di auto elettrica, non sono d’accordo che le ricariche fast o ultra veloci debbano rimanere una soluzione di emergenza. Onestamente a nessuno piace doversi fermare per più di 20/30 minuti ogni 250 Km per dover ricaricare, cosa che purtroppo succede sulla maggior parte delle colonnine presenti sul territorio nazionale.
Sto parlando di viaggi “in giornata” o nel week-end, dove magari si fanno tra i 300 ed i 500 Km, ma almeno una ricarica devi farla.
Se il rabbocco potesse essere fatto nel giro di 15 minuti, allora si che le remore dei detrattori dell’elettrico sarebbero terminate.
La realtà dei fatti è che a parte la rete Supercharger di Tesla, le poche colonnine fast di EnelX e di qualche altro provider, e le scarse Ionity ultra fast, tutto il resto del territorio italiano è ancora poco coperto nelle aree extraurbane, e solo con colonnine lente di tipo 2 che costringono ad attendere ore prima di poter ripartire. Questo costringe chi guida in elettrico a dover sempre pianificare il proprio viaggio attentamente, per evitare di trovarsi in difficoltà in aree poco servite. Quest’aspetto è un grosso problema per l’utilizzatore di massa, in quanto abituato a rabboccare in pochi minuti il serbatoio della propria auto ed a ripartire immediatamente. Certamente se il prezzo di un litro di carburante fosse il doppio di quello di un’altra pompa che magari impiega un terzo del tempo, non credo che sceglierebbe di pagare di più, attenderebbe pochi minuti per pagare il prezzo minore, cosa che peraltro già succede quando si confrontano i prezzi delle varie pompe. Nel mondo EV, personalmente se dovessi scegliere tra una fast a prezzo “onesto” ed una Ultra fast a 0,70 centesimi, non avrei dubbi: attenderei qualche minuto in più.
Sono infine d’accordo con un altro commento che una rete dove il costo dell’energia è così sproposito per le auto non convenzionate, di fatto tende ad essere un sistema “chiuso”.
Utilizzerò Ionity in futuro? Forse una volta per testarlo, ma poi davvero solo se costretto per necessità, non certo per scelta, dispiacendomene sicuramente, ma alla fine consapevole del fatto che preferisco incentivare chi sostiene davvero la mobilità elettrica e la sua diffusione ( Tesla e Renault in primis se vogliamo fare due nomi), non certo chi ci vuole speculare o chi è costretto ad agire pur non credendoci (leggi i vari costruttori si auto tedeschi, italiani, ecc., e le loro società di servizi).
Grazie ancora per la stimolante conversazione.
Letti i commenti sull’altro post si conferma che a molti manca la capacità di analizzare la questione nella loro completezza e complessità, cosa che invece è stata fatta con ques’ultimo articolo.
Leggo che a 0,79 €/kw va da sè che nessuno prenderà l’auto elettrica, quando invece abbiamo visto che si tratta di un servizio Premium, dedicato ad una nicchia degli elettrici, che per forza di cose si paga.
Giusto oggi sono passato davanti ad un distributore Eni che applica un sovrapprezzo di 20 cent/litro per il rifornimento con addetto. Mica pochi. Il succo è lo stesso, vuoi di più, paghi di più, e quindi farai le tue scelte. Il mercato dirà poi chi ha ragione.
Per certi utenti pagare di più e risparmiare tempo ovvero denaro se ci si muove per lavoro, ha il suo perchè.
Settimana scorsa in un’uscita autostradale eco una coda di quasi 1 km. Persa una buona mezz’ora. Si pensava ad un incidente in uscita ed invece una volta arrivati nei pressi ecco la scoperta. Tutti quelli in fila non avevano il Telepass ed avevano congestionato i 2 caselli. Io invece non appena possibile li o sfilati tutti e me ne sono uscito trovando il deserto davanti.
Per avere il Telepass spendo 2,52 €/mese. Il prezzo di un paio di cappuccini vale il tempo risparmiato al casello? Per me si, molti altri preferiscono restare incolonnati e consumare carburante.
Quindi se devi fare lunghe trasferte di lavoro, pagare di più l’energia vale il risparmio di tempo nella ricarica? Ritengo di si.