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Le Gigafactory europee? Tutte in crisi energetica

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Tra le vittime della guerra in Ucraina potrebbero finire anche le Gigafactory europee di batterie. E con esse, la speranza di affrancare l’Europa dalla dipendenza verso i produttori cinesi. Il processo produttivo delle celle batteria è infatti estremamente energivoro. E il caro energia sta buttando fuori mercato la neonata produzione europea.

gigafactory europee

Nelle ultime settimane sono andati in crisi due dei principali progetti di batterie made in Europe. Nel Regno Unito è stata sul punto di dichiarare bancarotta la star up Britishvolt. Ed è stato messo in stand by lo stabilimento tedesco, il terzo, di Northvolt, che l’azienda potrebbe spostare negli Stati Uniti.

Sono più di 20 in tutta Europa i progetti di Gigafactory, e tutti ora sono a repentaglio causa il raddoppio dei prezzi dell’energia.

Britishvolt a un passo dalla bancarotta

Britishvolt era nata per diventare una delle punte di diamante dell’industria europea delle batterie. Lo stabilimento di  Blyth, nel Nord est dell’Inghilterra, è stato progettato per produrre  30 GWh l’anno di batterie e ha già accordi di partnership per rifornire Lotus e Aston Martin. Ma alla start-up mancano i fondi per far decollare il progetto.

Avrebbe bisogno di 3,8 miliardi di sterline e finora ha raccolto solo 200 milioni di sterline. Di questi, 100 milioni versati dal governo britannico. La scorsa settimana pareva sull’orlo del fallimento, dopo che il governo ha rifiutato di versare altri 30 milioni cash. Ora ha trovato una boccata d’ossigeno da Glencore, colosso minerario socio di Britishvolt. Ma si tratta solo di un intervento tampone.

Nel frattempo si sono interrotti i lavori di costruzione dello stabilimento e i circa 250 dipendenti hanno dovuto accettare una riduzione del salario. L’inizio della produzione è stato posticipato dal 2024 al 2025, e non è ancora stata messa a punto la tecnologia proprietaria delle future celle Britishvolt.

gigafactory europee

Northvolt, meglio gli Usa della Germania
Da parte sua, la Northvolt svedese ha parlato di un possibile trasferimento negli Stati Uniti della sua terza fabbrica, attualmente  destinata a sorgere in Germania, a Heide. Northvolt preferirebbe il Nord America non perchè sia un mercato elettrico più dinamico, ma solo per il minor costo dell’energia e i generosi sussidi promessi negli Stati Uniti.

Il governo di Washington, infatti, prevede di concedere aiuti per l’acquisto di veicoli elettrici a modelli prodotti localmente e dotati di batteria, anch’essi prodotti localmente. Il capo della Northvolt Peter Carlsson stima che il costo di produzione negli Stati Uniti potrebbe essere dal 30 al 40% inferiore a quello della produzione europea.

L’Italia? Tre progetti, ma ancora di carta

Al momento l’Italia è la cenerentola d’Europa, con tre sole programmate sulle oltre 20 Gigafactory  europee. Una, riconfermata per ora, dovrebbe sorgere a Termoli ad opera di Stellantis, Mercedes e Total con una potenzialità produttva di 120 GWh a regime. A Teverola, in Campania, dovrebbe sorgere FIB, del gruppo Seri-FAAM, per la produzone di batterie di nicchia con chimica Litio-Ferro-Fosfato destinate a macchine agricole, nautica, macchine da cantiere   e accumulo stazionario. Finanziata da fondi europei, sorgerà nell’ax stabilimento Whirpool, darà lavoro a 670 dipendenti e inizierà la produzione nel 2024.

Joerg Klingler

Infine è ancora avvolto dalla nebbia il progetto Italvolt dell’ex fondatore di Britishvolt Lars Carlstrom. Prevede uno stabilimento da 45 GWh nell’area  ex Olivetti di Sarmagno (Ivrea). In estate ha soglato un accordo di partnership tencologica con il Politecnico di Milano e a fine ottobre ha inserito nel consiglio di amministrazione il Senior Vice President del Gruppo Bosch Joerg Klingler con il compito di sovrintendere all’organizzazione industriale della fabbrica. Ma non è ancora chiaro con quali investimenti.

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12 COMMENTI

  1. Nessuno ha detto che con le Giga-factory delle batterie non avrebbero guadagnato in Europa per colpa del maggior prezzo dell’energia, hanno solo “non detto” che si guadagna più in USA e grazie soprattutto alla politica degli aiuti statali della giunta Biden. Tanto poi quando importeremo le batterie USA non diremo che siamo USA-dipendenti (lo siamo già) sicuramente ci costeranno più che quelle cinesi.

  2. Pensavo alla follia di tutto questo. Miliardi su miliardi su miliardi per risparmiare una percentuale infinitesimale di emissioni, con stravolgimenti (per noi non vantaggiosi) anche a livello geopolitico. Ora dovremmo tutti noi indebitarci (perché quando dire “lo stato ci metta i soldi” è un eufemismo per dire “indebitiamoci coi soldi nostri”) per costruire queste fabbriche. Intanto UK si aggiunge alla lista di stati che decide di tassare l’elettrico, e anche pesantemente. Si sono resi conti che c’è un “buchino”, visto che dei 35 miliardi di sterline che ogni anno lo stato guadagna(va) tra accise e tasse, cominciano a mancare all’appello qualche miliardo e quindi via col bollo sull’elettrico (tranquilli, arriverà in tutti gli stati). Poi c’è l’e-waste delle colonnine che tanto tra 15 anni non andranno più bene perché tutte le auto avranno ALMENO 900v e vorranno tutti rabboccare in 5 minuti (e in modalità wireless) e tutte le AC dovranno essere smantellate. Poi c’è tutta la smart grid da mettere in piedi, con costi stellari.

    In tutto questo il governo smantella il telelavoro e lo smart working (troppo smart per loro) e inizia una politica per figliare di più, quindi da un lato risparmiamo un po’ di co2 e dall’altro ne produciamo molta di più con l’impronta ecologica dei nostri figli che di co2 ne bruciano come jet privati. Però se quei bambini vengono dai barconi non vanno bene, li rimandiamo indietro. Per non farci mancare nulla facciamo un po’ di guerre qui e lì, buttiamo un po’ di bombettine che fanno così bene all’ambiente, smantelliamo le pale eoliche per estrarre carbone (Germania) e facciamo scappare la produzione dove l’energia costa meno (perché prodotta da fonti inquinanti … ma il green non doveva salvarci?). Il superbonus ha finito per drogare il mercato facendo impazzire i prezzi di installazione (guardatevi la fine fatta dal bonus connettività).

    • Nessuna persona ragionevole nega i problemi nell’immediato della transizione che peró deve essere fatta per vari motivi magari aggiustando il tiro se servirá.. E’ difficile prevedere come sará la mobilitá elettrica fra 15 anni, non è detto che ci sará una richiesta cosí grande di colonnine DC ultra fast. Non ho capito molto il “frullato” che mescola telelavoro, politiche per la natalitá, migranti, ristrutturazioni eccetera, è ovvio che i veicoli elettrici sono solo una parte delle misure necessarie e man mano bisognerá trovare una politica comune per gli altri problemi.

  3. Chi costruisce le fabbriche dovrebbe farsi carico anche dell’energia necessaria… Se con le fabbriche venissero installati anche impianti fotovoltaici e accumuli sufficienti per la produzione, il costo dell’energia sarebbe largamente indipendente dalle oscillazioni del mercato.

    • Ma il pannellino sul tetto ce l’hanno messo (come vedi dai disegni) ma evidentemente non basta altrimenti non saremmo qui a parlarne. Dopotutto quando quelli che hanno una laurea ci dicevano che le ev emettono il grosso della co2 in fase di costruzione delle batterie, evidentemente i loro calcoli li avevano fatti. Perché non c’è solo la trivella nella miniera ma c’è anche la co2 per l’energia elettrica per alimentare le fabbriche che quelle batterie le producono.

      Qui mi viene in mente l’enorme ipocrisia di coloro che ti vendono la corrente green. Sarebbe da dirottarla tutta a queste fabbriche e lasciare a noi la sporca, facendo il gioco delle 3 carte, ma evidentemente anche gli ipocriti del marketing hanno il senso del limite.

      Che poi, se ci pensi, è quasi il colmo dei colmi. Perché in teoria chi se non queste fabbriche dovrebbero andare con le energie green? Dopotutto loro non hanno il problema della variabilità nella produzione perché grazie all’accumulo possono autoprodursi tutto e l’accumulo a loro certamente costa meno che agli altri perché nella vita è proprio quello che fanno, la costruzione delle batterie.

      E’ che certe favolette e semplificazioni non reggono, poi c’è la dura realtà e i numeri duri e le cose si complicano …

      Più che altro mi sorge un dubbio: se questi pensano di andarsene per via del costo dell’energia, non è che hanno studi e previsioni sottomano che dicono che il costo del kWh non è destinato ad abbassarsi nel breve/medio periodo? Ho come questo sospettino …

    • Un po’ di polvere di fata e bidibi-bodidi-bu. Ernè amico mio credo che non basti neanche la magia, ci vuole proprio la centrale elettrica …

      • infatti, ma se parli di idrogeno sei un coglione,
        se parli di nucleare “mammasantissima”,
        ogni paese europeo fa come gli pare (carbone, olio di colza/palma, pellet, torba ecc)
        teteschia ora punta pure al fracking affermando che è il modo migliore (😱), però loro sono bravi che usano le uiiiiiiiii e non le brum brum..
        in italia no, si vuole solo fv ed eolico perché il clima blablabla ed è l’europa che lo impone (solo a noi)..
        come giustamente hai scritto, le aziende pensano di andare in altri lidi dove spendono meno, fregandosene di come viene prodotta..

  4. Quindi il piano di Putin, anche se il suo esercito arretra, sta vincendo. 🙁

    Governi amici spuntano qua e là, pronti, de facto, a chiudere un occhio sul tentato genocidio in Ucraìna, sebbene si straccino le vesti in favore di pubblico, telecamere, microfoni e gonzi.

    Costo dell’energia “europea” alle stelle, mentre lui la svende a Cina e India, che lo seguono come cagnolini scodinzolanti nell’evitare la COP27.

    Arretramento degli stati membri, se non vera e propria fuga mascherata dalla “neutralità tecnologica” di Giorgetti, o dalla “compatibilità” del ministro Urso, dal piano europeo di decarbonizzazione. (Eccheccavolo, adesso dovremmo rimetterci noi e i miei amici!? Non possiamo mica rinunciare a ville, yacht e paradisi fiscali! Che se la vedano tra qualche decennio quei fannulloni dei RdC che ora vivono sulle nostre spalle! Noi stiamo già comperando terreni attorno ad Arkhangel’sk, la Rimini del nord, e il cambiamento climantico lo sfrutteremo, mica lo subiremo come voi pezzenti!).

    Colpo fatale alle ambizioni federali dell’Unione europea, incubo bagnato di Vladimir, accompagnata con sue lotte intestine nella trasformazione da potenza economica in un docile gregge disperso di pecore “nazionali” – come Ungheria, Italia – facili prede del lupo che viene dalla steppa.

  5. Mancano sempre i soldi, ma non mancano mai:
    – per le armi;
    – per i sussidi ai petrolieri;
    – ecc.

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